Capitolo 57
Che male alla testa, si sarà formato un bernoccolo gigante. Devo aver avuto un capogiro. Poi ricordo. Andrew. Era qua, l'ho visto.
Apro gli occhi e mi accorgo di essere in uno dei lettini dell'ospedale. Mi giro verso la finestra sul corridoio e lo vedo, parla col suo solito fare impertinente ad Amal, un'infermiera del piano. In tutta la sua bellezza, come me lo ricordavo. L'agitazione prende il sopravvento. Come ha fatto a trovarmi? Sa dei bambini? C'è anche Lenore? Mi tocco il cuore cercando istintivamente di rallentare i battiti accelerati. Peccato che l'elettrocardiogramma non facilita la situazione dando suono all'incessante velocità delle mie palpitazioni. Cazzo!
Click
La porta si apre. Lui, in tutta la sua imponenza, affascinante come non mai, davanti a me. I bip del macchinario accanto aumentano, in un gesto disperato cerco di strappare i cavi attaccati alla pelle. I respiri si affannano e l'aria mi opprime, ripercorro in pochi attimi quel giorno. Lui, Lenore, il loro bambino, i miei.
Cerca di avvicinarsi a me ma lo allontano con la mano.
<<Che cazzo ci fai tu qui?>> Tommy entra come una furia e lo scaraventa contro la parete immobilizzandolo. Lo tiene afferrato al colletto, sfogando su di lui la sua vendetta.
<<Tommy per favore!>> cerco di farmi sentire ma lui mi ignora. Per quanto rancore provi verso Andrew, non credo che picchiarlo mi farebbe sentire meglio
<<Levami le mani di dosso>> lo spintona Andrew. Ma Thomas non sente ragioni e lo aggredisce nuovamente sferrandogli un pugno sul mento.
<<Thomas lascialo!>> Andrew si difende ma senza infliggergli colpi, non da lui. Gli afferra gli avambracci placandolo.
<<Non sei il benvenuto. Nemmeno un'ora che sei qui e guarda cosa le hai fatto>> ringhia lui a denti stretti cercando di liberarsi dalla sua presa. Andrew lo lascia allontanandosi di qualche passo, poi abbassa lo sguardo su di me e sulla mia pancia.
<<Devo parlare con lei>> si riferisce a Thomas, come a chiedergli il permesso. Mi stupisce la sua calma, tanto da non permettersi di fare del male all'uomo che poi detestava qualche mese fa. Lo guarda con rimorso, pentimento e quello che sembra essere... rispetto. Il vecchio Andrew lo avrebbe atterrito nell'immediato, ma lui no. Non lo ha sfiorato se non per difendersi, ha incassato il pugno senza nemmeno provare a schivarlo.
<<Non avete un cazzo da dirvi. Te ne ritorni con un calcio in culo da dove sei arrivato. L'ultima cosa di cui ha bisogno è parlare con uno stronzo traditore come te>> non ho mai visto Thomas così arrabbiato. Andrew lo guarda con aria sofferente.
<<Con tutto il rispetto, non sono affari tuoi>> dice in tono pacato <<Lei è incinta! E io lo vengo a scoprire solo adesso!>> ha il respiro affannato, voce rotta e angosciata <<Come hai potuto non dirmi niente?>> si riferisce a me, per la prima volta mi rivolge la parola guardandomi negli occhi. In quel momento cedo alle lacrime.
<<Cosa ti fa credere siano tuoi?>> osa Thomas. Sta solo complicando la situazione così, perché non lo capisce? Lui strabuzza gli occhi. Cerca di capire se ci sia o no la possibilità che aspetti un figlio da lui. Per la pancia che ho, dovessi davvero aspettarli da lui, avrei dovuto tradurlo.
<<Tommy basta>> dico io. So che quello che fa è solo per aiutarmi, ma così peggiorano solamente le cose. Lui si volta verso di me, mi prega di reggergli il gioco, quello che avrebbe voluto giocare. Ma non potrei mai, non davanti al padre dei miei bambini. Un mio solo sguardo serve a fargli capire tutto. Fino all'ultimo ha sperato io potessi acconsentire alla sua richiesta, far riconoscere i gemelli da lui, chiudendo in questo momento per sempre la storia con Andrew. Ma non posso, e soprattutto non voglio. Lui alza le mani, sconfitto e atterrito. Ci dà un'occhiata un'ultima volta e se na va.
