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Capitolo 12


Mi soffermo a scrutare la donna davanti a me che a quanto pare si tratta della sorella del mio capo. Fra fratelli hanno lo stampino della perfezione. Prende in braccio la piccola e la abbraccia per poi dopo dirle qualcosa che non riesco a sentire. Ha un sorriso meraviglioso, denti bianchi perfettamente al loro posto e labbra dipinte di un vivace magenta. I suoi occhi blu insieme ai suoi capelli biondi mi ricordano vagamente suo fratello, forse è più somigliante a James che Andrew. La sua figura slanciata si abbassa lasciando Emma raggiungere suo padre. La ragazza si avvicina a me e mi porge la mano che io afferro con un sorriso. Vengo abbagliata dalla collana tennis di diamanti in oro bianco con incastonato al centro un cuore di smeraldo verde. Chissà quando deve costare...

<<Io sono Christina, ho sentito parlare di te, devi essere Victoria>> annuisco e le lascio la mano. Ammiro la borsa che tiene al braccio, una Hermes Kelly arancione dal prezzo esorbitante. Il suo maglione è perfettamente stirato sopra la camicetta bianca chiusa fino al penultimo bottone. Dei jeans azzurri le ricadono ordinati lungo le sue gambe snelle.

<<Piacere, signorina Foster>> lei sorride scuotendo la testa.

<<Chiamami Christina. È un vero piacere fare la tua conoscenza... ma vieni pure, così non sono sola. Sai, non conosco nessuno qui. Tu?>>

<<No, nemmeno io>> mi accompagna con la mano verso il gruppo del fratello. Dopo strette di mano imbarazzanti ritorno in disparte. Osservo l'unica coppia, la ragazza è molto graziosa, ha un enorme diamante al dito, ciò significa che è promessa sposa del ragazzo con gli occhiali a cui stringe la mano. Sono molto dolci. Se non ricordo male si chiamano Dave ed Abigail. Mi soffermo su quest'ultima che mi rivolge occhiate fugaci, curiose suppongo. Fra i ragazzi c'è anche un uomo, credo sulla trentina, come gli altri d'altronde. Ha la pelle mulatta e due occhi scuri, è davvero un bel ragazzo. Ho sempre avuto un debole per i ragazzi scuri e dai capelli ricci, hanno dei tratti tremendamente sensuali. Sono sicura che il suo nome sia Michael, l'ho memorizzato subito. Ci sono anche altre due ragazze, prima ho sentito che sono riuscite a venire qui grazie alla posticipazione di un servizio fotografico. E dalla loro perfetta forma fisica capisco che il loro lavoro è quello delle modelle. Mi sento abbastanza a disagio, io non centro nulla con queste persone, non so di cosa parlare e Victoria e Secret non fanno che guardarmi dall'alto verso il basso. Si le ho chiamate così perché sembrano due angeli di Victoria's Secret, e non mi sono preoccupata di ricordare i loro nomi.
Da quello che ho capito, le loro intenzioni sono quelle di andare a mangiare al ristorante dell'hotel e poi a sciare. Spero solo non mi costringano a venire con loro, non mi piace questo sport, più che altro non l'ho mai praticato, e non ci tengo a iniziare ora. Dopo aver scambiato due parole con Michael, chiedendomi le solite domande che si fanno ad una persona quando la conosci: "che college frequenti?" oppure "quanti anni hai? Di dove sei?", ci avviamo al punto ristoro, un enorme sala dall'estrema eleganza. Il legno dei tavoli è massiccio e scuro, con delle striature chiare, a prima vista credo sia mogano. Il soffitto è sorretto dalle travi in legno antico, sono molto caratteristiche del posto, pieno di abeti, pini e cedri. Prima di sederci il signor Foster mi prende per il braccio sussurrandomi all'orecchio le indicazioni che dovrò eseguire.

<<Rimani vicino ad Emma, ciò significa che non dovrai fare la civetta con Michael, smettila di guardarlo con quegli occhi languidi>> "civetta"? Ma come può chiamarmi così? Ho solo risposto alle sue domande! E poi di quali occhi languidi sta parlando? Non sono una gatta morta e non faccio gli occhi dolci al primo che mi capita. Sono gentile, tutto qui. Non rispondo nemmeno al suo stupido commento idiota. Sono delusa un po' da me e alquanto arrabbiata a causa sua. Mi domando se sia io il problema oppure lui che è troppo... troppo... stronzo. Si, altro che gentile, cerca di rovinarmi la vita, e per colpa sua ho l'autostima sotto i piedi. Mi siedo al mio posto, e guarda caso, sono di fronte al mio capo e affianco ad Emma e Michael. Lui non sembra demordere con le domande, è gentile e a me fa piacere, ma sarebbe tutto più gradevole senza lo sguardo inceneritorio del mio capo. Al momento sono obbligata a scegliere cosa mangiare, e la verità è che non ho per niente fame. Sapere, dopo quello che mi ha detto in stanza il mio capo, che le spese del mio cibo sono a carico suo mi fa talmente innervosire che mangiare mi fa venire la nausea. Odio che lui mi tratti come un opportunista, usufruirò della stanza e questa sarà l'unica cosa che farò oltre far finta di mangiare il cibo meno costoso. Non è la prima volta che perdo la fame, esistono periodi della mia vita nei quali quando mi sento triste, persa, agitata oppure fuori posto smetto di mangiare. Questo succede spesso, sotto esami, per esempio pranzare con una mela e cenare con un succo di frutta. Ho dei disordini ne sono consapevole, ma non posso mangiare e poi rigettare un quarto d'ora dopo.

