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Capitolo 50


Il mio cuore per poco non perde un battito, fosse arrivato una manciata di secondi prima sarebbe stata la fine. Andrew ci osserva con sguardo indagatore e furente. Per il senso di colpa non posso fare altro che dimenticare dell'orario a cui ha fatto ritorno per correre ad abbracciarlo. Lui rimane distaccato non degnandomi di mezzo sguardo, catturato dall'uomo seduto sul suo divano che prontamente si alza venendoci incontro.
Io mi stacco dall'abbraccio, non ricambiato, e presento il mio ex al mio ragazzo.

<<Andrew, lui è Thomas Sendlers>> dico in preda all'agitazione. Thomas gli porge la mano in attesa che la stringa.

<<Il tuo ex>> afferma duro. Ha i muscoli del viso contratti e gli occhi blu stranamente più scuri del solito. Gli stringe la mano che il mio ex ritira stiracchiando, presumo perché dolorante visto che se la sta massaggiando.

<<Io tolgo il disturbo>> dice Thomas fuggitivo. Prende dall'attaccapanni il suo cappotto e chiama l'ascensore.

<<Grazie di tutto>> dico io prima che le porte si chiudano.
Rimasti io e lui da soli il gelo cade nella stanza. I suoi occhi bruciano di collera.

<<Che cazzo ci faceva il tuo ex non solo in casa mia, ma per di più attaccato a te sul mio divano>> calca in modo possessivo la parola "mia". In preda al panico spiego di come mi abbia semplicemente aiutata a sistemare la roba, sorvolando il dettaglio di lui che prova a baciarmi.

<<Ma fammi il piacere, Victoria>> si toglie la giacca scaraventandola sul divano. Si sbottona tre bottoni della camicia e si volta verso le vetrate. Ha tutte le ragioni di essere arrabbiato con me, ma non è colpa mia se lui è arrivato a tanto. L'ho fermato e questo e ciò che conta.

<<Andrew non è successo nulla>> continuo io. Alla fine è una mezza verità, ma nonostante questo la consapevolezza di non averlo fermato prima mi divora.

<<Vuoi dirmi che se apro i filmati delle videocamere non trovo nulla?>> le telecamere di sorveglianza. Avevo completamente rimosso la loro presenza. Io rimango zitta, senza la forza di dire una parola di più. Lui scuote la testa passandosi una mano tra i capelli.

<<Andrew ti assicuro che non è successo niente>> lui sblocca il telefono. So esattamente cosa sta per fare, e prima che possa anche solo aprire l'app lo fermo abbassando il cellulare dalle sue mani e catturando la sua attenzione su di me.

<<Dimmi che se apro questi video, non trovo voi due che vi baciate>> io prontamente scuoto la testa. Gli occhi si inumidiscono e il peso al petto si fa più pesante. Anche solo pensare di baciare qualcuno che non sia lui mi uccide.

<<Lui ha cercato di baciarmi, ma io l'ho rifiutato. Mi ha colta di sorpresa, non pensavo si sarebbe mai avvicinato così tanto>> lui tira un sospiro di sollievo tirando giù un groppo alla gola. Gli accarezzo la guancia e lui non si allontana, questo è un buon segno <<Controlla i filmati se preferisci>>

<<Ti credo>> dice senza pensare. Dopo qualche secondo si allontana da me sedendosi sul divano.

