Capitolo 19
È da oramai quaranta minuti che mi trovo, insieme ad Emma, nell'anticamera dell'ufficio della preside. La piccola si trova in braccio a me e stiamo parlando di come si costruiscono le case. È normale alla sua età voler sapere queste cose, ma mi fa tuttavia ridere. Al contrario, provo pena per quella donna tenuta da quasi un'ora fra le grinfie del mio capo. Non augurerei a nessuno il suo sguardo glaciale e la sua voce tuonante. Ho ormai perso il conto di tutte le minacce fatte alla scuola e alla direttrice stessa. Da quello che sono riuscita a sentire da dietro la porta, saranno convocati i genitori della bambina, e le maestre presteranno maggiore attenzione alle dinamiche in classe.
<<Dopo il muro si costruisce il tetto, e dopo si mettono le finestre e le porte>> la mia spiegazione viene interrotta dall'apertura della porta. Io ed Emma ci alziamo dalla poltrona e aspettiamo i saluti.
<<Allora Emma, ci vediamo domani, d'accordo tesoro?>> lei annuisce alla preside nascondendosi dietro le mie gambe.
<<Emma non vede l'ora di tornare qui, vero amore?>> mi rivolgo a lei abbassandomi e facendola rispondere. La accarezzo e lei mette le sue manine intorno al mio collo. La riprendo in braccio e risponde alla domanda.
<<Ti>>
<<Signora Foster, per qualsiasi problema sa dove trovarmi, a qualsiasi ora del giorno>> "signora Foster"? Cosa significherebbe?
<<Io non->>
<<Mia moglie, sarà lieta di recarsi da lei in caso di necessità>> ma cosa sta dicendo? Mi prende per la vita e io rimango immobile sotto la sua presa. Ci congediamo con una stretta di mano e lasciamo la stanza.
<<Perché lo ha detto?>> gli domando una volta usciti dall'istituto.
<<Se sanno che appartieni a me, ti tratteranno con timore e rispetto>>
<<Appartenere a lei?>> nemmeno per idea. Io sono mia e di nessun altro.
<<Mia moglie apparterebbe a me>> sorride lui beffardo.
<<Poverina>> ridacchio io.
<<Scusa?>>
<<Ci vorrebbe pazienza a stare con un uomo come lei...>>
<<Ha un sottile senso dell'umorismo Young>>
<<Me lo dicono in molti>> mette la bambina sul seggiolino e mi apre la porta per salire. Lo ringrazio e si mette al volante anche lui. Dato che sono già le 12, e io ho saltato lezione all'università, il signor Foster propone di andare a mangiare in un ristorante fuori città. Perché no?
<<Non si tratterà di uno di quei ristoranti stellati con piatti a base di asparagi e gamberi?>>
<<Ha qualcosa di meglio?>> domanda lui sistemandosi i capelli con la mano sinistra.
<<Decisamente si. Lasci che la porti a mangiare la pizza più buona di Chicago!>>
<<In verità oggi dovrei mangiare sole proteine>> ha anche organizzo i suoi pasti? Si può essere più maniacali?!
<<Beh... potrebbe fare uno strappo alla regola>> mi giro dietro domandando ad Emma cosa preferisce fra la pizza e i broccoli. Ovviamente io so che li odia. Proprio come me.
<<Tiii pizza. Io no boio boccoi>> brava la mia piccola! Degna della sua tata.
<<E pizza sia. Mi dia l'indirizzo>> e così faccio quanto richiesto. Lo guardo felice della nostra vittoria, e posso dire che anche lui sta sorridendo.
