Ritrovare me stesso
Amore è tardi, amore è già la fine
Amore un giorno mi dirai
In questo regno di corone di spine
Amore mio, quanti anni hai?
I nostri corpi fuorilegge e il dolore
Riposeranno in pace qui
Sotto le stelle silenziose e sole
Jesse James e Billy Kid
Il bisturi mi era caduto dalle dita, ma il suo tintinnare sul tavolo non aveva portato con sé sensi di colpa. Avevo fatto tutto, niente sarebbe potuto andare diversamente.
Non era dipeso dalle mie azioni. Chiamatemi sbagliato, ma so che da quella volta non lo sono più stato.
Tutto quello che mi serviva per salvare Sasuke era lì, nell'ultima cella rimasta vuota fino a poche ore prima. Tutto come Itachi aveva voluto.
Le lunghe ciglia abbassate erano così belle che nessuno avrebbe notato le orbite vuote, ero stato attento a far uscire meno sangue possibile. Avevo tirato via le poche gocce che non avevo potuto evitare con una pezza umida. Lacrime rosse, la condizione da accettare per avere ventun anni per sempre.
Mentre lo lavavo sembrava solo addormentato, le gambe ormai così magre che riuscivo a spostarle senza sforzo.
La prima lacrima mi era sfuggita asciugandogli i capelli, lo accarezzavo come se potesse ancora sentirmi, lo toccavo piano nel timore di fargli male.
Gli avevo asciugato bene anche la pelle, Itachi era sempre stato freddoloso.
Chi è Madara?
Gli avevo sfilato l'anello per lanciarlo con rabbia in un punto a caso della stanza, era stato forgiato bruciando la sua uniforme ANBU, lui un tempo l'aveva indossata pieno di speranza.
Lo avvolgevo piano in un lenzuolo bianco, la vita l'aveva tradito ma io no. Mai. E lui lo aveva capito.
Lo aveva sempre saputo.
Un ultimo sguardo al suo viso di marmo prima di non vederlo mai più, gli avevo sfiorato le labbra ancora tiepide.
Dopo aver impiantato a Sasuke i suoi occhi, non sarei tornato mai più. Uno di quegli avvenimenti che mi avrebbe costretto a premere il tasto reset senza possibilità di oppormi e senza pensare a chi avrei lasciato dietro di me.
Il posto che avevo scelto per farlo riposare era su misura per lui, non per me.
Procedevo piano con il fagotto tra le braccia, stavo dilatando il tempo per tenerlo con me il più possibile. Sapevo che avrei pianto fino a farmi male, ma per ora no, eravamo sempre insieme.
Non mi sarei disperato per i miei errori, ma per tutto quello che lui non aveva potuto avere. Se fosse servito, avrei dato in cambio la mia vita per la sua. Già sapevo quanto lo avrei urlato al cielo della notte chiedendo perché.
Chi è Madara?
Da tanto tempo non prendevo il sole sul viso, avevo dimenticato il suo calore sulla pelle e quanto fosse limpida la luce quando non passava dal foro della maschera. Con la mente smorzata dalla falsa idea di pace nel mondo e di sogni realizzati per sempre, mi ero rassegnato a diventare un burattino perdendo di vista il vero me. Itachi era riuscito ad aprirmi così tanto gli occhi da permettermi di ritrovarmi. Mi aveva fatto pronunciare la parola amore, mi aveva fatto provare l'amore senza che questo mi facesse sentire vulnerabile e sbagliato. Solo lui ne era stato capace.
Era stata la nostra similitudine ad attrarci l'uno verso l'altro, il buio, l'angoscia e l'abominio in cui ci eravamo plasmati. Le amare scelte ci avevano annientati; ci eravamo visti, riconosciuti, avevamo ravvivato l'ultima scintilla di umanità sopravvissuta.
Non era stato facile per me ricominciare ad amare. E lui mi lasciava proprio adesso dopo avermi insegnato a farlo.
Tra i tanti sacrifici, stavolta avevamo fatto quello di accettare i nostri errori e vederci per quello che eravamo stati davvero. Disprezzare le tenebre che avevamo in comune sarebbe stato da stolti; Itachi, su questo aveva sempre avuto ragione: chi non accetta se stesso e i propri limiti è destinato a soccombere.
Io sapevo che eravamo ancora intatti, pur avendo smesso da anni di provare a far funzionare le nostre misere vite, sebbene stessimo fuggendo dai veri noi perché ci facevano paura. Lo avevo sentito, glielo avevo letto negli occhi, avevo capito che non era insensibile e cinico come voleva far credere. Lo aveva fatto per me, per non farmi piangere la sua morte. Sempre si era fatto a pezzi per salvare gli altri, dalla strage che aveva compiuto sotto i miei occhi.
Sebbene avessimo entrambi la condanna dello sharingan, da quando lo avevo conosciuto mi aveva portato a vedere come lui, con quell'abilità di saper leggere l'animo altrui. Non avrei mai pensato di incontrare qualcuno in grado di comprendere il mio dolore.
Il corpo che trasportavo non aveva niente di sinistro, mi illudevo di scherzare portando in braccio la persona che amavo.
"Dormi tranquillo."
Avevo posato le labbra dove aveva la testa, il mio unico occhio si era accartocciato per qualche secondo. Quella era l'unica tranquillità che gli era stata concessa. Era riuscito a non farsi corrompere dal marciume del mondo. Io ci ero andato vicino, lui mi aveva salvato.
Una roccia piatta lo avrebbe vegliato, il sole ci si rifletteva da mezzogiorno fino al tramonto, diventava tiepida anche nelle giornate più fredde dell'anno.
"Non avrai mai più freddo."
Cosa è Madara?
Il dolore non deve per forza rendere una persona sbagliata, la falsità non placa il tormento. Non potevo che ringraziarlo per avermi smosso dalle mie convinzioni, per avermi mostrato che non ero l'unico distrutto dal dolore e che questo non doveva trasformarmi per forza in un mostro.
La realtà in cui viviamo non va mai come vorremmo, ma confonderla non la cambierà, a volte le cose che amiamo devono essere libere di andarsene. Ora potevo scegliere. Potevo essere giusto dopo aver sbagliato fino in fondo.
Itachi me lo aveva insegnato.
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