<<Mi sei mancato questa sera>> e questa è la verità. Avrei preferito ballare col mio ragazzo piuttosto che Thomas. Mi siedo accanto a lui appoggiando la mia testa sulla sua spalla. Lui non dice nulla. D'un tratto si alza e senza dire niente avanza verso le scale. Rimango seduta sul divano mentre lo guardo allontanarsi, fino a scomparire nell'oscurità del piano superiore. Non sono ben accetta, ed è giusto che lo lasci da solo. Mi sa proprio che dormirò sul divano, dal momento che nella mia vecchia stanza si trova Melinda. Dopo aver sistemato un lenzuolo e preso una coperta dal ripostiglio, improvviso un pigiama con una maglietta bianca di Andrew trovata nel cesto della roba da stirare.
È assurdo pensare che uno dei giorni più belli della mia vita sia stato rovinata da così tante cose diverse. L'essere fidanzata con uno degli uomini più potenti del Nord America a differenza di come si possa immaginare, non è uno spasso. Mi sono bastate poche ore per capirlo. Oltre questo, Thomas è piombato in città con non so quali strane idee in testa alle quali ho ingenuamente dato corda. Ma la cosa più brutta di tutte è stata non avere il mio fidanzato accanto. La furia e soprattuto la delusione dati dalla sua assenza mi ha fatto per un momento pensare che fossi legittimata a stare in una stanza da sola con il mio ex che non smetteva di provarci con me. Se lo avesse fatto Andrew? È la domanda che continuo a porgermi. Se lui si fosse comportato così alle mie spalle? Il senso di colpa mi mangia da dentro. Ripenso a quando ancora tutto era perfetto. Solo noi.

Il giorno dopo un rumore di passi pensanti mi sveglia di soprassalto. Assottiglio gli occhi ma non vedo nessuno, essendo domenica Yolanda non c'è ed Emma, a causa della festa di ieri è andata a dormire da una sua amica. Mi stropiccio gli occhi con le dita e mi metto seduta sul divano. Dalla cucina proviene un rumore di piatti sul tavolo e microonde. Infilo le pantofole e mi dirigo in cucina. Trovo Andrew intento a tagliare sedano, mela verde e cavolo per preparare uno dei suoi frullati vitaminici disgustosi.

<<Buongiorno>> dice piegando le labbra in un sorriso tirato e aggiungerei freddo. Non indossa la maglietta e questo mi rende difficile distogliere lo sguardo dai suoi muscoli per concentrarmi sul suo viso.

<<Buongiorno>> rispondo con un po' di incertezza abbassando la testa. La voglia che ho di andare lì e abbracciarlo è tanta, ma mi limito a sorridere e girarmi dalla parte opposta per aprire il frigo ed estrarre la confezione di latte. La verso nel bicchiere e la metto a scaldare.

<<Ti ho fatto il caffè>> dice senza distogliere gli occhi dal frullatore nel quale sta inserendo i componenti della sua bevanda.

<<Oh, grazie>> mi avvicino accanto a lui e prendo il caffè nella tazza aggiungendoci il latte appena scaldato. Siedo su uno degli sgabelli intorno all'isola e sorseggio il mio caffellatte fumante. Il silenzio creatosi viene fortunatamente interrotto dalla suoneria del mio cellulare. Mi alzo e corro a rispondere. È la mamma. Ci siamo dati appuntamento per mangiare in un ristorantino in riva al lago. Chiudo la chiamata e torno in cucina dove il mio ragazzo ha praticamente quasi finito il suo bicchierone dal colore verdastro. Quella roba non ha un bell'aspetto. Ne approfitto per leggere i messaggi persi e trovo quello di Melinda. Risale a un'ora fa. Non mi ha salutata per lasciarmi dormire un altro po', in effetti ne avevo molto bisogno.

<<Mi preparo e vado a prendere Emma. Dove andiamo con i tuoi?>> continua a non guardarmi negli occhi. Mi chiedo se abbia senso che venga anche lui oggi, per fare una ennesima figuraccia davanti ai miei genitori riguardo il nostro rapporto.

<<Al FrontLake, è un posto molto carino. Fanno cucina mediterranea, ti piacerà>> sorrido speranzosa di una sua qualche reazione. Ma lui annuisce girandosi e iniziando a pulire il piano cucina. <<Posso venire anche io a prendere Emma>> più che una domanda suona come una affermazione incerta.

