1
Corro; inciampo nei miei stessi piedi.
Mi rialzo tutto sporco di fango, ma me ne frego; ricomincio a correre, ma più lentamente, in modo quasi goffo.
Sento i versi strani di quella bestia rincorrermi. Sono urla inumane, terribili, mi penetrano nelle orecchie facendomi male.
Non ho il coraggio di guardare avanti, per paura di vedere quella cosa che mi segue. Non capisco se è umana o animale, o qualcosa di ancora diverso.
D'un tratto arrivo a un bivio. “Destra o sinistra?”
«Maledizione!» impreco a denti stretti, sperando che mi venga una qualche illuminazione; ma nulla arriva, almeno niente che possa davvero aiutarmi. Mi maledico mille volte, bestemmio tutti gli dei, tremo come una stupida femminuccia.
Intanto quella cosa si avvicina, sempre di più, a me; è come la morte, lenta e inesorabile, prima o poi arriva e tutto finisce tra le sue gelide braccia. Lacrime mi solcano le guance mentre mi lanciò in avanti verso il sentiero a destra. M'immergo tra la boscaglia, i rami mi graffiano le braccia e le gambe; continuo a correre senza sapere nemmeno dove sto andando.
Vado avanti così finché la sfiga mi salta addosso come una tigre inferocita, o meglio cerca di far saltare me. E' probabile che io sembri uno scemo, perché muovo le braccia come un nuotatore tentando disperatamente di riprendere l'equilibrio che ho quasi perso.
Sotto di me si apre il vuoto e centinaia di piedi più in basso vedo l'acqua, di un fiume, che scorre impetuosa.
Riprendo faticosamente l'equilibrio e cado, col sedere a terra. “Un fottuto burrone! Questo è un fottuto burrone!”
Capisco che sono fregato. Non ho molte alternative ora; o salto, o sono morto.
Potrei, pensandoci, anche decidere di raggirare il tutto procedendo di lato, se solo il cosiddetto “lato” esistesse.
“Maledizione!”
Sento la bestia arrivare, mi è alle calcagna da quando è iniziata questa assurda fuga disperata. Ora che faccio? Senza pensarci più, mi alzo e faccio un respiro profondo.
“Meglio morire adesso che tra le grinfie di quel mostro,” penso cercando di raccogliere quel poco coraggio che mi resta.
Ora davvero non ci penso più, tanto se resto qua sono morto lo stesso. Prendo un po' di rincorsa … e urlo mentre spicco un balzo nel vuoto.
Per un attimo è tutto come in un sogno, ma mi sembra di essere un po' in un film d'azione alla Indiana Jones. È quasi come se stessi volando, sento il vuoto sotto di me e non c'è altro a separarmi dalla morte.
Poi la superficie azzurra si avvicina a velocità impressionante; è lei che viene verso di me o io che sto precipitando? La risposta potrebbe sembrare ovvia, ma nel mio caso non c'è molto tempo per rendermi conto che sto per tuffarmi in un inferno fatto di acqua e massi galleggianti.
Tutto il mio corpo esplode di dolore quando tocco la superficie con violenza; l'acqua mi sommerge, mi avvolge, per un attimo mi accarezza. Poi, però, comincio ad annegare.
Tutto intorno a me c'è acqua. Un mare nero come l'inchiostro mi avvolge come un'incubatrice e il peso di tutto il mare mi schiaccia.
“Anna” , penso, mentre il mio corpo scivola giù, sempre più giù. Sentivo freddo all'inizio, poi più niente. Tengo ancora gli occhi sbarrati, ma ho smesso di lottare da un bel pezzo. Ormai non sento nemmeno più il bisogno di respirare, mi sento quasi bene.
“Sto morendo.” Un'amara consapevolezza che mi fa paura, ma è quasi divertente pensare che un ubriacone come me stia morendo così, inghiottito da un mare feroce. Tutta l'acqua che avrei dovuto bere al posto dell'alcol, ora si sta riversando tutta in una volta nei miei polmoni. Non rivedo nulla della mia vita, come fanno vedere nei film, tranne il viso di Anna nel giorno del nostro matrimonio. Era così bella nel suo abito bianco. “Anna, perdonami.”
Piccole bollicine escono dalla mia bocca e vanno a disperdersi nell'acqua. Sono l'ultima cosa che vedo prima che le profondità degli abissi mi inghiottiscano per sempre tra le loro fauci.
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