Capitolo otto: Ego
Un silenzio pungente calò nella stanza. Si potevano sentire in lontananza le urla allegre dei bambini che giocavano nella campagna, così diverse rispetto alle grida dei ragazzini affamati che popolavano le strade affollate di Mimica. Nel corridoio risuonava allegra la risata di Menasse che discuteva gioisamente con Cassandra dall'altro lato della casa. Il rumore della candela che lentamente crepitava però faceva da padrona in quel confronto iniquo. La fiamma lentamente bruciava lo stoppino che la teneva in vita, allagando di sangue bianco la scrivania disordinata, in una romantica e alquanto banale metafora dell'autodistruzione.
Innania era rimasta immobile, ferma in quel momento rubato alle Perche, con gli occhi sbarrati e i pugni serrati. Non provava nulla, né rabbia né dolore, soltanto il vuoto causato dallo shock. Supplicava Belial con lo sguardo, lo pregava di rimangiarsi quelle parole, giurava silenziosamente di credere a qualsiasi bugia e di reggere il gioco a qualsiasi fandonia, bastava che egli le desse la possibilità di vivere nuovamente nella dolce menzogna. Ma l'uomo si mordeva il labbro con aria colpevole, mentre versava il vino in un calice dorato.
《Perchè?》chiese atona la donna in un sussurro, guardando l'alcol precipitare dentro il recipiente, formando una rossa cascata
《Vede, gli Alastoriani sono come bambini viziati che chiedono sempre il bis di ogni dolce che ottengono》 nella voce dell'uomo risuonava un dolore profondo, un sincero pentimento che si rispecchiava in quegli occhi dello stesso colore di un fiore velenoso che Lucas coltivava nel giardinetto della loro casa, l'Aconito Napello 《Questa è una storia molto lunga, che risale ad un centinaio di anni fa. Quando Mimica venne costruita in quello che oggi è chiamato Il Grande Deserto, ma che un tempo era denominato Europa, gli abitanti del cielo stipularono un patto con la vostra gente, dove, in parole spicciole, entrambe le parti giuravano di non intromettersi negli affari dell'altro popolo. Ovviamente questo accordo procurava danni solo ed esclusivamente ai Mimicani, lasciati a morire in una terra arida, ma l'alternativa a quel contratto era il vostro sterminio. Le cose però cambiarono quando furono istituite le prime macellerie di esseri umani》inziò a raccontare il più anziano, porgendo cortesemente il vino alla mora. La sua mano tremava leggermente e ancora non riusciva a guardare la ragazza in volto. Era la prima volta che Leroux vedeva un Alastoriano coperto di vergogna, ma ella, ancora in stato di trance, non riuscì a godere di quella rara vista.
《I miei antenati trovarono un modo per trarre dalla vostra disperazione la possibilità di arricchirsi. Istituirono la Lotteria spacciandola per un gesto di carità, ma questa non era altro se non il simbolo della loro crudeltà. Ogni anno mandavano, o meglio, mandano, un inflitrato a Mimica, spesso persone povere desiderose di ottenere un compenso monetario, in modo che poi esso possa fingersi il fortunato vincitore. Qualche volta scelgono cittadini della terra già ricchi e che, in un modo o nell'altro, sarebbero comunque riusciti ad entrare nella città sospesa, ma i poveri non hanno mai avuto nemmeno una chance. La Lotteria è sempre stata truccata, fin dalla sua nascita. Non è mai stato, ripeto, il simbolo della nostra compassione, ma quello del nostro egoismo》 continuò mentre la sua voce si incrinava leggermente. Le gote rosse per l'imbarazzo spiccavano in quel viso gelido come una rosa tra la neve. 《La carne ricavata successivamente viene rivenduta a voi Mimicani, ma da macellerie Alastoriane, che ne abbassano il prezzo. Così da distruggere la vostra fragile economia, ma cosa più importante, arricchire la nostra. Questo è quanto》finì chinando il capo.
Innania fino a quel momento aveva ascoltato la storia senza fiatare, accumulando quelle informazioni come un robot privo di sentimenti o autonomia, ma quando Belial chiuse le labbra e calò nuovamente il silenzio, il vuoto fece posto alla rabbia. Il suo corpo inziò a tramare, sentì la mascella irrigidirsi e gli occhi nocciola annegare in un mare di lacrime; strinse i pugni così tanto da graffiare la pelle con le unghie e l'unico rumore che le sue orecchie riuscivano a percepire non era altro se non il battito furioso del suo cuore. Sbattè con rabbia le mani macchiate di scarlatto sulla scrivania, facendo quasi cadere dalla sedia il povero Belial, che si mosse istintivamente all'indietro a causa dello spavento.
《Lei lo sa cosa sono le schiave da macello?》domandò la mora in un sussurrò continuando a fissare l'uomo negli occhi. Non attese una risposta e continuò quel discorso segnato dalla folle rabbia《Sono donne provenienti da famiglie troppo povere per accudirle e che, per questa ragione, vengono vendute da neonate ai macellai. Il loro scopo è quello di partorire bambini, infanti che poi non potranno nemmeno vedere e che finiranno per essere macellati e dati in pasto a qualche persona così disperata da mangiare un braccio putrefatto. E quelle povere ragazze a undici anni, dopo essere state violentate, assistono all'omicidio delle loro creature. Sono denutrite e sporche, schiave di quella vita dura di cui non hanno controllo. Non posso uscire dalla macelleria se non per fare un giro in catene, trattate come cani. Le più fortunate muoiono dando alla luce il loro primo bambino, quelle sfortunate arrivano fino all'età adulta. Quando diventano inutilizzabili vengono poi vendute al primo bordello disponibile per pochi spicci, poichè sono carne da buttare. Non si possono nemmeno trasformare in bistecche, questo perchè spesso sono malate e il loro corpo non varebbe il prezzo della pallottola usata per sopprimerle. La prima volta che ne vidi una avevo otto anni, lei dodici. Mangiava un tozzo di pane fuori dalla macelleria a cui apparteneva, legata da così tante catene da sembrare qualcosa di più prezioso di quello che in realtà era. A quel tempo badavo ai bambini del proprietario della falegnameria dietro casa mia. Il volto scarno di quella ragazzina mi impietosì, così decisi di regalarle un pezzo del mio pranzo. E così feci per due mesi interi. Ma un giorno quella bambina scomparve, il suo padrone mi raccontò che la sfortunata era stata uccisa da una malattia sessualmente trasmissibile. Il suo corpo fu tagliato a fette e venduto. Il proprietario mi offrì una coscia in segno di condoglianze, la presi e quello fu la cena della domenica. Perchè da noi questo è l'unico funerale degno di nota, venendo mangiati possiamo continuare ad esistere almeno in parte. È un segno di rispetto, perchè non possediamo altro se non una bocca affamata con cui soddisfare i morti》disse con la voce smorzata mentre calde lacrime le bagnavano il volto ricoperto da ciccatrici, più simile a quello di una bestia che a quello di una donna. Fissò furente l'uomo per cui prima provava tanta stima
《QUELLE PERSONE CONTINUANO A VIVERE SPERANDO SOLO DI PESCARE IL BIGLIETTO VINCENTE, SOPRAVVIVONO AGGRAPPANDOSI ALLA SPERANZA DI ESSERE SALVATI. COME FA LEI ORA A DIRMI CHE TUTTA QUELLA GENTE CONTINUA AD ESISTERE PER NULLA? CHE I LORO SOGNI NON VERRANNO MAI REALIZZATI? IL MIO POPOLO SI ALZA OGNI GIORNO E VA A DORMIRE OGNI NOTTE, CONTINUANDO A RESPIRARE, PER COSA? SOLO PER IL VOSTRO EGOISMO! PERCHÈ IO SÌ E LORO NO...》sbraitò con una foga che non pensava nemmeno di avere. Non riusciva più a pensare razionalmente, la rabbia aveva preso il sopravvento su di lei. Il suo volto si era lentamente trasformato in un ghigno bestiale. Gli occhi iniettati di sangue continuavano a fissare il politico che aveva suscitato in lei cotanta ira. Dalla bocca sottile fuoriusciva un rivolo di bava animalesca, come un cane rabbioso che mostrava i denti e inarcava la schiena. Belial tremava su se stesso, rannicchiato sulla sua poltrona, singhiozzando silenziosamente senza pronunciare una parola in sua difesa. Alzò poi lentamente la testa, svelando alla giovane limpide lacrime di vergogna e compassione. Il suo sguardo fino ad allora così vuoto si tinse nuovamente di mille colori. Le pupille violacee brillavano di illustre pietà. In quei fragili occhi la mora riuscì a specchiarsi, vide il suo riflesso nell'iride scura dell'uomo. Era un mostro che osava riferirsi con rabbia ad un essere superiore a lei. In quel momento prese coscienza di sé stessa e del modo in cui si era appena mostrata agli occhi dell'albino.
Inannia indietreggiò lentamente, mentre la rabbia furente lasciava il posto ad un vuoto dolore. Le grida si tramutarono in tremiti, strinse le braccia abbassando lo sguardo e la testa, come una credente che china il capo davanti al suo dio. Si rese conto del peso delle parole appena pronunciate, quelle stesse parole che la sua mente continuava a ripetere come un mantra.
《Perchè proprio io?》sussurrò lentamente. Il suo tono era improvvisamente mutato, ora assomigliava al vagito di un neonato, che spaventato da un mondo sconosciuto chiamava la madre usando gemiti sconnessi. Belial si alzò con calma, porgendole educatamente un fazzoletto di carta, nonostante lui ne avesse più bisogno
《Io non fingerò di sapere le crudeltà che lei ha vissuto, perchè non è così. Non mentirò perchè lei si possa fidare più facilmente, non lo riterrei corretto nei suoi confronti, io non conosco la cattiveria umana di cui lei mi parla. Ma la prego, lei mi deve credere, è da una vita che combatto contro queste ingiustizie. Ho passato tutta la mia esistenza a lottare, però tutti i miei sforzi si sono rivelati vani. Sto perdendo lentamente la fiducia dei miei concittadini, nessuno è disposto a mettere a rischio tutto questo per aiutarvi. Per quanto io tenti di vincere la battaglia finsico sempre per venire distrutto. Mi ero quasi arreso...》fece una lunga pausa nella quale si avvicinò con estrema cautela alla ragazza. I suoi occhi continuavano a brillare di una luce strana, una gioia malsana e fittizia, un sentimento che Innania non aveva mai scorto nello sguardo di nessun Mimicano. L'uomo le afferrò delicatamente le spalle, sorridendo in un modo quasi paterno e affettuoso. Il suo corpo era così freddo da sembrare ghiaccio, ma la sua presenza incombeva sulla giovane come un falco che volava veloce verso la sua preda.
《Ma con te...》il suo tono affranto si trasformò in una preghiera 《insieme possiamo cambiare le cose. Dimostriamo agli Alastoriani che siete persone normali. Se tu ti integrassi nella società, loro capirebbero che siete esattamente come noi. Aiutami ad aiutarvi. So che ora non mi credi, fai bene, nemmeno io lo farei al posto tuo, ma pensaci, ora hai la possibilità di cambiare le cose. Sei stata benedetta da Dio, come hai intenzione di usare questo dono?》sussurrò Belial facendo correre la mano lungo il braccio destro della giovane. Ella rimase incanta da quelle parole e dall'arguzia di quello scaltro oratore. L'intreccio intelligente di quelle frasi vuote di significato e prove avevano gonfiato l'ego, fino ad allora sconosciuto, della mora. L'albino, come lo scaltro politico il quale era, riuscì a vedere l'ombra del cedimento nello sguardo stanco di Leroux, così giocò la sua ultima carta.
Si posò con poca grazia a terra, appoggiando un ginocchio sul pavimento sporco e sollevando l'altro. Abbassò la testa e baciò il palmo della giovane con fare umile. Sporcandosi di polvere l'uomo si mostrò fragile in un falso inchino, facendosi servo sotto una donna che fino ad allora era stata tratta come un animale privo di intelletto o onore.
《Non ho parole per descrivere il mio dispiacere, non posso dimostrare la mia innocenza e non voglio nemmeno farlo. Ma si fidi di me quando le dico che nulla mi è più a cuore di Mimica. Lo ha sentito anche lei, ha udito di me nei bassifondi della terra, mi vuole forse far credere che tutte quelle voci non avevano alcun fondamento? Lei è una ragazza sveglia, so che compirà la scelta migliore》concluse ancora prostrato ai suoi piedi.
Una strana sensazione di calore invase il petto di Innania. Sentiva il potere scorrere dentro di lei come sangue nelle vene, una forza primordiale fino a quel momento sconosciuta. La voce della ragione le diceva di non fidarsi, di fuggire e allontanarsi da quell'uomo poco affidabile, ma l'orgoglio, quella sensazione di dignità fino ad allora sconosciuta, la pregava di rimanere. Era così bello essere trattata come una persona, che la dannata cadde così nella sua trappola mortale
《Si alzi, la prego》annunciò con finta umiltà arrossendo come una scolaretta. Calò per qualche secondo un silenzio tombale, ma anche esso previsto dal complesso gioco mentale ideato dal maggiore.
《Da adesso in poi lavoreremo insieme》 sussurrò incerta delle sue stesse parole l'ex abitante della terra《Per Mimica》aggiunse con fierezza. L'uomo sorrise in un modo tetro e sinistro, mostrando un ombra oscura su quel volto candido, qualcosa di meschino e cinico, così lontano dall'uomo che fino a poco tempo prima la minore aveva conosciuto. L'albino si alzò con eleganza, afferrando con la mano sinistra il calice di vino e alzandolo al cielo onnipotente
《A Mimica》ripetè
//Angolo autrice:
Questo capitolo è uscito molto presto rispetto al previsto, sono fiera di me stessa. Questa parte, essendo molto dialogata, per me è stata una sfida (faccio MOLTO schifo nei dialoghi), ditemi se vi è piaciuto come capitolo. Sono riuscita a manipolare bene quella povera crista di innania? Ditemi tutto qui che sono molto curiosa di vedere i risultati di questo esperimentopolo
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