Senza paura
La luce tenue dell'alba cominciò a rischiarare la stanza. Ero già sveglio e il raggio di sole che si insinuò tra le fessure delle imposte mi convinse ad alzarmi dal letto. Andai alla finestra per vedere il mare che, piano piano, si tingeva di colore. Ogni volta che ammiravo quello spettacolo, era come se fosse la prima volta. Tornai sul letto. Appoggiai la schiena alla spalliera morbida e mi voltai verso di lei. Dormiva ancora, girata dalla mia parte. Percorsi con lo sguardo la linea della sua schiena nuda che alzandomi avevo scoperto, senza volerlo, fino alla natica. Illuminata dalla luce che filtrava dalla finestra, era semplicemente meravigliosa.
Quel giorno, tutta Liberia avrebbe celebrato l'anniversario della fine dell'invasione Oros. La fine della guerra e l'inizio della nostra nuova storia. La vita nella nostra isola era cambiata così tanto, da far sembrare i ricordi di un anno prima appartenenti a un passato molto lontano. Ricordi che, poco a poco, si fecero spazio nella mia mente...
L'impeto con cui l'orda Oros irruppe tra le mura, spinse la Regina a indossare la sua vecchia armatura e scendere nel campo di battaglia. Cercai di dissuaderla in ogni modo, ma fu irremovibile: voleva combattere al fianco del suo popolo. Assecondai il suo desiderio, con la promessa di proteggerla a ogni costo. Ci tuffammo entrambi nel cuore della battaglia che impazzava nella città bassa. Spalle contro spalle, nei nostri occhi la determinazione di chi sa che ogni movimento è importante per rimanere in vita. La mia spada mulinava inesorabile e la sua arma elettrica dispensava scariche a non finire, contro chi voleva prendersi la nostra isola. Arti mutilati, spruzzi di sangue, soldati in preda alle convulsioni. Grida che non potevamo permetterci di ascoltare. Persi il conto di quanti Oros mutilai o uccisi. Morte e disperazione in ogni direzione: lo scenario delle battaglie era sempre lo stesso, ovunque. Poi, una scena che non dimenticherò mai: vidi la piccola Violet che, non so come, correva in mezzo a quell'inferno e stava per essere colpita da un fendente. D'istinto presi il pugnale per lanciarlo contro l'aggressore, ma per quanto avessi potuto essere rapido, non sarei mai riuscito a intervenire in tempo. Ormai in preda allo sgomento, vidi una donna Oros che si gettò su di lei facendole scudo con il suo corpo. Non credevo ai miei occhi. In quello stesso istante fu come se qualcuno volle donarci una tregua: il tempo sembrò rallentare e tutti i rumori e le grida cessarono improvvisamente. Quanto bastò per farci rendere conto di cosa stavamo facendo. Geneviève mi guardò negli occhi. Riuscivo a sentire il dolore che le feriva il cuore, come non avevo mai provato. "Mordecai, io non voglio tutto questo!" Una lacrima le rigò la guancia sporca di sangue. "Si può cambiare. Si può convivere." aggiunse. Quelle parole, che in altri frangenti mi sarebbero sembrate pura follia, mi parvero la cosa più sensata che avessi mai sentito. Le guerre erano la mia vita, ma non avevo mai visto realmente. Sentii il suo animo tornare sereno. "Io ti credo." le dissi. "Io sarò al tuo fianco".
"Come, al mio fianco!" esclamò. Non mi ero accorto che avevo pensato a voce alta. Geneviève era sveglia e mi guardava mimando un'espressione di finto stupore. "No, no!" aggiunse, "Io ti voglio qui con me! Subito!" e mi abbracciò, tirandomi sotto le lenzuola. "Sarà fatto, mia Regina!" le risposi, avvolgendola con le mie braccia.
Geneviève era riuscita in un'impresa che ritenevo impossibile e non pensavo neanche di meritare: aveva superato le mie difese e mi aveva permesso di tornare ad amare. Senza paura.
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