<<Come vuoi>> aggiunge indifferente. Apre la lavastoviglie e sistema la mia tazza, il suo bicchiere e il contenitore sporco del frullatore. Con una morsa al petto me ne vado al piano superiore a cambiarmi. Decido di fare una doccia e levare il trucco della notte prima. Pettino i miei capelli bagnati e ne assaporo il profumo. Cerco di distogliere la mente da ieri e dalla delusione di Andrew in volto, dalla sua freddezza, ma non riesco. Fa troppo male e non riesco a contenere le lacrime. Continuo ad allisciare le ciocche in modo ripetitivo, quasi come incantata dalla mia figura sciupata e pallida davanti allo specchio. Una tristezza che per varie ragioni mi porto dentro da troppo tempo. La porta che si apre all'improvviso mi risveglia dal mio stato di trans. Mi giro dando le spalle al mio ragazzo ed asciugando prontamente gli occhi lucidi e le guance bagnate. Lui sembra guardarmi in modo sospetto per qualche secondo e poi entra dentro la doccia. Velocemente torno in camera prendendo un cambio pulito che indosso velocemente. Prima che Andrew esca da quella porta. Infilo i pantaloni a zampa e la maglietta verde militare. Molto semplice, anche troppo forse, ma è un pomeriggio in famiglia, nulla di che. Quando Andrew esce si avvicina a me per aprire la cassettiera che si trova sotto lo specchio nel quale mi sto guardando per aggiustare le maniche della maglia. Un suo braccio mi tocca il fianco e sussulto. Con la coda dell'occhio lo fisso mentre si tira su i boxer sistemandosi successivamente i capelli bagnati. Aspetto che apra bocca per parlare con me, per chiedermi come sto ma invano.

<<Stai bene?>> mi faccio coraggio e faccio la prima mossa. Lui si gira verso di me venendomi incontro. Un barlume di luce illumina il mio viso in un sorriso spontaneo, che si spegne dopo avermi scansata per raggiungere l'armadio. No stava venendo da me.

<<Bene>> risponde lui da dentro la cabina armadio.

<<Andrew per quanto andrai avanti così>> sbotto avvicinandomi a lui.

<<Finche non cancellerò dalla mia mente le immagini di te e lui che ballate felici nel mio salotto, che parlate amabilmente sul mio divano>> fa una pausa avvicinandosi pericolosamente a me <<delle sue luride mani che toccano il tuo viso>> deglutisce <<e di lui che per poco non ti ficca la lingua in gola>> si volta e continua a fare quello che stava facendo prima.

<<Andrew io l'ho fermato! Gli ho parlato di te... Gli ho detto di quanto mi rendi felice>> io amo Andrew più di qualsiasi altra cosa ma sembra che tutto e tutti siano contro di noi.

<<Talmente felice che si è sentito in dovere di flirtare con te e baciarti..>> io faccio per dire qualcosa ma si volta verso di me e mi blocca <<Rispondi a questa domanda>> aspetta qualche secondo incerto se aprire bocca o no <<Sei felice con me?>> una lacrima riga il mio volto.

<<Andrew>> ... <<io ti amo>> mi zittisco nuovamente. Non posso dire di essere felice. Tutto quello che è successo nelle ultime settimane non mi ha reso felice. Non posso mentire a me stessa.

<<Ho capito>> annuisce e guarda un punto fisso nel vuoto <<Non aggiungere altro>> prende i vestiti ed esce dalla stanza. La porta si chiude rumorosamente e sento le mie ciglia inumidirsi per l'ennesima volta in questa mattinata.