* * *
Abbiamo appena finito di mangiare e credo proprio che all'uomo affianco a me sia piaciuto alquanto il suo piatto. Mi sto davvero affezionando troppo a tutti loro. Da Yolanda che la mattina mi saluta con dolcezza e mi prepara i miei waffle con fragole e cioccolata, a Alan che mi porta in giro per Chicago ogni giorno e che deve per giunta subirsi le mie lamentele sul signor Foster dopo i miei turni di lavoro. Poi c'è Emma, le voglio bene come se fosse mia... mi ha rubato il cuore. Ci passo così tanto tempo ormai che sembra io sia quasi una sua figura materna. E trovo che lei abbia trovato in me una specie di "mamma", da quello che ho notato non si è aperta con nessuna donna a parte me. E ricordo il il rapporto che avevo io con mia mamma alla sua età, e rispecchia esattamente il nostro. Se sbaglia le faccio capire il perché non deve fare una cosa, poi la consolo del fatto che non è nulla di grave e le do un'abbraccio. Mi fa domande di ogni tipo, e io le spiego sempre per filo e per segno ogni sua richiesta. La amo immensamente. È un sole, che non ho intenzione di abbandonare mai. E poi c'è il suo papà... che fa battere un cuore che era fermo da anni. I suoi sguardi glaciali, o interrogativi, oppure esausti da me, mi mandano in tilt, perché quando i suoi occhi mi guardano, sono presa alla sprovvista, non riesco a capire quello che dicono perché sono indecifrabili. È dispotico si... e anche bipolare e arrogante, ma mi piace così tanto... così tanto che se solo non volesse portare a letto le ragazze per poi lasciare le lenzuola vuote la mattina, sarei voluto essere io Melinda ieri sera. Sarei voluta essere stretta da lui, toccata dalle sue mani e baciata da quelle sue incredibili labbra. Al suo solo sguardo mi sento bruciare. Però ciò non dovrà mai accadere, tutto sfocerebbe in una mia grande delusione... Devo solo essere perseverante nel mio pensiero e non lasciare mai la diritta via.
<<Allora signor Foster... cosa ne pensa del suo pranzo?>> gli domando sfidandolo con lo sguardo.
<<Penso che aveva ragione... ma non si abitui>> troppo tardi credo. All'improvviso il suo telefono s'illumina per una chiamata, si alza dal tavolo e risponde. Non sembra molto felice dalle espressioni che fa. Nel suo volto c'è una punta di disperazione. Dopo qualche minuto ritorna qua e si passa una mano fra i capelli, significa che è nervoso.
<<Tutto bene signore?>>
<<Mia madre>> che succede? Un incidente? Ha una faccia stravolta <<viene a farci visita>> cosa? Tutto per una visita?! Mi ha fatto prendere un colpo. Io sarei contentissima venisse la mia famiglia qui.
<<Non è felice?>>
<<Quella donna è il male. Una dittatrice>> continua guardando un punto vuoto. Adesso ho capito da chi ha preso.
<<Addirittura...>>
<<Perché pensi abbiamo lasciato Londra?>>
<<Lei è di Londra?>>
<<Non si sente?>> mi domanda riferendosi al suo accento britannico. Molto sexy aggiungerei.
<<Sí, si sente. Anche i suoi fratelli sono venuti con lei?>>
<<Entrambi, sì>>
<<Abitate tutti a Chicago?>>
<< Christina vive a New York, James invece fa il pendolare fra Europa e Stati Uniti. Non ha ancora trovato il suo posto nel mondo...>> in effetti non sembra un ragazzo del tutto con la testa sulle spalle.
<<E come mai lei ha scelto proprio Chicago?>>
<<È una metropoli piena di possibilità, potrebbe diventare una seconda New York con il giusto andamento economico, e negli ultimi anni ha avuto un incremento davvero elevato>>
<<Le piace molto il suo lavoro, non è vero?>> parla sempre con molta passione di quello che fa. E lo ammiro molto per questo. È così intelligente, sa sempre quale mossa eseguire. Non ha mai incertezze, è nato per fare il leader o capo, meglio dire.
<<Si è così, so relazionarmi con le persone, e ottengo sempre ciò che voglio>> alzo gli occhi al cielo. Quanto se la crede.