<<Dei fagiolini>> dico alla cameriera alla domanda della presa delle ordinazioni, mi guarda un tantino interdetta, questo perché si domanda il perché della mia così piccola richiesta.

<<Non desidera nient'altro?>> mi invita a riguardare il menù a cui do nuovamente una rapida occhiata.

<<Ehm... io in realtà...>> non voglio nient'altro.

<<Prenderà carne insieme a delle patate>> ecco, ovviamente il maniaco del controllo deve prendere possesso della situazione. Figurati se lascia spazio di esprimersi a qualcuno che non sia lui stesso! Non ho il tempo di ribattere che la ragazza si allontana insieme a tutti i nostri ordini.

Inutile dire che dopo aver mangiato non solo con sensi di colpa ed ansia ma avendo sputato sul tovagliolo quanto più possibile, dieci minuti dopo la fine del pasto sono corsa nel bagno della mia stanza a vomitare tutto. Non si tratta di bulimia o quant'altro, ma solamente di gestione di stati d'animo alternativi. Può essere che sia una forma di disturbo alimentare alternativo, non dato dall'ossessione della forma del mio aspetto fisico. Tutto è iniziato quel giorno. Se il mio stomaco è vuoto mi sento meno appesantita dentro, provo meno disagio e diminuiscono le emozioni negative. So che un comportamento del genere non lo si aspetta da una quasi dottoressa che vuole diventare neuropsichiatra, ma credo che ascoltare e aiutare gli altri mi farà dimenticare quello che ho provato io. Questo è l'unico modo per sentirmi bene, non ho mai trovato altra soluzione. Dopotutto sono sotto peso di soli due o tre chili. Nulla di grave. Ho tutto sotto controllo, devo astenermi dal fare attività fisica eccessiva e tutto andrà bene.
Mi lavo i denti, spruzzo nel bagno del profumo e mi cambio la maglia. Prendo la borsa per uscire dalla stanza ma all'entrata trovo il mio capo insieme ad Emma. Avrà sentito tutto? Dimmi di no, ti prego!

<<Tutto bene? Sei bianca in viso>> dice posato e composto come sempre. Quello sguardo sta cercando di capire troppe cose.

<<Si certo! Lei si sta dirigendo sulle piste?>> chiedo ordinandomi i capelli dietro le orecchie, lo faccio sempre quando sono nervosa, spero non se ne renda conto.

<<Esattamente, avrà il pomeriggio libero dopo aver vestito Emma con la tuta da neve>> la prendo in braccio e le sussurro una domanda all'orecchio alla quale sorride annuendo.

<<Sarà pronta in dieci minuti>> lui controlla l'orologio e inseguito esce dalla stanza.

Come promesso antecedentemente, Emma si trova nella hall coperta e imbacuccata per la sua giornata sulla neve. Ha smesso di nevicare ed il sole è uscito. Sono tutti pronti per partire quando il mio capo mi prende in disparte.

<<Potrai rilassarti alla spa, o fare attività fisica in palestra, quello che preferisci...>> lo guardo in faccia ma come sempre non riesco a capire le sue emozioni, quello che prova. Non lascia mai trapelare nulla.

<<Non farò niente di tutto ciò. Non ho bisogno dei suoi soldi per passare il mio tempo>> non gli lascio il tempo di ribattere che viene chiamato da Jennica, la Victoria's Secret numero uno, in quanto la più alta. Io sostengo il suo sguardo di sfida finché non mi volto andandomi a godere il pomeriggio promessomi. Sono orgogliosa del tono tenuto al mio capo. Sono stufa di temerlo tanto.

Il mio bellissimo pomeriggio lo passo davanti alla finestra della mia stanza in svariate posizioni di yoga. Avere questa bella vista mi regala pace e serenità, e quando mi sento bene sono ben propensa ad attività come la ginnastica zen. Dimentico i miei problemi e mi concentro su me stessa, il mio essere ed il mio io interiore. Durante un profondo respiro apro per un momento gli occhi per colpa del brontolio del mio stomaco. Se continuo ad ignorare la mia fame finiró per svenire. Metto il giubbotto e scendo giù al bar dell'hotel, vediamo un po' quello che costa meno. L'acqua. Grandioso, un bicchiere quattro dollari. Questi si sono fumati il cervello, accidenti! Da mangiare... uova e bacon ventinove dollari. Avrebbero potuto scrivere perfettamente trenta, ci arrivo alla loro stupida tattica di marketing. Vediamo i cheesburger... quindici dollari. Fattibile, nel senso, siamo in questo residence di lusso, non trovo nulla di meglio sotto i quindici. Suvvia, crepi l'avarizia.

