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Capitolo 43



Sono tornata da ormai dieci giorni a Chicago e posso dire di non essere mai stata felice come in questi giorni. Sto passato momenti meravigliosi con Emma ed Andrew. Certo, quest'ultimo non lo sto vedendo durante la giornata ma passiamo tutte le serate insieme. L'altro giorno ci siamo messi a vedere in salotto Aladdin con Emma rannicchiata sul mio petto e io a mia volta distesa tra le gambe di Andrew. Ci siamo addormentati tutti lì. Purtroppo la mattina sono praticamente sempre sola, c'è Yolanda per mia fortuna. Anche se stamane è fuori per commissioni. So molto bene che ho una casa, ma il mio fidanzato mi prega ogni santa sera e mattina di rimanere da lui, che per stare sola a casa mia posso stare qua, al sicuro. Inoltre mi piace vivere insieme a loro, faccio compagnia ad Emma e lei la fa a me. Ho perfino accesso al conto di Andrew, mi ha consegnato una carta di credito a me intestata, ha letteralmente detto: "questa è tua, usala come meglio preferisci. Puoi uscire e andare e fare cosa vuoi. Con Emma, con le tue amiche, la tua famiglia..." in realtà non l'ho mai accettata, la tengo nel mio portafoglio per non sentire lamentare Andrew che non accetto mai i suoi regali. Quella carta ha sopra quattro milioni di dollari. È una cifra che ho perfino paura di toccare. In ogni caso ne potrei avere bisogno. Non guadagno molto come cameriera, il mio affitto e le bollette prosciugano il conto ogni mese e non so per quanto riuscirò ad andare avanti, contando che sarò una specializzanda per il primo anno.
Utilizzo questa inutile mattinata per cucinare del chili per stasera. Voglio fare una serata totalmente messicana. Nel bel mezzo della preparazione del guacamole vengo interrotta dal suono del mio telefono. È un numero sconosciuto.

<<Pronto>>

<<Victoria, sono io, Felipe>> rimango in silenzio per secondi che mi sembrano interminabili <<Vorrei davvero parlarti, per chiederti scusa e sistemare le cose>> il mio cuore batte forte.

<<Io... Non mi aspettavo una tua chiamata>> cerco le parole.

<<Sono sotto al OneEleven. Concedimi solo qualche minuto>> e ora cosa gli dico?

<<Non so se sia una buona idea che tu salga...>> dico col cuore che tra poco mi finisce in gola.

<<Non ti porterò via molto tempo, vengo in pace>> la sua voce sembra sincera. Come quando parlavamo all'inizio della nostra amicizia. Ci penso per qualche secondo. E se mi facesse del male? Sono sola in casa. Cacciarlo mi sembra un gesto così... da codarda. Dopo quello che abbiamo passato. Sta solo soffrendo, magari ha bisogno di conforto e lo vuole cercare in una amica.

<<D'accordo, dirò a Barclay di farti entrare>>

<<Ci sono delle guardie all'ingresso che...>>

<<Ci penso io>> riaggancio. Faccio quanto detto, comunico che gli venga dato il lasciapassare alla reception. Per sicurezza prendo dalla mia borsa lo spray al peperoncino. Non si sa mai. Per qualsiasi cosa inoltre c'è il numero di emergenza alla sicurezza della reception. Riesco giusto a sedermi sul divano quando le porte dell'ascensore si spalancano. Un Felipe con profonde occhiaie e occhi scavati fa capolinea all'ingresso del grande salone. Indossa un felpone oversize, pantaloni larghi grigi e delle Stan Smith usurate. Normalmente è sempre vestito con jeans e maglioni. L'ho davvero ridotto così?

<Victoria>> si avvicina a me guardandosi intorno a lui, nell'enorme ingresso di casa Foster. Sembra impacciato e insicuro quando posa i suoi occhi su di me.

<<Avresti potuto avvisarmi. Ci potevano essere Andrew o Emma>> non voglio nemmeno immaginare cosa succederebbe se Andrew venisse a sapere che l'uomo che più odia al momento si trova a casa sua, da solo con me.

<<Il capo rimane in ufficio fino alle 19:30, e la piccola è a scuola>> deglutisco. Chissà da quanti giorni aspetta questo momento per rimanere da solo con me. Mi stringo le braccia al petto e sospiro.

<<Mi dispiace ti abbia licenziato>> cambio argomento io. Non so proprio cosa dire. Mi alzo e mi avvicino a lui.

<<Lo avrei fatto anche io nella sua posizione. Non avrei lasciato un elemento violento a lavorare nella mia azienda>> quello che mi dice mi sorprende <<Sono passato per chiederti scusa. Ti prego di accettarle e perdonarmi>>

<<Ti prego di accettare anche le mie. Ho sbagliato e lo so. Non avrei dovuto provare a stare con te pensando ad un'altra persona>> affermo appoggiando una mano sul petto.

<<Io sapevo benissimo che tu non fossi innamorata di me. Ma ho cercato di tenerti e non perderti, anche se è stato tutto inutile. Spero che Andrew ti renda felice come meriti. Lui può darti quello che nessun uomo può dare>> dice riferendosi al suo attico, e di conseguenza alla sua ricchezza, come se io stessi con Andrew per i soldi.

<<L'unica cosa che Andrew mi può dare e nessun'altro può è l'amore. Non i soldi>> dico stizzita. Mi sta definendo un opportunista.

<<Siamo solo noi due. Puoi dirmi che stai con lui per soldi, e magari anche sesso>> sta dicendo il tutto con un aria così calma e rilassata. La gente pensa questo di me?

