Capitolo 26
~ Toren ~
L'amore che inizio a provare è un maledetto gioco fatto di pezzi aguzzi pronti a ferire.
Ho la certezza assoluta che i sentimenti non complicano solo ogni cosa, ma ti ammazzano senza esitazione.
Sono finito. Fottuto.
Schiacciato da uno strato spesso di insicurezze, mi nascondo in mezzo a così tante macerie.
Dovevo sistemare le cose e invece non ne sono stato capace. Ho rovinato tutto in una manciata di secondi. L'ho colpita. Ho devastato la sua tranquillità facendola sentire esposta, sola, usata.
«Cazzo!», impreco quando Luna si allontana da me.
Non aspetto oltre. Non posso permettermi di perderla di vista. Il fatto che mi abbia concesso l'opportunità di parlare, per me ha avuto un gran valore, oltre a un brutale impatto. Ma l'ho delusa e l'ho cacciata nei miei guai, fatta complice di un qualcosa che potrebbe esplodere a breve. Cosa più orribile di tutte: ho fatto a pezzi il suo cuore quando al contrario avrei solo dovuto proteggerlo.
Dovrei essere una persona migliore di così. Ma non lo sono. Non posso darle quello che merita. Lei non vuole davvero uno come me vicino. I miei bisogni sono diversi dai suoi. Ho troppa sete di vendetta, la paura alimenta la mia eccitazione. Sono una palla di demolizione. Un mostro che avvelenerà tutto il suo mondo.
Esco dal locale e non la perdo di vista neanche per un secondo. Seguo ogni suo passo mantenendomi a debita distanza, facendo attenzione che nessuno osi fermarla o avvicinarla con una banale scusa.
Supera le strisce pedonali, passando in fretta dall'altro lato della strada. Il volto chiuso, un'espressione talmente triste da lacerarmi.
«Luna, fermati!»
Scrolla la testa e avverto quel singhiozzo spezzarle il respiro, squarciarle in due il petto. Le lacrime solcano le sue guance arrossate dal pianto e i suoi occhi verdi sono allagati dalla tristezza appena volta la testa e si accorge di me.
Aumento la corsa, mi piazzo davanti a lei e le afferro le spalle. La scuoto quando emette uno strillo e picchia il pugno contro il mio petto.
«Lasciami!»
«Ehi, sono io».
Vederla piangere mi fa stare male. Così male da volermi strappare la carne e punirmi per questo.
«Non piangere».
Sono un idiota! Merito ogni cazzo di insulto da parte sua.
«Non toccarmi!», mi respinge, non mi guarda neanche.
«Luna...»
«Non osare nemmeno pronunciare il mio nome. Tu mi hai usata, mi hai umiliata e stai continuando a calpestarmi neanche fossi un fottuto zerbino! Perché non riesci proprio a fermarti in tempo. Tu, tu arrivi, mi travolgi con i ricordi, mi dici che senti qualcosa e io non riesco a capire, non riesco a controllare più il mio cuore e ti odio per questo. Ti odio, Tor», grida affannata.
Incasso le sue parole. Lascio che sfoghi ogni traccia di rabbia tenuta dentro. So che non sono soltanto io il problema. C'è qualcos'altro che la fa stare male. Ma ho intenzione di prendermi la colpa, farmi carico di tutto pur di vedere ritornare sul suo viso quel sorriso dolce che è stato in grado di riportare il sole nel mio mondo buio.
Per una frazione di secondo, vorrei tanto potermi prendere cura di lei, essere all'altezza.
«Non ho mai provato niente di così forte e il pensiero che tu possa allontanarmi mi destabilizza così tanto da commettere una cazzata dietro l'altra».
«Sei un codardo!»
Stringo i suoi polsi sollevandoli per farla smettere di colpirmi. Mi sta ferendo e non se ne accorge. «Probabile. Lo divento davanti a te».
«Te lo chiederò una sola volta e devi essere sincero. Dimmelo. Dimmi che cosa sono per te perché io non ho più nessuna certezza. Mi fa male il cuore, Tor».
Mi avvicino. Elimino qualsiasi distanza. Non mi preoccupo dei passanti, degli sguardi. C'è solo lei davanti a me, la cosa più importante e preziosa.
Afferro il suo viso e premo la fronte sulla sua portandole la mano sul mio petto, a contatto con la mia pelle calda sotto la camicia.
