Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo II - Risveglio nell'Incubo -

"In ognuno di noi c'è un altro essere che non conosciamo.

Egli ci parla attraverso i sogni e ci fa sapere che vede le cose

in modo ben diverso da ciò che crediamo di essere"

Carl Gustav Jung 1875-1961

Alex si svegliò inquieto di soprassalto gridando, mettendosi di scatto seduto sul letto in un bagno di sudore angosciato.

La camera era tutta in ordine, e parzialmente immersa nella buia quiete notturna. Mentre dalla finestra chiusa ai piedi del letto, si sentiva il continuo scrosciare soffuso della pioggia incessante all'esterno. Era notte inoltrata, e di fuori stava ancora decisamente piovendo. 

Constatò confuso e frastornato Alex, subito dopo quel brusco e improvviso sgradevole risveglio notturno. Dopo un'assorto e breve disorientamento cognitivo, guardandosi poi lentamente intorno a lui. Alex ancora decisamente agitato emotivamente, emise rilassandosi e socchiudendo gli occhi un lungo sospiro liberatorio di tenue sollievo. 

< E' stato solo un fottuto incubo allora! >, si disse assorto a bassa voce. 

< Un brutto e incomprensibile cazzo di sogno assurdo per fortuna! Niente di reale e di concreto, assolutamente nulla di cui dover avere razionalmente paura >, proseguendo così il suo soliloquio a mente.

Allora si alzò deciso dal letto ancora però in parte intimorito nell'animo, e titubante si avvicinò lentamente alla finestra. Aprì i vetri della portafinestra in alluminio, ma come toccò leggermente le persiane chiuse. 

Esse inspiegabilmente si aprirono da sole di scatto, turbandolo nel profondo della sua psiche. Sospinte violentemente contro le pareti esterne, dall'irruento vento di burrasca che stava ancora imperversando vorticosamente, sull'arroccato borgo medievale Maranese.

La pioggia scrosciava incontrastata nell'oscurità, semi illuminata dalla flebile luce giallastra dei lampioni in ferro battuto di Piazza Castejo. Mentre gli spettrali fulmini lucenti nel tetro cielo, si diramavano tra loro alti e potenti sopra il lungo tetto scosceso dell'Abbazia. 

Alex totalmente disorientato e spiazzato uscì inquieto sul balcone, coprendosi con l'avambraccio destro il volto per ripararsi dalla pungente fredda pioggia. Mentre il borioso vento fischiava acuto nell'aria, con sferzanti e possenti raffiche continue per tutta l'ampia vallata.

Il vetusto portale in castagno dell'Abbazia era stranamente tutto spalancato, e vi uscivano intermittenti dalla soglia degli inquietanti bagliori verdastri lucenti. Faceva un intirizzente gran freddo e l'ampia vista panoramica tutt'intorno la piazza, era oscurata completamente da dense fitte tenebre misteriose. 

Alex udì all'improvviso come un distorto tipico verso ovino, nelle sue immediate limitrofe vicinanze. Ed abbassando di scatto così il suo smarrito sguardo, scorse un peloso capro dal vello nero che attraversava forastico la piazza, correndo velocemente da un capo all'altro di essa. Seguito da un sinistro crepitio di zoccoli, sbattuti sul duro selciato del raccolto piazzale di fronte all'Abbazia. Sparendo arcanamente poi nella notte subito dopo, sotto il grande e buio arco nel muro laterale di casa sua.

Così guardò scosso la facciata dell'Abbazia, rimanendo profondamente attonito poi da quello che videro i suoi increduli occhi castani.

La statuetta in gesso bianco della Madonna, non si trovava più nella nicchia nel muro della facciata sopra il portale della chiesa. Non c'era più! Per qualche strana ragione, era incredibilmente sparita nel nulla! 

Alex rimase colpito e sconcertato dentro di se, profondamente frastornato da quell'inesplicabile strano frangente, tacitamente immobile e in piedi sul suo alto balcone. Ma mentre stava fissando ansioso l'inquietante nicchia vuota, percepì come uno strano debole lamento precisamente dietro le sue sguarnite spalle, alla sua diretta sinistra per la precisione. 

Avvertì un freddo brivido cutaneo scorrergli fulmineo lungo tutta la sua sguarnita schiena, e catatonico si voltò timorosamente indietro con il fiato strozzato nella gola.