<<Ma come ti permetti! Non mi sono mai approfittata del denaro del mio ragazzo. Tanto meno lo faccio adesso!>>

<<Non ti sto giudicando! Sei una bellissima ragazza, puoi permetterti uomini di un certo livello, mai avrei pensato multimiliardari. Ma quel tuo visino da finto angioletto e quel bel culo che ti ritrovi gli avranno fatto girare la testa>>

<<Questo è troppo! Vattene fuori da questa casa. Se pensi che queste siano scuse ti sbagli di grosso. Non ti voglio rivedere mai più!>> a questo punto credo che abbia seriamente dei problemi di bipolarità. E ho paura che tutto questo possa diventare qualcosa di molto brutto.

<<Io penso che sei solo una puttana! E puttana rimarrai! Per sempre>> gli lancio uno schiaffo con una tale potenza da farmi male io stessa. Ma non me ne pento in nessun modo. Lui rimane fermo con la mano sulla guancia rossa. Senza che possa fare nulla per prevenire la sua mossa mi afferra per il collo con entrambe le mani e rimango senza fiato. Cerco di liberarmi ma la sua stretta mi provoca una insufficienza respiratoria.

<<Ti prego Felipe. N-non re-spiro>> l'ultimo filo di voce lo uso per sussurrare queste ultime parole. Ma i suoi occhi, sembrano posseduti, posseduti da una rabbia senza eguali. Con le mani ferme sulla presa mi sbatte al muro, facendolo poi un'altra volta, il dolore mi manda in totale confusione. Riesco a vedere una macchia rossa sulla parete bianca della colonna dietro al divano. Solo in quel momento mi ricordo di avere in tasca lo spray. Senza perdere tempo e con molta velocità lo estraggo dai pantaloni e premo il tasto all'altezza della sua vista. Molla immediatamente la presa toccandosi gli occhi probabilmente a fuoco.
Non riesco a coordinare i movimenti, sono lenti e scoordinati. Devo solo scappare via da qui. In casa si sentono solo le urla di dolore di un mostro.

<<Cosa mi hai fatto!>> grida. Appoggiandomi alle pareti e ai mobili che trovo davanti a me vado a chiamare l'ascensore. Non si trova su questo piano. Mi metto a piangere dalla disperazione e dal dolore che sto provando. Mi accascio per terra, non riesco a rimanere in piedi. Quando vedo quel mostro avvicinarsi, qualcosa dentro di me scatta, gattono il mio veloce possibile verso la cucina. Nel mio continuo stato confusionale vado a tirare fuori dal primo cassetto che trovo un coltello. Non è grande ma è l'unica cosa che riesco a trovare. Ho la vista offuscata e i rumori sono amplificati. Mi appoggio al piano cucina e mi tocco la testa dolorante. Sto perdendo sangue. Aiutata da tavoli e mobili vari arrivo all'ascensore, ancora chiuso. Quando arriva Felipe con tutte le sue forze cerca di avvicinarsi a me. All'aprirsi delle ante dell'ascensore entro seguita da lui. E in quel momento che uso quel piccolo coltello da cucina per conficcarglielo nella spalla. Un urlo mi entra nelle orecchie e in quei pochi secondi che mi rimangono lo spingo fuori dall'ascensore che finalmente chiude le sue porte. È in questo istante che cado a terra inerme e senza forze. La testa mi pulsa e tutti i miei sensi sono annebbiati. Trovo la forza per schiacciare il pulsante del piano terra e dopo secondi interminabili sento la voce di Barclay gridare il mio nome e correre ad aiutarmi. Mi prende in braccio per portarmi fuori dall'ascensore e stendermi lungo il tappeto dell'entrata. Riesco ad aprire di poco gli occhi e vedere la luce entrare da fuori, non riesco a mettere a fuoco le figure intorno a me. La luminosità dell'entrata viene oscurata da una figura che si avvicina a noi.

<<Che cosa le è successo?!>> è Andrew.

<<N-non lo so signore e arrivato un ragazzo e->> balbetta il receptionist.

<<Chiama un'ambulanza! Subito!>>

<<Non ce n'è il caso Andrew, sussurro con un filo di voce>> lui mi guarda, non riesco a vederlo con nitidezza, finché non sento le sue dita accarezzarmi il viso.

<<Mi hanno detto che gli hai permesso tu di entrare...>> dice con la voce rotta. E poi una goccia bagna la mia fronte. Sta piangendo <<Perché lo hai lasciato entrare Victoria? Io ti avevo pregato di...>> ma non conclude la frase. È stata tutta colpa mia.

<<Mi dispiace tanto amore>> inizio a piangere portando una mano alla testa per il grande sforzo che questo mi comporta. Lui mi prende la testa e la appoggia fra le sue gambe. Mi asciuga le lacrime nel mentre che sento le sue cadere su di me.

<<Stai tranquilla ora>> e quando i paramedici arrivano in un attimo mi trovo lontano da Andrew.

<<Voglio il mio ragazzo. Fatelo salire con me>> cerco di farmi sentire e mi muovo per chiamare la loro attenzione.

<<Signore, conosce parenti da chiamare o avvisare? Solo la famiglia può venire con lei>>

<<Io sono il suo fidanzato>> afferma avvicinandosi ed entrando nella mia confusa visuale.

<<Lei in realtà non->> lui lo sposta e sale prima di tutti. Il paramedico senza dire altro mi carica sulla barella e infine sull'ambulanza. Per tutto il viaggio posso sentire la mano di Andrew stringere la mia.

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Ciao ragazzi! Ecco un nuovo capitolo. Voglio sapere cosa ne pensate nei commenti.
Vi voglio anche ringraziare per come la storia sta crescendo, è un grande traguardo per me e per noi. Se volete consigliatela, mi farebbe un sacco piacere!

Vi mando un bacio ❤️
A presto!

LeleMiuss

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