Sopravvissuti
«Dovremmo avvicinarci al villaggio interno alle mura» nella mente di Altea risiedevano i ricordi di quanto studiato ai tempi dell'accademia. Il castello di Afrantus si ergeva su una collina circondato da doppie mura e intorno ad esso era stato scavato un fossato. Oltre le prime mura era stata edificata una piccola cittadina ricca di botteghe e negozi che a sua volta era protetta da un secondo cerchio di mura. Peccato che ora di quei luoghi favolosi non restavano altro che macerie e rovi.
Il sole doveva già essere alto dietro le nubi, oscure presenze su una terra di lacrime.
«Più ci avviciniamo al castello e più siamo in pericolo» fece notare Kahel.
«Vero. Ma ormai siamo giunti ad Afrantus, volenti o nolenti dobbiamo affrontare il nemico» Altea aveva intuito le parole celate nell'affermazione di Khael "siamo troppo pochi per avvicinarci" ma doveva trovare una soluzione. Osservò il volto corrucciato di Tmolus e le venne un'idea «Tuo fratello faceva parte della guardia reale del castello. Hai avuto sue notizie recentemente? Possiamo sperare in un suo appoggio?»
«Se è ancora vivo» rispose freddamente Tmolus. Il dubbio sulle sorti di suo fratello lo attanagliava da un anno. Cioè da quando non aveva più ricevuto sue notizie, nell'ultima lettera gli aveva comunicato di esser fuggito dopo l'assedio.
Si allontanò dal gruppo. Non voleva ascoltare gli assurdi piani di Altea. Se l'intera guardia reale non era riuscita a salvare i propri sovrani, che possibilità avevano loro?
Araxe lo seguì preoccupato, si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
Tmolus finse di trovare interessante il tronco di un albero pur di non incrociare lo sguardo dell'amico «È l'unico rimasto vivo della mia famiglia...»
Araxe non chiese altro, sapeva già che la sorella e i genitori erano morti mentre svolgevano il loro lavoro di mercanti di stoffe. Un nave pirata aveva distrutto il mercantile su cui viaggiavano. Ai quei tempi il fratello, Fides, era appena diventato una guardia del castello di Muir. Prese con sé quel piccolo bimbo pestifero e lo portò all'accademia. Il padre di Altea lo accettò subito. Fu così che Tmolus conobbe Araxe: erano finiti nella stesso dormitorio, quello dei bambini orfani. La guerra gli aveva tolto la famiglia e dato in mano una spada. Araxe era un piccolo ladruncolo di una banda di ragazzini, il ribelle dell'accademia. Indisciplinato e sempre in punizione. Inutile dire che i due legarono immediatamente.
Qualche anno dopo Fides chiese il trasferimento ad Afrantus, voleva sposare una delle dame di compagnia della regina. Si erano conosciuti durante uno dei concili di guerra. A quei tempi i re si erano uniti per fronteggiare il nemico comune. In poco tempo il cavaliere era diventato comandante della guardia reale.
Tmoulus era orgoglioso di lui. Era il suo idolo.
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Superarono senza difficoltà le seconde mura, erano state abbattute e non rimanevano che macerie. Sembrava di camminare in un villaggio fantasma, molte case riportavano ancora i segni di un incendio che doveva esser avvenuto durante la battaglia.
«Un'ombra laggiù!» indicò Demetra.
Michael scese da cavallo e corse verso un gruppo di macerie, tornò vittorioso tenendo fra le braccia un bimbo furioso come un piccolo gattino.
«E tu chi sei?» domandò Altea con un sorriso.
«Non dirò niente!» il piccolo scalciava ed osservava i cavalieri con odio.
«Lasciate andare mio figlio!» un contadino zoppicando corse verso di loro brandendo una falce.
«Non vogliamo farvi del male!» disse Alyah avvicinandosi a palme sollevate, in simbolo di pace. Teti corse a farle da scudo.
«Lasciatelo!» una figura imponente raggiunse il contadini brandendo una spada.
«Fides!» urlò Tmolus lanciandosi contro il nuovo arrivato. I due si abbracciarono sotto lo sguardo stupito del gruppo.
Il contadino lasciò cadere la falce e il piccolo gli corse incontro sfuggendo dalle mani di Michael.
Alyha osservava i due uomini parlare tra di loro dimentichi della presenza di estranei. Non sembravano fratelli: Tmolus era di media statura e snello, con capelli corvini indomiti, mentre Fides era un uomo massiccio e imponente con lunghi capelli castani. Le uniche cose che avevano in comune era il sorriso smaliziato e gli espressivi occhi neri.
«Altea! Come sei cresciuta dall'ultima volta che ti ho visto!» Il cavaliere corse incontro al comandante e la sollevò da terra in un abbraccio.
«Eravamo poco più che bimbi quando sei partito, ti ricordi di noi?» chiese Altea una volta riappoggiati i piedi per terra.
