Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 6

~ Luna ~

So con certezza cosa sta facendo. Lui vuole farmi male. Vuole toccare quei fili scoperti dentro di me e fare in modo che io vada in cortocircuito. Ma si sbaglia. Non puoi accendere i sentimenti di chi non ne prova ormai da tempo.
Perché ho smesso. Ho smesso di essere estate, sole, caldo sulla pelle, e ho abbracciato l'inverno che da sempre mi porto dietro come un macigno che non riesco a sganciare.
Allora perché mi ha turbata vederlo allontanarsi insieme a Foxy?
Penso che lui sia come fumo inglobato dentro una stanza barricata. Non c'è un filo d'aria, ti riempie i polmoni e ti soffoca fino a ucciderti. È tossico.
Il cuore prende a palpitare. Un ritmo incessante che va a unirsi alla musica e al caos improvviso dentro la mia testa.
Sto riguardando la scena in una sorta di loop mentale, ma è accaduto solo pochi minuti fa. Prima che me ne accorgessi ogni piano per questa serata si è frantumato. Avrei dovuto seguirlo e chiarire il malinteso.
Inspiro ed espiro lentamente. Circondata dalla folla eppure sola, come una stella sul punto di precipitare e spegnersi, mi guardo intorno e non vedo niente a cui appigliarmi.
Vorrei allontanarmi, ma così farei solo il suo gioco.
C'è qualcosa di sadico e malato in tutto questo. Me ne rendo conto quando Alissa afferra abbastanza forte il mio braccio, poi mette le mani a coppa sul mio viso, riportandomi con la sua voce squillante al presente.
Tutto quello che prima era ovattato, come se fossi dentro una bolla, adesso si fa distinto. La musica, gli odori, ogni altro suono, le luci, tutto mi raggiunge come uno schiaffo.
«Luna, stai bene?», ripete con i suoi occhi vispi, scrutando nei miei con attenzione.
Sfodero il mio sorriso sincero. «Sì, vado a prendere da bere».
Corruga la fronte. «Ti accompagno».
Notando JonD osservarla come un rapace, intuendo che vorrebbe fare qualcosa per attirarla nella trappola, nego. «Penso di riuscire ad arrivare da sola al bancone. A dopo», scappo in direzione del bar massaggiandomi il petto.
Trovo uno sgabello libero, mi ci siedo e attendo che tutti abbiano ordinato e che qualcuno venga da me per servirmi. Non alzo la mano per fare cenno di sbrigarsi o altro, semplicemente prolungo l'agonia. Lo faccio di proposito. Non c'è altro modo per sedare ogni paranoia.
La pista da ballo si sta riempiendo e i ragazzi sembrano tutti su di giri.
Un piattino di mini-panini viene spinto sotto il mio naso. Alzo la testa dalla pietanza e Rosita mi sorride con gentilezza. «Se vuoi bere, fallo a stomaco pieno», mi consiglia. «Prova questi. Se non erro adoravi i pomodorini secchi», facendomi l'occhiolino si allontana.
Nessuno se ne è mai ricordato, eccetto lei. Prima lavorava in un piccolo Diner. Ordinavo quasi sempre un panino al pollo con aggiunta di pomodorini secchi.
Rosita è riuscita ad aprire il suo locale e a scappare da quel posto claustrofobico. Mentre io? Io sono intrappolata, circondata da pareti troppo solide per essere buttate giù. Mi sento come se stessi camminando da tutta la vita in equilibrio instabile su un filo molto sottile e sul punto di spezzarsi.
«Grazie. Però mi servirà qualcosa di forte insieme a questa delizia».
«Arriva subito, tesoro».
Rosita è sempre stata gentile nei miei confronti. Non so dire se per le generose mance o per la sua natura da mamma chioccia.
Mi sarebbe piaciuto avere lei al mio fianco. Invece ho vissuto con una donna che preferisce quando la chiamo per nome, neanche fosse un'estranea.
Anche se provo a distrarmi, ogni mio pensiero continua a correre verso Toren e si sofferma su Foxy. Una bulla allo stato puro. Una persona cattiva e frivola, capace di vendere l'anima al diavolo pur di ottenere quello che vuole.