Rimaniamo soli. Andrew mi guarda senza proferire parola.
<<Dimmi la verità. Ti prego>> io abbasso lo sguardo avvolgendo il mio ventre con le mani.
<<Sono incinta, al quarto mese>> non gli serve tanto per farsi due conti.
<<È mio?>> domanda titubante. Passano qualche secondi e annuisco. Lui sospira come se si fosse tolto un peso dal cuore.
<<Te ne sei andata senza dirmi nulla>> dice guardando verso la finestrella della camera. Io rimango in silenzio, senza dire nulla. <<Come hai potuto nascondermi una cosa di tale importanza? Come hai potuto abbandonarmi senza sentire mie spiegazioni? Hai una benché minima idea di quello che ho passato in questi mesi, senza sapere dove fossi, come stessi?>> scusami? Cosa lui ha passato? Fino a prova contraria non sono stata io a tradirlo.
<<Hai davvero il coraggio di fare la vittima? Tu che mi hai tradito con la tua ex>>
<<Io non ti ho tradito, non ho mai sfiorato Lenore>> non posso credere con quale faccia tosta me lo sta venendo a dire.
<<Davanti all'evidenza come osi sostenere di non aver scopato con lei?! Vattene via Andrew! Non saresti mai dovuto venire!>> mi alzo dal letto per cacciarlo, ma per poco non perdo l'equilibrio. Lui si avvicina per sorreggermi ma mi allontano <<Non mi toccare>> lo schivo io.
<<Se non mi vuoi credere va bene. Ma qua non si parla solo di te, c'è mio figlio di mezzo!>>
<<Tu non ci sei mai stato! Alle ecografie, agli esami, c'è sempre stato Tommy>> lui sorride strafottente.
<<Con quale coraggio mi vieni a parlare di quel bastardo? Non me ne frega un cazzo dei vostri piani di famiglia felice. State insieme? Va bene, come volete. Ma non farà da padre a mio figlio. Ci sono io e ci sarò sempre. Sarei stato presente dal principio se solo tu non mi avessi fatto fuori>> so che ha ragione, ma non ce la faccio. Non riesco a dargliela vinta, ad ammettere le mie colpe. Non finché lui non ammette le sue.
<<Non mi hai lasciato altra scelta!>> mi difendo io>>
<<Qua l'unico a non aver avuto scelta sono io, per il tuo egoismo>>
<<Egoismo?! Io volevo morire Andrew!>> grido con tutto il fiato che ho dentro, lui non controbatte <<Mettiti nei miei panni, con le ecografia della mattina stessa in borsa ero venuta da te in ufficio, per festeggiare insieme>> ricordare il tutto fa così male <<La tua guardia prima mi ha scaraventata per terra, e quando sono entrata ho trovato lei. Non puoi nemmeno immaginare quello che ho provato quando ho visto le sue ecografie! Con quale faccia ti avrei potuto dire la verità? Come avrei mai potuto reggere tutto quel dolore?! Io volevo solo morire, scomparire, non esistere! Mi sono ritrovata sola e incinta>> lui rimane zitto e io raccolgo col dito le lacrime che mi rigano il viso.
<<Mi ucciderei per tutto il male che ti ho fatto, ma non ti ho tradito. È stato tutto->>
<<Piantala! Non ti voglio più ascoltare>> dico in preda al panico. Averlo qui vicino, desiderare con tutta me stessa che il tradimento non sia mai accaduto mi disarma totalmente. Non riesco a reggere oltre questa conversazione. Non fa bene a me, e nemmeno ai bambini.
<<Se solo mi ascoltassi>> cerca di dire lui ma per mia fortuna entra Thomas. Credo non se ne fosse mai andato.
<<Hai detto abbastanza. Ora vattene via>> Andrew cerca di dire altro ma si blocca. Le parole gli muoiono in gola e chiude la bocca. Senza dire nulla se ne va, lasciandoci soli.
Posso finalmente scoppiare a piangere, tra le braccia del mio migliore amico, lontana più che mai dall'amore della mia vita.
Nei giorni seguenti la mia vita prosegue come un ameba. Piango fino a che non crollo sul letto accanto a Thomas, che cerca di consolarli come può. Si è preso dei giorni per starmi accanto e badare che io mangi e non mi succeda nulla da sola a casa. Andrew non si è più fatto vivo, e questo mi mi fa ancora più male. Non mi ero resa conto che quei pochi minuti trascorsi accanto a lui avrebbero amplificato ancora di più la mancanza che già sentivo prima di rivederlo. Non c'è momento che passi in cui non penso a lui. Rimango appesa al sogno inarrivabile di me e lui insieme, come una coppia, a gioire di ogni attimo accanto l'uno con l'altro.
