Capitolo 10
<<Allora Victoria, non abbiamo mai avuto opportunità di parlare e conoscerci meglio>> forse perché non mi è mai importato (?)
<<Si, è vero>> di sicuro non gli racconterò i fatti miei. Lui è visibilmente infastidito dalla mia risposta.
<<Sei fidanzata?>> ma che cosa?
<<E lei è sposato?>> è più un avvertimento che una domanda.
<<Non hai risposto alla mia domanda>> l'aria si sta facendo sempre più gelida... forse, minacciosa.
<<Nemmeno lei>> tengo lo sguardo fisso sulla strada. La mia mano finisce sull'anello al mio dito, che scivola via dal mio anulare da quanto bagnate sono le mie mani.
<<Perché non ti vuoi aprire con me?>> beh, mi sembra ovvio. Cosa vuoi sapere dalla mia vita?
<<Perché non mi pare opportuno, lei è il mio professore>> lui rimane in silenzio per tutto il resto del viaggio senza proferire parola. Le sue sopracciglia sono aggrottate e la mascella contratta, segno che non ha gradito la mia risposta. Fatti suoi, poco mi importa. Mi preme solo rientrare il prima possibile a casa.
Appena arrivati all'università scendo dalla sua macchina e lo aspetto, ma solo per cortesia. Appena mi raggiunge mi fa cenno di seguirlo accompagnandomi con la mano dietro alla schiena. Al suo tocco sussulto, ma non per il piacere, per il disagio. Inarco la schiena e mi distacco dalla sua mano a contatto con la mia pelle. Lui mi guarda con uno sguardo che nemmeno riesco a decifrare, rabbia, sdegno, questo percepisco.
<<Mi sto stancando di questo tuo comportamento!>> lui si sta stancando?!
<<Si sta prendendo delle libertà che io non le ho concesso>> dico alzando la voce e allontanandomi di un metro. Lui rimane fermo con uno sguardo a dir poco spaventoso. Lo guardo un'ultima volta e mi volto entrando di corsa dentro al salone. Che comportamento da cafone. Corro per la sala piena zeppa di persone eleganti, mi scontro con varie signore e signori facendo cadere i tortini che tengono in mano, fino a sbattere contro un uomo e rovesciargli il calice di champagne sullo smoking.
<<Mi dispiace tanto, la prego di perdonarmi signore>> dico mortificata fissando l'enorme macchia gialla sulla camicia bianca. Non lo guardo in faccia troppo concentrata sul disastro nel pavimento.
<<Porca miseria!>> esclama il ragazzo girandosi verso di me <<Victoria!?>> non dirmi che... ti prego, no!
<<Signor Foster, sono desolata>> ma mi doveva proprio capitare il mio capo? Fra le centinaia di persone in questa dannata sala!
<<Che diavolo ci fai tu qui?>> domanda irritato posando il calice in un vassoio d'argento.
<<Ehm... è una lunga storia>> mi prende per il polso e mi trascina in un posto più appartato.
<<Perché. Sei. Qui.>> scandisce bene le parole lui. Gli racconto tutto -avevo altra scelta?- tralasciando i dettagli sul mio professore ovviamente.
<<Mi dispiace per la camicia>> dico risentita finito il mio racconto.
<<Scalerò i $2500 dollari dal tuo stipendio>> a quella cifra il mio mento tocca il pavimento.
<<Cosa? È una cifra esorbitante>> ma chi spenderebbe una tale cifra per una camicia che trovi tranquillamente anche da Zara? Forse un miliardario come lui? In effetti era una domanda stupida.
<<È Dior cara mia, fatta su misura per me>> con i miliardi che ha sai che differenza una camicia in più o una in meno.
<<La posso lavare>> provo io. Lui ride strafottente. Alzo gli occhi al cielo incrociando al petto le braccia.
<<Lei è un maleducato signore lo sa?>> mi giro e faccio per andarmene ma lui mi prende per il polso attirandomi a sé.
<<Stavo scherzando>> rido alle sue parole. Allora ha il senso dell'umorismo?! Oppure si tratta del vino, chi lo sa.
<<Sei bellissima questa sera>> sfiora col palmo della sua mano la mia guancia. Il suo tocco mi fa volare duemila metri sopra il cielo <<balla con me>> sussurra al mio orecchio. Sento che sto andando a fuoco. È sicuramente ciò che ha bevuto a renderlo così sciolto.
<<Non so ballare>> cerco di dire sopraffatta dall'emozione del momento.
<<Ti insegno>> mi prende per mano e mi porta in centro alla pista. Mi cinge i fianchi con le sue mani e io poggio delicatamente le mie intorno al suo collo. Non distoglie lo sguardo da me, che non reggo i suoi occhi blu notte, profondi e misteriosi come il suo essere. Alzo lentamente il mio volto su di lui e gli sorrido, probabilmente rossa come un pomodoro. Nelle note della dolce musica che risuona nella stanza balliamo lentamente, mi avvicino ancora di più a lui e lo abbraccio posando la mia testa sul suo petto. Sorrido all'odore di champagne. So che tutto quello che sto provando è sbagliato, che lui è il mio capo e io la sua dipendente, che le emozioni che sento non sono reciproche, ma la sola cosa che voglio è stare tra le sue braccia. Dopo il comportamento del mio professore pensavo di avere un attacco di panico, ma adesso che c'è lui... mi sento decisamente meglio.
"È famoso per le sue innumerevoli scappatelle con decine e decine di ragazze diverse, in poche parole è uno da una botta e via" le parole di Melinda non fanno altro che rimbombarmi nella mente. Istintivamente mi sciolgo dalla sua presa, lui mi guarda interrogativo.