Glielo dico. Confesso. Le affido il mio segreto più grande. La mia unica debolezza. «Tu sei un guaio per questo cuore che ancora non conosce il prezzo da pagare per arrivare alla tua anima. Palpita, ma non si arresta».
«Adesso arriverà la parte brutta?», tira su con il naso, ritirando la mano. «Con te sarà sempre così? Fai un passo avanti e poi distruggi tutto tornando indietro?»
«Sono un buco nero, Miele. Sono un fottuto abisso dal quale non è possibile scorgere il fondo. Dentro di me ci sono solo rovine e pezzi affilati. Devi fare molta attenzione».
«Perché me lo stai dicendo adesso?»
«Perché non ti piacerebbe sapere di che pasta sono fatto. Perché non posso trascinarti a fondo. E perché... sei l'unica cosa bella che ho dopo tanto tempo. Ed è risaputo: io rovino tutto».
«Allora lasciami andare», sibila afona tra le lacrime. «Vattene all'inferno e non farti più vedere!», mi spinge.
«Non posso farlo», abbasso lo sguardo, barcollando un po' indietro. «Sono troppo egoista. Pur sapendo che se non ti lascio andare, rischi di farti male, io...»
Mi guarda delusa, gli occhi rossi, attraversati dai fari delle auto che passano, dalla luce dei lampioni che crea ombre su di noi.
Vuole che lotti per lei, non che abbia un comportamento intermittente, ed io non posso farlo. Non ora che sono quasi arrivato al traguardo. C'è tutto in gioco.
«Lo sai cosa sto aspettando? Lo sai che cosa voglio?», strilla con affanno.
«Una persona che mi faccia credere che l'eternità non sia mai abbastanza. Ma a te del mio cuore non importa. Tu per me non provi niente di tanto forte. Stai permettendo alla paura di essere più forte dell'amore».
Come se con il mio improvviso silenzio le avessi dato una pugnalata, indietreggia e sale i gradini come una furia, apre il portone del palazzo e me lo sbatte in faccia.
***
L'ora successiva cammino come un leone sul marciapiede. Controllo che le luci del suo appartamento siano accese e valuto con attenzione quello che sto per fare.
Ho provato a contattarla. Le ho chiamato. Ho persino aggiornato i miei amici incassando i loro insulti.
Com'era prevedibile, non ho ricevuto una risposta. Con lei non funziona così.
Supero il cancello. Il portone è rimasto aperto quando una coppia è uscita a passeggiare con il cane.
Mi intrufolo, salgo al terzo piano prendendo le scale. Trovo una sola porta sul pianerottolo e non mi vergogno a forzarla.
In breve si spalanca, la richiudo come un ladro e mi faccio strada lungo un soggiorno adiacente a una cucina ariosa e spaziosa che profuma tenuemente di limoni. Vado dritto nella sua stanza ritrovandomi al centro di uno spazio accogliente dai colori tenui.
Il suo odore, un misto di rose, zucchero e qualcosa di speziato, invade ogni singolo oggetto, si condensa nell'aria che respiro.
C'è un letto king-size con la testiera imbottita. Un armadio a parete, l'anta aperta a mostrare i suoi pochi indumenti. Una scrivania accanto alla finestra ben organizzata. La libreria ancora da riempire, uno scatolone all'angolo da aprire.
Le dita formicolano, i pantaloni cominciano a starmi stretti e un lungo brivido attraversa la mia spina dorsale davanti all'immagine di Luna che distratta entra in camera strofinando sulle mani una crema.
Mi vede, sussulta, si ferma.
Sta attentando alla mia salute mentale. Il suo sguardo mi sfiora, mi logora, mi annienta.
«Tor», dice d'un fiato guardandosi intorno per capire da dove sono arrivato. «Tutto... bene?»
La sua voce delicata interrompe ogni mia fantasia perversa. Mi accorgo di essermi avvicinato così tanto a lei da non lasciarle lo spazio sufficiente per potere respirare. Ma è bella. Bella e così letale da fare male. Ma io non sono mai stato un tipo prudente e lascio che mi abbagli, che mi stordisca col profumo seducente della perversione.
Con cautela sta cercando di capire cosa mi succede. Devo proprio avere la faccia sconvolta se non sta cercando di scappare o di buttarmi fuori dal suo appartamento.
«Sì», riesco a pronunciare. «Adesso sì».
Lei si accorge del mio sguardo concentrato sulle sue gambe nude, sul completo di seta che indossa sotto la vestaglia aperta e si volta per allacciarla.
Troppo tardi. Ho già visto tutto. Ho già notato il completo color malva e le sue labbra, sulle quali ha stratificato un po' di balsamo rendendole lucide e morbide. Vorrei tanto leccarglielo via a suon di baci sporchi e privi di delicatezza. Andare contro la mia fottuta regola del non baciare.
«Da quanto sei qui? E come sei entrato?»
«Dovevo vederti. Non hai risposto alle mie chiamate, così mi sono intrufolato grazie ai tuoi vicini che hanno lasciato il portone aperto e sono entrato dentro questo grazioso appartamento forzando appena la porta all'ingresso. Per inciso, dovresti metterne una blindata quando me ne sarò andato».
Gratta una tempia confusa, triste, molto stanca. «Tor, dobbiamo smettere».
Faccio un passo avanti. «Io ci ho provato», sussurro.
Ho resistito abbastanza. Ma non posso più combattere questa guerra in cui non riesco proprio a stare lontano da lei.
«Mi rendo conto di avere sbagliato. Non sono bravo a fare promesse. Ma voglio provare a farmi perdonare. Sono disposto a tutto pur di spazzare via il dolore che ti ho causato».
«Non ti perdonerò questa volta. Sei stato davvero un bastardo senza cuore».
Passo con frustrazione la mano tra i capelli e sospiro imprecando contro me stesso. «Credi che io non lo sappia già? Che sia davvero un uomo tanto spregevole?»
Mi guarda storto. Le lacrime sul punto di affiorare. Le ricaccia dentro. Non mi dà la soddisfazione di vederla a pezzi.
«No, non lo sai affatto. Non sai come ci si sente a essere rifiutati o peggio allontanati da qualcosa che quando c'è ti fa stare bene».
«Hai finito?»
La mia risposta la colpisce. È anche pronta a mandarmi al diavolo. Agisco senza darle il tempo di un respiro. Le adagio la mano sul fianco e l'avvicino, sfiorandole le labbra con le mie.
«Tor, non sei pronto a tutto questo. Torna a casa».
Nego. «È vuota».
Spalanca gli occhi e le si ferma il respiro. «Cosa?», sibila.
«Casa è vuota senza di te».
«Sei ubriaco».
Ancora una volta mi ritrovo a scuotere la testa. «Ti sto solo permettendo di vedere cosa ho dentro. Ma stai calpestando il mio cuore, Miele. E io non te ne faccio una colpa. Non posso. Perché il primo ad avere ferito te sono stato io», mi avvio verso la porta. «Me lo merito. Ma volevo solo che lo sapessi», la guardo intensamente. «Non rinuncio a te».
Arrossisce. Riesco a vederlo anche sotto la luce fioca della lampada sul comodino e quella pallida e insana di una luna sorta a metà in un cielo sconfinato, limpido.
«Niente funziona se non ci sei. Sono un maledetto disastro senza di te. Se ti perdo io non funziono più. Se ti perdo, precipito nel vuoto. Notte, Miele», dico avviandomi.
«Tor?»
Ci guardiamo. Lei avanza prendendosi il suo tempo. Il mio cuore rischia di fermarsi. «Quello che stai facendo comprometterà la mia famiglia. Io, io mi trovo in bilico. Ma per quel che vale, nemmeno io rinuncio a te. Ho solo bisogno di tempo».
La mia mano le sfiora una ciocca di capelli scostandola dietro il suo orecchio. «Me lo prometti?», le accarezzo la guancia con tenerezza.
I suoi occhi diventano lucidi, dopo un breve istante prende un respiro e annuisce. «Solo se lo prometti anche tu».
L'attiro tra le mie braccia e ci stringiamo a lungo.
Chi lo avrebbe mai detto che fossi capace di sentire così tanto e solo da un lungo abbraccio?
Il mio mondo, in apparenza solito, riceve una scossa. Crepe si aprono sulle mie barriere e tutto rischia di crollare, un pezzo alla volta.
«Dannata te!»
Emette una breve risata tra i singhiozzi. «Non ti stai sciogliendo, vero?»
«Certo che no. Ho solo un attacco di cuore in corso perché ho rischiato di perdere la persona che am... a cui tengo».
Si scosta lievemente, sorride in modo dolce. Proprio come volevo.
Mi imbambolo. Un lampo di malizia le attraversa le iridi quando afferrandole con una mano la guancia l'avvicino al mio viso e strofino il naso sul suo, più che pronto a baciarla.
«Cosa c'è?», chiedo.
«So che hai lasciato a casa Floppy e se è un problema, non fa niente. Lo capisco».
«Floppy è dai Jenkins e JonD andrà a controllarlo. Che cosa mi stai chiedendo?»
«Ti va di restare?»
Per poco non urlo dalla gioia. «Mi vuoi?»
«Non voglio dormire sola».
«Va bene, resto».
Il modo in cui ci stiamo guardando, risveglia un bisogno tenuto a lungo nascosto.
Vorrei soltanto protendermi e afferrare la felicità, sciogliermi tra le sue carezze.
Senza aspettare mi sbottona la camicia e me la sfila dalle braccia facendola scivolare dalla mia pelle talmente lentamente da rendere snervante questo momento.
Il ritornello di "I Wanna Know" degli Arctic Monkeys si diffonde dalle casse e mentalmente li ringrazio per questa colonna sonora a dir poco perfetta.
Sciolgo il nodo della sua vestaglia, togliendola con un po' di fretta, seguendo il ritmo ormai scostante del mio cuore.
Le sue dita scivolano e solleticano la mia pelle fino alla vita, sbottonano i miei pantaloni e appena tira giù la cerniera lascio uscire un sospiro.
Li tolgo insieme ai calzini e lei fa un passo indietro per guardarmi, soffermandosi sull'erezione che preme in maniera dolorosa nei boxer.
Litigare con lei mi fa questo effetto.
«Se continui a guardarmi così, Miele, dormire sarà l'ultima cosa che faremo sul tuo nuovo letto».
Un passo avanti e allaccia le braccia intorno al mio collo. Sollevandosi sulle punte dei piedi colma in parte la mancanza di altezza per raggiungere il mio viso.
È bello il modo in cui mi sta guardando. Con brama, con odio, con possesso e qualcos'altro che ho paura di definire perché sarei fottuto.
«Forse non voglio dormire».
Abbasso le palpebre per non avere un orgasmo. Dio, è più difficile di quanto pensassi. «Dormiremo».
«Davvero?», domanda muovendo i fianchi per potersi strusciare sulla mia erezione.
Gemo e lei sorride. «Resisterai?»
Deglutisco a fatica. «Posso provarci. Ma dovrai smettere di scoparti la mia erezione».
Ridacchia e ne approfitto per sfiorarle ancora la bocca. Dio, è una continua tentazione.
«Che stiamo facendo?»
«Non lo so, però mi piace».
«Anche a me. Fin troppo», le mie dita premono sulle sue natiche.
«Tor?»
«Perché tremi?»
«Hai una vaga idea di quello che mi stai facendo passare? Sono in conflitto. Una parte di me continua a tirarmi indietro, vorrebbe strapparmi via dalle tue braccia e picchiarti fino a farti ritornare lucido», sussurra.
Strofino la punta del naso sul suo. «E l'altra?», sibilo a fatica.
«L'altra si illude, perché anche se vorrebbe restituirti tutto con gli interessi... ti vuole».
Infilo entrambe le mani tra i suoi capelli morbidi legati in una minuscola coda bassa. La tiro a me.
«Vuoi un consiglio?»
«Non sei la persona adatta».
«Per quello che sto per fare no, hai perfettamente ragione».
Spezzo ogni regola, la bacio.
Nel preciso istante in cui le nostre labbra si toccano, il mio mondo esplode in un milione di stelle a illuminare il buio in cui ho vissuto finora e il tempo sembra rallentare all'inizio, poi seguire i nostri respiri, ogni singolo battito sempre più scostante.
Sto annegando. Annego attraverso quell'abisso in cui c'è solo lei e la sua incredibile capacità di alleviare ogni incertezza. Niente potrà mai uguagliare la sensazione delle sue labbra sulle mie. Il sapore della sua bocca quando la lingua spinge e si fa strada. Soffice, dolce, invitante. Un peccato che continuerei a commettere ancora e ancora, senza mai pentirmi.
Ogni cosa si riduce a questo momento.
Un bacio nel silenzio che trasforma rabbia e solitudine. Abbatte ogni difesa. Ruba ogni brandello d'anima.
Non posso stare con lei. Ma questo cuore stanco non sa ancora qual è il prezzo da pagare per averla scelta.
La sollevo per il sedere e lei aggancia le cosce intorno alla mia vita. Il bacio diventa rude. La mia lingua spinge dentro la sua bocca. La sua guizza, accarezza timida la mia mentre la divoro.
Le sue labbra sono morbide. Affondo delicatamente i denti sul suo mento, mi sposto verso il collo con affanno e sempre più voglia di assaggiare la sua pelle dal profumo paradisiaco.
Luna ansima, affonda le unghie sulle mie spalle. Lascia piccole mezze lune e vorrei tanto tatuarmele per portarmi addosso la sua impronta. Emetto un verso che le fa afferrare con impeto la mia guancia e cercare la mia bocca con molta più insistenza.
Il suo tocco, mi mette a nudo, scopre tutto quello che le ho taciuto e nascosto. Il mio corpo reagisce. La mia razionalità si appanna.
Come cazzo ho fatto a resistere per tutto questo tempo, continuando a desiderarla e negando a me stesso uno scorcio di felicità?
Probabilmente la sto spingendo a fare qualcosa per cui non è ancora pronta. Si aspetta che non sia tanto rude, che mi comporti delicatamente dopo quanto le ho gettato addosso in questi giorni. Ma sono troppo appannato per prestare le dovute attenzioni.
È folle questo desiderio proibito. Tanto folle da farmi perdere il controllo.
La spinta mette Luna di schiena contro la parete libera della sua stanza. Respiro come un tossico l'aroma della sua pelle liscia e così tanto delicata da lasciarle a ogni tocco l'impronta del mio impeto.
Con una mano racchiudo la sua guancia facendole piegare la testa. Seppellisco il naso tra i suoi capelli, sotto l'orecchio e continuo a baciarla.
Il suo corpo entra in tensione. Ghigno contro pelle facendola sussultare e non mi occorre abbassare lo sguardo sul suo seno per sapere che si è talmente eccitata da avere i capezzoli duri come piccoli diamanti.
Faccio scorrere la mano dalla sua guancia al collo, un gesto lento, che le scarica addosso un prolungato brivido.
Accarezzo ogni parte esposta del suo corpo. In silenzio, rimango e fissare il suo petto. Il lento abbassarsi e alzarsi che presto cambia in respiro agitato.
Luna solleva lo sguardo incrociando il mio. Tristezza, paura, affanno. Lussuria. C'è così tanto nei suoi incredibili occhi da farmici annegare.
Sotto il palmo della mano, premuta sul suo petto, il suo battito cardiaco sfarfalla.
Il suo meraviglioso e sinuoso corpo si muove contro il mio facendomi eccitare ancora di più, particolarmente quando le sua mano si muove sul mio corpo raggiungendo il bordo dei boxer, insinuandosi, trovando la mia erezione.
Mi abbandono a un gemito, ma la parte razionale di me torna a farsi viva e afferrandole il polso glielo premo contro la parete, allontanandola dal divertimento.
«Hai detto che vuoi che sia sincero».
«Sì», sussurra sulla mia bocca.
So che andrò all'inferno per questo. «Le cose che ti farei, sono sporche», aspiro un po' d'aria prima di soffiarla sulla sua pelle fresca. «Non sei ancora pronta a questo genere di cose».
«Mettimi alla prova, Tor», ribatte prontamente. «Potrei sorprenderti».
Mi premo contro di lei, le nostre intimità entrano a contatto, ma a dividerle ci sono ancora strati di tessuto. «Togli il potrei. Mi sorprendi con costanza. Ma non ti rendi conto in cosa ti stai cacciando, Miele. Non provocare se...»
Muove i fianchi e voglio subito punirla per la sfacciataggine. Lascio andare le sue cosce, facendole scorrere lungo le mie. Mi chino su di lei. Un centimetro dopo l'altro e le afferro il capezzolo sopra la stoffa strappandole un breve urlo. La cosa mi eccita così tanto da torcerlo ulteriormente tra i denti per renderle più intensa l'esperienza.
Sto cercando di fermare entrambi prima che tutto si trasformi in un fuoco indomabile. Ma il mio piano va a farsi fottere quando lei, affondando le dita tra i miei capelli e tirandoli, pronuncia: «Continua».
Struscia l'inguine sui miei boxer. Le permetto di continuare guardandola sempre più coinvolto.
La tensione che sento addosso, si concentra dolorosamente sul mio membro. «Non ho mai dovuto iniziare dai preliminari», confesso. «Per te posso fare un'eccezione».
L'afferro per la nuca e l'attiro verso il mio viso. Luna piega la testa dandomi maggiore accesso nel momento in cui la mia lingua si insinua nella sua bocca, prepotente.
«Stai invadendo ogni parte di me», le sussurro. «Ti stai facendo strada e mi stai conducendo alla pazzia, Miele».
La bacio con più passione. Le offro una scheggia del mio cuore, gliela conficco nell'anima affinché non dimentichi mai che sono io l'unico pezzo mancante dentro di lei.
Dapprima preme le dita sul mio viso per trattenermi, poi si aggrappa ai miei capelli quando la sollevo ancora per le natiche. Mi si avvinghia e famelico le succhio il labbro inferiore. «Avrei dovuto capirlo che prima o poi avremmo superato il punto di non ritorno».
Quello che sta per succedere non avrà niente di romantico, di controllato, di tenero. Sarà sfrenato, indecente, qualcosa che segnerà entrambi, il nostro strano rapporto. Forse complicherà anche le cose.
«Non mi tirerò indietro», replica affondando le dita in mezzo alle mie gambe, toccando la mia erezione con sicurezza.
Ancora una volta allontano la sua mano dal mio membro e mi spingo contro le sue mutandine bagnate. La stoffa si tende e Luna getta la testa indietro mordendosi il labbro per non gemere.
Cazzo.
Voglio di più.
Voglio lei.
Ora.
«Basta giochetti», ringhio. «Sto per scoparti e non sarò delicato come meriti». Le divarico le cosce e al contempo le strappo le mutandine di dosso, lasciando cadere a terra quello che ne resta del tessuto sottile.
Le mordo il collo, la spalla e lei mi si avvinghia stringendo le cosce ai miei fianchi.
«Preservativo», sussurro sul suo orecchio, per non perdere concentrazione.
La sicurezza prima di tutto, anche quando sei sul punto di esplodere.
«Pillola», risponde.
La guardo con molta attenzione. Il cuore mi si strizza per poi prendere un ritmo sconnesso, capace di far variare persino la mia temperatura. «Cosa stai proponendo?»
«Te dentro di me, senza barriere. Voglio sentirti».
Le spingo dentro due dita. Piego il medio e affondo senza pietà trovando quello che mi serve. Luna emette un lamento aggrappandosi alle mie spalle. La faccio arrivare quasi all'orgasmo e tiro indietro la mano accarezzandole una natica godendomi la sua espressione sorpresa e vogliosa.
Il calore comincia a essere insopportabile per entrambi. Smaniamo, sentiamo che è troppo poco quello che stiamo facendo.
Non tiro giù neanche i boxer. Il mio membro spinge subito fuori dal tessuto quando lo scosto. Lo inumidisco e lo guido tra le sue pieghe. Con la punta le stuzzico il sesso facendola tendere istantaneamente.
«Hai paura?»
«No».
«Allora rilassa i muscoli».
Lo fa per me continuando a guardarmi negli occhi anche quando senza delicatezza, scivolo nella sua apertura e mi premo fino in fondo con un unico colpo di reni.
Rimango fermo appena qualche secondo, poi comincio ad affondare in lei senza premura. Inspiro il suo odore e rilascio il fiato sulla sua pelle colma di brividi. Le bacio la guancia, l'angolo della bocca, l'orecchio.
Distanzio le gambe con un ginocchio così da avere maggiore accesso. Spingo e spingo affondando i denti sull'incavo, avvertendo una sensazione di appagamento e di pura estasi mai provata prima.
Tutte le volte che le gambe le tremano, rischiando di crollare, serro bruscamente la presa sui fianchi lasciandole l'impronta della mia mano.
Il fatto che sia tanto stretta non giova al mio lato animale. Aumento il ritmo, le stoccate si fanno sempre più forti, arrivo continuamente in profondità senza mai darle il tempo di prepararsi ad accogliere il mio membro.
Tiro appena indietro i fianchi e lei scuote la testa. Le piace, e vederla in balia delle onde mi manda fuori di testa.
«Tor», geme.
Adoro quel verso, cazzo.
«Cristo, Luna».
Mi sciolgo. Un calore mi si accende e pulso fino a venirle dentro. Non mi stacco, lei mi accoglie tutto e muove i fianchi continuando a godersi l'orgasmo.
La butto sul letto. Le tolgo il resto della vestaglia quasi strappandogliela di dosso, sgancio il reggiseno e affondo la faccia sui suoi seni sodi.
Afferra i miei capelli con una certa forza, nonostante sia ancora squassata dall'orgasmo e quando mi avvento tra le sue cosce mi tira immediatamente su. Morde la mia bocca trattenendomi il labbro inferiore tra i denti.
La desidero più di prima.
Luna mi sfiora il petto. «Potrei morire adesso con un sorriso sulle labbra perché penso di avere appena assaggiato un pezzo di paradiso, Tor».
Mi scappa un gemito e un verso cavernoso. Mi sento debole, instabile e ho un bisogno malato di lei.
«Ho bisogno di averti ancora», dice con aria serena e sguardo lussurioso.
«Di nuovo?», chiedo accarezzandole l'interno coscia.
«Di più!»
La mia mente, il mio corpo, il mio cuore diventano una cosa sola con lei.
Voglio tutto. La desiderio in ogni maniera.
«Porca puttana, Luna».
Il torpore svanisce e la brama torna più feroce di prima. Abbasso il viso. La mia lingua scivola sulla caviglia fino a raggiungere la coscia. Affondo la bocca tra le pieghe ancora umide e proseguo lungo l'ombelico fino alla sua bocca. Le faccio assaggiare i nostri umori mischiati.
«Ti voglio», mima.
Il respiro mi si spezza. Si fonde al suo. Non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. «Sei bella», replico allo stesso modo, facendola arrossire e sorridere.
Le afferro un seno, gioco con il capezzolo. Le sue dita impugnano la mia erezione la strofinano tra le sue pieghe. Sento sotto il mio peso il suo corpo contrarsi e tremare.
«Che aspetti?»
«Te che mi accogli».
Continuiamo il nostro gioco. Non parliamo ad alta voce. Ci tocchiamo ed esploriamo, ci spingiamo oltre i confini.
Entro in lei. «Sei così calda. Potrei restare qui per tutto il resto dei miei giorni».
Inarca la schiena, mi accoglie come prima.
«Ho paura che il mio cuore stia per esplodere», soffoco un gemito.
Le dita navigano sulla sua pelle e si artigliano al suo collo.
Sono calore, fiamme, un fuoco improvviso. Sono brace. Insieme a lei mi disfo, divento cenere.
Voglio che sia lento, intenso, protrarre l'estasi fino a demolirci.
Affondo in lei e vederla così disordinata e appagata mi provoca una scarica lungo la spina dorsale così forte da gemere sulla sua bocca.
Artiglia le dita sulle mie natiche. Mi guida, mi aiuta a capire cosa le piace, e tutte le volte, vuole soltanto che io sia brutale con lei.
Tenendola per il collo, la scopo. Mi sorride e allarga le cosce, inarca la schiena e al primo sussulto io rimango disarmato. Sprofondo in lei e grugnisco sulla sua spalla lasciando andare mesi, anni di astinenza.
Mi abbraccia e mi accoglie ancora, affannata, le guance accaldate, i capelli sparpagliati sul cuscino quando le tolgo l'elastico e lo getto via.
Non ho la forza di scivolare da lei. Le bacio la clavicola, dalla spalla all'incavo facendola mugolare e muovere i fianchi.
«Tor?»
«Sì, piccola?»
Mi bacia con tenerezza. So cosa mi sta dicendo. Che mi ama. Allora io rispondo senza esitazione. Replico che è mia.
Il vero problema di quando ti innamori e che lo sai che è come una roulette russa, eppure rischi lo stesso. Prima o poi becchi il colpo, ti frantumi e quei pezzi di cuore poi non tornano di certo al loro posto.
Io e lei siamo due anime fatte a pezzi in uno spazio vuoto da riempire. Parti scheggiate eppure combacianti.
🔥🔥🔥♥️
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro