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Non capisco chi dice che il lunedì mattina è il giorno peggiore della settimana, ma forse è perché qui ogni giorno è uguale, o quasi. Appena sveglie, Remi e io ci siamo alternate in bagno mentre Jackson preparava la colazione e i thermos di caffè che avremmo portato con noi; siamo andati a sellare i cavalli, chiacchierando del più e del meno, ma soprattutto del meno dato che eravamo tutti ancora assonnati; abbiamo attraversato le stradine secondarie che partono dal ranch e portano ai pascoli dove Jackson ha liberato le mucche ieri, dopo averle munte.

Non ci mettiamo molto a trovare la mandria, abitudinaria dopo anni di ripetitiva e tranquilla routine, né a guidare le mucche verso il recinto più ristretto dove Jackson le controllerà una a una, in cerca di ferite o semplici segni di disagio, prima di mungerle. È tutto talmente ordinario, per noi, che potrei lasciare le redini e il vecchio Quarter che sto montando, un castrone sauro ma ormai ingrigito dagli anni di nome Bobby, farebbe tutto da solo.

Al ritorno, Jackson smonta al volo, una mossa da cowboy che continuerà a divertirlo finché non ci rimetterà una rotula, e mi lascia le redini del suo cavallo. Ashton, l'unico Appaloosa nel nostro ranch, appiattisce le orecchie in segno di disagio, ma non si ribella in nessun modo. Santo bestione, è quasi in grado di farmi ricredere sulla sua razza. Esteticamente non mi piacciono affatto, men che meno i leopard come lui che sembrano essere usciti da una stampante che sta finendo l'inchiostro, ma hanno un ottimo carattere.

Jackson resta nel recinto con le sue amate mucche, mentre Remi e io proseguiamo verso la scuderia. Faccio un saluto a Thomas, che sta portando Bonnie Lass e un altro puledro in paddock, e smonto poco lontano da dove Raelynn sta ingrassando una sella.

«Comunque doversi dedicare almeno due volte al giorno alla mungitura...» Remi scuote la testa mentre smonta a sua volta da Bandit, il puledro copia perfetta di Blue, unico prodotto che per ora ho deciso di non vendere. «Mi chiedo perché Gecko non prenda dei working student, o degli aiutanti.»

«Gli piace troppo il suo lavoro.» Guido Bobby e Ashton verso i loro box, convenientemente i primi due.

Ribatte Remi entrando nel box di Bandit, che la segue con passo tranquillo. «Piace anche a te, ma gli aiuti li hai voluti.»

«Perché sono sana di mente e non voglio diventare isterica in tempo zero. Forse un giorno anche Gecko capirà che non deve fare sempre tutto da solo.» Tolgo i finimenti a Bobby e mi appresto a fare lo stesso con Ashton. Nessuno dei due ha sudato, ma passo comunque un asciugamano nella zona coperta dal sella e sottosella e controllo che non ci siano ferite sulle zampe, o sassolini incastrati sotto gli zoccoli.

Remi fa capolino oltre il muretto del box. Ha una scia di bava sulla spalla sinistra e qualche gocciolina incastrata tra le ciocche rosse del caschetto. Che bella vista contadina. «Andiamo a prendergli la colazione?»

«L'ha già fatta. Hai presente quei bagel con salmone e avocado che avevo preparato per me e...»

«La seconda colazione, allora.»

«Remi...» Do una pacca ad Ashton ed esco dal box. «Devi dirmi qualcosa?»

Remi sgrana gli occhi, castani, da cerbiatto spaventato. «Non ho preso io i tuoi jeans, lo giuro.»

«Quali...» Aggrotto la fronte. «Ma quelli con le frange? Remi!»

«Dimentica che io abbia detto niente. Donut?»

Non ci credo, si è presa i miei jeans preferiti. «Donut. Oggi paghi tu, stronza.»

«Va bene, andiamo.» Anche Remi esce dal box di Bandit, assicurandosi che sia ben chiuso dato che questo stalloncino si sta dimostrando esperto nella fuga quanto Houdini, e si dirige verso la macchina, ancora abbandonata sul vialetto da ieri sera.

«Raelynn!» La chiamo prima di salire in auto. «Vuoi qualcosa?»

Risponde senza nemmeno alzare lo sguardo dalla sella. «Frittelle di mele! E se ci sono le donut alla marmellata di mirtillo prendine una per Thomas. Si è dimenticato di fare colazione a casa.»

Che tonto. «Sarà fatto!»

O forse no.

Non ho nemmeno fatto in tempo a salire in macchina e mettere la cintura di sicurezza, perché il vialetto d'ingresso al ranch viene occupato da un'altra automobile che trascina con sé un van. Guardo dal finestrino: è un van trasporto cavalli di quelli anonimi usati dal BLM.

«Questa è l'italiana» borbotto, certa di non sbagliare perché non aspettiamo nessun altro, oggi.

«È già qui?» Remi mette in moto, con la fronte aggrottata, e sposta la macchina dal vialetto per lasciare libero accesso. «Perché ha un van?»

Immagino che Remi si aspettasse, come d'altronde mi aspettavo io, che Rosalba arrivasse qualche giorno prima della selezione dei cavalli per sistemarsi, guardarsi intorno e capire come muoversi per far ambientare al meglio il cavallo. Se ha con sé un van del BLM, però, è probabile che abbia già scelto il suo mustang.

Scendo dalla macchina. Oltre il vetro spesso del finestrino è ovvio che il nitrito sottile proviene dal van, non dalla scuderia né tantomeno dai paddock.

Raelynn lascia stare la sella e corre a chiudere il portone a due ante che dà sulla scuderia, per evitare che i cavalli sentano il richiamo stressato del mustang e si agitino a loro volta.

Quella che a questo punto non può che essere Rosalba scende dalla portiera del passeggero.

Assottiglio lo sguardo, siamo ancora piuttosto distanti, ma sì, da quanto ho potuto vedere nelle foto e nei video è lei: non altissima, con i capelli castani raccolti in due trecce mezze sfatte. Più si avvicina più sembra che ci abbia dormito sopra. Gli occhi, castani anche loro, sono circondati da occhiaie.

L'unica differenza tra questa Rosalba e quella che ho conosciuto su internet è che la ragazza che ho davanti ha qualche chilo in più. Conosco questo tipo di aumento di peso, quello che subisci dopo aver lasciato l'agonismo quando tutta l'adrenalina e lo stress di anni non trovano altro sfogo che non sia il cibo o il lavoro eccessivo. Io ho scelto la seconda, ma molte mie vecchie nemesi nel mondo del barrel racing sono irriconoscibili, oggi. Contente, spesso più di quanto lo fossero sul campo di gara, ma diverse. Non c'è giudizio in nessuna direzione per il modo in cui siamo riuscite a sopravvivere a uno strappo più o meno netto dal mondo che respiravamo.

«Ciao!» Si ferma a qualche metro da me, mi rivolge uno sguardo rapido, poi va oltre.

Ha parlato con Jackson, quindi immagino stia cercando lui, ma non lo troverà. Non credo abbia munto più di due o tre mucche, sarà fortunato se avrà finito per metà mattinata.

«Ciao.» Le rivolgo il sorriso più tiepido che riesco. «Bailey Steele. Hai preso accordi con mio fratello.»

Annuisce, le trecce che sembrano rimbalzare sul tessuto della maglia a maniche lunghe. Non ha caldo? «Sì, sapeva che sarei arrivata oggi, giusto?» Non mi sta davvero chiedendo conferma. «La scelta dei cavalli era ieri, ma era preventivato che avremmo finito tardi. Ho passato la notte vicino la struttura dove il BLM teneva i cavalli e questa mattina all'alba siamo partiti.»

Non parla male, per essere italiana, anche se l'accento accademico e finto britannico che inculcano agli studenti c'è e si sente.

«Capisco e sì, Jackson mi ha detto che saresti arrivata oggi, ma non pensavo saresti venuta direttamente con il cavallo.»

Inclina la testa, inarca un sopracciglio. «Che cambia?»

Personalmente, lo trovo un comportamento egoista. Sono sempre stata abituata ad arrivare almeno mezza giornata prima dei miei cavalli ovunque dovessimo andare, almeno per capire dove sistemarli e dove mettere le loro cose. Ma non sta a me giudicare... per ora. «Raelynn?»

Raelynn si avvicina, lo sguardo già puntato sul van. «Sì?»

«Dai una mano alla nostra ospite a far scendere il cavallo. Potete metterlo nel paddock a est, quello con la recinzione rialzata. Poi falle vedere la dépendance e falle fare un giretto in giro.» Poso una mano sulla spalla di Raelynn, guardo Rosalba. «Per ora puoi lasciare i bagagli qui sul vialetto, non passa mai nessuno.»

Rosalba annuisce, Raelynn invece si gira verso di me. «Altro?»

«Puoi montare Blue se ti avanza tempo prima di pranzo, nel pomeriggio ti lascio Bonnie Lass ed Earthshaker. Ti direi di lavorare entrambi da terra, ma se Earthshaker ti sembra tranquillo e vuoi provare a montarlo la scelta è tua.»

Earthshaker è uno dei miei ultimi esperimenti. Dato che nella razza Quarter è ancora accettato, di tanto in tanto, l'inserimento di una linea Purosangue Inglese, ho scelto come fattrice una vecchia cavalla da corsa per alleggerire la linea da lavoro dello stallone che volevo. Per ora, anche se è un po' matto, Earthshaker sembra essere uscito bene.

Raelynn si avvicina al van lentamente, per non spaventare il mustang, ma lui alterna comunque momenti di silenzio a momenti in cui nitrisce e scalcia, in cerca immagino di una via di uscita.

Remi, che è rimasta nei dintorni, si avvicina al van e lancia un'occhiata a Rosalba. «Che puoi dirci del cavallo?» chiede, curiosa.

«L'hanno catturato l'anno scorso in Utah, sulle montagne Onaqui. Pare si sia distaccato dal branco e abbia passato un periodo da solo prima che venisse messo in cattività» spiega, le mani in tasca e la tranquillità di una che sta leggendo un catalogo. «L'hanno castrato appena è arrivato alla struttura, ma non si è calmato molto.»

Ah, le leggende metropolitane degli stalloni che si calmano una volta castrati...

«Una bella sfida» commenta, con una punta di cinismo, Remi.

«Perché l'hai scelto?» Non avevo nemmeno sentito Thomas arrivare alle mie spalle.

Rosalba gli sorride. «Lo vedrai.»

Raelynn, intanto, si è arrampicata sul van per sbirciare all'interno. «Non ha una capezza» dice. «Ci conviene spostare il van e farlo scendere direttamente nel tondino.»

«Vai, d'accordo.» Le faccio cenno di scendere e mostro all'autista dove andare. «Com'è messo a contatto con l'uomo secondo te?» chiedo a Raelynn appena mi si avvicina.

Lei scuote la testa. «È completamente selvatico, si vedeva il bianco degli occhi. Se ha avuto contatto umano non credo ci sia niente di positivo da raccontare.»

Sospiro, affranta. Non è la prima volta che un mustang viene lasciato in mani violente o semplicemente, che da un certo punto di vista è anche peggio, noncuranti. «Un altro successo per il BLM.»

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