Lei mi odia per ragioni che non comprendo. Dal modo in cui ha fatto la sua comparsa in spiaggia, ho constatato che non è cambiata molto.
Rosita mi passa un bicchiere colorato con ombrellino, frutta, ghiaccio e un liquido rosso ancora da mescolare. La ringrazio e mi godo la musica, la solitudine, i panini e l'alcol al gusto dolce.

***

Sono all'ultimo sorso del terzo bicchiere quando sento i miei occhi appannarsi e il bisogno di allontanarmi dalla folla.
Lascio una banconota sul ripiano chiazzato d'alcol facendo cenno a Rosita. Lei la prende mettendosela dentro il reggiseno. «Grazie, tesoro. Fa' attenzione là fuori», si sporge per controllare che nessuno mi molesti mentre mi sposto in direzione della spiaggia per fare una lunga passeggiata e poter smaltire l'alcol ormai in circolo.
Non appena sono vicina al parcheggio, separato dalla spiaggia da una breve piazzola e una scalinata in pietra per accedervi, mi rendo conto abbastanza tardi di essermi appena imbattuta in un'accesa discussione tra le uniche due persone che dovrei evitare.
Sono ancora qui?
«Non te lo chiederei...»
«No, non dovresti infatti», replica Tor, arrabbiato. «Credi che sparire e poi farti viva con una scena patetica e da Oscar e una richiesta di salvataggio risolverà tutto? Scordalo! Il problema è il tuo, sbarazzatene. Ma tienimi fuori dalla tua merda».
Foxy si irrigidisce e lo spinge, ma lui non si muove di un centimetro. È solido come una montagna. «Mi stai dicendo di no?»
«Esatto. Vuoi che lo ripeta? La mia risposta è no. Quante cazzo di volte ti ho detto di non farlo perché ti saresti messa nei guai? Quante ti ho chiesto di entrare in un gruppo, di andare a delle fottute riunioni per uscirne? Quante altre di non giocare con il fuoco?», urla. «Quante volte dobbiamo scopare per poi scoprire che non c'è niente tra noi, se non un continuo usarci a vicenda?»
Mi irrigidisco. Non l'ho mai visto così. La sua solita fredda compostezza vacilla.
Quindi quei due stavano insieme?
Ancora una volta vengo assalita da una fitta dritta al petto.
Non dovrebbe importarmi. Anch'io sono stata con dei ragazzi, be', finché è durata e non si sono accorti di quanto io sia rotta e fragile dentro. Che non gli avrei mai dato niente di quello che desideravano.
«Sarà l'ultima volta, promesso», Foxy sbatte le lunghe ciglia coperte dal mascara, unendo le mani come se stesse pregando. «Non posso chiedere a mia madre».
Indossa una canottiera lunga fino alle cosce usata come un vestitino e anfibi ai piedi, nonostante il caldo. Lungo il collo le pendono un paio di collane, ai polsi ha molteplici braccialetti di cuoio, stoffa e argento, ed è truccata pesantemente. Ma rimane lo stesso bella. Bella e pericolosa, ricordo con una smorfia.
«Per favore, Tor. Ti sto solo chiedendo un prestito. Non di ammazzare qualcuno. Perché la fai tanto difficile?»
Lui le si avvicina minaccioso. Adesso sono naso contro naso. Ma Foxy non ha mai avuto paura di niente. Usa a suo vantaggio qualsiasi situazione le si presenti.
«Stammi bene a sentire fottuta tossica del cazzo. Mi devi ancora dei soldi e non te li ho mai chiesti indietro perché sapevo che te li saresti ficcati persino su per il culo. Ma adesso basta! Non mi userai ancora e non ti pagherò come ogni volta dopo avermi succhiato l'uccello!»
Foxy raddrizza le spalle, chiaramente pugnalata dalle sue parole. «Come puoi parlarmi in questo modo? Abbiamo scopato e abbiamo condiviso anni insieme, Tor. E ti è piaciuto! Devi aiutarmi!»