Alle sue spalle a sinistra del balcone si ritrovò davanti a lui inquietantemente all'improvviso, la sconvolgente visione mistica della statua votiva della Madonna delle Grazie. 

Il suo soave volto materno dipinto era invece visibilmente contrito e sofferente, mentre i suoi cerei occhi azzurri lacrimavano copiosamente lacrime candide. Emettendo al contempo spettralmente fronte a lei, un singhiozzato lamento struggente di pianto disperato di giovane donna.


Alex si svegliò inquieto di soprassalto gridando, mettendosi di scatto seduto sul letto in un bagno di sudore angosciato.

La camera era tutta in ordine e dalle strette fessure delle persiane chiuse, filtrava dall'esterno la tiepida luce raggiante del caldo sole mattutino.

Si guardò frastornato intorno, realizzando così serenamente che era tutto normale e calmo nella stanza. Con la situazione ancora poco nitida e chiara nella sua mente, di quel brusco risveglio ancora poco ben definito ma decisamente ora conscio e razionale. 

< Sono davvero sveglio....si...ora si! Cristo che cazzo d'incubo di merda!... Che cavolo di cosa strana...assurdo!....Madò mai fatto prima sogni così strani! Ho ancora la pelle d'oca nel ripensarci! >, esclamò nervosamente a se stesso Alex. Spostandosi intanto lentamente al centro del letto, il quale risultava tutto disfatto da quella scioccante agitazione onirica notturna. 

Si alzò piano infilandosi le pantofole, e si avviò ancora pensieroso verso la finestra chiusa. Aprì  con sospettosa accortezza i vetri, e dopo un breve attimo d'esitazione spalancò anche le imposte.

La luce splendente del sole improvvisa, gli abbagliò la vista accecandolo parzialmente. Mentre la rarefatta aria fresca montana del mattino che lo avvolse piano piacevolmente, finì di svegliarlo completamente. 

Era una luminosa e gaia mattinata, ancora timidamente legata all'acquazzone fuori stagione della sera prima. Ormai cadevano solo poche rade gocce di pioggia dalle grondaie dei tetti, ma le nuvole si erano diradate larghe nell'immensità di quell'ora turchese limpido cielo. Lasciando ampiamente così spaziare alto nell'etere, un caldo e raggiante Sole di Ferragosto. 

Le Rondini volteggiavano con volo ad aspirale dall'alto verso il basso, librandosi leggere nell'aria rapide e in stormo sopra la piazza. Con alcune di esse che cinguettavano soavemente, appollaiate vicine tra loro sui lunghi cavi sospesi della corrente elettrica.

Erano le dieci del mattino eppure già c'erano ventuno gradevoli gradi nell'aria, una tipica giornata d'Agosto di montagna.

L'ampia vista panoramica dal profondo orizzonte a perdita d'occhio, dei verdi boscosi  monti intorno Marano dall'alto del balcone della sua camera da letto. Aveva serenamente il potere taumaturgico, di rasserenare sempre l'assorto e insolitamente concentrato animo perturbato di Alex. 

Scemando così in quel placido frangente contemplativo, anche la fievole agitazione emotiva e nervosa residua. Rimastagli in parte ancora ben annidata ed impressa nel cuore, da quegli incomprensibili strani incubi della ottenebrata  e piovosa notte passata. 

Ma già ormai in larga misura svaniti nel nulla dai suoi lucidi ricordi, convogliati sublimemente nell'intangibile e astratta dimensione onirica inconscia, sopraffatta dalla sua vigile mente razionale conscia e ben vigile adesso.

Ma prontamente ed accuratamente immagazzinati vividamente subito prima, nelle estreme profondità cerebrali insondabili, tra le pieghe del sua oscura e ignota subcoscienza. 

< Alessandro buongiorno caro! Dormito bene? >, disse sorridente la sua vicina Teresa. Mentre spazzava il pianerottolo di casa sua a ridosso di quella di Alex.

< Buongiorno signora Teresa. Si una bella dormita diciamo.... più o meno stanotte...giornata splendida stamattina vero!? >, gli rispose cordialmente e sul vago Alex.

< O si ringraziando Dio. Ieri sembrava che il cielo volesse cadere in terra mamma mia che ha fatto e adesso invece è sereno. Qui a volte lo fa anche in Agosto, Il tempo si sa in montagna è sempre un po ballerino! >, esclamò sorridente Teresa.

