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Annaspo, cercando di respirare.
Apro gli occhi. "Che succede?", penso. Mentre mi metto a sedere, sento le costole che fanno male, scricchiolano e la pelle sembra come ammaccata.
«Cosa succede?» mi rivolgo a Nemesi, ma, guardandomi intorno, mi accorgo che non c'è. «Nemesi?» mi alzò, dolorante. Perché mi fa così male dappertutto?
«Ehi, zitto!» Eccola, all'improvviso, davanti a me. Con quei suoi occhi chiari e freddi che mi fissano.
«Che ho fatto?»
«Tu fai troppo rumore. Lo capisci che qui è pericoloso?»
«Non mi hai ancora detto chi sei.»
«Neanche tu, Geremia.» "Geremia? Come sa il mio nome?" Questo mi coglie davvero di sorpresa. Sono confuso, ma decido di tenere per me le mie perplessità.
«Non ti serve sapere chi sono» dice, poi mi fa cenno di camminare. "Così? Senza colazione?" Decido però di non ribattere. Ho capito che con lei non serve a nulla.
Così ci mettiamo in cammino. Avanziamo tra gli alberi, mentre un sole pallido spunta tra gli squarci celesti creati dalle chiome giallastre. Non vedo nuvole, eppure non mi sembra una bella giornata. Inoltre fa freddo e non so come Nemesi faccia a sopportare il vento, che soffia qui tra gli alberi, sulla sua pelle nuda. So di non essere più vivo, eppure lo sento il freddo; e anche la fame. Lo stomaco brontola, a differenza di come mi sentivo nel deserto. Lì stavo male, è vero, ma non avevo né fame né sete. In un certo senso, per certi aspetti, forse lì era più semplice.
La foresta, però, offre anche spettacoli meravigliosi. Nemesi e io possiamo presto constatarlo, anche se lei non sembra mai molto sorpresa. Penso che conosca bene questa foresta. Forse è davvero una specie di amazzone.
Verso il tardo pomeriggio, dopo tutta la giornata che camminiamo quasi senza sosta, arriviamo nei pressi di un torrente. È incastonato sulla roccia, come un rivolo di lacrime brillanti. Immergo le mani sudate e la faccia nell'acqua. È fresca, ma comunque piacevole, anche se preferirei le acque termali per scaldarmi un po'.
Bevo e ne offro anche a Nemesi, ma lei scuote la testa. La mia compagna di viaggio, ogni giorno che passa, appare più strana ai miei occhi.
C'è anche una grotta, proprio lì, tra le rocce, vicino al torrente. Lei mi fa cenno di entrare, ma resto ancora un po' a godermi la meraviglia di questo posto. È un torrente stretto, un filo sottile azzurro-argento, che scende dalle rocce della grotta e s'immerge in una polla d'acqua lì accanto, in basso.
Mi ci farei un bagno, se non fosse così freddo, ma a tale temperatura sarebbe un problema. Però sono morto, forse potrebbe anche funzionare. Se la morte per congelamento mi attirasse, allora m'immergerei in quella polla fredda, che pare tanto piccola quanto profonda e resterei lì sotto, per sempre. Solo che questo mi sa da annegamento; e quello l'ho già passato. Nulla che valga la pena di ripetere.
Un esile fumo esce dalla grotta, interrompendo il filo dei miei pensieri.
"Ha acceso un fuoco?", mi chiedo, sorpreso. Entro lentamente, cercando di non fare rumore; lei non lo apprezzerebbe.
Nemesi è seduta accanto a un timido fuocherello, più fumo che fuoco, intenta a scaldarsi le mani. Mi sto avvicinando, entusiasta, quando mi accorgo di un particolare che mi fa arrossire in modo violento. Nemesi è nuda, completamente. I suoi stracci riposano a terra, accanto a lei. "Ma che sta facendo?"
Resto indietro e la osservo. Ha gli occhi chiusi, la vedo di profilo. Così è quasi bella. Il suo fisico, devo ammetterlo, è quanto di più vicino ci sia alla perfezione. Solo che è troppo magra, ha un seno acerbo come quello di una ragazzina e le posso contare parecchie costole.
"Un esile fuscello con la forza di un leone" , penso osservandola.
Prende qualcosa da terra. Un coltello. Lo passa alcune volte sulle fiamme. "Cosa se ne fa di un coltello?"
Mi nascondo tra le rocce. Non voglio che si accorga che la sto spiando.
Resto immobile, il fiato sospeso, mentre Nemesi preme la punta della lama sul palmo della sua mano, quella sinistra. Un rivolo di sangue cola dalla mano, lungo il braccio e le sporca il ventre nudo.
Poi comincia a cantare. Un canto lieve, cristallino, che all'inizio mi fa venire i brividi. Lo riconosco. È lo stesso canto intonato da quelle donne demoniache, che ho incontrato all'inizio della foresta. E adesso cosa faccio? Che sia una di loro? Mi vuole uccidere? Cos'è, un rito satanico?
Troppe domande mi assalgono all'improvviso, come un fiume in piena. Come se il torrente fuori dalla grotta mi fosse piombato addosso, tutto in un colpo.
Non posso, non posso stare qui. Qualcosa di oscuro sta accadendo, me lo sento. Eppure, nonostante voglia andarmene, resto immobile e guardo la scena come imbambolato.
Altro sangue scende in rivoli rossi lungo le braccia di Nemesi. Vorrei gridare, vorrei aiutarla, ma cosa potrei fare? Così non faccio nulla e resto a guardare.
Il canto continua, ora più forte. Non capisco le parole, non so di quale lingua potrebbe trattarsi. In che razza di posto sono finito? poi accade una cosa che mi fa lanciare un grido di orrore.
Nemesi prende il pugnale dal manico, lo rivolge contro se stessa. "Cosa vuole fare?" Non faccio quasi in tempo a formulare questa domanda nella mia mente; Nemesi canta più forte, un canto straziante. Poi termina con un urlo e affonda il colpo, con precisione, nel suo petto.
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