<<Un cheeseburger con una Pepsi per favore>> piango dentro di me per i ventisei dollari che dovrò sborsare. È un oltraggio, me li ricorderò a vita. Appena arriva al bancone noto le ristrette dimensione del mio panino. Faccio un sorriso tirato al cameriere e poi guardo delusa il piatto di fronte a me. Accidenti ai quindici dollari per sti due pezzi di pane con una fettina striminzita di manzo e due cetriolini con formaggio. Addento il panino e ringrazio del fatto che almeno sia buono, peccato rimanga con la voglia di mangiarne un'altro dopo soli quattro bocconi dal primo. Mi sazierò con la Pepsi più costosa della terra. Almeno la pancia non trema più. Mi guardo un po' intorno pensando a cosa poter fare adesso. Che noia questo posto. Almeno, per me che ho deciso di non fare nulla. Decido di fare una passeggiata nel giardino all'interno della struttura. Tocco la neve che ha ricominciato a cadere dal cielo, si posa sui miei capelli sciogliendosi qualche secondo dopo. Il paesaggio è strepitoso, gli alberi sono pieni zeppi di neve e faccio fatica a continuare la strada dall'altezza di quest'ultima sotto i miei piedi. Decido di chiamare i miei genitori per fargli vedere il panorama. In Texas non vediamo praticamente mai la neve. Gli racconto la mia giornata, tralasciando alcuni particolari, e mi avvertono che domani mi chiameranno per farmi gli auguri di buon compleanno. Gli mando un bacio e chiudo la chiamata. Quanto li amo.

Rientro dentro la hall incontrando Michael seduto su una poltrona con un libro in mano. Lui mi nota e mi fa un cenno con la mano. Così mi avvicino a lui e mi siedo nella poltrona difronte.

<<Sono tutta bagnata, scusami>> sorrido imbarazzata togliendomi la giacca fin troppo fredda. Lui si alza e si affretta a porgermi la sua.

<<Tieni questa, io non ho freddo>> che carino. La prendo e mi avvolgo dentro di essa, ha un buonissimo profumo.

<<Ti ringrazio, stavo morendo di freddo>> scaldo le gambe strofinando le mie mani su di esse. Lui chiude il libro e posa i gomiti sulle ginocchia guardandomi.

<<Ti saresti dovuta coprire di più. Che ci facevi sola in mezzo alla neve a tre gradi sotto zero?>> in effetti dovevo coprirmi con vestiti più pesanti. Spero solo di non prendermi la febbre, ho un esame la settimana prossima.

<<Avevo voglia di fare una passeggiata, è un bellissimo posto questo>> esordisco togliendomi il berretto in testa e la sciarpa.

<<Sono ormai molti anni che ci vengo con i ragazzi. Tu da quanto lavori per Andrew?>> mi domanda sorseggiando il suo caffè fumante.

<<Da due mesi>> Victoria, ti potresti anche impegnare un tantino di più nel non far sembrare che odi il tuo capo.

<<Ho visto come ti senti in soggezione con lui. Non fa altro che osservarti minuziosamente. Non ti toglie gli occhi di dosso>> si, perché non vede l'ora di trovare il pretesto perfetto per rimproverarmi.

<<Sembra che non aspetti altro che un passo falso da parte mia per riprendermi>> sospiro per un istante <<penso proprio che mi odi. Non gli vado a genio>> è rincuorante parlarne con qualcuno, anche se magari un suo migliore amico non è un'ottima scelta.

<<Lui non odia te. Odia il pensiero che tu gli possa piacere>> non ho capito molto bene cosa intende.

<<Non ti seguo>> lui sorride e riprende a parlare.

<<Forse non vuole accettare che lui possa provare dei sentimenti per te, e perciò cerca in tutti i modi di allontanarti con la sua freddezza e parole alquanto dure>>

<<Piacere? Io? Non credo proprio, non so se hai visto le ragazze con cui esce lui, sono modelle, impeccabili e inappuntabili>>

<<È per questo che ti allontana, perché non sei come le altre. Oltre ad essere una bellissima ragazza, ho sentito che sei molto intelligente e sincera>> arrossisco al suo complimento. Poi realizzo la teoria che sostiene. Il mio capo, un uomo dall'estremo fascino, capo di una delle multinazionali più ricche d'America, possessore di qualsiasi cosa desideri, con centinaia di donne ai suoi piedi, sarebbe interessato ad una quasi dottoressa che lui definisce "ragazzina"? Non credo proprio.

<<Hai una fervida immaginazione Micheal Reed>> rido inseguito alla mia affermazione.

<<Credimi, te ne darò prova questa sera a cena>> che cosa intende per prova? Mi devo preoccupare?

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Ecco il tanto capitolo richiesto. Sono contenta che la storia vi stia prendendo, proprio come a me. I capitolo si faranno sempre più interessanti e molte cose verranno a galla. Ve lo garantisco! Continuate a supportarmi con stelline e commenti se vi va ;)
A presto,

LeleMiuss

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