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Capitolo XVI - Salvarti

"Si chiese perchè le cose belle dovessero sempre includere una pagina buia della storia. O era il contrario? Forse erano le pagine buie della storia a rendere necessaria la costruzione di cose belle, per mascherare i proprio aspetti peggiori."
(Percy Jackson, Eroi dell'Olimpo)

Draco si chinò, in modo da raccogliere anche i ramoscelli più piccoli, fuggiaschi. Il buio della notte gli era nemnico, gli impediva di vedere per bene, le mani si graffiavano e le scheggie si facevano strada tra la pelle una volta liscia e perfetta del ragazzo. Il serpeverde soffocò appena un'imprecazione, senza farci molto caso. Un tempo avrebbe decantato le sue gesta, il dolore provocato da un'innocentissima scheggia di legno, ai quattro venti, ma ora non aveva più importanza. Ormai quello era il minimo dolore, infinitesimamente dimezzato rispetto a quello che lo lacerava dentro.

Credeva che vivere e sopravvivere fossero lo stesso verbo.
Che vita implicasse diritti.
Che denaro significasse felicità.

Ed ora, troppo tardi, si rendeva conto di quanto fosse stato stupido in tutti quegli anni. Perchè cercare ogni giorno di non morire, dimenticare come si fa per sorridere, cosa sia una doccia rilassante o la cena servita da un elfo domestico, quello non poteva definirsi vivere. Si stava accorgendo, dopo così tanto tempo, di non aver mai conosciuto il vero amore e di aver dedicato tutto sè stesso a ideali sbagliati, considerarsi elemosinato dall'ultima persona da cui si sarebbe aspettato di esserlo. Se tanto respirava ancora, se tanto il flusso della lacrime amare non gli aveva tolto anche la capacità di inalare l'aria, quello era perchè stava sopravvivendo.

Distrutto, ma era ancora in piedi,

Sbadigliando, si avviò verso la tenda, o almeno nella direzione dove ricordava che si trovasse. Barcollava a causa del peso della legna, i piedi affondavano nel fango lercio, terreno reso palude dalla pioggia di quella mattina; gli occhi non vedevano, i rumori del bosco facevano sobbalzare il cuore. Ma, delle volte, basta proseguire e non pensarci. Essere coraggiosi è interporre un obiettivo alla fuga, anche nelle piccole cose. Ed era così che Draco stava vivendo, un piede dopo l'altro. Un atto di coraggio immenso, caratteristica non propria dei serpeverde.

Erano tre giorni che lui e la Granger vivevano da fuggitivi, nascosti in quella radura, cercati dall'intero mondo. Si erano organizzati, tanto bene come nessuno dei due avrebbe potuto immaginare. Lei, con la bacchetta, si occupava degli incantesimi di protezione e delle risorse, lui stava di guardia la notte.

Quella sera era appunto seduto fuori la tenda, quando il vento fresco della notte aveva spento il fuoco. E, tra svegliare la Granger per chiederle la becchetta ed accendere da solo un fuoco, aveva subito optato per la seconda.

Una volta tornato, infatti, provò subito ad accendere il fuoco.

Non sapeva come fare, così posizionò la legna a terra ed iniziò a pensare. Merlino solo sa quanto gli mancasse la magia, anche solo la sensazione di tenere una bacchetta in mano, di potersi definire senza vergogna un mago. Ora era un ragazzo senza identità, solo, orfano. Desiderava cose che un tempo dava per scontate, futili, di quelle che dimostrano il loro valore solo quando svaniscono. Come cenere tra le mani, spente dallo stesso vento che, quella notte, aveva spento il fuoco acceso dalla Granger. E dietro si lasciavano il freddo, come cose passate congelate dal tempo. Inafferrabili, troppo veloci.

Rinunciò al fuoco, non aveva idea di come si accendesse senza magia e, si accorse, tutta la fatica che aveva fatto lo aveva riscaldato. Così si risiedette a terra, schiena dritta, il fascino di un principe che ha perso il suo reame, un re a cui non rimane più nulla.

Il sonno bussò alla porta, lui finse di non essere in casa. Più di tre notti senza dormire, con tutti i travagli subiti. La Granger si era spesso offerta di sostituirlo, di organizzare dei turni, ma lui era testardo. Non poteva, non voleva, permettere che lei conoscesse i suoi incubi. Che lo prendesse per un pappamolle perseguitato da nient'altro che sé stesso.

Doveva solo restare sveglio, tenerla fuori dai suoi incubi.

Ma ogni notte era un fardello e qualsiasi spalla si spezza ad un certo punto. La forza che rappresenta il vincolo non può essere infinita e le braccia di un ragazzo di sedici (quasi dicissette) anni sono troppo deboli. Inesperte, anche se su una di esse è inciso il Marchio Nero.

La stanchezza era sempre più forte, gravava sulle sue spalle stanche e le palpebre arrossate si abbassavano. Lui faceva di tutto per tenerle aperte, per non scivolare in un mondo fatto interamente di incubi e dolore.

-È quasi l'alba..- lo disse un sussurro, come un incoraggiamento disperato a sé stesso -..è quasi l'alba..

Doveva resistere solo un altro po', poi la Granger avrebbe preparato la colazione e lui avrebbe potuto guardarla leggere per tutto il giorno. Era questo che facevano: non si parlavano, tendevano ad ignorarsi e ad avere il minimo contatto possibile. Ma, mentre Hermione si distraeva con i suoi amati libri, lui lo faceva guardando lei.

Di nascosto, come un criminale, si metteva ad osservarla. Ormai la conosceva talmente bene, tanto quanto non avrebbe mai immaginato di conoscere la mezzosangue zannuta.
Continuava a disprezzarla, sia chiaro, ma era un disprezzo diverso. Come se avesse bisogno di legarla a lui in qualche modo, e non ne conoscesse altro al di fuori di quello. Preferiva essere ancora il suo peggior nemico, piuttosto che uno sconosciuto. Ed era disposto a farsi odiare con tutto il cuore, purché lei continuasse a guardarlo.

Il bacio di quella notte, in cella, di tanto in tanto tornava alla mente. Erano spezzoni di lucidità nell'oblio, insignificanti lucciole nella notte; a distanza di così tanto tempo Draco aveva iniziato a chiedersi se si fosse trattato di un sogno o di un'incredibile realtà.

Comunque, non aveva importanza: lei sembrava averlo dimenticato.

Cominciò a tremare, scosso dai brividi del gelo di fine novembre, le foglie gli volavano intorno e lui si strinse addossò la coperta, come se questa potesse proteggerlo.

L'orgoglio era troppo, non avrebbe mai svegliato la Granger solo per chiederle aiuto, a costo di congelare. Chiuse gli occhi, li serrò forte, soffiando l'alito caldo sulle mani, scheggiate e tremanti. Si strinse ancora di più addosso la coperta, si portò il mento sulle gambe e cominciò a dondolarsi. L'immagine di un bambino solo, che sente rumori spaventosi nella notte e si rannicchia su sé stesso, come a proteggersi da un pericolo inesistente.

Ma poi, da dietro di lui, giunse una voce dolce, impastata dal sonno e delicata al tempo stesso. Come quella dell'angelo custode di quel bambino tanto solo.

-Incendio!- disse Hermione; ed il mucchio di legna prese subito fuoco, riscaldando Draco alla meglio.

Lui si voltò si scatto, in guardia.

-Non vuoi riposarti un po'?- gli chiese titubante Hermione -Tra un'ora farà giorno..

Il serpeverde scosse appena il capo, combattendo contro le palpebre.

Hermione allora si voltò, pronta a rientrare nella tenda; ma poi qualcosa la bloccò, come un misto fra il bisogno di parlare con qualcuno e la consapevolezza che comunque non sarebbe riuscita a riaddormentarsi. Si sedette accanto a Malfoy, tendendo le mani verso il fuoco. Inizialmente lui le rivolse un'occhiata strana, ma poi tornò a fissare le fiamme, assorto.

-Potevi svegliarmi.- gli fece notare, accennando al fuoco.

-Non avevo freddo.- ribatté lui, immediatamente sulla difensiva. Ma Hermione capì che mentiva dai suoi denti che battevano, da come continuava a raggomitolarsi.

-Non potrai restare sveglio in eterno..- gli fece notare allora Hermione, cercando di essere il più cauta possibile -Puoi fidarti di me, cosa altro devo fare per dimostrartelo?!- aggiunse, risentita.

Aveva lasciato tutto per proteggerlo, per salvare il suo peggior nemico da Azkaban: non vedeva come mai lui ancora non si fidasse di lei.

Draco si morse la lingua, sorpreso. La Granger aveva dato a quella sua decisiose di restare sveglio un'interpretazione completamente errata. Se solo avesse saputo dei suoi incubi..

-Te l'ho già detto, Granger, noi abbiamo un passato.- ribatté invece -E tutto questo non cambia nulla, è solo..

-..un imprevisto?

-Sì, un incidente di percorso.- soggiunse, senza però guardarla negli occhi -Che presto si risolverà.

Erano questo loro, un incidente di percorso.
Un errore.

Si fissarono, indecisi. Entrambi avevano poco da dire e molto da nascondere. Eppure, c'erano decisioni importanti da prendere, piani da discutere, intenzioni da confermare. Il primo a parlare fu Draco.

-Quanto staremo qui?- chiese, ma la risposta faceva paura.

-Non lo so.- rispose la grifondoro, dopo una piccola esitazione -Non ne ho idea..

-Dannazione!- Malfoy si voltò verso di lei, gli occhi iniettati di sangue dal sonno -Non posso vivere così! In queso schifo! Io sono abituato a..- e si bloccò, non sapeva a cosa era abituato.
Ma, intanto, quel verbo al singolare uccise Hermione. Perché lei era solo uno strumento, il colpo di fortuna che lo aveva colto, null'altro per lui.
E, allo stesso tempo, rappresentava un incidente di percorso.

Erano tre giorni che lo evitava, che si rifugiava nei libri come se questi potessero realmente portarla da qualche altra parte. Salvata dalla realtà delle parole.
Ma poi alzava gli occhi dalla pagina, anche per un solo istante, e trovava due pozze gelide e corrucciate a guardarla. A perforarla. A ferirla.
Perché le ricordavano che la sua vita, coltivata e programmata per così tanto tempo, le era sfuggita di mano. Che una botta di cuore aveva spazzato via anni di amicizia e felicità, che a causa del ragazzo che aveva davanti il suo fidanzato non l'avrebbe guardata più allo stesso modo.

Ed era confusa, tremendamente confusa.

Le lacrime scivolarono copiose, ignorando gli ordini di ritirata. Piangeva come se piangere fosse l'unico modo per buttare fuori il dolore, ma invece sembrava che la svuotasse ancora di più di tutta la sua felicità.
Sarebbe bello buttare fuori i ricordi con le lacrime.

-Che fai, Granger, piangi?- le chiese Malfoy, sembrava ironico.

Hermione si voltò di scatto verso la foresta, come a volergli nascondere le sue lacrime.

-Ho sbagliato.- mormorò.

-Cosa?- chiese lui, che aveva udito ancora un bisbiglio.

-Ho sbagliato.- ripeté Hermione con voce decisa -Ho sbagliato a portarti qui.

E quelle parole, assemblate solo per mutilare, uccisero. Il ragazzo la fissò con odio, come deluso; poi si alzò, liberandosi dalla coperta ingombrante: ormai era così arrabbiato da aver dimenticato persino il freddo.
Avrebbe voluto parlare, insultarla, ribadire il suo scarso coraggio, ma la voce avrebbe tremato. Avrebbe tremato perché l'indifferenza non la decidiamo noi e certe cose fanno male. E perché il cuore di Draco batteva forte, bruciava, come se si stesse spaccando in due.

Hermione lo guardò, sentendosi leggermente in colpa. Gli aveva implicitamente detto che salvargli la vita era stato un errore.
Stava per rimangiarselo, per dirgli che non era vero, che anche in quel momento vedeva quel gesto quasi come l'unica cosa giusta che avesse mai fatto (e di cose giuste proprio lei ne aveva fatte molte), ma Draco si avviò verso la foresta come una furia.

***

L'alba non cancella l'oscurità, la nasconde. Tutti credono che il sorgere del Sole sia la sconfitta delle tenebre, che male e bene siano concetti stereotipati, fermi lì, sospesi ed immutabili.

Ma non è così.
Io voglio raccontarvi la verità, vista da occhi esperti.

L'alba è un tranello, un inganno del Sole. Se davvero questo arriva per cancellare l'oscurità, perchè ci lascia soli durante la notte?
Perché la Luna, invece, resta sempre con noi? Quando arriva il buio, quando il Sole svanisce, lei resta a farci compagnia. Non ci lascia mai soli: c'è anche di giorno, coperta dalla troppa luce del Sole, doppio velo posto sulle cose veritiere.

L'alba è un tramonto al contrario. Arriva dopo la notte, saluta le stelle e ci ricorda che ora di alzarci. L'alba vine a dirci che i nostri sogni sono finiti, cancella la magia.

Per Draco, però, almeno in quel caso, fu una liberazione. Voleva dire che, almeno per un po', sarebbe stato troppo indaffarato per avere sonno. Aveva passato l'ultima ora nella foresta, immerso nel buio più totale. Una corteccia l'aveva ospitato, aveva scoperto tutti i suoi segreti ed accolto le sue lacrime. Erano lacrime disperate le sue, cristalline, trasparenti. Perché chi non piange spesso conosce il dolore più puro.

Ora però si era fatto giorno e bisognava tornare, bisognava fingere di stare bene, dimostrarsi ancora una volta impassibili. E, con un po' di fortuna, la mezzosangue ci avrebbe creduto anche quella volta.

Se la immaginava già, seduta fuori la tenda con un libro in una mano e la bacchetta nell'altra, pronta a guardarlo male ed ignorarlo per tutto il giorno.
Invece, la trovò nella tenda, che cercava di rompere una noce. Lei non lo aveva visto, così Draco si fermò all'ingresso, notando che c'era qualcosa di strano.

Le mani della Granger sobbalzavano ogni tanto, la noce le schizzava da un palmo all'altro e le sue dita sembravano troppo deboli per poterla rompere davvero.
Hermione prese un coltello, adagiato lì sul tavolo, e cominciò a provare con esso. Ma, dopo solo un tentativo, la noce cadde a terra ed il coltello trapassò tutto il palmo della mano.
Hermione esalò un urletto spezzato, si prese la mano e cominciò a fissare inorridita il sangue che scorreva. Draco le fu subito accanto e, quando lei alzò il viso per guardarlo, si accorse delle numerose lacrime che lo solcavano.
Spalancò la bocca, la regina dei grifoni, la coraggiosissima mente del trio dei miracoli, piangeva come un cucciolo smarrito proprio davanti a lui.

-Salazar..- mormorò, mentre le toglieva di mano il coltello e si affrettava ad avvolgerle la prima cosa che trovò (una vecchia pezza) sulla ferita.

-Granger! Dove hai messo la bacchetta?

Ma lei continuava a piangere, lo sguardo basso e nella mente l'immagine di Ron, e di Harry, e di Ginny. E di tutti coloro che credeva di avere tradito.

-Guardami.- sussurrò allora il serpeverde, la voce ora era calma. Le prese il viso fra le mani, sporche ormai dello stesso sangue che aveva detestato per anni, e la costrinse a guardarlo -Dimmi dove hai messo la bacchetta.

E quegli occhi così dannatamente freddi e preoccupati. Dolci. Come ghiaccio da sciogliere. E quell'espressione preoccupata, quelle labbra schiuse, quel tocco delicato. Tutto quello le diede la forza di indicare il comodino.
Draco la lasciò e corse a recuperare la bacchetta, per poi raggiungerla e riprenderle la mano fra le sue.

-Ferula.- disse semplicemente.

Ed il taglio si chiuse, delle bende lo fasciarono alla svelta così che il dolore svanì. Draco trasse un sospiro di sollievo e, il più lentamente possibile, rialzò il capo e fissò lo sguardo in quello di Hermione.
Lei non piangeva più, ora lo fissava, semplicemente, stupita.

Si odiava. Si odiava per essersi mostrata tanto debole davanti a lui, per le sue insicurezze, per i suoi rimorsi.

Le loro mani erano ancora unite, il sangue su di esse si stava seccando. Ma non importava più. Il sangue era un liquido rosso e basta, uno stupidissimo liquido rosso a dividerli.

-Grazie.- mormorò Hermione, cercando di ritrarsi da lui; ma Draco rinforzò la stretta e non la lasciò andare.

-Forse hai ragione.- ammise, e Merlino solo sa quanto gli costò -Dovremmo arrenderci. Sarebbe meglio tornare.

"Dovremmo arrenderci."

"Dovremmo farlo perché fa male, troppo, vederti soffrire per me. E soffro anch'io, tanto. Perché non dovrebbe importarmi, perché tu dovresti essere meno di nulla per me.
Questo incidente ci cambierà la vita, e io voglio che la tua sia perfetta."

Pensava anche tutto quello, ma, ovviamente, non lo disse.

Hermione sussultò, gli lasciò le mani e scosse la testa, decisa.

-No, ti ho promesso che ti salverò.- disse.

-Non se il prezzo è questo.- rispose automaticamente Draco, il cuore fu più rapido della mente e lui non potette fermarlo.

Si era messo a nudo, le aveva detto ciò che pensava. Le aveva fatto capire che ci teneva. Ed era tanto assurdo che ti veniva da ridere e, subito dopo, da piangere.

Hermione fece ancora un passo indietro, come se si fosse scottata.

-Credevo non ti importasse nulla di me..

E lui si sentì punto sul vivo, feritosi da solo.

-È così.- dovette dire dopo un po', quando anche l'ultimo soldato del cuore fu sconfitto dalla mente -Ma non voglio più vederti così, ho paura per la mia incolumità.

Ed era una menzogna.
Perché "ho paura per te" era troppo difficile da dire.

La grifondoro parve delusa, ma non perse tempo a riprendersi.

-Dobbiamo spostarci,- disse -qui non è più sicuro ed abbiamo bisogno di altro cibo.

-Se è un errore non vedo perché continuare.- commentò freddamente lui -La mia vita non dovrebbe valere nulla per te, sbaglio?

Non avrebbe dovuto, certo.
Ma valeva. Valeva terribilmente, tanto che lei avrebbe sacrificato la sua stessa vita per lui.

-Io..

Draco fece spalluce, prese da terra la noce, causa di tutto, e, senza troppa fatica, la ruppe. Poi la offrì alla Granger, in un gesto innocente e, forse, anche lontanamente gentile; ma lei scosse il capo e parlò di nuovo.

-Mi dispiace.- disse coraggiosamente, i sentimenti avevano vinto sull'orgoglio -Quello che ho detto ieri.. cioè stanotte..

-Non devi-

-No!- lo interruppe -Non sto mentendo. Lo rifarei, ti salverei la vita ancora.

E per loro, per due nemici giurati, quello era un grande passo avanti.

-Lo stai facendo.- disse lui, sembrava terribilmente serio -Lo fai ogni secondo che passa.

Era stato sincero, tremendamente. La verità è pericolosa, a volte sono più coraggiosi i bugiardi piuttosto che i sinceri. Perché, quando una cosa fa male, quando tutto dentro di te ti urla di dire una cosa e liberartene, fa più male resistere e tenersela dentro che far soffrire qualcun altro.

Ed, infatti, quelle parole fecero male ad Hermione. Il suo cuore stava annegando ed il pezzo di legno lanciato in mare da quelle parole sembrava essere pieno di scheggie.
Scheggie che entrano nel cuore, trafiggendolo e distruggendolo dall'interno.
Spine che sono velenose, quando quel cuore appartiene a qualcun altro.
Ed il cuore di Hermione era appartenuto a Ron, fino a quel momento.

Fece due passi indietro, tirò sù col naso e si asciugò le ultime lacrime.

-Preparati.- disse semplicemente, lottando con i singhiozzi che cercavano di spezzarle la voce -Tra poco andiamo.

·Spazio Autrice·
Ragazzi, la storia ha raggiunto di già il 241# posto!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Si basa per lo più su  Draco ed Hermione e c'è poca azione, ma nei prossimi vi prometto tanti colpi di scena!
Per ora abbiamo accantonato David, ma come avrà preso la fuga dei due progionieri? E cosa staranno architettando Harry e Ron? Blaise che fine avrà fatto?
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate nei commenti!

In ultimo, come di consueto, vi ringrazio per le stelline (siamo quasi a mille!), i commenti (wow, siamo già a mille!) e le oltre settemila visualizzazioni!
Un bacio, a venerdì!

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