< Si è vero lo ha sempre fatto certe volte, il tempo qui a Marano può essere davvero imprevedibile! Allora buon Ferragosto signora, ci vediamo più tardi alla processione! >, gli rispose gentilmente Alex rientrando rincuorato in camera da letto.

Dopo essere stato in bagno ed essersi ben lavato e vestito elegante per il giorno di festa, Alex scese con calma fischiettando spensierato giù in cucina. La sua casa paterna dalle massicce mura portanti in solida pietra, era dislocata più in altezza che in larghezza, su due piani rialzati e da uno semi interrato, collegati tra loro da una scala centrale in marmo striato. 

Un'effettiva planimetria torreggiante dovuta dal prospettico fatto progettuale, che fu ricavata ristrutturando una delle vecchie torri di guardia medievali delle mura perimetrali del vecchio castello di Marano, adibendola cosi ad uso abitativo e ricreativo.

Accese il televisore e dopo aver girato un po'di canali a caso, lasciò sintonizzato su Paramount Channel. Dove stavano trasmettendo Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Steven Spielberg, uno dei suoi film di fantascienza anni settanta preferiti.

La comare Maria un'arzilla vedova settantenne di origine Maranese, e la premurosa perpetua di Don Sebastiano. Stava scendendo tranquillamente i gradini in travertino, della scalinata di Piazza Castejo con in mano un vaso di pomposi gerani, quando intravide Teresa intenta a pulire accuratamente davanti l'uscio di casa sua.

< Bona jurnata Terè  che si dice maddimane? >, esclamò in dialetto abruzzese la comare Maria. Fermandosi leggermente affaticata dalla lunga camminata, davanti casa di Teresa.

< Salve signò buon giorno! Eh niente sto dando una pulita davanti casa! >, rispose Teresa garbatamente. Continuando a spazzare celermente, il suo pianerottolo in rustico cotto. 

< Tempaccio brutto ieri notte eh signò!? Quanta acqua e vento ha fatto!  >, disse Teresa a Maria.

< Scine come none atru chè! Che begliu sole che c'è adessu pe fortuna! >, gli rispose la comare Maria guardando compiaciuta il cielo ora sereno.

< Hai visto Maria!?  Don Sebastiano ancora non ha aperto la chiesa che strano!! Tra due ore deve dire messa è già tardi!  >, gli fece notare dubbiosa Teresa. Indicando il robusto portale in castagno, ancora inspiegabilmente chiuso dell'Abbazia.

< Ah quellu vecchie lo so ine!! Sicuro se sarria aizatu tardi pure maddimane! Pe fortuna che tengu con mine le chiavi, coscine intanto apru la chiesa e do na bella rezzelata!  >, gli rispose perentoria la comare Maria.

< Va bene signò, ci vediamo più tardi alla funzione buona giornata!  > gli rispose divertita Teresa, mentre la guardava avvicinarsi all'Abbazia.

Alex stava facendo tranquillamente colazione e controllava le notifiche sul suo smartphone, quando la comare Maria aprì il pesante portale ed entrò decisa in chiesa.

Meccanicamente richiuse la porta laterale della bussola in legno, e poi intinse devotamente come sempre la mano destra nella vetusta acquasantiera in pietra scolpita. 

Sovrappensiero non si accorse subito del sangue tiepido che vi era dentro, e segnandosi si sporcò leggermente la fronte con esso. 

Si incamminò speditamente verso l'altare maggiore in fondo alla chiesa, guardandosi però incuriosita la mano destra perchè avvertì tra le sue esili dita, qualcosa di più viscoso della solita acqua santa.

Maria si fermò di colpo sconcertata sui suoi passi, quando vide e realizzò che le sue dita erano incredibilmente sporche di sangue. Così attonita poi alzò piano il suo disorientato sguardo, verso l'altare maggiore in fondo alla navata centrale della chiesa. 

Quello che videro i suoi poveri occhi sgranati dallo sconcerto, fu davvero psicologicamente troppo per la comare Maria. Rimase interdetta e paralizzata davanti all'altare maggiore a bocca aperta, mentre il vaso di gerani gli scivolò dalla mano sinistra e si ruppe sonoramente ai suoi piedi. 

Alex stava mangiando con gusto un krapfen alla crema pasticcera, mentre sorseggiava il cappuccino guardando la TV quando in quel preciso momento, improvvisamente di fuori si sentì gridare all'impazzata e chiedere aiuto concitatamente.