<<Ho un po' di sete, vado a prendermi un bicchiere d'acqua>> cerco di salvarmi io.
<<Vado io, tu aspettami qui>> menomale... Chiudo gli occhi e sospiro in cerca di tranquillità. Abbasso gli occhi e noto che la scollatura del vestito si è aperta un po' troppo, la sistemo cercando di passare inosservata. Certo che madre natura non è stata affatto prosperosa! Una terza, che terza non è senza imbottitura, mi fa sospirare rassegnata.
Vedo il mio capo ancora al bancone e io ne approfitto per guardarmi intorno. Un gruppo di ragazze mi guarda incenerendomi con lo sguardo, parlano fra di loro sicuramente di me dato le loro smorfie rivoltemi.
Una presa forte afferra il mio polso strattonandomi via dal mio posto. Mi volto e noto il professore.
<<Mi lasci>> grido cercando di staccarmi dalla sua presa dolorosa.
<<Mi hai stancato Victoria, ho fatto di tutto per essere amabile e gentile con te ma tu te ne sei corsa via come una sgualdrina da quel belloccio>> ma come si permette? Continua a tirarmi la pelle nel mentre che cerco di liberarmi. Dei ricordi riaffiorano nella mia mente. Scacciali via Victoria, sei più forte oggi!
<<Mi lasci, ma come si permette?>> la mia mente sta incominciando a collegare tutto ciò che è successo in questi ultimi giorni. I messaggi, le sue parole, i suoi gesti, tutto. Una scossa fredda pervade tutto il mio corpo. L'ansia si impadronisce della mia mente e della mia anima.
Mi sbatte dentro un'aula buia e vuota e colpendo il pavimento. Mi tocco stordita il capo e mi porto le dita tinte di rosso davanti agli occhi. Mi esce sangue dalla tempia destra.
Il mostro mi prende la parte superiore delle mani e mi lega alle gambe della cattedra con delle fascette stringicavi che estrae dalla sua tasca. Io non riesco a prendere il potere della situazione, non riesco a difendermi tempestivamente, le mie azioni sono scoordinate e in ritardo.
<<La prego, mi lasci>> piango disperata io. Cos'altro posso fare sennò? Dimenarmi? Ci ho provato, e sono finita con la testa sul pavimento e con una manata sulla guancia.
<<Prima ci divertiamo un po'>> mi fa così schifo, lui è un uomo sposato, sua figlia ha poco più che la mia età. Non riesco a muovere nulla, la botta alla testa deve avermi causato un trauma cranico.
<<No, mi lasci!>> urlo io. Lui avanza verso me e mi tappa la bocca con dello scotch marrone. Non mi sentirà mai nessuno qua.
<<Prova a dimenarti e non sarò così gentile ora ed in futuro>> i suoi occhi mi guardano lussuriosi, io scuoto la testa avvilita. Non voglio riprovare quella sensazione di nuovo. Avvicina la sua mano vicino il mio collo e me lo afferra saldamente, quasi soffoco alla sua presa, lui bacia ogni mio lembo di pelle nuda presente nella mia scollatura, dal collo la sua mano scende sul mio seno. Tutto questo mi fa così schifo, mi sento sporca e insulsa. Alza su la mia veste e con l'altra mano si avvicina al mio interno coscia. Stringe i miei fianchi fino al suo arrivo ai miei slip con i quali gioca tirandomi l'elastico.
<<Mmmmmh>> cerco di combattere nonostante non possa parlare.
Appena mette le mani sulla cintura dei suoi pantaloni una furia scaraventa il bastardo lontano da me. Piango a dirotto pur non potendo emettere suoni dalla bocca. Andrew mi ha salvata.
<<Va tutto bene Victoria>> mi strappa lo scotch dalla bocca e io sono finalmente libera di sfogarmi in un pianto liberatorio fra le braccia del mio salvatore <<sssh, è tutto finito >> mi sussurra lui.
<<Grazie signor Foster>> sospiro fra i singhiozzi. In tutto ciò la guardia del corpo del mio capo sta pensano a portare via quel verme.
<<Ti ha fatto qualcosa? Sono arrivato tardi?>> scuoto la testa asciugandomi le lacrime.
<<Andiamo a casa>> per tutto il viaggio rimango abbracciata a lui. Le autorità lo hanno arrestato e nei prossimi giorni si valuterà il da farsi, il signor Foster mi ha assicurato che non mi potrà più far del male oramai. È tutto finito.
Saliamo in casa e la prima cosa che faccio è farmi la doccia. Voglio togliermi ogni traccia di quello schifoso dal mio corpo, continuo a strofinare la mia pelle rossa per l'acqua bollente. Quando mi vesto vado dritta in salotto dove mi attende il mio capo seduto sul divano con un bicchiere di Scotch in mano.
<<Come ti senti adesso?>> mi domanda accorgendosi della mia presenza nella stanza.
<<A pezzi>> dico sedendomi affianco a lui <<se penso alle sue mani su di me e alla sua lin->>
<<Non pensarci più>> mi blocca prendendomi tra le sue braccia.
Tutto ciò di cui ho bisogno.
<<Ci sono io qui>> accenno un sorriso che lui non può vedere. Sempre più cose che mi avvicinano a lui stanno accadendo, e questo è un male.
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Sono stra soddisfatta di questo capitolo! Spero aggradi pure voi. Chissà se si continueranno ad avvicinare oppure qualcosa o qualcuno li allontanerà? Rimanete connessi e lo scoprirete! Un saluto :)
LeleMiuss
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