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9. 🗝️Room 30

💉 Melrose.

Ore 22:00

Era passato un giorno, un lungo ed intenso periodo di 24 ore che l'aveva resa debole e depressa,come ogni volta che era pulita. Non lo era da molto, in realtà. Nemmeno si ricordava com'era quando non era sotto effetto di metanfetamine, ma in quel preciso istante non le importava.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era Kit, il suo pusher. Aveva perso ogni speranza, le aveva  dato buca, questo era certo.
Non era riuscita a chiamarlo nemmeno dal parcheggio. Sembrava che quella zona non esistesse, che quel posto fosse un buco nero nella terra e quel motel invisibile. Non aveva visto fermarsi nessun'altro dopo il suo arrivo.
Mel, in preda agli spasmi di dolore e il prurito, si lasciò scivolare lungo la parete per poi sedersi sulla mochette rossa e rovinata.
Non ce la faceva più. Aveva bisogno di una dose. L'ultima volta che si era sentita così era stato mesi e mesi prima, quando un tossico del suo quartiere, un amico in realtà, le aveva rubato la droga e lei non aveva più soldi per ricomprarla.
Odiava l'astinenza e quello che le faceva.
Tremava, anche se in quella stanza faceva caldissimo, un caldo fuori luogo in quella stagione primaverile.
Si asciugò il sudore dalla fronte, scostandosi i capelli colorati dagli occhi.
Fu in quel istante che si accorse di ciò che stava avvenendo poco distante dai suoi piedi.
Vide la carta da parati, rossa come il sangue, muoversi.
Pensò fosse solo uno scherzo della vista,ma poi successe nuovamente.
La carta iniziò a muoversi più  velocemente, staccandosi dalla parete. Era come se tra il muro di cemento e la carta ci fosse qualcosa. Sembravano delle palline, bozzi leggermente schiacciati che strisciavano verso il pavimento.
Melrose impallidì quando quelli che sembravano enormi scarafaggi uscirono dalla carta, camminando velocemente sulla mochette.
Erano tantissimi, neri e grossi, di dimensioni e colori diversi, e puntavano verso la sua direzione. Si muovevano in branco e aumentavano sempre di più, strisciando prima sulla parete e poi sul pavimento.
Melrose urlò e saltò sul letto sfatto, stringendo fra le mani le coperte ruvide.
Urlò così tanto da perdere la voce , la gola infiammata e gli occhi grondanti di lacrime.
Si avvicinavano sempre di più, arrampicandosi sulle gambe del letto matrimoniale, per raggiungerla.
Vomitò il pranzo frale lenzuola, macchiando i primi insetti che l'avevano raggiunta.
L'ultima cosa che ricordò furono gli scarafaggi che salivano lungo le sue gambe gelide solleticandole con le loro zampine.
Svenne.

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