Allora subitamente Alex uscì confuso ed interdetto fuori di casa, e vide sulla piazza la comare Maria in preda ad uno stato isterico e dissociato dalla realtà, urlare disperatamente verso il cielo e farneticare frasi senza senso compiuto, alla gente che stava accorrendo da lei allarmata. 

E mentre un gruppo di persone che erano precipitosamente intervenute sul posto, la tenevano ferma a stento e cercavano di parlargli per capire cosa fosse successo. La comare Maria completamente  terrorizzata e fuori di se, indicava sconvolta con la mano destra tremante  sporca di sangue l'entrata della chiesa.

< Nella chiesa...nella chiesa! Dio mine...aiutace tine...Prestu currete...lu demonio lu demonio! >, ripeteva delirante e disperata la comare Maria.

In pochi concitati e confusi attimi sulla piazza sii erano riunite allarmate altre persone, attirate dal quello schiamazzare così destabilizzante e sconcertante della loro compaesana. Ed alcune di esse con circospezione entrarono incuriositi a turno nella chiesa, uscendone poi quasi subitamente profondamente sconvolte e scioccate, di cui alcune in preda a scomposti conati di vomito.

In quel preciso attanagliante momento di sconcerto di massa, Alex intravide Elena tra i maranesi che accorrevano precipitosamente, mentre stava scendendo disorientata e preoccupata la scalinata di Piazza Castejo.

I genitori di Elena avevano preso in affitto a Marano, come facevano ormai da alcuni anni a questa parte, una ridente casetta a ridosso della piazza per il confortevole periodo estivo. Anche lei era originaria di Roma come lui, e ad Alex piaceva molto quella bella e formosa conturbante ragazza mora, dagl'intensi occhi di un profondo verde smeraldo irideo. Ma in codesto preciso disturbante frangente, questo precisamente era l'ultimo dei suoi vacui pensieri adesso.

< Cosa è successo Alex!? Perchè la comare Maria sta urlando a questo modo? >, domandò con apprensione Elena mentre si avvicinò con titubanza lentamente ad Alex.

< Non ne ho idea Elena! Stavo facendo colazione quando ho sentito improvvisamente gridare sulla piazza, e così sono uscito di corsa per vedere cosa fosse successo! >, gli rispose con aria smarrita  uno sgomento Alex.

Entrambi si avvicinarono costernati e con apprensione al portale dell'Abbazia, rimanendo profondamente attoniti nel vedere le facce sconvolte e terrorizzate di chi riusciva profondamente turbato dalla chiesa, allontanandosi scompostamente in preda a singhiozzate accorate lacrime facendosi tremebondi il segno della croce.

Così entrarono nella chiesa facendosi flebilmente coraggio tra di essi, aprendo piano la porta centrale della bussola in legno avanzando esitanti nella navata centrale, rimanendo così poi interdetti ed atterriti subito dopo nel guardare l'altare maggiore in fondo. 

Il sangue gli si gelò nelle vene all'istante, con il cuore che gli sobbalzò in gola mozzandogli il fiato per quella loro orrorifica visione traumatizzante, dinnanzi a quell'incomprensibile e disturbante atroce scempio disumano messo sadicamente in scena sull'altare maggiore.

Il corpo nudo e trucemente dilaniato di Don Sebastiano, si trovava  orripilantemente crocifisso a testa in giù sopra l'altare maggiore. I suoi occhi gli erano stati cavati con estrema efferatezza dalle nere orbite, mentre Il suo addome adiposo era stato ripugnantemente sventrato e smembrato. Con le sue sanguinolente viscere esposte e le viscose lunghe budella intestinali, che erano in gran in parte fuoriuscite e penzolanti dal suo povero martoriato cadavere.

Ai suoi rispettivi due lati vi si trovavano posizionati altri due corpi nudi, anch'essi efferatamente scempiati mutilati e crocifissi. Ma codesti non riversavano inchiodati al contrario come Don Sebastiano, ma risultavano inchiodati nella posizione usuale della crocifissione. 

Il corpo crocifisso rispettivamente alla sinistra di Don Sebastiano era senza testa, la quale appariva stritolata con brutalità a giudicare dai ributtanti resti organici rimasti attaccati al collo. Mentre quello rispettivamente crocifisso alla sua destra, era ridotto macabramente solo alla parte superiore del busto, con la parte inferiore tranciata scompostamente di netto.

