Mother Love
Un inverno rigidissimo aveva pervaso Londra da circa un mese.
La famiglia Bulsara, proveniente da una delle regioni più calde del mondo, non era per niente abituata a temperature così basse, e probabilmente, proprio perché il freddo non l'aveva mai conosciuto, mai si sarebbe abituata.
Eppure, circa qualche tempo prima, la famiglia fu costretta a migrare da Zanzibar a Feltham, un sobborgo di Londra tranquillo e riservatissimo, come più o meno tutte le città suburbane inglesi; fu per questo che era necessario che i Bulsara si adeguassero in fretta a quella realtà così diversa da quella in cui avevano vissuto fino a quel momento.
Perciò, anche in quel freddo pomeriggio tutto sembrava essere normale: Kashmira aveva trasformato la sua cameretta in una specie di silenzioso santuario, approfittando del fatto che suo fratello non la disturbasse con il pianoforte mentre ella giocava con le bambole, Bomi doveva ancora rincasare da lavoro, Jer era impegnata a stirare il bucato appena lavato e asciugato, mentre Farrokh, che era riuscito a convincere anche sua madre a farsi finalmente chiamare con il soprannome con cui si faceva riconoscere da tutti, ovvero Freddie, se ne stava sconsolato davanti la finestra della cucina a fissare la strada.
Eppure quello era un comportamento anomalo. Freddie non si è mai sentito così giù da quando siamo arrivati pensò premurosa Jer.
L'istinto materno la chiamava, facendola disconcentrare dal ferro a vapore per osservare meglio il figlio, con la preoccupazione che sarebbe scoppiato a piangere, per chissà quale causa.
I sensi di colpa per aver sottratto lui e la sua piccola sorella dai loro vecchi amici per vivere in un mondo a sé stante cominciarono a tormentare la donna.
Non appena ebbe finito, sistemò tutto e andò in cucina, guardando Freddie sempre più intimorita.
Silenziosamente, cacciò fuori dalla finestra una ciotola di biscotti e la porse sul tavolo accanto la sedia su cui sedeva il figlio, che finalmente distorse lo sguardo dalla strada.
Freddie iniziò a guardare Jer con un visino ancora più triste, e la donna lo osservò interrogativa.
—Sbaglio o sono i tuoi preferiti? Dici tanto che ti fanno sentire più British di quanto tu lo desideri — gli chiese Jer, indicando i biscotti Digestive nella ciotola.
Freddie poggiò la testa sul palmo di una mano, guardando ambiguo i biscotti. —Non ne ho tanta voglia, a dire il vero — borbottò, poi iniziò a giocherellare con la tovaglia.
—E di che cosa avresti voglia, sentiamo — gli chiese la mamma.
—Di nulla, 'ma. Sono solo un po' giù, ecco — rispose lui, guardando Jer.
—Vuoi provare a dirmi il motivo? — Jer si sedette accanto a Freddie, cominciando a sistemargli i capelli.
Il bambino non si oppose, guardando per terra, con la speranza che la madre non notasse che era sul punto di piangere.
Pensava a quella mattina, a quando si era sentito preso in giro per l'ennesima volta dai suoi compagni di scuola: lui si mostrò del tutto indifferente a quelle provocazioni, dicendo che erano loro gli sciocchi, e alla fine sembrava che nessuno l'avesse minimamente ferito; invece era da un'intera giornata che si tormentava, credendo che lui non fosse adeguato agli altri.
—Non lo so, è che... — si asciugò una lacrima che gli era improvvisamente sfuggita al suo controllo, —Qui in Inghilterra mi sembra tutto così diverso.
—Ma eri così contento di venire qui, amore mio. Dicevi che Zanzibar non era il luogo per te, e che ti sarebbe piaciuto vivere a Londra, perché lì era tutto migliore. E ora il tuo sogno si è avverato.
—Lo so, ma mi sento così fuori luogo, in mezzo agli altri. Tutti ridono di me perché sono così diverso.
—Tu non sei diverso, Freddie. Tu sei unico — disse Jer, pizzicandogli la guancia.
Il bambino si lasciò scappare un sorriso, poi tornò cupo. —Sì, ma come faccio con gli altri? Ridono tutti di me.
—Tu ridi insieme a loro, se è così — consigliò la mamma.
—Giusto! — esclamò lui.
I due scoppiarono a ridere, poi Freddie si buttò letteralmente addosso alla mamma.
Fortuna che ci sei tu, pensò. Ma era sempre un bambino di dieci anni, troppo grande perché glielo dicesse ad alta voce.
—Fatto i compiti, birbante? — gli chiese Jer, disgregando l'abbraccio.
—Vediamo... I compiti non li ho ancora fatti, ma ho una cosa per te. Andrebbe bene lo stesso? — sbatté le ciglia, sperando di comprarsi il consenso della madre.
—Dipende. Se mi prometti che dopo farai il tuo dovere, questa volta chiuderò un occhio — rispose la donna, ridacchiando.
Freddie saltellò contento, poi corse verso le scale, fino a raggiungere la camera che condivideva con la sorella al piano di sopra.
Andò verso la scrivania, aprendo con forza i cassetti e facendo un gran baccano, che infastidì molto Kashmira.
Ma non appena lui ebbe trovato ciò che cercava, tolse subito il disturbo, precipitandosi nuovamente in cucina, dove Jer lo aveva gentilmente aspettato immobile.
Freddie si piazzò davanti, tenendo l'oggetto dietro la tasca e sorridendo alla madre, poi finalmente glielo mostrò.
Jer si sistemò gli occhi per osservare meglio, prelevando l'oggetto dalle mani di Freddie.
—Questo è il vecchio borsellino che tuo padre mi aveva regalato. Pensavo di averlo perso durante il trasloco! — esclamò sorpresa lei.
Freddie scoppiò in una fragorosa risata. —L'ho sempre tenuto io. Hai visto cosa c'è scritto dietro? — indicò il lato del borsellino che Jer non aveva visto.
Era stato ricamata la parola "Mom", ciascuna lettera cucita con un colore diverso.
Jer mostrò un largo sorriso. —Che caro, Freddie. Grazie!
Freddie si precipitò di nuovo tra le braccia di Jer, fiero del lavoro che aveva svolto in quelle settimane.
Sua mamma era completamente meravigliata: non si aspettava un pensiero così dolce da un bambino così giovane.
Freddie era un ragazzino davvero gentile e amabile, ed era completamente fiera di lui.
—Ora a fare i compiti, signorino — gli ricordò.
Freddie non si lasciò scappare un lamento di disapprovazione. —Pensavo che non ci avresti pensato più, uffi!
Jer rise di nuovo, poi gli ordinò di salire in camera e di studiare.
E, mentre Freddie era intento a svolgere gli esercizi di matematica, pensava a quanto gli fossero state preziose le parole della mamma; quest'ultima, dall'altra parte della casa, occupata nelle faccende domestiche, pensava invece a quanto Freddie fosse fuori dal comune, e che lo sarebbe sempre stato.
Ciao a tutti!
Sì, sono sempre io, e anche questa volta non ho dimenticato le solite ricorrenze, nonostante quella di oggi non sia delle più felici.
A quanto tale, ho deciso di dedicare al nostro caro damerino persiano una storia meno strappalacrime del solito, e che fosse allo stesso tempo un modo per omaggiare anche la mamma, Jer, che qualche giorno fa, dopo aver vissuto con coraggio un lungo periodo di vita in assenza del figlio più caro, ha di nuovo incontrato il suo Freddie.
Come avete potuto vedere voi stessi, non è una storia molto lunga, ma ha voluto immortalare un momento di vita tra mamma e figlio.
Voglio precisare che in questa storia Freddie è un bambino più o meno sui dieci anni, ma i Bulsara si sarebbero veramente trasferiti in Inghilterra solo qualche anno dopo.
Spero che perdoniate questo mio sacrilegio, che era per di più voluto XD
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