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Capitolo XXXV - Sconfitta

"Spesso è una grande vittoria saper perdere al momento giusto."
(François de Salignac)

Il sole scivolava lento, pronto a tuffarsi dietro le fitte chiome degli alberi di quella foresta intricata. L'umidità cominciava a scendere, le ombre dei tronchi ad incupirsi ed i cuori a battere al ritmo notturno dei sogni. Conosco quella melodia, un armonioso concerto di battiti impazziti. Di cuori che, finalmente, possono battere in un mondo dove tutto dipende da loro. Di gioia, paura o amore. Battiti illusori, ma ancora più forti di quelli della realtà. Io li sento. Mi nutro dei sogni degli esseri umani, li raccolgo e risistemo in un libro chiamato immaginazione e li nascondo ognuno su una stella diversa, per creare un mondo per ogni illusione. Mi sarebbe piaciuto raccogliere, quella notte, anche i sogni di Draco Malfoy. Poiché ultimamente, in un periodo della sua vita che avrei quasi definito felice, anche i suoi incubi si trasformavano in gioiosi sogni. Ma, quella notte, non ne ebbi la possibilità; poiché Draco Malfoy non dormì affatto.

Trattenne un gemito di dolore, strattonandosi, mentre ringhiava rabbioso in direzione del suo avversario. La testa cominciava a girargli, la vista ad annebbiarsi. E Weasley di certo non aiutava, considerato che anche in condizioni del tutto regolari gli avrebbe piacevolmente spaccato la faccia. Si era presentato lì, nel momento meno opportuno, e non lo aveva neanche lasciato parlare. Con lui c'erano tre Auror, uno dei quali era proprio l'idiota Paciock. Draco era rimasto sorpreso nel rivederlo, in divisa e dallo sguardo coraggioso. Aveva pensato, viste le pesanti occhiaie, che non dormisse da un po'. Poi, semplicemente aveva smesso di pensare. Gli avevano preso la bacchetta ed ogni sua resistenza era stata vana contro lo schiantesimo che gli avevano lanciato. Draco pensò che forse avrebbe dovuto raccontare a quei decerebrati quello che effettivamente era successo, invece di riempire ogni sua risposta con insulti poco piacevoli da udire. Insulti che, ci avrebbe scommesso la sua bacchetta perduta, indisponevano Lenticchia ancora di più.

Il medesimo pugno nello stomaco lo fece piegare in due dal dolore, mentre solo le mani di Weasley sulla sua camicia gli impedivano di cadere. Alzò fieramente il viso, fissando lo sguardo in quello del ragazzo che lo teneva fermo.

-Dimmi dov'è lei.- sibilò quest'ultimo, sbattendolo ancora più forte contro l'albero alle loro spalle.

Draco sentì distintamente la camicia strapparsi sulla spalla, mentre il dolore si propagava nella zona già dolente del collo. La testa girava sempre più veloce. E Weasley non la smetteva di fargli sempre la stessa, dannata domanda.

Non sapeva dove fosse Hermione.
Era sparita subito dopo la loro "discussione".

-Cosa le hai fatto?!- e, ancora, un pugno si abbatté sulla sua guancia destra, facendogli sanguinare lo zigomo.

-Ron...- la voce timida ed esitante di Neville li interruppe, sembrava che gli stesse intimando di non esagerare.

-Per l'ultima volta, Lenticchia.- sputò Draco, ansimando sulle ultime sillabe -Non so dove sia.

E, quando Weasley lo lasciò andare con uno strattone, si rese conto che le gambe non erano più in grado di reggerlo. Il cuore batteva come un pazzo, mentre tutto il corpo doleva forte. Alla fine, non ne era uscito diversamente che da una semplice rissa. Aveva sopportato di peggio e Weasley non aveva poi il destro tanto forte.

Eppure, faceva male.

Perché Draco sapeva che sarebbe tornata, ovunque fosse. Lo avrebbe fatto poiché, di questo ne era sicuro, lei non sarebbe stata in grado di lasciarlo lì. Lo avrebbe odiato, disprezzato, ma mai abbandonato. E, quando sarebbe arrivata, lui avrebbe assistito alla classica scenetta finale di tutte le fiabe. Weasley l'avrebbe stretta e baciata, prima di prometterle amore eterno e di pregarla di tornare con lui.

Lei è già tua, idiota...

E lui? Cosa avrebbe fatto?
Non aveva importanza, si rese conto. Non senza di lei, non in quel momento. Hermione Granger si era innamorata di lui, ma sarebbe corsa tra le braccia di un altro. Era una contraddizione bella e buona. Forse, semplicemente, era stato lui a fraintendere tutto. Continuava a scappare, ad allontanarsi da lui. E Draco si sentiva come la Luna che, pur essendo respinta dalla Terra, continua a girarle intorno. Ma la Terra pensa solo al Sole. Forse però era un altro il loro problema: la Terra non c'era, erano entrambi la Luna.

Brutta donnola imbranata.

E non si accorse nemmeno di come due Auror lo legarono ad un albero con un Incarceramus, o di quando Weasley disse a tutti che avrebbero aspettato lì, anche in eterno se necessario.

Tornerà da te, stupido pezzente.

Strinse i denti, mentre una strana morsa al petto gli dava la nausea. Il cuore, se mai ne fosse rimasto anche solo un pezzetto, doleva forte. E lui non riusciva a fermarlo. A calmare il respiro, la paura, il dolore. Non riusciva a fingere, come aveva sempre fatto. Improvvisamente, Draco dimenticò il vero motivo per cui era lì. Dimenticò di essere stato ufficialmente fatto prigioniero da un gruppo di Auror. Non solo perché non riusciva proprio a pensare a Lenticchia e Paciock come Auror professionisti, ma per via della sua mente completamente scollegata. Come se i suoi pensieri vorticassero nel caos più totale. E, in tutto questo, riusciva a pensare solo ad una cosa.

Se ne andrà via con lui, la perderò.

***

Ti sei mai sentito sconfitto?
Certe volte i veri fallimenti li nascondiamo dentro di noi, qualcosa di impalpabile ed incredibilmente invisibile. Che non si vede dall'esterno, che non galleggia sulla superficie chiara delle cose. Perché va a fondo nel cuore. Io credo che, inevitabilmente, chiunque si è sentito in questo modo almeno una volta. Umiliato, solo e sconsolato. Ed allora ha pensato che non ci fosse, neanche in un mare tanto immenso, un salvagente per lui. Ecco, io voglio donarvi una certezza.

C'è sempre un salvagente.

E, se non riuscissi a trovarne uno, puoi sempre rilassarti e galleggiare da te. Sembra complicato, ma non è poi così difficile. Te ne accorgi quando senti le onde di questi mare tormentoso chiamato vita accarezzarti i fianchi ed inumidirti le guance. E ti senti forte, perché stai volando per davvero. Sospeso, forte. Senza che nulla, assolutamente niente, possa trascinarti a fondo.

Ma non corriamo troppo, adesso. Per ora parliamo di una ragazza che sta ancora affogando, troppo confusa e debole per ricordarsi che un tempo aveva imparato a nuotare. Adesso, noi parliamo di Hermione Granger. In lacrime e rannicchiata contro il tronco di un albero massiccio, assolutamente sola dopo il tramonto in un bosco buio ed intricato. Iniziava a fare freddo e lei indossava solo una camicetta leggera: rabbrividì, stringendosi le braccia al petto e mordicchiandosi il labbro inferiore. In lontananza, i rumori della notte cominciavano la loro lunga, inquietante canzone. E lei rispondeva con dei singhiozzi strozzati, mentre le lacrime scendevano affollate sulle sue guance arrossate. Gli occhi erano lucidi e stanchi, le occhiaie evidenti e le palpebre stanche.

Ed ebbe paura. In quel momento, paradossalmente, come mai prima di allora.

Scommetto che anche voi avete avuto paura del vostro cuore, almeno una volta. Paura che fosse, effettivamente, più testardo della mente. Che prendesse a battere più veloce senza controllo, freni o spartiti che ne sancissero il ritmo. Che si mettesse a fare il satellite di qualcosa di irraggiungibile. Ed il cuore di Hermione era letteralmente scoppiato, pazzo e suicida. Pensava alle parole di lui, valutando le tante risposte che avrebbe potuto sbattergli in faccia al posto di quello stupido sguardo.

"Tu hai fatto di peggio."

Ed era vero. Lui aveva fatto molto peggio di Ron, negli anni. Lui l'aveva insultata, denigrata ed era rimasto a guardarla soffrire. Ma lei aveva perso totalmente la capacità di dirgli delle cattiverie, tanto era il terrore di poterlo ferire. Eppure, sapeva di averlo ferito comunque. Con quelle parole vere, ma terribili.

Tu sei un errore.
Un mio errore, perché la colpa è solo mia.

Noi siamo un errore.
Perché tu mi butteresti via, mentre io butterei via tutto per te.

E tutto questo è solo un maledettissimo errore.
Perché mi sono innamorata di te.

E gli aveva tirato quello schiaffo perché voleva fargli male quanto lui ne stava facendo a lei. Insistendo così tanto, facendola gioire ed insieme sentire in colpa con ogni bacio. Hermione Chiuse gli occhi, asciugandosi per la medesima volta le lacrime. La manica della camicia azzurra era completamente bagnata, mentre gli occhi bruciavano ed i capelli le si erano appicciati alla faccia.

Sì, decisamente ti sei sentito sconfitto anche tu, almeno una volta.
Completamente abbattuto dalla vita, niente rivincita o possibilità di riscatto. è successo. Punto. Anche solo per un secondo, sono certa che sei stato sul punto di arrenderti. O, magari, hai solo creduto di farlo.

Ed Hermione si arrese in quel preciso istante.
Perché era una vita intera che aspettava quel momento, che amava un ragazzo molto goloso dai capelli rossi; che voleva vivere serena e senza preoccupazioni; che aspettava di dimostrare a tutti quanto anche una mezzosangue potesse arrivare in alto. E, mentre Ron rappresentava tutto questo, Draco era solo un'incertezza. Per anni non aveva fatto altro che maltrattarla e, adesso, l'avrebbe usata e buttata via. Perché lui non si sarebbe mai potuto innamorare per davvero di una come lei.

Si alzò spazzolandosi i pantaloni ed impugnando la bacchetta. Avrebbe resistito per quell'ultima settimana, fino a quando quella meravigliosa e tremenda parentesi della sua vita non si fosse chiusa. A quel punto, non avrebbe più sentito parlare di lui. Prese un respiro profondo, prima di avviarsi verso la tenda. Non sapendo, naturalmente, cosa l'aspettava.

***

La prima cosa che Hermione vide, non appena arrivata a destinazione, fu Neville. Il dolce ragazzino che per sei anni era stato vittima si ogni tipo di sfortuna. Alto, impettito e con la bacchetta saldamente stretta in mano. Accanto a lui, due Auror che avevano tutta l'aria di essere piuttosto giovani. Il cuore perse un battito, gli occhi vagarono intorno alla ricerca di Draco. E fu esattamente in quei secondi che la grifondoro si rimangiò tutte le decisioni di poco prima. Ron comparve pochi attimi dopo, evidentemente doveva essere andato a dare un'occhiata nei paraggi. Come la vide, lo sguardo gli si illuminò. Le regalò un sorriso pieno d'amore, riponendo la bacchetta in tasca ed avvicinandosi a lei con espressione vittoriosa. Il sorriso non gli morì sulle labbra neanche quando vide quanto Hermione fosse pallida e sconvolta. Le corse incontro e l'abbraccio di slancio, stringendola a sé ed immergendo il viso tra la cascata, un po' cresciuta rispetto all'ultima volta, di ricci castani. Lei non rispose all'abbraccio, rigida come una statua e con lo sguardo che continuava a vagare intorno. Neville le accennò un saluto con il capo; gli altri due Auror distolsero lo sguardo, imbarazzati. Ron la lasciò andare e le si parò davanti.

-Miseriaccia...- mormorò, afflitto -Sono stato così in pensiero!

Le scoccò un veloce bacio a stampo, prendendola per mano ed iniziando a trascinarla in direzione degli altri Auror.

-Se solo ti fosse successo qualcosa, io-

-Cosa, Weasley?- irruppe una voce, pesantemente sarcastica -Ti saresti finalmente tagliato le vene?

Hermione, che fino a quel momento non aveva ancora detto nulla, lasciò di scatto la mano del rosso e sembrò riprendersi da quello strano stato di trance. Si voltò verso il ragazzo che li aveva interrotti, con gli occhi che brillavano, quasi sul punto di lacrimare.

-Draco!- lo chiamò immediatamente.

Aveva uno zigomo sanguinante e la camicia bianca era sporca di terra, sembrava esausto. Eppure, se ne stava in piedi e comodamente appoggiato al tronco di un albero. Delle corde gli legavano i polsi e le gambe, ma simulava come se non gli dessero neanche un po' di fastidio. Sembrava un principe, rigido e composto anche nei momenti peggiori.
Hermione, senza rifletterci troppo, prese ad avvicinarsi a lui. Non riusciva a vederlo così, legato e sanguinante. Avrebbe voluto curargli quello zigomo e sistemargli i capelli, che ancora una volta erano caduti a coprirgli gli occhi. Ma, soprattutto, avrebbe desiderato baciarlo per cancellargli dal viso quel ghigno doloroso. Prese a camminare ancora più veloce, correndogli praticamente incontro.

-Ma che stai facendo?!- sbottò subito Ron.

-Aspetta, Herm.- s'intromise pacatamente Neville, che, coadiuvato da altri due, assisteva alla scena leggermente in disparte.

La ragazza si fermò, ma senza badare minimamente a loro, il suo sguardo rimaneva su Draco e la sua mente su quello che poteva esser successo. Poi, di un tratto, come folgorata da un'illuminazione si voltò di scatto verso Ron.

-Ron...?- mormorò, ma tutti i presenti (compreso Draco) colsero al volo ciò che in realtà significava quel semplice nome proprio.

-Se ti stai chiedendo che fine farà lui, non lo porteremo ad Azkaban. Andiamo al Ministero.- disse freddamente quest'ultimo -Non correrai rischi, basterà una parola di Harry a mettere a tacere tutto quello che hai combinato.- concluse, in tono di sufficienza.

Le lacrime scivolarono sul volto della ragazza senza che lei potesse fermarle. Ancora una volta, il cuore aveva rotto la diga dell'autocontrollo. E, questa volta, non sarebbe riuscita a fermarlo.

-Credi che m'importi?- sibilò isterica, rivolta a quello che doveva essere stato il suo ragazzo.

Draco alzò appena il capo ed il suo sguardo, sorpreso, incontrò quello della riccia. Era vicina. Pochi passi ed avrebbe potuto sfiorarla davvero un'ultima volta, come non aveva mai creduto di poter fare.

-Miseriaccia, Hermione!- l'imprecazione del rosso lo raggiunse solo in parte -Si può sapere che ti prende?! Harry dice che-

-Harry ha ragione, Ronald.- lo interruppe lei, autoritaria -Lasciate andare Malfoy.

Draco sussultò appena, mentre Ron fece letteralmente un salto indietro, basito.

Non si era arresa.
Non si era assolutamente arresa: stava continuando a combattere.

-Non questa volta, Hermione!- urlò il rosso, impugnando saldamente la bacchetta -Sono qui per riportati a casa, dalla tua famiglia. Ho fatto tutto questo per noi.

Gli Auror, avvertendo la tensione, si misero in posizione; Neville era in evidente difficoltà.

-Ti ho già detto che tornerò a casa, te l'ho promesso.- disse Hermione, mentre dietro la schiena teneva nascosta la bacchetta -Ma ora devi lasciarci andare.

Era vero.

Glielo aveva promesso, aveva giurato che sarebbe tornata da lui. E questa consapevolezza schiacciò il suo cuore e quello di Draco come un macigno, mentre illuminò di brillante speranza lo sguardo di Ron.

-Sono anni che aspetto di avere il coraggio, amore mio.- rispose amaramente Ron -E sono un grifondoro.

L'aria carica di tensione, una bacchetta si sollevò in aria per attaccare, una per proteggere.

-Expelliarmus!

-Protego!- urlò prontamente Hermione, per poi voltarsi frettolosa verso Draco -Finite Incantatem!

Le corde che legavano il serpeverde svanirono in un istante, mentre lui la guardava stranito. Si ricompose, in fretta, avvicinandosi a lei, che con un protego si difendeva, ma sembrava fare di tutto per non attaccare Ron.

-Che diavolo stai facendo?!- la rimproverò Draco, mentre nel suo cuore esplodevano migliaia di fuochi di artificio.

-Io.. mi..mi dispiace!- sussurrò Hermione, gocce di sudore che le imperlavano la fronte.

Lui non aveva con sé la bacchetta, così non poté fare altro che starle vicino. Le posò una mano sul braccio, tentando di tenerlo fermo e stringendola impercettibilmente a sé. Provò, senza un senso apparente, a concentrarsi anche lui sull'incantesimo di protezione, mentre uno scudo di luce immaginaria cadeva a brandelli taciti e tardivi.

-Expelliarmus!- urlò a sua volta Hermione, mentre Ron contrattaccava.

Nessuno, nemmeno io, poteva credere ai suoi occhi. Hermione Granger e Ronald Weasley stavano duellando, per la prima volta dopo quella fatidica prova nella Stanza delle Necessità al quinto anno. Con l'eccezione, naturalmente, che il giovane grifondoro aveva fatto molti progressi. Hermione sentiva il proprio cuore spezzarsi, mentre era tenuta in piedi solo da Draco, dietro di lei e pronto a sorreggerla.

Ron sembrava deciso, i due Auror non battevano ciglio. Hermione, disperata, incrociò gli occhi persi di Neville e, con un semplice sguardo, gli chiese l'aiuto che non meritava.

Perché Draco ad Hogwarts gli aveva reso la vita impossibile.
Perché sua zia aveva ucciso i suoi genitori.
Perché la guerra li aveva divisi più di quanto non lo fossero già.

Lo sguardo del mancato prescelto incrociò quello della ragazza, disperato. Non sapeva cosa fare, troppo indeciso e preoccupato. Poi, esitante, si spostò sul suo braccio. Draco le teneva delicatamente il polso, mentre combatteva, pronto a perdere o vincere assieme a lei. E quello parve a Neville il gesto d'amore più sincero che avesse mai visto. Alzò gli occhi, incontrando quelli chiarissimi di Malfoy. Questi erano, si accorse con sorpresa Neville, ancora più disperati di quelli di Hermione. E riuscì a provare stima persino per quel ragazzo senza sentimenti, freddo e cattivo, che per anni gli aveva reso la vita impossibile. Sembrava volergli dire: "Se non vuoi farlo per me, fallo per lei!".

E volete sapere cosa fece Neville?
Neville mostrò quella volta il coraggio più grande che una persona possa possedere. Distruggere un castello, per costruire un palazzo. Rompere gli schemi, seguire il proprio cuore. Fare la cosa giusta. Con decisione, estrasse la bacchetta di Draco dalla tasca del mantello e gliela lanciò; ricevendo in cambio un'occhiata sorpresa e grata allo stesso tempo.

-Stupeficium!- Ron lo attaccò immediatamente, non appena si fu distaccato da Hermione.

Draco schivò l'incantesimo, cominciando a duellare. Ad armi pari, finalmente. Il cuore gli scoppiava nel petto, mentre cercava di rispondere a tutti gli attacchi. Weasley sparava incantesimi a raffica, come se si stesse sfogando su di lui. Hermione, intanto, aveva disarmato e schiantato entrambi gli Auror che avevano accompagnato Ron: probabilmente tutti e due sconvolti alla sola idea di dover duellare con una delle eroine di guerra.

La grifondoro spostò lo sguardo sui due ragazzi che duellavano; e fu la prima ragazza al mondo a non gioire nel veder combattere due persone per lei. Ron sembrava arrabbiato, ma letteralmente si infuriò nel vedere Neville in disparte. Gli urlò di intervenire, di aiutarlo. E fu proprio in quel momento, mentre era distratto, che Draco riuscì a disarmarlo.

Il rosso lo guardò con rabbia, urlandogli contro cose che preferisco non ripetere. Poi, semplicemente, non disse più nulla. Non lo fece perché la sua bocca fu occupata da ben altro, per via dell'ultimo incantesimo scagliato dal biondo.

-Mangialumache!- aveva urlato infatti Draco, più soddisfatto che mai, una piccola ripicca.

Alla fine, come un riflesso, si era ritrovato a buttarsi su Hermione per permetterle di schivare un incantesimo che le aveva lanciato uno dei due Auror. Uno incantesimo che, all'apparenza, era di un verde brillante. Una parte di esso, effetto compreso, li seguì nel vortice della smaterializzazione.

***

La pioggia cadeva fitta, gocce talmente grandi che a stento vedevi cinque centimetri oltre il tuo naso. Quel vicolo, in particolare, era completamente oscurato dall'ombra delle case e dagli enormi nuvoloni neri che lo sovrastavano. Nessuna stella era visibile, la Luna spiava attraverso una minuscola fessura, ma non riusciva a splendere abbastanza fino a quel piccolo angolo di mondo. L'atterraggio fu turbolento, le condizioni in cui si erano materializzati non erano delle migliori e Draco aveva a malapena schivato quello strano incantesimo. La pioggia, poi, li aveva infradiciati ancora prima che arrivassero a destinazione.

Hermione cadde di spalla, rotolando appena di qualche metro. Alzò uno schizzo enorme, avendo centrato in pieno una pozzanghera. La pioggia ingoiava tutte le sue lacrime, il ginocchio le pulsava molto forte e, registrò in un attimo di lucidità, doveva essersi ferita la spalla che aveva battuto. Cercò di alzarsi, con tutte le sue forze, gemendo dal dolore. Quando urlò, se ne stupì quasi. Era convinta di non riuscirci, terrorizzata dall'idea di non poter raggiungere il serpeverde.

Draco era finito qualche metro più avanti, caduto di pancia. Le mani avevano attutito il colpo e lui si era ritrovato semplicemente a tossire acqua. La tempia, dove Weasley lo aveva colpito, bruciava forte a causa dell'acqua. Tuttavia, non se ne preoccupò.

Hermione.

Balzò in piedi, così spaventato che neanche pensò di fare luce con la bacchetta o, semplicemente, di chiamarla ad alta voce. Prese a girarsi attorno, come un animale braccato, camminando velocemente e passandosi le mani tra i capelli.

Hermione.

Era quello l'effetto di un attacco di panico?

Hermione.
Hermione.
Hermione.

-Draco!- quell'urlo lo fece gelare sul posto.

La pioggia cadeva così forte che le gambe stentavano a reggerlo, la stanchezza e la paura lo stavano logorando dall'interno. E, poi, quell'urlo pregno del sentimento più conosciuto al mondo. Paura. Terrore. Disperazione.

-Hermione!- gridò con tutta la forza che aveva, tentando di sovrastare il rumore della pioggia.

Quando non la sentì rispondere, urlò ancora più forte il suo nome e sentì la gola bruciare. Provò ad andare più indietro, ma la sola possibilità che lei fosse dalla parte opposta ed in pericolo lo fece ringhiare dalla frustrazione.

-Draco!

E, ancora una volta, c'era tutta la disperazione del mondo in quel nome. E, insieme, una gioia fantastica. Un'allegria, un amore che mai nessuno aveva potuto provare. Lui ebbe appena il tempo di stupirsene.

-Dove sei?!- urlò e, quando lei lo chiamò ancora più forte, capì che si trovava più infondo alla strada.

Prese a correre. Così tanto che, ogni tanto, incespicava nelle pozzanghere e quasi non cadeva sul cemento duro e fradicio. Veloce, continuando a chiamarla, zuppo e fra mille tuoni lontani.

Poi, la vide.

E capì che non c'era nessun pericolo. Con sollievo, si rese conto che la Granger si reggeva in piedi e che sembrava non essere gravemente ferita. Si chiese perché urlasse, ma solo dopo aver ringraziato Merlino che stesse bene. Le stava ancora correndo incontro, nonostante l'avesse vista, sana e salva. Quando se ne accorse, si fermò di scatto. Non sapeva cosa fare, avrebbe voluto chiederle se stesse bene, ma gli sembrava una domanda terribilmente stupida da fare. Stava male. Si vedeva.

Respirò a pieni polmoni, ingoiando aria mista a pioggia. Chiuse gli occhi e li riaprì, spalancandoli, pochi secondi dopo.

Hermione correva verso di lui, incespicando e zoppicando; sembrava che non riuscisse a poggiare una gamba per terra. Quando la vide sorridere, come una pazza, i capelli incollati al volto e le braccia protese verso di lui, non ci capì più niente. E non riuscì neanche a correrle incontro, paralizzato dalla sorpresa. Lei, sfinita, gli cadde tra le braccia. E lui la sorresse, mentre Hermione lo stringeva a sé e premeva le labbra sulle sue. A Draco parve un sogno bellissimo. Si lasciò stringere, mentre le mani di lei vagavano fra i suoi capelli fradici e sulla sua schiena ansante. Le prese il viso tra le mani, accarezzandola freneticamente. Continuava a scacciare via dalle sue guance morbidissime gocce di pioggia.

Ti prego, fa che sia solo pioggia.

Ma non era solo pioggia, naturalmente. E, mentre ancora la avvicinava a sé, i singhiozzi di lei iniziarono a divenire incontenibili. Gli morse le labbra più volte, facendolo sanguinare, ma continuando a baciarlo. Sembrava una disperata. Come se, dopo tanto tempo, si stesse finalmente sfogando.

Con lui.
Perché sentiva di poterlo fare, con lui.

Paradossale, che Hermione Granger perda il controllo in questo modo, non trovate? Vi avevo avvertiti, al primo capitolo di questa intricatissima storia. Se non siete tipi da contraddizioni, non vi conviene continuare a leggere. Potrebbe confondervi, stravolgere il vostro mondo di convinzioni stereotipate. In fondo, non lo ha già fatto? Scommetto che il Sole non vi è più tanto simpatico, ora che conoscete la vera storia. Anzi, scommetto che avete cambiato idea su un sacco di cose. E, vedete, era proprio a questo punto che dovevamo arrivare.

Perché Hermione, proprio come tutti voi, aveva cambiato idea. Nascondersi non serva a nulla, se qualcuno ti ama riesce comunque a trovarti. E, se trovi il tuo satellite, puoi essere finalmente te stesso con qualcuno. Non è una cosa che trovi scritta da qualche parte, niente indicazioni o segni troppo evidenti. Lo senti. E basta. Ti sciogli lentamente, e non te ne accorgi fino a quando il tuo cuore non diviene acqua calda raccolta da due mani a coppa. Mani che, se sei fortunato, non lasceranno scivolare quell'acqua. L'accarezzeranno. I resti del tuo cuore saranno al sicuro, allora. Magari, mi piace crederlo, per sempre. E Draco, impercettibilmente, sembrò prometterle quell'eternità inesistente per voi esseri umani. Sentendola singhiozzare sempre più forte, smise di baciarla e, prendendola per le spalle, la allontanò da sé. Si sforzò di guardarla negli occhi, che lei teneva ostinatamente bassi, nonostante la pioggia fitta. Gli fece quasi male vederla in quello stato, mentre sentiva chiaramente il suo stesso cuore congelarsi.

Mentre lei gli si rigettava tra le braccia, rimase immobile per qualche istante. Non aveva mai consolato qualcuno a cui tenesse tanto, non sapeva come comportarsi ed il cuore gli batteva talmente forte da sovrastare il fracasso del temporale. Alla fine, decise di stringerla a sé e basta. Si lasciò scivolare in ginocchio sul cemento bagnato, mentre il corpo della grifondoro fremeva per i singhiozzi tra le sue braccia. Lei appoggiò il viso proprio sul suo cuore, dove la camicia bagnata aderiva alla pelle freddissima. E strinse quella stoffa umida tra le unghie, come per trovare un appiglio nel bel mezzo di un naufragio. Draco rimase colpito da tante sofferenza e disperazione, ma non impiegò molto a comprendere che quello non fosse altro che lo sfogo dopo un lungo e terribile accumulo di catastrofi. Le baciò la fronte bagnata, lasciando che si sfogasse tra le sue braccia e, se necessario, anche facendogli del male.

Prospettiva realistica, direi.
Amare è fare del male. Ma è anche curare, in modo invisibile e meticoloso. Con bende che si chiamano attenzioni.

·Spazio Autrice·
Eccomi qui! In leggero ritardo, ma ieri sera non sono riuscita a revisionare ed ho dovuto farlo questa mattina!
Che dire, questo capitolo è un casino. Io stessa non ci ho capito molto rileggendolo, ma il caos è proprio quello che deve esprimere. Spero vi sia piaciuto, io sono molto insicura al riguardo ): ... è anche piuttosto lungo come capitolo, ma quando me ne sono resa conto era troppo tardi e proprio non sapevo dove effettuare eventuali tagli...

E... *rullo di tamburi* per tutta la settimana scorsa siamo stati tra i primi IN TENDENZA. Io non ho parole. Davvero. Non merito tutto questo, perché è davvero un'emozione fortissima e voi siete tutti fantastici. Dai lettori silenziosi, che un giorno mi farebbe piacere conoscere, ai miei adorati commentatori. Quindi grazie a coloro che leggono, stellinano, apprezzano e criticano. Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo nei commenti! Tengo molto al vostro parere, soprattutto in questo caso riguardo come si è comportato Malfoy! Aggiungo anche che Ron non deve assolutamente apparire negativo, anzi. Io lo adoro. E, come vedrete nei prossimi capitoli, dimostrerà davvero di avere un gran cuore!

Dopo questo medesimo poema, vi mando un grande bacio virtuale e vi dò appuntamento a prestissimo!

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