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41 - Il rovescio della medaglia

Il silenzio non mi fece bene. Ora che i miei più grandi dubbi erano stati chiariti, Abel e Sarah avevano ripreso a tornarmi in mente continuamente. Inizialmente tentai di restare concentrata su me stessa perché sapevo che Uriel avrebbe sentito il mio dolore, ma ben presto dovetti arrendermi all'idea che i miei sforzi erano inutili, e a quel punto decisi di parlarne con lui per poter scacciare la depressione.

«Cosa credi che stia facendo, Abel, in questo momento?» iniziai a voce bassa.

Eravamo seduti sull'erba. Sbirciai la sua espressione e lo trovai con un bellissimo sorriso sul volto.

«Probabilmente si sta ostinando a mettersi in piedi, anche se dovrebbe stare a riposo».

«Gli farà male?» mi preoccupai.

«No, allungherà solo i suoi tempi di ripresa. Va bene così, ho predisposto tutto in modo che non debba fare nulla per molti giorni, e di sicuro Sarah è sempre con lui».

«Bene. Ormai sarà venuto a saperlo anche Chris» immaginai.

«Già. Abel mi ha detto che gli avrebbe chiesto di prestargli dei libri da leggere durante la convalescenza, visto che lui ne ha molti».

La libreria enorme del padre di Chris... ma certo, ero stata io stessa a parlargliene. Quei libri mi erano sembrati destinati ad Abel fin dal primo momento.

«Riesco ad immaginarli insieme, lui che legge e Chris e Sarah che fanno i compiti, nella stessa stanza in cui mi avevi accolta in forma umana» fantasticai, ma sbagliai di grosso a prendere l'argomento.

«Già, la stessa in cui hai rischiato di rovinarti la vita».

Trovai sul suo viso uno sguardo severo. Ecco, addio discorsi leggeri. Non potevo dargli torto, solo pochi giorni prima avevo infranto una Legge Capitale davanti ai suoi occhi ed era strano che non mi avesse ancora nemmeno rimproverata.

«Mi dispiace, è stato un gesto sconsiderato» mi scusai.

«A dir poco. Sei stata fortunata che lì ci fossi io, hai corso un pericolo enorme. Non fare mai più nulla di così pericoloso, intesi?».

«Mai più» promisi, anche se non riuscivo proprio a pentirmi del mio gesto, a prescindere dai rischi. «Ehm... cosa sarebbe accaduto se mi fossi sbagliata?». Ovvero se David fosse stato umano.

«Mi avresti costretto a prendere dei provvedimenti drastici».

«Cioè avresti dovuto farmi del male?» mi preoccupai. Tutti gli angeli erano terrorizzati dalle punizioni degli arcangeli, anche se non avevo mai sentito di nessuno che ne avesse avuto esperienza diretta.

Uriel aggrottò le sopracciglia come se avessi detto un'assurdità. «No di certo, non potrei mai fare del male ai miei protetti. Ma avrei potuto doverti bandire dall'Ovest come punizione, o peggio... Se avessi rischiato di rifarlo, avrei dovuto portarti indietro prima del tempo, proprio come Abel».

Probabilmente Uriel sentì la forte angoscia che mi causarono le sue parole, o forse mi vide semplicemente impallidire. Il suo tono di rimprovero scomparve immediatamente.

«Non spaventarti, è ovvio avrei tentato di tutto per evitarlo. Voglio solo farti capire quanto sia pericoloso ciò che hai fatto».

Teneva le mani sul mio viso per costringermi a guardarlo, come se potessi rischiare di non prestare abbastanza attenzione.

«Le Leggi Capitali esistono per un motivo ben preciso, Azalee. Se al mio posto ci fosse stato un vero essere umano, avresti creato in lui una grandissima confusione e l'insicurezza delle proprie percezioni. Questo avrebbe avuto effetti disastrosi sulla sua psiche e sarebbe stato un precedente che, accumulato con altri, avrebbe portato gli umani a teorizzare l'esistenza di qualcosa al di fuori della loro comprensione e del loro controllo. Credimi, una cosa del genere creerebbe un panico generale dalle conseguenze per nulla piacevoli».

Mi sentii mortificata, non avevo assolutamente pensato a qualcosa di così pericoloso. Credevo che David avrebbe giustificato in qualche modo l'accaduto e che Uriel sarebbe venuto a fare qualcosa che, anche se doloroso, avrebbe avuto conseguenze solo su di me; non certo su Chris, Sarah e perfino Abel, a causa della mia scomparsa improvvisa.

«Non accadrà mai più, te lo prometto. Quando verrò con te farò la massima attenzione».

Uriel smise di guardarmi, e anche di rispondermi. Percepii che qualcosa della mia frase non lo aveva convinto, ma prima che capissi che cosa fummo distratti da altro.

Si alzò di punto in bianco. «Devo lasciarti da sola per un po'» mi spiegò.

«Devi andare nel mondo umano?» immaginai.

«Sì, Raphael ha tenuto in reggenza l'Ovest fino ad oggi, ora devo riprendere ad occuparmene io. Però non è nulla di grave, non preoccuparti».

Questo non sarebbe stato possibile. «Ti aspetterò» sviai.

«Perché non vai dai tuoi amici, invece? Sono aldilà del bosco. Alcuni sono così preoccupati per te che riesco a percepire la loro ansia».

«Forse ci andrò».

Annuì, sorridendomi appena, poi si illuminò della sua luce dorata e sparì in una frazione di secondo, lasciandomi sola.

Restai lì sull'erba a vagare con la mente, senza la minima intenzione di raggiungere i miei amici. Se fossi andata da loro con quel carico emotivo li avrei fatti solamente preoccupare di più, perché non solo ero preoccupata per Uriel - era la prima volta che andava via da quando avevo sentito i suoi racconti - ma avevo anche bisogno di elaborare quella sorta di lutto per Abel, e dovevo farlo mentre il mio arcangelo era troppo lontano e troppo impegnato, per percepire il mio dolore.

Così mi sdraiai nell'erba ad occhi chiusi e ripercorsi i miei anni con Abel dal suo punto di vista. Solo allora mi resi conto di quanto doveva essere stato difficile, per lui, vedermi soffrire senza potermi dire la verità, soprattutto dopo aver scoperto di non riuscire a rendermi felice mentre il suo arcangelo e migliore amico, invece, contava su di lui. Certo che non voleva più parlare di Uriel... il senso di inadeguatezza doveva averlo divorato per tutto questo tempo.

Pensai anche al rischio che aveva corso nel discutere con lui per convincerlo a dirmi la verità, quando dal volere di Uriel dipendevano la felicità sua e della sua amata. Non ero sicura di meritare tutto quell'affetto...

*

Uriel tornò a notte fonda, trovandomi ancora sdraiata sulla riva del fiume. Ero stata molto male, ma mi ero ripresa e ora mi importava solo che lui stesse bene.

«E' tardi, dovresti essere già addormentata» mi sussurrò quando si accorse che ero sveglia. Si stava sdraiando accanto a me.

«Hai ragione, ma tu come stai?».

«Sto bene, non devi preoccuparti per me».

«Ci sto provando». Senza successo.

Questa volta non poté controbattere. Appoggiai il viso sulla sua spalla e Uriel mi strinse forte a sé, permettendo che mi scrollassi finalmente di dosso ogni preoccupazione. Mi tenne tra le sue braccia forti nel silenzio della notte, interrotto solo dal rilassante scorrere del nostro fiume, fino a che non crollai addormentata.

Quando mi svegliai, ero sdraiata sull'erba umida del mattino, da sola. A ridestarmi non fu la luce come sempre: fu una voce. Uriel che parlava con qualcuno.

Non era Raphael, era una voce molto, molto più familiare.

«Miriam!».

Mi alzai con uno scatto. Era proprio davanti a noi, tutta sola e tremante. Accidenti, l'avevo fatta preoccupare così tanto che era venuta al cospetto del "terribile Arcangelo Uriel" pur di vedermi?

«Azalee, ti cercavo. Posso parlarti?». Sembrava quasi pregarmi.

Guardò Uriel come a chiedere il suo permesso, mentre lui era... gelido. Di nuovo quella maschera di apatia, non riuscivo nemmeno a guardarlo.

«Certo. Uriel, ci vediamo dopo, ok?».

Non osai abbracciarlo, né stringere la sua mano. Lui fece appena un cenno d'assenso e io mi alzai per allontanarmi con la mia amica, che aveva gli occhi ormai lucidi dall'ansia.

*

«Mi dispiace di averti fatta preoccupare» mi scusai non appena restammo sole. «Sarei venuta da voi molto presto».

«Non scusarti, è solo che... non riuscivamo a capire perché non venissi a parlarci».

«Va bene ma... allora perché sei venuta qui, dato che lo temi così tanto?».

Si fermò e prese le mie mani con le sue, che stavano ancora tremando. «Tu non tornavi... Ormai è passato del tempo dalla partenza di Abel, ho temuto... che ti impedisse di andartene!».

«Ma che dici?». Mi credeva davvero prigioniera di Uriel?

E ora, come avrei potuto rassicurarla? Non potevo dirle la verità. D'ora in poi sarei stata costretta a mentire a tutti, perfino alla mia migliore amica.

Sospirai, arrendendomi a darle la versione più simile alla verità che non tradisse il segreto di Uriel. Per fortuna ero sempre stata brava in queste cose.

«Stai tranquilla, lui non avrebbe alcun interesse a fare una cosa simile. In realtà sono io a non riuscire ad allontanarmene. Dopo essermi lasciata con Abel e aver passato del tempo accanto ad Uriel... beh, ho ricominciato a provare dei sentimenti per lui».

In fondo, se anche Uriel non si fosse mai dichiarato, io sarei comunque rimasta accanto a lui fino a che me lo avesse permesso, nonostante la sua freddezza. Era una situazione verosimile... solo che dall'espressione che assunse Miriam capii che sembrava ugualmente una pazzia.

Quello era il rovescio della medaglia, lo sapevo già: se volevo stare con Uriel, dovevo essere pronta ad affrontare il giudizio e il timore di tutto il resto del mio mondo.

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