C'erano schizzi di sangue, pezzi di carne umana e di materia cerebrale dappertutto sul pavimento di pietra, e le statue dei Santi sui piedistalli ai lati della navata centrale erano tutte imbrattate di sangue, apparentemente lacrimatogli dagli occhi. Mentre molti banchi di legno erano stati rotti, e sparpagliati alla rinfusa nelle navate della chiesa. 

Con i candelabri degli altari laterali consumati e ancora fumanti, con i rivoli di voluttuosa e rappresa cera sciolta colata lentamente a terra copiosamente.

L'antica acquasantiera di pietra era piena di sangue in superficie che traboccava, e nell'aria intensamente gelida e spettrale della chiesa, c'era uno stomachevole forte odore pungente che ricordava vagamente quello dei gas sulfurei. 

Elena inorridita chiuse gli occhi per il marcato disgusto, e si strinse ansimante in petto ad Alex piangendo sconvolta. Mentre Alex anch'egli profondamente smarrito e scioccato dentro di se, la cinse commosso delicatamente con il braccio destro, e l'accompagnò sostenendola con pietosa umana premura fuori dall'Abbazia.

Rimasero spaventati abbracciati ed in ginocchio al centro della piazza, circondati da quella tetra atmosfera surreale ed inquietante intorno a loro. Mentre ormai si erano riuniti con concitata e febbrile apprensione praticamente tutti gli abitanti del paese, davanti l'antica Abbazia di Santa Maria Assunta.


< Ma cosa diavolo è successo ieri notte qui!?..Dannazione in nome di Dio!! >, esclamò sconcertato tra se e se il maresciallo dei Carabinieri Alberto De Falco.

Mentre pensieroso scrutava interdetto e frastornato  l'altare maggiore, dove i RIS di Roma sopraggiunti sul posto ampiamente da diverse ore, stavano facendo accuratamente i doverosi rilievi scientifici della scena del crimine. 

De Falco era il comandante dei Carabinieri della stazione di Magliano dè Marsi, il paese limitrofo a cui fa comune Marano. Lui ed i suoi uomini furono i primi ad essere allertati e ad intervenire prontamente operativi nell'Abbazia Maranese, quella infausta sincronica mattina di Ferragosto.

< Maresciallo sono arrivati i primi riscontri dal Comando! >, esclamò il brigadiere Massimo Giorgerini avvicinandosi celermente a De Falco.

< Aggiornami avanti! >, gli rispose con tono deciso De Falco.

< A parte il cadavere crocifisso al centro, che sappiamo essere Don Sebastiano il parroco dell'Abbazia Benedettina di Marano, i cadaveri mutilati e crocifissi ai suoi rispettivi due lati a quanto pare dai documenti ritrovati, in alcuni vestiti rinvenuti sul luogo del delitto. E dal confronto dei dati incrociati del data base della centrale operativa, confermato inoltre dal riscontro del loro DNA e dalle loro rispettive impronte digitali. Risultano essere due volti ben noti alle autorità qui nella Marsica. Sono due fratelli pluripregiudicati originari di Scanno.I loro nomi di battesimo sono Esteno e Luzio Bucci, rispettivamente di anni quarantasei e di anni quaranta. Vari precedenti penali con alcune condanne in parte scontate per posseso illegale di droga e armi, rapine, furti aggravati, aggressioni, lesioni, oltraggio a pubblico ufficiale, resistenza all'arresto, truffa e inoltre indiziati principali dell'omicidio ancora irrisolto dagl'inquirenti dell'agricoltore Gravino Turi, avvenuto quattro anni fa a seguito di una rapina nei pressi di Borgo Rose. Nel l'ambiente malavitoso della zona sono conosciuti dai più come i "Frategli Piru Piru", e a giudicare dalla refurtiva di oggetti sacri in tre sacchi rinvenuti vicino all'altare maggiore con le loro impronte digitali, io credo che si trovassero qui ieri notte per una sordita rapina. I'Iveco Turbo Daily bianco parcheggiato qui sotto, risulta essere rubato dal controllo incrociato della targa; il legittimo proprietario tale Abdul Aziz un venditore ambulante di origine egiziana residente attualmente a San Donato ne ha denuciato il furto circa um mese fa. Al suo interno oltre alle impronte digitali ed ai residui di DNA appartenenti ai fratelli Bucci rilevati dai test preliminari della scientifica, abbiamo rinvenuto altri attrezzi da scasso occultati nel retro del furgone, insieme a quelli rinvenuti e catalogati qui in chiesa. Da una parziale prima analisi indiziaria a quanto pare ha tutta l'aria probabilmente di un'efferata rapina finita male sia per la vittima che per gli aggressori maresciallo! >, disse sbrigativo, e con fare riduttivo il brigadiere.

