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Capitolo 3

Cat gettó via la busta con la lettera come se fosse un animale velenoso. Il suo respiro si fece affannoso, e fu costretta a sedersi. Sta calma...sicuramente è uno scherzo di cattivo gusto si disse. Ma no, lei non aveva raccontato a nessuno del sogno, ne tanto meno a uno che si chiamasse A. B. ... Era assurdo.
Chi aveva indovinato quale fosse il vero motivo della sua angoscia a scuola? Chi sapeva?
Cat si sdraió sul letto , osservando la libreria zeppa di libri, la scrivania, la mensola con le medaglie di hockey e le sue mazze di legno, le bandierine e le sciarpe azzurre dei Vancouver Canucks, la sua squadra di hockey preferita. In quella stanza c'era tutta la sua vita, tutto il suo mondo. Hai una scelta. Ora sta a te decidere. Quella frase le rimbombava in mente più di tutto il messaggio. E poi, si illuminó. Lei voleva decidere. Voleva sapere cosa fosse quel sogno, quella ferita. Voleva tornare alla sua vita normale, e sapeva che, se non avesse scoperto la verità su quel sogno, non ci sarebbe mai riuscita. Cat si rialzó e prese la lettera, che aveva lanciato sotto la scrivania. Dietro la busta era segnato un indirizzo. Anzi, un luogo. Che lei conosceva bene.
Samantha's Restaurant, 16.30, tavolo 3.
Cat controlló l'ora nel grande orologio a muro della sua stanza. Erano appena le tre e venti. Aveva ancora un ora e dieci minuti per decidere. E non era affatto una scelta facile.
Da un lato, non vedeva l'ora di andare; voleva scoprire la verità su quel sogno, e su tutto ciò a esso collegato. Dall'altro, però, aveva paura che fosse uno scherzo , magari propio da parte di Ruby,  per fargliela pagare di qualcosa. Non conosceva nessuno che avrebbe potuto umiliarla; Ruby non era arrabbiata con lei, almeno credeva. E in quanto ad Ashton, lei non lo conosceva neanche. Perché avrebbe voluto farle del male? Era stupido avere paura; in fondo, Samantha's era un ristorante affollato, dove lei era una cliente abituale. Si sarebbero certamente ricordati che lei era lì, e se fosse scomparsa avrebbero detto a sua madre che lei era stata li con qualcuno. Poi, la polizia l'avrebbe ritrovata, no?
Qualcosa non tornava. Cat era convinta di sottovalutare quella situazione. Forse, non era qualcosa di "normale" ciò che l'aspettava. Immagini di rapimenti alieni e di omicidi le affollarono la mente. Non essere idiota, Cat. Sicuramente la verità sarà molto più semplice di quanto immagini. si disse, respirando profondamente.
Per distrarsi si sedette alla scrivania con il libro di Storia aperto; domani aveva il compito, e doveva studiare per bene.
Si sforzava di leggere concentrata, ma non riusciva a fissare le date nella mente. Il sogno, la ferita, l'incontro e il messaggio la tormentavano. L'orologio dava le 15.35. Cat chiuse il libro; doveva uscire prima di impazzire. Infiló la giacca e la sciarpa, allacció gli scarponi e si spazzoló di nuovo i capelli. In un lungo sorso finí il dannato thé alla cannella, che non era riuscita a gustarsi. Andò in bagno e poi, facendo meno rumore possibile, scese le scale passando di fronte allo studio chiuso di sua madre; la sentiva parlare al telefono con l'ufficio. Per qualche strano motivo non voleva dirle che stava uscendo. Aprí la porta di casa e uscí fuori. Il suo quartiere era tranquillo come al solito, un timido sole aveva interrotto l'abbondante nevicata, e molte persone ne avevano approfittato per spalare via la neve dai viali. Cat si diresse lungo il marciapiede in direzione del ristorante, sforzandosi di camminare tranquilla; l'orologio del cellulare dava le 15.40 .
Per arrivare al ristorante ci volevano circa venti minuti a piedi. Per fare prima lei e Ruby prendevano l'autobus, ma ora era felice di non averlo preso. Almeno, sarebbe arrivata più o meno in orario. Circa a metà strada si fermó in un bar e comprò un pacchetto di gomme da masticare al sapore di fragola. Ne mise una in bocca e inizió a masticarla nervosamente, per cercare di allentare la tensione. Non poteva avere così paura! Cat non aveva mai avuto paura di nessuno. Finalmente in lontananza riuscí a scorgere l'insegna luminosa color magenta di Samantha's, già affollato di ragazzi. Erano le 16.15. Cat restó fuori per qualche minuto, giocando con il cellulare appoggiata ad una colonna del ristorante. Nessuno la notava; ragazzi in tuta appena usciti dalla palestra, ragazze in eleganti giacconi da neve firmati, signore anziane con il cagnolino, ma nessuno si fermó a guardarla.
Ormai erano le 16.25.
Cinque minuti all'appuntamento. Cat fece un gran respiro ed entró. I tavoli erano tutti molto affollati, ma il tavolo 3 era occupato.
Da una sola persona.
Cat riusciva solo a vedergli la schiena.
Improvvisamente, una voce allegra la chiamò.
《Cat! Benvenuta al Samantha's!》
Alison , la cameriera del ristorante, le diede il benvenuto. Cat era sobbalzata, ma lei non parve essersene resa conto.
《Avevi una prenotazione vero? Al tavolo 3 giusto? Oh, lui ti sta già aspettando.》
Alison le diede di gomito, ammiccando.
《È proprio un bel tipo! Complimenti!》
Cat arrossí come un peperone.
Fortunatamente, Alison venne chiamata da un'altro cliente, e fu costretta ad andare. Non prima, però, di averle augurato un sonoro in bocca al lupo.
Cat si avvió verso il tavolo 3 e, finalmente, si sedette.
Di fronte a lei, un ragazzo dal viso nascosto dietro l'enorme menù di Samantha's.
《Cosa prendi?》 chiese.
Cat era sbalordita.
《Cosa?》
《Cosa prendi da mangiare? Immagino che si faccia questo in un ristorante, no?》
Cat alzó le sopracciglia.
《Beh, si. Comunque penso che prenderò un hamburger di soia.》
《Ok. E allora io farò lo stesso. Me lo consigli?》
Cat era sempre piú allibita.
《Si.. se ti piace la soia ovviamente...》
《Già... vada per un hamburger di soia, allora.》
Abbassó il menù e la guardó negli occhi.
Ashton Bate era davanti a lei, seduto al tavolino numero 3 del Samantha's Restaurant. Era vestito come quella mattina a scuola, le punte dei capelli che gli coprivano gli occhi verdi, la t-shirt nera che gli teneva scoperte le braccia. Cat notò che aveva un anello al dito, d'argento, con un simbolo che non riconobbe. Ashton non sembrava assolutamente a disagio.
《Hai ricevuto il biglietto allora.》 disse, con voce tranquilla.
《Come hai fatto a metterlo in camera mia?》
《Non è la domanda giusta da fare, Cat. Dovresti chiedermi come faccio a sapere del tuo sogno, oppure come sapevo che tu eri in questa città. Io avrei fatto domande del genere. Fai domande veramente banali.》
Cat si infiammó.
《Se sono qui è perché voglio conoscere la risposta.》
Ashton alzó la mano e una cameriera si avvicinó al tavolo.
《Cosa desiderate?》
《Due hamburger di soia e due porzioni di patatine fritte. E anche una bottiglia d'acqua, con due bicchieri.》
La ragazza prese nota sul taccuino e disse che sarebbe tornata subito con il cibo. Cat era sempre piú inquieta.
《Ora credo che dovresti darmi delle risposte no?》incalzó, impaziente.
Ashton aveva preso a rigirarsi l'anello al dito , quasi annoiato.
《Mi sai ascoltando?》
Lui sbuffó.
《Sembri mia madre sai?》
Lei scosse la testa, sempre più furiosa.
《Sei irritante.》
《E tu sei noiosa.》
《Chiedo troppo se voglio sapere perché conosci quello che sogno?》chiese, esasperata.
Lui alzó lo sguardo dall'anello e sorrise. A Cat ebbe un tuffo al cuore; anche nel sogno aveva sorriso cosí. Sorrideva sempre quando mi vedeva sorridere. Quel pensiero le balenó in testa, ma lei lo respinse.
《Sei veramente buffa lo sai?》 disse.
《Anche tu sei noioso comunque.》
Lui scoppió a ridere.
《Ma se nemmeno mi conosci!》
《Nemmeno tu conosci me.》 ribatté.
《Oh , invece io conosco molte cose di te Cat. Forse cose che nemmeno conosci tu, di te stessa.》
Cat spalancó le labbra, e Ashton rise di nuovo. La cameriera arrivó con i piatti che avevano ordinato e si dileguó in fretta.
Ashton cominciò a mangiare con gusto il suo hamburger, e il discorso venne interrotto.
Cat, impotente, mangiò anche lei il suo hamburger.
《Wow, è fefamente bfuono!》 esclamó Ashton, la bocca piena.
《Fi! Io a-d-o-f-o fgli hambfurger alla foia!》 rispose Cat , estatica. Ashton rise , e anche lei. Sembravano quasi amici.
Quando ebbero finito gli hamburger, iniziarono a mangiare le patatine.
《Allora, ti trovi bene a Vancouver?》chiese improvvisamente Ashton, guardandola. Cat era sorpresa per quella domanda.
《Dovrei chiedertelo io.》
《Tu rispondi.》
《Penso bene... in fondo sono nata qui, non ho mai vissuto in nessun'altro posto.》
Ashton si lasció sfuggire un leggero brivido, ma non disse nulla.
《Capisco...》
《E tu?》
《È diverso da dove abitavo prima.》
《Dove abitavi?》
《Oh , molto lontano da qui.》 rispose lui , lo sguardo perso.
《Africa o cose simili?》chiese Cat.
Ashton rise di nuovo.
《Molto più lontano! Non credo che tu lo abbia mai visto》
《Ok... e ti manca?》domandò di nuovo Cat, masticando lentamente l'ultima patatina.
《No...non molto direi. Mi manca il tempo dei ricordi, però.》
《Cioé?》
《Il tempo dei bei ricordi... che ho vissuto con chi amavo.》
Cat non rispose e si asciugó la bocca con il tovagliolo. Ashton aveva perso l'espressione allegra, sembrava triste ma non disse niente. Si alzarono per pagare il conto e, prima che potesse protestare, Ashton pagò per entrambi. Uscirono dal ristorante che aveva già ripreso a nevicare. Ashton, coperto dalla giacca , sembrava sul punto di piangere; le labbra strette, le braccia incrociate sul petto. Cat si sentiva in colpa.
《Ashton...》
《Dimmi.》
《Mi dispiace se ti ho chiesto qualcosa di troppo inopportuno.》
Ashton fece un piccolo sorriso e le diede un buffetto sulla guancia.
《Non preoccuparti , sto bene. Allora, non volevi le tue risposte?》
Cat si illuminó, finalmente avrebbe ottenuto la verità.
《Si!》
Ashton le fece cenno di andare.
《Allora vieni con me.》

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