<<Ha alzato gli occhi al cielo?>>
<<Può darsi...>>
<<È meglio andare, prima che faccia qualcosa di cui potrei pentirmi...>> sorride malizioso. Chissà a cosa si stava riferendo... forse ad una- <<Victoria>> mi alzo all'attenti e lo seguo.
<<Ehm scusi... ero distratta>> chissà da cosa...
<<Ritornerò in ufficio. Arriverò tardi, perciò metti a letto Emma e aspetta che ritorni, ti porterò io a casa>>
<<Non c'è il caso... mi può riaccompagnare Alan, non si scomodi>>
<<Nessuno scomodo... Forse non le piace stare da sola con me?>>
<<Non ho alcun problema a stare da sola con lei, io dico solo che->>
<<Allora non c'è che dire>> saluta la figlia con un abbraccio veloce e sale sulla sua Maserati nera lucida. Io ed Emma facciamo una passeggiata sulla spiaggia della Gold Coast giocando un po' a palla, comprata da un chioschetto in riva al mare. Dopo un bel gelato alla fragola ritorniamo a casa a riposarci un po'. Emma ha bisogno di un pisolino, diventa isterica sennò.
Yolanda è appena andata in camera, lascio sul tavolo un piatto per il capo e del mangiare in frigo da scaldare. Non ho idea di quando arriverà, ha detto avrebbe ritardato, e sto iniziando ad avere sonno. Mi accascio sul divano e chiudo gli occhi giusto per cinque minuti, il tempo di riposare la vista, mi si stanno appesantendo gli occhi.
Vengo scossa da una mano dolcemente.
<<No no, lasciatemi dormire>> ma una mano continua a scuotermi.
<<Non voglio vedere quel dispotico del mio capo, voglio dormire>>
<<Dispotico? Mi credi davvero un dispotico?>> improvvisamente realizzo quanto detto ad alta voce nel sonno. Scatto all'in piedi e mi sistemo una ciocca di capelli attaccata alla saliva all'angolo della mia bocca. Tutto davanti al posatissimo ed elegantissimo Andrew Foster. Sono un disastro.
<<Mi perdoni signore, stavo sognando e...>> che cosa dico ora?
<<È ora che il suo dispotico capo la riporti a casa Young>> si volta per andare all'ascensore lui.
<<Vado a prendere la mia roba>> metto il cappotto e prendo la borsa.
Per riempire il silenzio in auto racconto quanto fatto oggi con sua figlia e lui ascolta sorridendo alle nuove parole che Emma sta imparando. Un po' storpie come "antalelele" al posto di ananas o "baccobaleno" invece di arcobaleno.
Lo osservo guidare quando improvvisamente sposta la mano dal volante e la porta alla spalla fin sotto nella parte inferiore del collo. Dalla sua smorfia di dolore credo abbia avuto una fitta nella zona della rachide cervicale inferiore.
<<Signore si sente bene?>> domando notando la sua espressione.
<<Si, non è nulla>> beh non sembra.
<<Lei soffre di cervicalgia. È un dolore bilaterale sulla regione sotto-occipitale, e può estendersi al di sopra delle spalle sui muscoli trapezi, fino alle braccia ed alle mani. Non può sottovalutarlo>> il medico che è in me non può fare a meno di prendersi cura di persone in difficoltà. Faccio così con mia madre, mio padre e i miei fratelli. Chiunque abbia dei malori.
<<Dottoressa Young, sono sicuro non sia nulla di grave>> abbozza un sorriso lui.
<<Questo lo lasci decidere a me>>
<<Hai vinto>> arrivati a destinazione, lo invito a casa e lo faccio sedere sul divano. Vado a prendere una crema antidolorifica e ritorno in sala.
<<Devo farle togliere la camicia>> gli comunico alquanto imbarazza.
<<Proceda pure>> dice a me? Devo togliergliela io? Ma non lo può fare lui?
Annuisco e lui si alza davanti a me, pronto a farsi spogliare. Mi avvicino e lo guardo per un istante negli occhi, il suo sguardo mi provoca un calore improvviso su tutta la mia pelle. Abbasso gli occhi e mi concentro a sbottonare la sua camicia. Un bottone. Il secondo. Un'occhiata veloce verso di lui. Il terzo bottone. Le mie dita che sfiorano la sua pelle. Il quarto. Posso intravede il suo torace a pochissimi centimetri da me. Quinto bottone. Che muscoli da capogiro. Sesto ed ultimo. Il suo sospiro a poca distanza dalle mie labbra.
Prendo la camicia dal colletto e la faccio scivolare lungo le sue possenti braccia. È così tremendamente sexy, vorrei saltargli addosso! Ma questo lo farebbe solo la parte non razionale di Victoria. Io sono professionale e diligente, perciò non succederà assolutamente nulla. Poso la camicia sulla sedia e tocco con le mani la zona dolorante.
<<Le fa male qui?>> la mia voce esce in un sospiro. Non riesco a non trattenere il fiato. La sua pelle è così calda. Prendo della crema e la spargo lungo il suo collo fino alla spalla.
<<Sei molto brava>> la sua voce... è rauca, così sexy. Continuo a massaggiare i suoi muscoli e dalle sue labbra esce un gemito di dolore misto al piacere. Mi blocco per un istante <<continua così... si lì... ecco si>> nelle sue parole è inevitabile trovare un doppio senso. Una vampata di caldo prende il sopravvento sul mio corpo.
<<Vede signore... è molto teso, si rilassi>> e così continuo il mio lavoro. Ciocche di miei capelli toccano la sua pelle e al contatto sospira <<Mi dica>> avvicino le mie labbra al suo orecchio <<le fa male qua?>> e un sospiro esce dalle sue labbra. Lui annuisce <<E qua?>> continuo premendo un altro punto.
<<Si>> chiude gli occhi e si rilassa sotto le mie mani.
<<Lei dovrebbe fare con più frequenza visite fisioterapiche e massaggi in questa zona>> mi allontano da lui e metto apposto la crema. Ho sbagliato a permettere questa vicinanza fra noi due. Mi sono allargata troppo, non è per niente professionale. Ma perché sto andando avanti? Perché non mi metto un limite? E sopratutto, perché mi sto innamorando di una persona a cui non gliene importa niente di me?
<<No aspetta, mi fa male ancora il braccio, per favore, gli potresti dare un'occhiata>> no. Non gli voglio più stare così vicina. Non sarebbe nemmeno dovuto venire qui.
<<I-io penso che non possa fare molto>> non lo guardo nemmeno in viso.
<<Victoria ti prego>> alzo i miei occhi su di lui ancora a petto nudo. Il suo sguardo mi attira a lui. Sono così combattuta, vorrei stargli accanto e allo stesso tempo stare chilometri distante da lui. Si alza e si avvicina, lo fisso camminare verso di me. Mi tremano le palpebre. La gola è secca e il fiato è corto. Avanza di qualche metro e si ferma davanti a me. Mi mostra la sua mano e con l'altra prende la mia e la posa sopra la sua. La sfioro e inizio a massaggiarla delicatamente. So che il suo sguardo è su di me, ma non posso guardarlo negli occhi, perché capirebbe i miei sentimenti in questo momento, capirebbe ciò che tento di nascondere da quando lo conosco. Fino a quando lui non mi afferra le mani e mi fa sbattere contro il suo petto, io alzo il mio viso d'istinto e in un istante le sue mani prendono le mie guance. Sgrano gli occhi da quel gesto tanto inaspettato.
Le sue labbra sono sulle mie.
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Finalmente ce l'hanno fatta! Fatemi sapere cosa ne pensate e commentate! Amo vedere i vostri pensieri sulla storia.
Davvero, non vedevo l'ora arrivasse questo momento!
Nei prossimi giorni arriva il seguito...
LeleMiuss
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