«Come potrei scordarmi. Araxe! Hai lo stesso sguardo pestifero di allora» Fides scompigliò i capelli del cavaliere che gli regalò un luminoso sorriso «Ma cosa ci fate qui? Non sarete mica venuti a liberare la principessa Espreria da soli?» dalle loro espressioni capì che era quello il motivo.
Poi notò il principe Emantus accanto ad una ragazza che stonava accanto a quel gruppo di prodi combattenti.
«Principe Emantus, ho saputo del vostro castello...»
«Non parliamone» tagliò corto Emantus «Noi siamo venuti per Esperia»
«Mia sorella è in questo castello, vero?»
«Si, certo... Sorella?» Fides osservò con più attenzione quella fanciulla.
«Lei è la principessa Alyah, sorella di Esperia» disse Teti.
Il cavaliere si inginocchiò in segno di rispetto.
«Mi perdoni. Non sapevo che le principesse del regno di Muir fossero due»
«Nemmeno io sapevo di essere una principessa» sospirò Alyah porgendogli la mano obbligandolo ad alzarsi.
«Fides cosa è accaduto qui?» li interruppe Altea.
«Non ora. È meglio che ci ritiriamo in un posto più sicuro. Seguitemi»
Il gruppo si diresse verso una bottega semi distrutta in quello che una volta doveva essere il centro della città. La vecchia insegna era spezzata in due ma erano ancora visibili le scritte. Si trattava di un'orefice.
Fides attraversò l'ingresso, passò dietro al bancone ed entrò in uno stanzino. Bussò tre colpi su di una parete. Si sentirono dei rumori ed i mattoni vennero appartati uno ad uno, finché si aprì un varco.
«Abbiamo ospiti» disse a due figure nascoste, poi voltandosi verso il gruppo «il villaggio ha un percorso sotterraneo di cunicoli. È solo grazie a questi che ci siamo salvati»
Le due persone in ombra si rivelarono essere due soldati, uscirono pronti a recuperare i cavalli.
«Non preoccupatevi per i vostri destrieri, abbiamo un luogo sicuro nel bosco.» lì tranquillizzò Fides mentre fece loro strada attraverso una fitta rete di cunicoli. Giunsero in quella che Alyah pensò essere la stanza principale della struttura, dalla quale partivano altri due cunicoli più larghi rispetto ai precedenti. Da essi spuntarono visi magri di bambini e vecchi.
Nel centro della grande sala vi erano numerosi guerrieri dell'esercito di Afrantus e qualche donna che medicava i feriti.
«Abbiamo ricevuto un altro attacco dalle truppe del castello. Ci hanno scoperto mentre eravamo all'esterno per raccogliere delle provviste. Molti sono morti. I feriti più gravi sono nel cunicolo» ed indicò quello di destra.
Altea guardò Alyah con uno sguardo d'intesa.
«Posso curarli io» disse infine la principessa «Ma non ho abbastanza erbe. Dovrei uscire a racc...»
«No. Mi dispiace ma non ce ne sono più per miglia e miglia. Io ero proprio in cerca di quelle prima» intervenne il contadino che avevano incontrato.
«Allora farò bastare queste» disse tirandole fuori dalla sua sacca «Non vi assicuro nulla.»
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Fides raccontò ai guerrieri dell'uccisione del Re e della Regina, caduti in un'imboscata mentre erano in viaggio. Con rammarico li informò anche della morte della principessina.
Alyah intanto curava i feriti. Molti guerrieri erano assai gravi, mentre il popolo era affamato e sconsolato. Trovò bambini gravemente ustionati, le poche donne che c'erano nel nascondiglio erano anziane. Solo due o tre fanciulle, ma dai loro sguardi capì subito che avevano subito delle violenze. Fisicamente stavano bene, a parte qualche ematoma, ma psicologicamente non si sarebbero più riprese.
Alcuni soldati nel giro di una notte stettero molto meglio e già al mattino si erano alzati. Solo tre di loro non ce la fecero. Vennero seppelliti nei cunicoli più bassi, già pieni di morti.
Alyah aveva finito le erbe curative ed ora cercava di porre rimedio alle febbri con delle pezze bagnate.
«Poveri noi!» Fides si inginocchiò accanto a lei.
Una tristezza infinita traspariva dal suo sguardo fiero. L'attenzione della fanciulla cadde su una fedina d'oro che lui portava al collo, infilata su di una catenina.
Fides la strinse in un pugno. «Era di mia moglie. L'hanno portata via mentre ero in battaglia... non l'ho salvata. Dopo due settimane l'ho trovata nel fiume.... L'anello è tutto ciò che mi rimane di lei. Aveva i capelli rossi ricci e quando sorrideva le si formavano due fossettine proprio qui!» ed indicò un punto vicino alle labbra. Una lacrima solitaria gli solcò il viso.
Dietro di loro alcuni bambini giocavano a cavalluccio con Ematus. Nel vederli anche a Fides scappò un triste sorriso.
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