Sono le sei del mattino, e come al solito non sono riuscita a chiudere occhio. Mi domando cosa succederà dal momento che conosce la verità. Dove si trova? Cosa sta facendo? È tornato a Chicago? Accendo il telefono e apro la nostra chat, è ancora bloccata. Chissà se mi sta pensando. Magari vorrebbe scrivermi ma non può. Se si trovasse con lei? Mi alzo di scatto non reggendo tutti questi dubbi. Il cuore batte forte, troppo forte, di nuovo. Tommy dorme, cerco di alzarmi dal divano senza svegliarlo.
Non posso continuare così, devo riprendermi e fare qualcosa. Lo devo fare per i miei bambini, che percepiscono ogni mia emozione.
Mi do una sistemata pettinando i capelli in una coda alta e indossando dei vestiti diversi rispetto a quelli di questi ultimi quattro giorni. C'è un posto che mi ha aiutato a stare meglio nelle prime settimane qui in Tanzania.
Prendo le chiavi della macchina ed esco di casa. Dopo una trentina di minuti arrivo all'orfanotrofio. Stare insieme ai bambini mi tira sempre su il morale. Busso al portone e Fatuma arriva ad aprirmi. Ha più o meno la mia età, lavora qui da diversi anni. Fa l'insegnante, ma chi lavora in questi posti non si limita a svolgere una sola mansione. Ogni mattina infatti prepara la colazione ai bambini insieme ad altri volontari.
<<Tori! Che sorpresa vederti! Che ci fai qui?>> mi domanda lei facendomi entrare.
<<Non riuscivo a dormire e perciò sono venuta a darvi una mano. Almeno posso rendermi utile>> lei corruccia la fronte non troppo convinta dalla mia spiegazione.
<<E l'ospedale?>> mi domanda conoscendo i miei turni.
<<Giorno libero>> spiego il più naturale possibile.
<<Forse nella tua condizione dovresti riposarti piuttosto che affannarti per venire qui>> ridacchia lei. È sempre molto premurosa, e ha paura io possa sforzarmi troppo.
<<Riesco ancora a cavarmela>> la tranquillizzo io. Ci dirigiamo insieme alle cucine dove saluto gli altri: Kassim, il cuoco che si occupa della mattina e del pranzo insieme alla moglie Rehema, con cui ha adottato i piccoli Tunu e Saidi. Vengono entrambi a scuola qui, ma vivono insieme ai loro genitori adottivi, non molto distante da qui; successivamente passo a salutare Amina e Nia, le quali si occupano delle faccende domestiche e delle pulizie.
Mi metto all'opera e inizio ad apparecchiare la tavola, nel mentre che la signora Shabani si presta ad andare a svegliare i bimbi. In poco tempo tutti quanti si siedono a tavola e un grande frastuono riempie la stanza prima in silenzio. È una gioia vederli, mi danno la carica di cui avevo bisogno. Prima di sedersi corrono a salutarmi stringendomi in un abbraccio. Uno per uno li saluto e successivamente li invito a sedersi per mangiare la loro colazione: una macedonia ai frutti tropicali. Passo fra i tavoli e parlo con loro del più e del meno. Diversi di loro mi porgono le solite domande su "come stanno i bimbi nella pancia", e io sono sempre felice di raccontargli come crescono.
<<Anche io voglio avere dei bimbi da grande>> esclama Amelia, una bambina di poco più di sette anni.
<<Hai detto bene, quando sarai grande>> ridacchio io accarezzandole la testa.
<<Ma quindi saranno due come Ali e Shani?>> domanda una bambina indicando i due gemelli seduti al tavolo dopo di noi. Io annuisco.
<<Se saranno maschio e femmina si>> spiego sorseggiando il mio tè nero.
<<Ma verranno rosa come te?>> mi metto genuinamente a ridere. Amo la spontaneità dei bambini.
<<Si, Zazi>> le rispondo con ancora il riso stampato in faccia.
<<Fatuma, veloce, raccogli quel te caduto a terra! Dio ha ascoltato le mie preghiere>> è la direttrice dell'orfanotrofio, la sorella di Shanabi, Ramla. Sembra alquanto agitata, si tocca le guance guardandosi intorno in cerca di non so cosa.
<<Presto, presto>> dice lei sistemando le tende del refettorio. Si può sapere cosa sta succedendo?!
Mi alzo dal tavolo e mi avvicino a Nia per chiedere informazioni. Ma lei dalla faccia sembra più confusa di me.
<<Non ne ho idea, non ne sapevo niente. Lo sai com'è Ramla, non dice le cose per scaramanzia>> mi volto verso lo sguardo altrettanto stupito della sorella che ci guarda alzando le mani.
<<Non guardate me>> ci rivolge per poi tornare in cucina. Continuo a fissare la sua sagoma fare avanti e indietro sotto lo sguardo curioso dei bambini. La donna si avvicina a un bambino e gli sistema il tovagliolo così da nascondere la macchia sulla maglia vecchia. Successivamente si compone la veste della gonna e i lati dello chignon, prima di scomparire lungo il corridoio. Noi altri continuiamo la colazione.
È ormai un'ora che i bambini hanno lasciato la mensa per recarsi in classe. Io mi sto occupando di passare la scopa a terra nel mentre che Amina pulisce con uno straccio bagnato i tavoli.
<<Mi segua, mi segua>> dice una voce in lontananza, è quella della signora Ramla <<Qui si trova la mensa dell'edificio, nel quale ci raduniamo ad ogni pasto>> mi volto per capire con chi stia parlando e lo vedo. Di nuovo lui. I nostri sguardi si incrociano e cala il silenzio. La direttrice e Amina ci guardano confuse, facendo rimbalzare ininterrottamente i loro occhi tra me ed Andrew.
<<Cosa diavolo ci fai tu qui?!>> esclamo esasperata.
<<Potrei chiederti la stessa cosa>> ribatte assottigliando le palpebre. Al suo sguardo mi sento bruciare dentro. Perché i suoi occhi mi fanno questo effetto? Ancora! Quando si concentrano sulla mia pancia poi... Cerca di nasconderlo ma non riesce a distogliere lo sguardo dal mio ventre.
<<Non credo proprio. So benissimo che sapevi io fossi qui>> quello che ho detto non suona del tutto chiaro ma cerco di non darlo a vedere e rimanere sulla difensiva.
<<Non ne avevo idea, il mondo non gira intorno a te>> la sua frase mi zittisce. Mi sento una stupida. Cosa gli potrebbe mai fregare di me a uno come lui? Direi che abbiamo dato abbastanza spettacolo anche per oggi. Senza aggiungere altro, nel gelo creatosi nella stanza, lascio la scopa e me ne vado via.
Sono venuta qui per non pensare a lui e me lo ritrovo davanti. Com'è divertente la vita delle volte...
<<Victoria aspetta! Dobbiamo parlare>> mi sta rincorrendo per il corridoio. Davvero Andrew? Io non ho alcuna intenzione di parlare con te.
<<Vattene Andrew! Torna dalla tua Lenore e dal figlio che tra poco avrai insieme a lei>> l'amarezza con cui dico queste parole mi tradisce. Ora penserà che mi importa di lui, di loro. Beh è ovvio sia così, ma l'ultima cosa che voglio è dargliela vinta.
<<Non avrò nessun figlio da lei>> il braccio con cui stavo aprendo la portiera della macchina si blocca insieme al mio cuore <<ha falsificato tutto, referti, documenti... Perfino i dottori erano stati pagati per reggergli il teatrino. Ha architettato tutto, e quando è rimasta incinta dopo l'inseminazione artificiale ha messo in atto questa farsa>> mi volto verso di lui. È serio, sicuro di sé. Non vi è alcuna traccia in lui di nervosismo o agitazione.
<<Tu sei stato con lei! Non mi prendere in giro>> cosa mai potrà dire adesso per giustificarsi? La sera della mia laurea lui non c'era.
<<Si è vero>> un'altra martellata al cuore, come se fosse la prima volta <<Mi ha chiamato disperata il giorno della tua laurea. Ho cercato di ignorarla ma i suoi messaggi mi hanno spaventato. Minacciava ti togliersi la vita quella sera stessa se non fossi venuto. Così ho cercato di andare da lei e concludere il tutto in un'ora, così da tornare da te, festeggiare con te... Arrivato lì è bastato che mi offrisse un bicchiere d'acqua per drogarmi e farmi perdere i sensi. Erano tutti complici, il personale, i genitori. Non era riuscita a sedurmi e così ha optato per farmelo credere. Mi sono svegliato cinque ore dopo, senza ricordo di cosa fosse successo. Mi ha ingannato dicendo che avevamo fatto sesso, che ero consenziente e io ho abboccato. Non ci volevo credere perché non avevo ricordo di noi due insieme>> sé questa cosa è vera vuol dire... che io...
<<Come faccio a crederti?>> lui prende il telefono dalla tasca e mi mostra un documento con i due referti a confronto. Tutte la date della fecondazione artificiale, i vari tentativi, le prime ecografie... Tutto combacia con quanto raccontato dall'uomo di fronte a me. Il cuore mi si blocca. Ho allontanato Andrew ingiustamente, privandolo di starci accanto durante la gravidanza. Sono sparita lasciandolo da solo ad affrontare quella serpe. Non gli ho nemmeno lasciato il tempo di spiegarsi. Ho lasciato l'uomo che amavo senza pensarci due volte, accecata dal dolore che provavo in quel momento.
<<Lo so che è stata dura per te, io mi odio per quello che ti ho fatto >> Si mette una mano sul cuore. Lui si odia? Lui ha la colpa di essere stato troppo buono forse, ingenuo addirittura. Voleva aiutare una pazza squilibrata ed è stato fregato. Io però... se solo fossi rimasta. Oggi saremmo potuti essere una coppia felice in attesa dei propri figli.
<<Non hai nulla di cui scusarti>> dico abbassando la testa. La vergogna si sta impossessando di me. Ho rovinato tutto.
<<Ehi, non devi piangere>> mi dice avvicinandosi. Mi sfiora la guancia ma gliela blocco, poi ecco che incontro di nuovo i suoi occhi, in una forma diversa. Siamo vicini, nuovamente vicini. Come quando mi prendeva i fianchi per baciarmi e stringermi forte. I ricordi mi trafiggono l'anima. Come è possibile un giorno essere così vicini per poi diventare due sconosciuti? <<Ho saputo la verità dieci giorni fa, per caso quella stessa sera avevi chiamato Christina e ho capito. Ci tenevo solo a spiegarti, ieri non ci sono riuscito>> dice asciugandomi una guancia. Io annuisco.
<<Sono venuto qua per cercarti, per sapere come stavi. Non per scombussolarti di certo. Rispetto le tue scelte, rispetto Thomas, e rispetto anche l'avermi nascosto la gravidanza di mio figlio>> deglutisce come sé questa sia la cosa più dolorosa di tutte <<Ho bisogno di sapere le tue intenzioni, per lui, o lei>> lui non lo sa ancora.
<<Sono due>> aggrotta le sopracciglia confuso, poi guarda in basso verso loro due.
<<D-due?>> io annuisco. Ecco che il suo stupore si trasforma in un sorriso. Poi la distanza si accorcia e mi abbraccia. Mi stringe con quel calore che da troppo tempo bramavo. Posso sentire il suo cuore esplodere dalla felicità <<Mi renderai padre di due gemelli Victoria. Non c'è regalo più grande che tu potessi farmi>> sussurra con la testa appoggiata al mio capo. Una lacrima di felicità mista a tristezza mi riga il volto. E lo realizzo, quel sogno che ogni notte mi perseguitava. L'uomo che amo è accanto a me, e sta gioendo con me dei nostri figli. Lui è accanto a me, ma non con me. E questa consapevolezza spegne il barlume di spensieratezza e felicità che per qualche istante mi aveva illuminata.
<<Permettimi di starti accanto. Non come fidanzato, ma come padre dei nostri figli>>
"Non come fidanzato"
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Ragazziii! Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti. Io mi sono un po' commossa a scriverlo, a mio parere è un capitolo molto profondo. Spero voi possiate capire il punto di vista di Victoria. Ho letto molti commenti negativi su di lei ma vorrei la capiste. Non so se vi sia mai capitato di lasciarvi con quello che credevate l'amore della vostra vita. La disperazione, l'angoscia, il dolore l'hanno portata a scappare il più lontano possibile da lui. Ha sbagliato, ma non per questo è codarda o vigliacca. La sofferenza porta a non ragionare lucidamente. Lei si è trovata sola e con due bambini. Ognuno reagisce come riesce, nelle proprie possibilità.
Dopo questo papiro spero capiate il mio punto di vista <3
Grazie ancora di tutto e al prossimo capitolo!!
LeleMiuss
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