< Finita molto male direi! >, esclamò con leggero sarcasmo De Falco. Guardandolo intensamente poi negli occhi.

< E comunque non si sono di certo conciati così da soli! Credo che qui è successo qualcosa di più ieri notte, di una sola rapina andata storta brigadiere! >, aggiunse infine.

< Stai pensando a un qualche rituale satanico Alberto? >, gli chiese sottovoce ed in confidenza il suo vecchio collega ed amico di infanzia Giorgerini. Avvicinandosi lentamente e con accorta circospezione a De Falco..

< Un sant'uomo martoriato e crocifisso a testa in giù, in mezzo a due ladroni dentro un'antica chiesa parrebbe un sacrificio satanico... così efferato poi...non so! Di certo c'era altra gente qui ieri sera, non possono aver fatto tutto da soli almeno questo è più che evidente>, disse infine deciso De Falco.

< I RIS hanno rilevato con la prima perizia balistica, alcuni proiettili nell'Abbazia esplosi un po' in tutte le direzioni, dalla pistola semi automatica modello Beretta 98FS con la matricola abrasa sul calcio, rinvenuta sul pavimento della chiesa. E' tutto strano e molto illogico dannazione! >, disse guardandosi intorno nello sconcerto Giorgerini. 

< E poi chi li ha ridotti così Alberto? Perchè Cristo santissimo!?... e poi come ha fatto per la miseria!? Il cadavere a destra ha la testa completamente spappolata, mentre quello a sinistra appare come se fosse stato strappato a metà da una grande forza sovrumana ignota. Anche le profonde e irregolari ferite sull'addome dilaniato di Don Sebastiano, sembrano causate da degli artigli di una qualche bestia selvatica più che da delle lame affilate! >, finì di dire concitatamente..

< Ci sono testimoni Massimo? >, chiese di risposta De Falco.

< No! Non ancora per lo meno. A quanto pare nessuno ha visto e sentito niente ieri notte! >, rispose frustato Giorgerini.

< Stiamo interrogando i residenti della piazza, ma nessuno sa niente. Il forte temporale di ieri sera, in effetti deve aver coperto i rumori del macello che è successo qui >, finì di dire.

< E' un bel casino! Tenete lontano la stampa locale il più possibile, non voglio creare ulteriore allarmismo qui in paese e tanto meno diffondere il panico anche a Magliano e negl'altri paesi limitrofi. Sono già tutti sconvolti qui a Marano per la miseria! Il panico di massa è contagioso credimi... >, disse con fermezza De Falco.

< La curia di Avezzano è stata informata con discrezione dell'accaduto, come richiesto da suo preciso ordine, il vescovo sta venendo immediatamente qui maresciallo >, disse Giorgerini.

< Nessuna notizia del vice parroco? >, chiese De Falco.

< Si è appena arrivato, lo stanno interrogando. Dice che non si trovava qui ieri notte perché alcuni giorni fa è andato a fare visita ai suoi anziani genitori a Tagliacozzo, ha passato lì anche la notte scorsa afferma a mio parere sinceramente, i genitori possono essere chiamati a deporre per testimoniare in suo favore >, gli rispose chiaramente Giorgerini.

< Bene fatelo entrare in chiesa, voglio vedere la sua prima reazione e dopo ci voglio parlare a quattr'occhi! >, disse De Falco.

Don Giacomo era il vice parroco di Marano ed era disorientato e spaventato, mentre rispondeva alle domande incalzanti del giovane appuntato Terenzi.

Non sapeva ancora bene cosa fosse accaduto in chiesa la notte passata, ma non riusciva a capacitarsi in cuor suo della tragica morte di Don Sebastiano annunciatagli poc'anzi dai Carabinieri. 

Era solo un frate seminarista che aveva da poco preso devotamente i voti, con sua grande e caparbia convinzione nella fede. Ed era stato recentemente affiancato come vice parroco dalla diocesi di Avezzano, al parroco di Marano Don Sebastiano più anziano e venerabile di lui. 

Si conoscevano da poco tempo, eppure avevano già instaurato tra di loro un buon affiatamento pastorale nel sacerdozio. Ed una piacevole complice sintonia interpersonale, nella loro monastica convivenza negli alloggi della sacrestia adiacenti all'Abbazia.

< Può entrare in chiesa padre, prego mi segua il maresciallo De Falco la sta aspettando >, disse il brigadiere Giorgerini.

Avvicinatosi all'appuntato e  al frate che dialogavano sulla piazza, poco distante dal portale dell'Abbazia con i sigilli dei Carabinieri. Don Giacomo scostò i sigilli, ed entrò in chiesa con il fiato in gola scortato dai due agenti. 

Prima di aprire la porta centrale della bussola in legno, il brigadiere gli mise una mano sulla spalla.

< L'avverto padre, potrebbe subire uno shock...non è una cosa che si vede tutti i giorni! >, gli disse con aria allarmata Giorgerini.

< D'accordo sono pronto, fatemi entrare in chiesa adesso! >, gli rispose deciso il frate con falso coraggio.

Il brigadiere aprì con accortezza la porta, ed i tre entrarono così in chiesa. Don Giacomo fece pochi passi incerti e titubanti, nella lunga navata centrale. Perché la tremenda e scioccante visione di quell'orrore estremo sull'altare maggiore, lo scosse nel profondo della sua ingenua anima pacifica.

< Mio...Mio Dio...mio...oh mio Dio! >, esclamò balbettando e con voce strozzata il frate. Mentre con gli occhi umidi si fece il segno della croce, tremando visibilmente terrorizzato.

< E' la prima cosa che abbiamo detto tutti noi padre! Mi creda sulla parola! >, gli disse a mezza bocca De Falco. Mentre gli si avvicinava lentamente da dietro, con passo investigativo leggero e soffuso quasi felino.

< Salve padre, mi scusi se l'ho fatta aspettare, ma come vede abbiamo un bel da fare con i rilievi  della scientifica qui in chiesa >, finì di dire pacatamente De Falco. Porgendogli gentilmente subito dopo la mano destra.

< Salve maresciallo... io..capisco... ma cosa è successo...cosa è successo qui in nome di Dio! > esclamò Don Giacomo, titubante con aria sconvolta.

< Ancora non abbiamo un quadro completo della situazione, stiamo ancora confrontando i primi dati raccolti. Ci sono prove indiziarie, che porterebbero a pensare ad un'efferata rapina finita male...ma come vede la scena del crimine non è così semplice! >, gli spiegò dettagliatamente De Falco mentre si avvicinarono lentamente sotto l'altare maggiore.

< La refurtiva dentro dei sacchi rinvenuta insieme ad un arma da fuoco, supporterebbe la prima tesi probatoria della rapina, ma come può ben vedere ce ne sono altri che lascerebbero presupporre..bhe a una specie di strano rituale...una messa nera...a qualcosa di satanico ecco! >, finì di dire con vacua e voluta incertezza indefinita il maresciallo.

< Presupponiamo che ci fossero anche altre persone qui in chiesa ieri notte, che approfittando del forte temporale sono poi fuggite di nascosto senza lasciare apparentemente alcuna traccia! >, aggiunse tediato dai molteplici suoi dubbi probatori De Falco.

Lo sguardo attonito e semi assente di Don Giacomo, si fermò sul orrendamente volto sfregiato capovolto e ceruleo di Don Sebastiano, alzando poi il suo sguardo sbigottito sul ventre martoriato del parroco.

< Chi mai ha potuto concepire e fare una cosa del genere? Mio Dio è terribile è davvero disumano!.>, sussurrò con voce tremula Don Giacomo. Mentre si asciugava ansiosamente il sudore della fronte con un fazzoletto di cotone.

< Lo scopriremo padre, glie lo assicuro. Il delitto perfetto non esiste, sicuramente chi ha fatto tutto questo deve aver lasciato involontariamente degli indizi dietro di se. E noi li troveremo alla fine! >, esclamò con preponderante autorità il maresciallo.

< In questo momento stiamo confrontando tutte le impronte digitali che abbiamo trovato, oltre a quelle già classificate delle vittime, e adesso il comando sta esaminando anche tutte quelle rilevate dalla scientifica intorno al reliquario profanato >, aggiunse De Falco.

< Reliquario...Quale reliquario sta dicendo maresciallo? >, domandò intimorito e decisamente confuso Don Giacomo.

< Quello al di sotto dell'altare maggiore! Degli abitanti del posto, ci hanno riferito che si tratta di un antico reliquario >, gli rispose di rimando il maresciallo.

< O Signore ti prego no non può essere! Maresciallo la prego mi accompagni, devo vederlo! Devo vederlo subito! >, esclamò agitato Don Giacomo.

Così i due attraversarono la navata centrale, dirigendosi spediti verso l'altare maggiore.

Quando arrivarono davanti al reliquario Don Giacomo dovette sedersi su una panca li vicino, per il profondo sconcerto psicofisico che indusse in lui un vero mancamento posturale.

< O Dio no..non è possibile! Il Sigillo...il Sigillo! >, balbettò sotto voce e pervaso da un angoscioso sgomento il frate.

< Sigillo!? Non è un reliquario? Per caso sa dirmi cosa c'era dentro padre? > , domandò con fare inquirente De Falco. 

Ma Don Giacomo non rispose assolutamente, rimase assorto nei suoi tetri irti pensieri mentre guardava spaesato la profonda apertura nel muro.

Don Sebastiano l'aveva messo prontamente al corrente, sin da subito il suo provvidenziale arrivo nell'Abbazia maranese. Dell'antico e pericoloso segreto monastico divinatorio, tramandato con riservatezza da secoli dai monaci Benedettini dell'Abazia, e dalla rigida sacrale successione Pontificia. Celato ed occultato  dietro il finto reliquario di pietra, al di sotto dell'altare maggiore della Abbazia Benedettina di Marano dei Marsi. 

All'inizio non volle crederci razionalmente del tutto ma Don Sebastiano poi lo convinse pienamente, raccontandogli tutta la segreta ed oscura incredibile storia sul Quarto Sigillo lunga più di tremila anni.

Se la storia fosse stata realmente  tutta vera, allora le cose sarebbero peggiorate sempre di più da quel terribile momento in poi. Erano questi gli opprimenti  pensieri ossessivi, che offuscavano adesso la mente traviata e perturbata di Don Giacomo.

< Padre mi ascolta? Si sente bene? > gli chiese con premura De Falco. Chinandosi lievemente verso di lui, con fare apprensivo.

< O si mi scusi tanto Maresciallo... è solo...che vederlo così profanato mi ha scosso profondamente >, rispose  di rimando il frate con algida calma. Cercando di mascherare il più possibile, la sua grande apprensione e paura recondita.

< No nessuno sa con esattezza cosa conteneva, non è stato mai aperto sin dalla sua tumulazione, avvenuta prima della costruzione dell'Abbazia stessa. La chiesa risale all'anno mille, ed è stata edificata solo in seguito secondo la millenaria credenza, proprio per proteggerlo e custodirlo in suolo consacrato. Si dice che vi erano conservate delle sante reliquie, alcune parti di ossa dei santi martiri Giovanni e Paolo, ma nessuno ne ha mai avuto la certezza assoluta! >, aggiunse in fine vagamente Don Giacomo.

< Bhe qualsiasi cosa era celata qui dentro è stata rubata! A parte questi antichi rosari d'oro, che stranamente non sono stati depredati, non c'è niente. Il cunicolo nella parete, porta a una stanza di pietra angusta e vuota >, disse il maresciallo, sporgendosi nell'apertura nel muro.

< La pietra che lo sigillava aveva più di mille anni, e adesso è in frantumi che scempio >, disse sotto voce il frate.

Cercando di nascondere maldestramente al maresciallo, i suoi più infimi timori sull'accaduto.

Cos'altro poteva dirgli? Di certo non tutta la segreta verità sul Quarto Sigillo non gli avrebbe mai creduto, e lo avrebbe preso sicuramente per un povero pazzo.

< Comunque vedrà padre che ne verremo a capo, ne sono sicuro! Troveremo degli indizi che ci faranno risolvere il caso, e consegnare alla giustizia chi ha fatto tutto questo. Io non lascio mai un caso a metà o irrisolto! Indagheremo senza riserve fino alla fine, è una promessa padre! > esclamò con tono grave e autorevole De Falco.

< maresciallo il vescovo è arrivato qui a Marano in questo momento, sta scendendo dalla sua macchina, lo faccio entrare in chiesa? >, disse avvicinandosi celermente ai due, il brigadiere Giorgerini.

< Certo fatelo entrare immediatamente! >, rispose deciso il maresciallo De Falco, al brigadiere Giorgerini.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro