Capitolo 19
Il rumore delle ruote sul linoleum grigio risuonava nelle sue orecchie, mentre spingeva la sedia a rotelle di Rebecca, seduta con la gamba distesa.
Aveva promesso di accompagnarla, e Cat ne era stata felice; non sapeva come avrebbe reagito nel vederla di nuovo.
Era passato un mese, un mese da quel terribile giorno in cui sua madre le era stata strappata via.
Un mese da quando aveva scoperto chi era veramente.
《Spero che tu non sia arrabbiata per non avertelo detto subito》disse Rebecca, stringendosi la coperta sulle gambe.
《No, non sono arrabbiata. Sono successe talmente tante cose che è comprensibile》
《Ero venuta qui al Palazzo perché la signora Darren mi aveva informato del suo risveglio. Sono venuta con Jason, quell'incosciente mi ha seguita. Era con me quando abbiamo ricevuto l'allarme, avevamo appena visto tua madre》
《Capisco...》
Rebecca si voltò per guardarla, ma Cat distolse lo sguardo. Non sapeva come sentirsi; felice, perché sua madre si era risvegliata, o triste, perché Jason era scomparso?
Avevano mandato Ashton e Misty a cercarlo per tutto il Palazzo, ma di lui non c'era traccia.
Dove era potuto andare, con quella ferita?
I ragazzi della Società del Cerchio Eterno erano abituati alle sue fughe, ma loro due si erano fatti la reciproca promessa di rimanere insieme durante le cure, e Cat era sicura che l'avrebbe mantenuta.
Voleva cercarlo, ma prima doveva assolutamente vedere sua madre.
Le due arrivarono di fronte ad una parete di vetro infrangibile, dietro il quale si apriva una larga stanza bianca.
Cat lasciò la sedia a rotelle e si avvicinò alla finestra; sua madre dormiva dentro ad un letto bianco, il braccio destro attaccato alla flebo.
Era l'unica paziente della stanza di isolamento, ed era circondata da molti letti vuoti.
《Signorina, ha bisogno di qualcosa?》
Cat si voltò e vide un medico in camice di fronte a lei.
Aveva i capelli grigi e lo sguardo bonario, gentile.
《Sì, ecco... quella dentro la stanza è mia madre. Sono sua figlia》
Il medico la guardò, sorpreso.
《Sì, è Catherine Shelbourd, posso confermare》aggiunse Rebecca, seduta sulla sedia a rotelle.
《Vorrei vederla》
L'uomo aggrottó la fronte, pensieroso.
《Capisco...beh, vedete anche voi che, al momento, sta dormendo. Credo doveste ripassare un'altra volta》
Cat non demorse.
《Voglio solo guardarla, la prego. Non la sveglieró》
《Sua madre è molto debole, la pozione che le hanno dato era potente》
《Non la farò stancare》
Il medico parve voler aggiungere qualcosa, ma si fermò prima di provarci.
《E va bene, ma per poco. Una mezz'ora al massimo》
《La ringrazio》
Il medico estrasse una tessera di plastica dalla tasca del camice e la infilò in un piccolo lettore, posto al lato della porta. La serratura scattò immediatamente, e la porta si aprì di qualche millimetro.
《Ecco fatto, entri pure. Ma non più di mezz'ora》
《D'accordo》
Cat si voltò per guardare Rebecca, ma la ragazza scosse la testa.
《Non preoccuparti per me, Cat. È giusto che sia solo tu ad entrare》
Cat si sentì piena di riconoscenza, e le sorrise. Becca rispose al suo sorriso, e le fece cenno di andare.
La ragazza annuí e si avvicinó alla porta; spinse in basso la maniglia ed entró, socchiudendo la porta alle sue spalle.
Prima di voltarsi, Cat guardò il medico al di là del vetro; il dottore annuí quasi impercettibilmente e la ragazza abbassò la tenda in plastica.
Preferiva essere sola con lei.
Sua madre dormiva sotto le lenzuola candide; i capelli color ebano erano sciolti sul cuscino, scendendo in due lunghe ciocche ai lati del volto. Il petto si alzava e si abbassava lievemente, ed il suo respiro era silenzioso.
Cat si sedette su una sedia accanto al letto, cercando di evitare il benché minimo rumore.
Il ticchettio degli strumenti accanto al letto erano l'unico suono in quella stanza e, nonostante la tapparella della finestra che dava sul corridoio fosse abbassata, sentiva di essere osservata e giudicata.
Le prese una mano, e fu piacevolmente sollevata nel sentire che era calda, morbida come la ricordava.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma era troppo impegnata a stringere la mano di sua madre per preoccuparsi di asciugarla. La piccola goccia salata tracció accuratamente il profilo della sua guancia, pizzicandole piacevolmente l'epidermide prima di scivolare sul dorso della mano.
Proprio in quel momento, due dita le sfiorarono la guancia, quel sottile percorso bagnato.
Cat alzò lo sguardo e incontrò i dolci occhi di sua madre.
《Mamma...》sussurrò, incredula.
Sua madre le sorrise, sfiorandole i capelli.
《Sei cresciuta così tanto...sei una donna ormai》
Cat era sull'orlo delle lacrime.
《Mi sei mancata tantissimo》
《Anche tu, tesoro. E tuo padre, certo》
La ragazza ebbe un tremito e lasciò improvvisamente la mano di sua madre. Cosa accadeva? Non le aveva mai detto che suo padre le mancasse.
Per la verità, non ne avevano mai parlato.
Cat non aveva alcun ricordo di lui, nemmeno uno sprazzo del suo sorriso.
Quando era piccola, sua madre non le aveva mai parlato di lui in alcun modo, evitando sempre l'argomento quando le sue domande si facevano insistenti.
Alludeva unicamente ad un incidente, senza menzionare alcun dettaglio in proposito e senza rispondere chiaramente ai dubbi che aveva lei.
《Tuo padre era una persona coraggiosa, Cat. Ti voleva davvero bene, e mai avrebbe fatto qualcosa per ferirti. Non ti ha potuta crescere, e fidati che lo avrebbe voluto più di ogni altra cosa. Avrebbe voluto vederti diventare la splendida ragazza che sei oggi》le disse il giorno in cui aveva compiuto undici anni.
E Cat si era sempre accontentata, non aveva mai provato ad indagare dietro alle parole di sua madre, accettando ogni cosa che le veniva detta con scrupolosa abnegazione a quel dovere silenzioso: onorare sempre la memoria del suo adorato e defunto padre.
Perché così era, defunto e glorioso, ma pur sempre defunto.
E assolutamente perfetto, inattaccabile nella silenziosa staticità della morte.
Ma mai aveva udito sua madre alludere a quella mancanza, mai implorare la sua presenza impossibile, mai piangere per quella insostituibile assenza.
Mai.
E invece, in quel momento, alludeva proprio a lui.
《Ti...ti manca papà?》balbettó lei, sorpresa. Sua madre la guardò come se la vedesse per la prima volta.
《Certo che mi manca. A quest'ora dovrebbe già essere già a casa, no?》
《A...a casa?》
Cat era sempre più confusa. Sua madre ridacchió, mettendosi una mano davanti alle labbra, come se fosse proibito ridere nel Reparto Emergenze del Palazzo del Consiglio dei Creatori.
《Ma certo, sciocchina! E dove sennò? Oh, sarà così bello...prepareró il pollo arrosto che vi piace tanto, con contorno di insalata e patate! Dovremmo festeggiare le mie dimissioni dall'ospedale, non credi?》
Cat stentava a credere a ciò che stava ascoltando. Era tutto completamente privo di senso.
《Mamma...ti senti bene?》chiese, preoccupata, osservando attentamente il viso di sua madre. Nancy Shelbourd alzò un sopracciglio, dubbiosa.
《Certo, che domande. Sto benissimo》
Il tono tranquillo ma allo stesso tempo leggermente severo tipico di sua madre la tranquillizzó un poco; forse, i deliri di pochi secondi prima erano dovuti alle medicine.
Poi, sua madre parlò di nuovo.
《Hai provveduto a finire i compiti? La signorina Hendel vorrà controllarli》
Se sua madre fosse balzata fuori dal letto e avesse fatto una capriola, Cat si sarebbe sorpresa di meno.
La signorina Hendel era la sua insegnante in terza elementare.
《Mamma, io...credo di dover andare》sussurrò, alzandosi improvvisamente. Aveva le gambe talmente rigide da renderle quasi impossibile camminare.
Sua madre lasciò la presa sulla sua mano e le sorrise.
《D'accordo tesoro. Prepara le tue cose, la mamma chiederà immediatamente al dottore di portarle i documenti di dimissione. È tempo di tornare a casa》
Cat si sforzó di sorridere, ma i muscoli del viso erano talmente contratti da piegarle la bocca in un ghigno nervoso, poco simile alla felicità.
《A dopo, mamma. Cerca di riposare》
In qualche modo, le gambe di Cat riuscirono a sorreggerla fino alla porta, permettendole di uscire dalla stanza e richiuderla dietro di sé.
Prima di voltarsi di nuovo, notò che aveva lasciato la tapparella abbassata.
Tanto meglio.
Non desiderava affatto vedere il viso di sua madre.
Il taglio sulla mano stava guarendo velocemente, ma era ancora costretto a tenerlo bendato.
Sua sorella, invece, era costretta a tenere ferma la gamba ferita, e poteva utilizzare unicamente la sedia a rotelle per spostarsi. Il medico le aveva detto di rimanere assolutamente immobile per almeno due settimane.
Ma Rebecca non pareva soffrirne particolarmente; era sdraiata sul letto, la gamba sollevata e con in mano una rivista, a leggere e sgranocchiare cracker di riso.
Ashton, seduto accanto a lei, intrecciava silenziosamente un pezzetto di corda che aveva trovato sotto il letto, stringendo e sciogliendo nodi sempre più complicati.
I fratelli Bate erano in silenzio da almeno mezz'ora, incapaci di scambiarsi la benché minima parola.
Misty era corsa di nuovo a cercare Westerline Darren, tentando di carpire informazioni ai suoi collaboratori che impedivano di poterla incontrare.
Quanto a Cat, lei era andata a trovare sua madre, ricoverata proprio nel Reparto Emergenze.
Era passato quasi un mese dal giorno dell'aggressione, e finalmente Nancy Shelbourd si era risvegliata; forse avrebbe potuto dare un significativo aiuto alle indagini sulla cosiddetta Società Mortale e Argor, il presunto mandante dell'aggressione.
Per il momento, però, Ashton non si faceva illusioni; l'attacco al Castello Rosso era stato qualcosa di terribile e inimmaginabile, qualcosa sul quale non si poteva affatto chiudere un occhio e dimenticare.
Qualcosa che richiedeva l'impegno di ogni Creatore.
E per quale motivo il Capo del Consiglio non voleva riceverli? Aveva forse altro da fare?
《Chi può essere stato ad ordinare l'attacco?》domandò Ashton, senza tuttavia aspettarsi una risposta. Sua sorella restò in silenzio, gli occhi azzurri persi nel vuoto.
Chiuse di scatto la rivista e accartocció il pacchetto vuoto dei crackers, producendo un rumore quasi estraneo alle orecchie di Ash.
《Io...non ne ho idea. Nessuno sa niente, nessuno ha visto niente...
Siamo circondati da persone ignare》
《Siamo circondati da bugiardi, allora》
Becca lo guardò, incredula.
《Credi che ci stiano mentendo?》
Ashton si tenne il viso tra le mani, scuotendo la testa.
《Non so più cosa pensare》
《Se solo riuscissimo a incontrare Westerline Darren, forse sarebbe più facile. Non può continuare a rifiutarci》rispose lei, furiosa.
Ancora nessun segno da parte del Capo del Consiglio, niente di niente.
E niente neppure di Jason.
Da quanto aveva capito, Jason aveva seguito Rebecca al Palazzo del Consiglio, ma aveva anche partecipato alla battaglia ed era rimasto gravemente ferito.
Di lui non sapevano niente, esattamente come il Capo del Consiglio.
《Spero solamente che Jason sia rimasto con la signora Darren... Magari lo ha affidato ai suoi dottori migliori e al momento sarebbe pericoloso spostarlo》suggerì, senza sapere più cos' altro dire. Rebecca scosse la testa, senza alzare gli occhi dal copriletto.
《E perché non avvertirci, allora? Perché lasciarci nell'inquietudine? No, tutto questo non è normale》
La ragazza si prese la testa fra le mani, disperata.
Ashton non sapeva assolutamente come consolarla; sapeva bene quanto fosse strana tutta quella situazione, ma sapeva anche quanto fossero in difficoltà.
Al momento, erano tutti nella più completa incertezza.
Ashton si alzò e si diresse verso la porta.
《Dove stai andando?》chiese Rebecca, sorpresa.
《Vado a cercare Misty, o qualcuno che possa aiutarci》rispose, appoggiando la mano sulla maniglia. Sua sorella annuì, abbassando lo sguardo sulle pieghe del lenzuolo.
《Sta attento e non fare sciocchezze》
Il baluginio dorato della pietra al collo di Becca lo colpì, e per un secondo Ashton si fermò.
《Tutto ok?》chiese sua sorella, preoccupata.
Il ragazzo scosse la testa, come risvegliato da un sonno improvviso.
《Sì, tutto ok. Ora vado》
Senza dire altro, Ashton aprì la porta e uscì in corridoio.
Le lunghe panche di legno che occupavano un lato della corsia erano praticamente vuote, ad eccezione di un giovane Creatore immobile, un braccio fasciato appeso al collo e un panino in mano. Il ragazzo attraversò il corridoio, evitando medici e infermieri indaffarati.
Una grassa infermiera, che spingeva un grosso carrello ricolmo di bottiglie in vetro e asciugamani puliti, gli venne incontro velocemente, e lui dovette spostarsi all'ultimo secondo per evitarla.
Nel farlo, però, non riuscì ad evitare una figura che correva nella direzione opposta.
Lo scontro fu talmente forte da farlo barcollare; reggendosi al muro all'ultimo secondo evitó di cadere.
La figura che lo aveva colpito, invece, non ebbe fortuna e cadde per terra con un tonfo.
《Mi scusi, io...》Ashton, di nuovo in piedi, aveva offerto il braccio alla persona a terra, borbottando qualche parola di scusa.
La persona che aveva praticamente gettato a terra alzò lo sguardo, e Ashton trasalí immediatamente.
《Cat?》
Il battito del suo cuore, quasi dimenticato per ore, riprese uno straordinario vigore.
La ragazza dai capelli neri si rialzó da sola, sorridendo.
《Credo che dovresti imparare a guardare dove vai, no?》disse scherzosamente, lisciando le pieghe della gonna a scacchi che indossava.
《Mi dispiace tantissimo. Ti sei fatta male?》chiese, preoccupato. Cat scosse la testa.
《No, non preoccuparti. Tu piuttosto, tutto bene?》
《Sì, tutto bene》
La ragazza lo guardò attentamente, e Ashton sentì uno strano calore all'altezza del petto, qualcosa che minacciava di irradiarsi fino alle guance e alla punta dei capelli.
《Andiamo a sederci lì. È molto tempo che non parliamo》propose Cat, indicandogli una delle panche vuote.
Ashton annuí, seguendola in silenzio e cercando di rallentare il ritmo frenetico del suo cuore.
Succedeva ogni volta che la guardava, e non era d'aiuto il fatto che, l'ultima volta in cui erano rimasti soli, si fossero baciati.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, e per un po' non fecero altro che osservare l'andirivieni degli inservienti, in silenzio.
Ashton la guardò di sottecchi, e notò le sue mani bianche, strette in grembo nel tentativo di bloccarne il tremito.
《Cat, sei sicura che vada tutto bene?》chiese, preoccupato. La ragazza si voltò e gli sorrise nervosamente, scuotendo vigorosamente la testa.
《Non preoccuparti, sto benissimo! Tu, invece? Cosa è accaduto di preciso a Vancouver?》
Ashton, evitando di preoccuparla più del dovuto, le raccontò della Creatura che era piombata alla villa, e di come lui e Misty l'avessero uccisa.
Durante tutto il suo discorso, Cat rimase in silenzio, assorta, osservando attentamente le sue labbra come se vi vedesse scritte le parole che pronunciava e dovesse seguirle tutte, per non perdere nessuna informazione.
Quando terminò di parlare, Ashton non seppe cosa chiederle; sarebbe stato incredibilmente stupido chiederle della battaglia, no?
Era quasi morta, in grave pericolo insieme a migliaia di Creature in attacco, ed era un vero miracolo che ne fosse uscita praticamente indenne.
《Come va all'addestramento?》decise di chiederle.
《Bene, sta andando bene. O perlomeno, andava bene finché non ci sono piombate addosso centinaia di Creature》
Ashton avrebbe voluto mordersi la lingua per quella domanda.
《Mi dispiace averti chiesto queste cose. Sono un'idiota...》borbottó, mortificato.
Fece per andarsene, ma la mano di Cat si strinse attorno al suo braccio.
《No, non è colpa tua. Niente di ciò che è successo è stato a causa tua. Non dovevo risponderti così, mi dispiace tantissimo. Ma resta, ti prego》supplicó, con voce rotta.
Gli occhi scintillanti di Cat e la sua stretta furono abbastanza da indurre Ashton a sedersi di nuovo.
《Sono scossa da quanto è accaduto, terribilmente scossa. Da quando sono venuta qui non riesco a trovare pace. Ho cercato Westerline Darren dappertutto, e nessuno che mi dica dove sia》
《Anche noi la stiamo cercando》disse Ashton.
《Abbiamo chiesto di lei centinaia di volte, ma i suoi collaboratori non permettono di incontrarla》
《È per Jason...》sussurrò Cat, lasciando la presa sul braccio di lui. Ashton sobbalzó, incredulo.
《Jason?》
Cat alzò gli occhi su di lui e annuí.
《Sono stata io a salvarlo. Gli ho promesso che lo avrei accompagnato qui》
La sorpresa per Ashton fu tale che il ragazzo per un attimo non udì altro che il suo cuore.
《Io...non lo sapevo...》riuscì miseramente a balbettare.
Cat parve dispiaciuta per la sua reazione, ma non disse niente, limitandosi a distogliere lo sguardo.
Ashton provò a rimediare, ricacciando indietro lo spaventoso blocco che aveva in gola.
《Dovresti esserne orgogliosa. Immagino che non debba essere stato facile》
《Già. Ho fatto tutto d'istinto, e sono stata anche imprudente. Avrei potuto rimetterci la vita, ora me ne rendo conto. Ma basta, è inutile pensarci ora》rispose, scrollando le spalle.
Ashton la guardó attentamente, indagando i suoi occhi e la sua espressione.
C'era qualcosa, oltre quegli occhi, che lui non riusciva ad afferrare.
Una sorta di dolore silenzioso, qualcosa di nuovo in lei.
《Sei riuscita ad incontrare tua madre? Rebecca mi aveva accennato al fatto che oggi avresti provato a vederla》chiese.
Cat sobbalzó e distolse lo sguardo.
《Sì... L'ho incontrata, anche se non è stato proprio come lo immaginavo》sussurrò, quasi impercettibilmente. Ashton le sfiorò la mano destra, stringendola. Lei non lo respinse, limitandosi a voltare la testa.
《Cosa è successo? Sai che puoi fidarti di me, puoi dirmi tutto ciò che vuoi》le disse, con la segreta speranza di contare davvero qualcosa.
《Non preoccuparti, non è niente di grave. Immagino fosse dovuto ai farmaci》
《Cosa?》
《Ha vaneggiato. Parlava di mio padre come se fosse ancora vivo, e di me come una bambina》disse, tornando a guardarlo negli occhi.
《Cosa intendi?》
Cat restò in silenzio per un istante prima di rispondere.
《Mi ha detto di andare a fare i compiti. Ha nominato la mia maestra delle elementari》
Ashton era così sorpreso da non sapere cosa rispondere. Cat si accorse della sua incertezza, e strinse la sua mano.
《Non preoccuparti, so che non è normale. Dovrò parlarne al suo medico, ma non volevo fare altro che andarmene. È terribile, non è vero?》
《Terribile che stia così?》
《Terribile che io non voglia starle accanto. La sento così lontana, estranea. Non è mia madre, anche se so benissimo che lo è》
《Cat...》
Ashton provò a guardarla, ma lei seppellí il viso dietro le mani, in lacrime.
《Sono orribile. Non riesco nemmeno a sostenere mia mamma, non riesco a sopportare che non sia più come era prima. Credevo di essere forte, ma in realtà sono debole. Debole e orribile》
Ashton non poteva sopportare di vederla in quel modo.
L'abbracció, ma Cat lo respinse, senza togliere le mani dal volto.
Il ragazzo insistette e, delicatamente, riuscì a toglierle le mani dal viso.
La strinse forte a sé, in silenzio, lasciando che si sfogasse.
《Non sei debole, e non sei orribile. Sei semplicemente spaventata. Non te lo aspettavi, nessuno avrebbe potuto aspettarselo. E hai reagito di conseguenza》
Cat non rispose, limitandosi a respingere con forza i singhiozzi. Si staccò da Ashton e prese un grande respiro, asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani.
《Grazie, Ash. Mi dispiace per tutto...》
《Non devi dispiacerti per niente Cat》rispose lui, senza esitazione.
Lei si limitò ad annuire debolmente, come se ci credesse poco.
Restarono ancora lì, le mani strettamente unite, seduti su una panca vuota.
Ashton avrebbe voluto dirle tantissime cose, ma aveva la sensazione che lei le conoscesse tutte senza bisogno di parole.
Tutto ciò che voleva dirle, però, era racchiuso in un unica frase.
《Mi dispiace non esserti venuto a salutare. Ma era troppo, dopo quello che è successo. Non potevo sopportare di non vederti più.
Sarebbe stato meglio lasciarti andare in silenzio》
Cat, per un istante, riuscì a sorridere di nuovo; un sorriso sincero, aperto.
《Non sono arrabbiata con te, e comprendo le tue ragioni. Ormai non ha importanza, sono qui e tu sei qui》
《Mi sei mancata》riuscì a dire.
《Anche tu mi sei mancato》
I loro baci erano chiari nella sua memoria come se glieli avesse dati solo un giorno prima.
Il suo respiro, il suo cuore martellante contro il proprio, le sue labbra morbide.
Ogni cosa era limpida e trasparente, ogni gesto e ogni pensiero sepolto sotto ore e minuti di assenza.
Non voleva rovinare tutto quello che c'era stato.
Stava per dirle altro, quando notò che Cat aveva voltato la testa, e che la sua attenzione era stata catturata da qualcos'altro.
Ashton la imitó, guardando nella sua stessa direzione.
In fondo al corridoio, in lontananza, stava arrivando una persona.
Una ragazza.
《È Misty...》sussurrò Cat, alzandosi in piedi.
《È tornata》disse Ashton.
Cat alzò il braccio, facendole segno di avvicinarsi. Misty la notò e corse verso di loro.
Aveva lo sguardo perso, i capelli spettinati e il fiatone, come se avesse corso per l'intero Reparto Emergenze.
《Misty...cosa è successo?》chiese Cat, stringendo l'amica.
《Sei riuscita a parlare con la signora Darren?》aggiunse Ashton, curioso. Misty si staccò da lei e scosse la testa.
《Ancora non vuole vedere nessuno? 》chiese, esasperato.
《Non...non è che non vuole. Lei...lei non può...》si sforzó di dire Misty, cercando di riprendere fiato, le mani sulle ginocchia piegate.
《Non può?》esclamarono all'unisono i due, sospesi.
Misty li ignoró e si sedette sulla panca, respirando profondamente.
《Non può perché non è qui. Non ci è mai arrivata》
Ashton e Cat si guardarono, esterrefatti.
《E Jason, allora? Nessuno sa niente di lui?》chiese lui.
《Nessuno di loro due è qui. Sono scomparsi nel nulla》
Cat si lasciò cadere sulla sedia, accanto all'amica, in silenzio.
Per quella volta, nemmeno Ashton sapeva cosa dire.
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