Inutile dire che il resto della giornata è stata un totale disastro. Il silenzio in macchina era assordante, nessuno dei due ha proferito parola. Per non parlare della mia famiglia, visibilmente preoccupata per la freddezza di uno con l'altro. Andrew era totalmente assente, anche con Emma stranamente. È possibile che questa cosa lo abbia potuto turbare così tanto? A quanto pare si, non siamo riusciti ad avere un dialogo di più di cinque parole a vicenda da ben cinque giorni, ha interagito più con Pippin che con me... il lavoro inoltre non aiuta dal momento che va via la mattina presto e torna a casa giusto per fare cena e stare un po' con Emma. Non ho idea di come avvicinarmi a lui, e questo non fa altro che farmi stare ulteriormente male. Melinda mi ha invitata ad uscire in un pub con lei e gli altri, per cambiare aria e distrarmi. Le ho risposto di no per cercare di stare un po' con Andrew, dovrebbe tornare a momenti. Ho cucinato il suo piatto preferito e fatto anche una crostata di more, lui la adora. Ho appena finito di apparecchiare insieme ad Emma quando Yolanda si avvicina a noi.

<<Il signore mi ha detto che non cenerà qui stasera>> sembra imbarazzata nel comunicarlo. E chi non lo sarebbe? Mi sta letteralmente dicendo quello che un fidanzato dovrebbe dire di persona alla propria ragazza. La ringrazio dell'informazione e ci mettiamo a mangiare da sole. E pensare che il sugo era venuto squisito questa volta.

<<Signorina Young, credo di poter andare a casa>> dice la tata col cappotto in mano. In effetti il suo orario è finito tre minuti fa, alle 20:00. Ma se...

<<Beh... Mi spiace chiederglielo in questo momento, per caso potrebbe rimanere qui questa notte? Dovrebbe solamente controllare il baby monitor dalla sua stanza. Nulla più. Metterò io la piccola a dormire>> lei esita qualche istante. Non è carino domandarlo a quest'ora, ma l'extra le verrà pagato. <<La prego>> la supplico io <<Il signor Foster sa già tutto>> mento. Andrew non sa che ho intenzione di uscire con i miei amici e fargliela pagare per il suo comportamento. Mi ha stancata, se ha qualcosa da dirmi me lo dica in faccia, mi urli le peggio cose. Ma questo silenzio non lo sopporto più. Per fortuna la signora Lodge accetta, anche se un po' di traverso. Alla fine dovrà semplicemente dormire in casa e andarsene via domattina.

Dopo aver mangiato cena aiuto Emma a lavarsi i dentini e mi prendo tutto il tempo per raccontarle la storia della buonanotte. Lei alla seconda pagina chiude gli occhietti cadendo fra le braccia di Morfeo. È bellissima. Le ciglia lunghe poggiano delicatamente sopra le palpebre e rimango qualche istante ad accarezzarle le guance rosa. Finalmente i capelli dorati sono diventati più lunghi e ogni mattina posso sbizzarrirmi con le acconciature che la maggior parte delle volte comprendono trecce di ogni forma. Le rimbocco le coperte baciandole delicatamente la fronte. Spengo la lucina e lascio quella più piccola, si sente più tranquilla in questo modo. Nel giro di venti minuti mi preparo anche io, a causa del poco tempo non sono riuscita a fare granché. Ho giusto improvvisato un trucco aggiungendo della matita nera e del mascara più pronunciato rispetto a quello che già avevo prima. Tampono le labbra con del rossetto rosso e in fretta e furia infilo un abito marrone corto ma a maniche lunghe. Punterò sugli stivali per non avere freddo, nonostante siamo in primavera, qui a Chicago le temperature continuano a essere basse. Infilo il cappotto nero e scendo giù. Ci dovrebbe essere Pat con Meli ad aspettarmi. Peccato che non trovi da nessuna parte la macchina arancione del mio amico, abbastanza appariscente da passare inosservata. Poi una voce conosciuta chiama il mio nome. Non dirmi che... Thomas. Si avvicina a me scrutandomi da testa a piedi, soffermandosi un po' troppo sulle gambe nude. Cerco di non farci caso e lo saluto. Ma che ci fa lui qui?

<<Ehii... Come mai ti trovi qua?>> lui ride ma io continuo a non capire.

<<Meli non ti ha avvertito?>> io scuoto la testa.

<<Andavano a prendere Every e Kendall, hanno chiesto a me di passare da te, pensavo te lo avessero detto>> io estraggo dalla pochette il telefono e solo dopo averlo acceso noto il suo messaggio, risale a venti minuti fa.

<<Diciamo che me li sono persi>>

<<Spero non sia un problema>> io scuoto la testa. È un problema, si. Non voglio più stare da sola con lui.

<<Come va?>> domanda una volta entrati in auto.

<<Bene>> domando senza aggiungere altro. Non ho bisogno di raccontare gli affari miei a nessuno, tantomeno a lui. Rimaniamo in silenzio per diversi minuti, fin quando il ragazzo affianco a me non rompe il ghiaccio.

<<Mi dispiace per l'altro giorno, non so cosa mi sia preso... Essere lì, con te>> fa una pausa e le nocche al volante si colorano di bianco per la stretta <<Ha fatto riaffiorare in me quello che forse non era mai svanito del tutto>> mi giro verso di lui osservando le sopracciglia corrugate.

<<Tommy... Mi dispiace ma->> mi blocca.

<<Lo so>> dice con tono consapevole <<Ami lui>> deglutisce.

<<Da morire. Non ho mai amato nessuno come lui>> lui rimane in silenzio. Non se lo aspettava, o forse sì ma non voleva guardare in faccia la realtà. Annuisce e continua in silenzio il resto del viaggio. Quando arriviamo ad aspettarci ci sono già tutti. Prendiamo l'ascensore e arriviamo all'ultimo piano dell'edificio. Non ero mai stata qui, anche perché è solo qualche mese che è aperto. Devo ammettere che è veramente suggestivo e allo stesso tempo di classe, le vetrate sono enormi e danno una perfetta visuale della città sotto di noi. Dietro al bancone i ragazzi che lavorano prepararono un drink dopo l'altro. Dalla parte opposta all'entrata c'è una porta sorvegliata da un uomo in giacca e cravatta. Chissà chi ci sarà di tanto importante. Ci sediamo nei nostri divanetti e una ragazza viene a prenderci le ordinazioni. A differenza del mio solito malibù, oggi, a detta di Melinda, ho bisogno di qualcosa di più forte, ordina un vodka lemon che nel giro di dieci minuti arriva al tavolo. A dire il vero mi pento di essere venuta, non faccio altro che domandarmi dove sia Andrew, e sopratutto con chi sia. Starà bene? Nonostante qui dentro, con i miei amici, si respiri un'aria allegra non riesco a distogliere i miei pensieri da lui. Tiro fuori il telefono alla ricerca di qualche storia che possa inquadrarlo, sto cercando un altro profilo ma il cellulare scompare dalle mie mani.

<<Basta con questo telefono! Non essere così sottona. È lui che è uscito senza dirti nulla. Goditi questa maledetta serata!>> mi dice Melinda. Sbuffando e del tutto contrariata ripongo il telefono dentro la pochette e cerco di ascoltare ciò di cui stanno parlando.

<<Le abbasso le mutande e iniziamo a fare cose>> molto interessante Kendall, davvero <<stava andando tutto bene, una biondina niente male. Poi inizia a chiedere di essere trattata male, ma cose forti intendo! Butto un insulto di là e uno di qua>> perché mi tocca sentire queste cose? <<si ferma e tira fuori dalla borsa delle manette, una frusta e inizio a preoccuparmi>> continua a blaterare altre cose ma smetto di farci caso. Mi risveglio a sentire tutti quanti ridere.

<<Voi cosa fareste trovaste una persona che vi chiede di fare bdsm?>> domanda Every, io rimango zitta.

<<Io lo proverei. Soft chiaramente, ma perché no?>> dice Meli. Pat nega con la testa, sappiamo tutti non sia il tipo da queste cose. Finisco il drink e ne afferro un'altro. Mi sento soffocare, ho bisogno di pensare ad altro.

<<Tori forse ne sa qualcosa>> eh? Ad aprire bocca è ovviamente Kendall. Lo fulmino con lo sguardo. Non l'ho mai sopportato granché.

<<Non mi guardare così>> alza le mani a mezz'aria <<Un po' come in Cinquanta sfumature di grigio. Alla fine stai con un miliardario. Chi non ci dice che->>

<<Scusami?>> che razza di idiota può mai essere?

<<Dico solo che magari il tuo Andrew>> scimmiotta il suo nome <<Sta con te anche perché tu gli perme->>

<<Non parlare di cose che non sai>> lo minaccio.

<<Non ti alterare>> mi canzona lui, peccato che stia ridendo solo lui.

<<Vaffanculo>> mi alzo col bicchiere e me ne vado. Forse è l'alcol, forse è la rabbia che provo in questo momento mista a tutte le brutte emozioni di questi giorni ad avermi fatto reagire così. Kendall è un coglione e questo lo sappiamo tutti ormai. Scrivo a Meli che torno subito approfittandone per prendere una boccata d'aria e un'altro drink. L'altro l'ho finito nel giro di tre sorsi. Arrivo al bancone e in attesa che il barman si liberi sciolgo i capelli legati in una calda alta per lasciarmeli cadere lungo la schiena. Non la sopportavo più, iniziava a farmi male.

<<Bellezza, cosa posso servirti?>> è un ragazzo più o meno della mia età, a causa delle luci e del giramento di testa non riesco a vedere il suo viso in modo nitido.

<<Un gin lemon>> meglio andarci più soft.

<<Subito tesoro>> tesoro? Dio quanto non sopporto i maschi che si sentono in potere di dare appellativi del genere. Mi siedo su uno sgabello e appoggio i gomiti sul piano in marmo. Mi scoppia la testa, e mi pento di aver già pagato diciassette dollari per quel drink, che non ha nemmeno iniziato a preparare per giunta. Sorreggo la testa massaggiandomi con i polpastrelli le meningi.

<<Qualcuno qua non ha avuto una bella giornata>> ma perchè tutte a me?! Cosa vuole adesso questo? Mi giro verso l'uomo di fianco a me. Lo scruto assottigliando lo sguardo e distolgo nuovamente l'attenzione. Non ho voglia nemmeno di rispondere. Tutto inizia a girare <<Oh, con te sto parlando>> oh? Ma che razza di idiota è? Dio che fastidio. Io continuo a ignorarlo fin quando non tocca i capelli che mi coprono il viso per osservarmi meglio. Mi scosto di scatto allontanando bruscamente la sua mano.

<<Non mi toccare mai più! Provaci e vedi>> nel frattempo un'altra barista mi porge il drink e io mi alzo all'in piedi per tornare al mio tavolo.

<<Sennò cosa fai?>> afferra il braccio libero. Io mi libero nuovamente dalla sua presa e nell'intento di sorpassarlo vado a sbattere contro qualcosa, anzi, qualcuno. Il mio drink finisce sopra la camicia di un tizio dalla faccia ignota. Il bicchiere di vetro cade a terra spargendosi ovunque.

<<Ma che diavolo!>> credo abbia detto <<Victoria?>>  nonostante la musica alta e la voce ovattata mi sembra di riconoscere una voce familiare. Cerco sostegno nello sgabello e alzo il volto <<Cosa ci fai tu qui?>> Andrew?

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Buongiorno!! Spero abbiate sopportato la lunghezza di questo capitolo, e che non vi abbia annoiato.
Come sempre lasciatemi i vostri commenti e una stellina se volete. Amo sapere cosa pensate :))
Alla prossima

LeleMiuss

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