Tor si allontana da lei e allora faccio un passo avanti, credendo che a breve smetteranno e non si accorgeranno di me in questo parcheggio pieno di auto, ma attualmente vuoto perché la folla è concentrata nel locale e in spiaggia.
«Fammi capire, ti do i soldi e poi? Sparisci per qualche altro mese e ti rifai viva per averne ancora, credendo di potermi convincere portandomi a letto? Sono forse diventato una puttana o un bancomat? Cristo, Foxy, fatti curare!»
Lei lo colpisce ancora. Il volto paonazzo. «Da quando sei così stronzo?», strilla. «Da quando non aiuti più nessuno?»
«Da quando sono stato derubato e sono costretto a prendere lavori che non voglio pur di riuscire a mettere da parte quello che serve. Fa' un piacere a tutti, Foxy, vattene. Si sta meglio quando non sei nei paraggi. E per la cronaca: da quando ti ubriachi e ti fai, non scopi neanche bene. Era da un po' che volevo dirtelo».
Foxy scoppia in lacrime. Lo fa talmente bene e con convinzione, da sembrare vero il suo dolore. In realtà è una sociopatica, una manipolatrice.
«Come puoi dirmi una cosa tanto brutta? È per questo che non ci vediamo da settimane e rifiuti le mie chiamate? Io ci tengo a te e tu cosa fai? Calpesti...»
«Smettila di fingere!»
È chiaro che lei non stia ascoltando. Vuole solo il denaro da lui ed è disposta ad ottenerlo usando qualsiasi mezzo.
M'incammino, pronta a non ascoltare oltre questa conversazione ridicola, ma un rumore attira tutti e due e io mi trovo al centro esatto, con i loro occhi puntati addosso.
«Ci mancava la bacchettona adesso!», sbotta Foxy con astio. «A proposito, che ci fa lei qui? Chi l'ha invitata?»
«Come scusa?», non riesco a trattenermi e torno indietro di qualche passo.
Non mi preoccupano le sue reazioni. La conosco. Quando Tor e mio fratello erano ancora amici, lei faceva in modo di stare con loro. Più volte l'ho vista flirtare con Peter. Già da allora non mi piaceva.
Foxy distoglie l'attenzione da Tor e mi guarda dall'alto in basso. Sorride con sdegno. «Ti hanno mai detto che sei la fotocopia sputata di tua madre. Prende ancora gli psicofarmaci per stare al passo con i Maddox? E tu?», ride di fronte alla mia espressione terrea.
«Oh, sei sempre stata così delicata, educata e candida, piccola Miele. Che ci fai qui? Non appartieni al nostro branco! Vattene!», sfoga la sua rabbia su di me. «E smettila di guardare Tor!»
«Foxy!», l'ammonisce quest'ultimo. «Datti una regolata».
Lei lo guarda con furia e una gelosia accecante. La stessa di quella volta in cui mi ha spinta e sono caduta in piscina.
Come se riuscisse a ragionare lucidamente, spalanca gli occhi. Mi indica con la punta ovale dell'unghia coperta da uno strato di smalto nero scorticato. «E lei il lavoro che hai dovuto prendere per non affondare, vero? Te la sbatti per soldi? Sei davvero caduto così in basso? Peter lo sa?», ride istericamente tra le lacrime. Mascara e ombretto le cola lungo le guance ma a lei non sembra importare.
Tor le si avvicina. «Andiamo, hai bisogno di calmarti».
Si divincola da lui. «Perché non mi rispondi? La difendi adesso? D'altronde l'hai sempre fatto. La povera piccola Luna Maddox dagli occhi tristi che ha bisogno di protezione. La ragazzina che non ha amici. La stronza che ti guardava di nascosto. Una volta non ci hai anche minacciati che se le fosse accaduto qualcosa ti saresti incazzato?»
Cosa?
Vedo Tor irrigidirsi. «Stai delirando. Sappiamo tutti che io e lei non abbiamo niente di che spartirci. Poi guardarla, è così disperata e annoiata da non sapere cosa farne della sua vita. Ecco perché si trova qui e non in una meta turistica per gente ricca», mi ferisce.
Toren Connor sta stuzzicando emozioni che non sapevo di potere provare. È uno tsunami. Ti raggiunge e ti trascina nel suo mondo fatto di tenebra.
Anche se comprendo la ragione per la quale l'ha appena fatto, mi sento colpita a morte lo stesso.
«Sempre meglio che inseguire una tossica del cazzo e senza speranze che ti farà cadere a picco un'altra volta. E per cosa poi, per un pompino? Guardala, che pena!», le parole sfuggono incontrollate, digrigno i denti e indico di rimando Foxy.
«Continua a prenderti in giro, non prova nessuna vergogna ad usarti. Ed è chiaro che quei soldi non le servono davvero. Non hai notato la borsa griffata che costa quanto il tuo stipendio mensile e la collana d'oro che ha al collo. Ha già chi le paga il conto, Toren. Da te vuole solo un'assicurazione o sei la sua scusa per la serata. Di certo una che sniffa non ha bisogno di gioielli, ma solo di una dose con cui incipriarsi il naso», getto fuori con veleno, facendogli notare che Foxy ha altro in mente e lo sta davvero derubando e usando.
«Apri gli occhi, intelligentone!», detto ciò mi allontano furiosa. Non mi fermo nemmeno quando la sento urlare, pronta ad attaccarmi.
Durante la camminata cerco di restare lucida per riuscire ad arrivare a casa incolume. Supero l'atrio silenzioso, salgo a grandi passi in camera, chiudo a chiave la porta, mi lancio sul letto e sprofondo in un sonno agitato con una sola consapevolezza su cosa fare l'indomani.

***

Mi alzo all'alba, nonostante le poche ore di sonno passate a riflettere. In vestaglia, raggiungo lo studio di mio padre e prendendo il blocco degli assegni, controllo che la sua mania di firmarne prima qualcuno non sia mai passata. Strappo un foglietto, lo ripiego e lo porto in camera dove inserisco la cifra da consegnare a quello stronzo di Tor.
Dopo la doccia e avere indossato un semplice prendisole bianco con lo scollo alla Marilyn, scendo a fare colazione nascosta dalle lenti rotonde degli occhiali da sole.
Ho bisogno di zuccheri per riuscire a superare questa giornata che si prevede infernale.
«Buongiorno signorina», mi saluta Kellie. La nostra storica governante. Una donna minuta, ma autoritaria dai capelli castani, carnagione olivastra e occhi sempre compassionevoli. Profuma di biscotti e i suoi abbracci sono sempre stati una vitamina per le brutte giornate.
È quanto di più vicino a una zia. Non una semplice balia.
«Buongiorno».
«Qualcosa di dolce?»
«Volentieri. I miei genitori?»
«Sono usciti presto per delle commissioni e una gita. Torneranno in serata. Stai bene?»
«Sì».
Mio padre verrà a conoscenza della verità troppo tardi e allora non potrà fare niente, perché avrò già fatto riportare, a pezzi, la sua Mustang e l'assegno sarà stato prelevato.
Dopo la colazione avvolta nel silenzio, esco di casa e man mano che dimezzo la distanza, mi rendo conto di quante cose potrebbero andare male nel mio piano.
Ma stringo i denti, entro nell'officina e lo cerco pur sentendomi in parte nervosa per il modo in cui sono uscita di scena la notte scorsa.
Lo trovo nel suo piccolo ufficio che odora tanto di carta vecchia, polvere, tabacco e sostanze provenienti dal magazzino.
Busso contro il vetro della porta per annunciarmi.
Lui se ne sta seduto sulla comoda poltrona girevole in pelle un po' consumata, parla al telefono e non alzando nemmeno la testa, mostra soltanto un dito per chiedere di avere un altro minuto.
Aspetto che abbia finito e mi guardo intorno.
Tor ha sempre avuto un sogno da bambino: aprire la sua officina, diventare meccanico.
Mi domando se sia felice adesso che lo ha realizzato.
Mi volto quando lo sento salutare e concludere la chiamata. Prendo un altro respiro e mi dico che è giunto il momento di togliere il dente.
Entro nell'ufficio e piazzo l'assegno sulla scrivania con un po' troppo impeto. «Dovrai portarmi la Mustang a casa entro cinque minuti. Nel frattempo vai a prendere i tuoi fottuti soldi e dimentica il mio nome».
Bene, ho detto tutto, posso andare.
«Frena, che cosa significa?»
«Quello che ho detto o ti serve un disegnino?»
«E piombi qui col tuo culo sodo, mi sbatti davanti un assegno e pensi che sia tutto risolto?»
Sollevo il mento. «Esatto. In fondo i ricchi come me fanno questo. Decidono, impongono e usano le persone. I tuoi servizi non mi servono più. Tra cinque minuti voglio l'auto nel mio garage», esco dall'ufficio, turbata dalla mia stessa freddezza.
Sento dei passi. Sono gli unici suoni intorno. L'officina oggi è silenziosa.
Tor mi ferma trattenendomi per il gomito, mi fa voltare e mi sbatte l'assegno sul petto. «Non voglio i tuoi fottuti soldi per un lavoro che non ho nemmeno iniziato».
«Te li sto dando lo stesso. Tanto posso e tu ne hai bisogno. Non è nemmeno un prestito. Vedilo come un regalo per il disturbo o semplice carità».
Solleva il labbro. I suoi occhi grigi vengono attraversati da un lampo e si fa minaccioso.
So che l'ho appena colpito nell'orgoglio, eccezionalmente non mi dispiace.
«Ti stai comportando da bambina viziata».
Incrocio le braccia. «Non sono io quella che usa le persone per soldi».
Le mie ultime parole lo feriscono. Le vedo abbattersi su di lui spietate. «Ho sentito abbastanza da capire molto su chi sei, Toren. Non hai niente di diverso da Foxy. Lei però non lo nasconde. Quindi prendi il tuo denaro e ridammi la mia auto».
Questa volta riesco a uscire dall'officina, ma un acquazzone improvviso mi investe e non posso mettermi a correre per strada per raggiungere casa. Sono troppi isolati e il rischio di provocare un incidente dovuto a uno scivolone o di essere investita sono qualcosa che voglio evitare.
Mi guardo intorno alla zona e sospiro. Non c'è niente sotto cui ripararmi. Il cielo diventa cupo e tuona in lontananza.
Non mi rimane che procedere lentamente.
Controllo il telefono. Alissa non mi ha ancora scritto un messaggio. Mi auguro stia bene.
Non posso ancora chiamarla, mi abbaierebbe contro di averla disturbata e coglierebbe ogni occasione per farmela pagare. So quanto tiene al suo sonno di bellezza dopo una sbronza. Ammesso che abbia bevuto.
Mi abbraccio e attraversata da una folata di freddo e in parte ormai zuppa, proseguo.
«Luna!»
Mi irrigidisco. Non mi muovo. Una sola occhiata e la mia sicurezza finirebbe in frantumi.
Tor mi raggiunge con un ombrello. Non appena si trova davanti a me, mi protegge dalle gocce fredde sollevandomelo sulla testa. «Ti do uno strappo. Dovevo solo chiamare due fornitori. Oggi siamo chiusi».
«Non occorre».
Con una mano scatta e mi afferra il mento costringendomi a guardarlo proprio mentre alza gli occhi al cielo.
Sotto le palpebre, minuscole occhiaie colorano il suo viso stanco. Non ha dormito? Che cosa ha fatto insieme a Foxy dopo che me ne sono andata? È riuscito a calmarla? Hanno passato la notte assieme?
«Non ti sto chiedendo di scopare. Andiamo o ti verrà un raffreddore», sposta e stringe la mano sul polso conducendomi verso la sua auto.
Abbasso gli occhi sulla sua mano tatuata intorno alla mia pelle, distraendomi da qualsiasi altro tipo di pensiero.
Dovrebbe disgustarmi il suo tocco, ma tutto quello che lascia è qualcosa che non mi aspetto. Soprattutto quando avverto che con il pollice mi sta accarezzando.
C'è elettricità nell'aria quando si fa vicino. Non è solo una mia stupida impressione. La verità è che al mio corpo piace stare vicino al suo.
Mi apre la portiera della sua auto. «Prego».
Salgo impacciata, ma mi piace all'istante il suo pick-up rosso, in ordine, che profuma di nuovo e pulito. Nessuna traccia di scontrini, bottigliette o sporcizia.
«Ha pure lo stereo», sorrido, non riesco ad evitarlo. «E non si accende con un fiammifero».
«Aggiungi che non prenderà fuoco come la tua costosa auto».
Gli mollo un colpetto sul braccio. «Ah ah, che colpo basso».
La pioggia batte più forte e in lontananza le onde si innalzano. Toren mette in moto il suo pick-up e viaggia senza fretta in direzione del mio quartiere.
«Allora, perché vuoi togliermi il lavoro?»
«Ti ho dato l'assegno. Non ti ho tolto niente, anzi».
Storce le labbra e si accende una sigaretta aprendo il finestrino abbastanza da non farci soffocare. Un chiaro messaggio non verbale il suo. «Mi hai tolto il divertimento e per quanto sia stato generoso da parte tua, non posso accettarlo».
Mi metto comoda. «Perché dovrei lasciarti la Mustang quando è evidente quello che ti serve? Ho solo accelerato un po' i tempi».
Aspira e soffia fuori il fumo dalle narici, proprio come un toro pronto ad attaccare. Gli strappo la sigaretta dalle labbra e per pochi millimetri non le sfioro con le dita. Ma percepisco lo stesso il calore della sua pelle, mi si schiaffeggia dentro in un lungo brivido, così forte da farmi tremare le ginocchia. Aspiro una boccata e gli passo di nuovo la sigaretta tossicchiando.
«Hai travisato le parole di una discussione privata. A proposito, ti piace proprio origliare».
Arrossisco. «Non stavo origliando. Sai bene quello che è successo».
Ghigna. «Certo. E io ti ho detto quello che penso».
Mi concentro sulla strada. Ma più si intravedono le villette, più la mia espressione cambia. Gratto lo smalto. Mi agito sul posto. Un battito picchia più del solito sullo sterno. La pelle mi formicola. Sudore freddo rischia di imperlarmi la fronte. «Puoi fermarti qui. Non voglio andare a casa», porto la mano sulla maniglia. «Magari andrò giù al molo a mangiare qualcosa».
Tor frena e blocca le sicure delle portiere dal comando alla sua sinistra. «Perché?»
«Perché... cosa?», gracchio.
«Non vuoi tornare a casa?»
«Non sono affari tuoi. Adesso posso scendere o dovrò lanciarmi dal finestrino?»
Mi fissa nonostante io stia evitando i suoi occhi. Mi fanno sentire strana, proprio come la sua voce calda, con quel lieve tocco roco che esce fuori alla fine di ogni parola.
Sblocca le sicure con un sorrisetto ed esco dall'auto prendendo finalmente una boccata d'aria.
La pioggia ancora una volta mi precipita addosso e m'incammino per qualche metro senza sapere dove andare. Non ho un posto, non ho nessuno a parte la mia amica che non ha ancora chiamato. Non ho amici. Sospiro e percependo freddo mi abbraccio.
Il pick-up mi segue, si ferma. Tor abbassa il finestrino. «Sali».
Esito. «Adesso vuoi familiarizzare con me? Non hai di meglio da fare?»
Gratta la fronte. «No, non penso. Ma sembri una che ha bisogno di allontanarsi da tutto questo. Sali o gelerai».
Valuto, ci provo davvero, ma una parte irrazionale di me prende ogni singola decisione sbagliata mandando a puttane ogni autocontrollo. «Portami sulla cattiva rotta, Toren Connor».
Mi siedo e attendo che dica qualcosa, ma padrone di se stesso, rilassato, non lo fa. Continua semplicemente a guidare.

💛

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro