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Capitolo XIV - Mi dispiace

"Lo ami davvero.
Non sto dicendo in che modo. Forse non lo sai nemmeno tu. Ma chiunque presti attenzione potrebbe vedere quanto ti importa di lui."
(Il canto della rivolta, Suzanne Collins)

Draco aveva trattenuto il respiro e chiuso gli occhi con tutta la forza che gli restava, tra le braccia stringeva ancora il corpo svenuto della Granger e, senza rendersene neanche conto, si era chinato in avanti come per proteggerla ed essere colpito al suo posto.

Udì chiaramente l'anatema che uccide venire pronunciato da una voce aspra, e tutto in quel momento si fermò.

Sua madre era morta.

Se ne rese conto per la prima volta e nel momento meno opportuno, aveva fatto di tutto per salvarla e lei era morta. L'aveva vista morire, crollare al suolo mentre un fascio di luce verde le si avvicinava sempre di più. Inizialmente aveva creduto che non l'avessero colpita, ma poi, quando l'aveva vista cadere, qualcosa dentro di lui si era spezzato.

Ne aveva sentito il rumore assordante, quello di un cuore che si spezza.
Di nuovo.
Negli unici, rarissimi punti in cui era ancora intatto.

Non aveva più importanza adesso.

Sarebbe morto anche lui. L'avrebbe raggiunta, da qualche parte dove avrebbero potuto stare tranquilli.
Per sempre. Senza che nessuno li costringesse a marchiarsi, a rischiare la vita per le stupide idee di un pazzo assassino.

Per questo Draco serrò con forza le palpebre e si preparò a morire. L'anatema era diretto a lui.

E l'avrebbe certamente colpito, se qualcosa non si fosse interposto fra lui e la morte.

Aprì di scatto gli occhi, lacrime salate ne approfittarono per sgorgare fuori senza che lui, impotente, potesse fermarle.

-Togliti di lì, Malfoy!- gli urlò un ragazzo dal volto sfocato e familiare, che gli si era piazzato davanti ed ora stava attaccando i mangiamorte in fuga.

Potter.

E, immancabili, spuntarono dal cielo una ventina di Auror in sella alle loro efficientissime scope, in prima fila, impensabilmente, Neville Paciock.

Incantesimi di tutti i tipi cominciarono a volare lì intorno: Draco avrebbe tanto voluto seguire il consiglio di Potter e togliersi di lì, ma era troppo sconvolto e ferito per alzarsi.

Gettò un'occhiata sofferente alla Granger, la vide annaspare nel tentativo di respirare e, una volta accortasi di essere tra le sue braccia, scattare in piedi. Per evitare che venisse colpita da qualche maledizione, Draco la tirò giù, stritolandole il polso nella sua presa ferrea mentre lei si guardava intorno confusa e sconvolta.

Avrebbe voluto dirle cosa era successo, o magari chiederglielo, visto che non lo sapeva neanche lui, ma non riusciva ad articolare neanche una parola: le labbra gli tremavano e continuava a piangere. Apriva la bocca per gridare, per sfogarsi, ma non ne usciva alcun suono.

-Draco!- poi lo raggiunse quella voce, tanto calda e familiare. E lì, se non tutto, molte cose cambiarono.

La stessa voce che per tanti anni l'aveva svegliato ogni notte, salvandolo dai suoi incubi ed aiutandolo a soffocare le grida di terrore. La stessa voce che gli impediva di definirsi perennemente, unicamente..

..solo.

-Blaise..- sussurrò raucamente, dopo un paio di tentativi; vide il ragazzo di colore piazzarsi con un protego davanti a lui e la Granger, per portarli al sicuro.

Si alzarono, aggrappati l'uno all'altra, in religioso silenzio; si sostenevano tenendo Blaise per il braccio libero, mentre con l'altro il moro teneva fieramente la bacchetta.

Quando furono abbasanza lontani c'erano davvero troppe cose da dire. E, come ogni qual volta si ha troppo da ammettere, rimasero in silenzio. Draco era sostenuto da Blaise, fissava il vuoto, davanti agli occhi continuava a vedere il corpo di sua madre che si afflosciava inerte al suolo.

Era come se stesse avendo un incubo, uno dei tanti, vedeva tutto sfocato ed i suoni gli giungevano ovattati. Vedeva la Granger che, poggiata con la schiena contro un albero, cercava la forza per parlare e chiedere spiegazioni a Zabini.
Ma la voce non veniva fuori, lo spavento, la paura erano troppi. E lei tremava dal freddo e zoppicava stantìa sulla sua caviglia ferita.

Pochi minuti più tardi gli Auror fermarono la loro frenetica battaglia. Avevano preso tre mangiamorte e ne avevano uccisi cinque; sei di loro si smaterializzarono direttamente ad Azkaban per condurci i tre prigionieri novelli, mentre un'altra dozzina partì all'inseguimento degli altri, ancora in fuga.

Hermione vide Ron correrle incontro, aveva le lacrime agli occhi e le guance in fiamme. Da uno strappo dei pantaloni si intravedeva un ginocchio ferito, sporco dello stesso sangue che fuoriusciva da un taglio profondo al mento del ragazzo.
Ma non ebbe molto tempo di osservarlo, poiché lui le corse incontro e la strinse fra le braccia. Hermione rimase immobile, ancora paralizzata dal terrore, quando Ron la baciò. Ovunque, sulle labbra e sulle ferite. E le sussurrò cose che avrebbe dovuto dirle prima, ma che gli venivano in mente solo ora che l'aveva persa.
Le dedicò cinque minuti buoni, mentre Draco e Blaise guardavano altrove disgustati ed Harry con i due Auror rimasti quasi non si commuovevano a guardare la scena.

Poi, come se l'avesse visto solo in quel momento, Ron si diresse come una furia verso Draco. Blaise riuscì a stento a reggere il serpeverde, quando il grifondoro lo colpì al naso con un pugno fortissimo.

Harry si avvicinò subito per calmare il migliore amico, Blaise si chinò a soccorere il suo.

Ma Ron non voleva saperne, doveva vendicarsi, doveva fargli capire che Hermione non avrebbe dovuto toccarla.

Perché era colpa di Malfoy se erano lì.
Colpa sua se Hermione era ridotta in quello stato.
Colpa sua se stava per essere uccisa.
Colpa sua che fosse colpa sua.

-Ron..- a fermarlo dallo scagliare un nuovo pugno al serpeverde fu solo il mormorio di Hermione, flebile come quello di un uccellino moribondo.

Ron le fu subito accanto, la strinse a sé e la sorresse con più dolcezza possibile per non farle male.

-Non è colpa sua.- sputacchiò con calma Hermione, quando vide i due Auror che si dirigevano verso Draco.

-Non..- tossì leggermente al fumo degli incantesimi che si stava propagando fin lì -Ron, mi hai sentita? Non è colpa di Malfoy.- ripeté, questa volta più forte.

Ma Ron non la ascoltava, le dava dei colpetti dietro la nuca, come se fosse una bambina, e le intimava il silenzio con un annoiato sibilio delle labbra. Gli Auror strapparono Malfoy dalle braccia di Zabini, le proteste di questo ultimo vennero messe a tecere dalle occhiataccie severe di Potter e dalle bacchette che gli Auror tenevano puntate contro Draco.

Solo in quel momento Hermione ricordò che aveva ancora la bacchetta del ragazzino, quello a cui l'aveva presa per fuggire. La impugnò di nascosto, dietro la schiena; e prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore.

Puntò lo sguardo su Malfoy, accorgendosi con non poco stupore che anche lui la stava guardando. Negli occhi gli si leggeva un dolore sordo, si lasciava strattonare e sembrava quasi gioire del dolore che gli procuravano le ferite: la fasciatura improvvisata che Hermione gli aveva fatto all'avambraccio sinistro per bloccare l'emorragia ora era tutta insanguinata, le gambe tremavano ed appariva chiaro che il serpeverde si stesse reggendo solo sulla sinistra, il viso era scavato e gli occhi si chiudevano ogni tanto affiché le palpebre facessero da barriera alle lacrime del ragazzo.

Arriva il momento, nella vita di ognuno di noi, di fare una scelta fondamentale. Ciascuno cresce con i propri ideali, in accordo con se stesso e con ciò che gli anni gli hanno insegnato a fronteggiare, le proprie paure, il coraggio o meno di affrontarle. E poi a un certo punto si ci trova lì, con due strade sotto il naso. E non basta chiudere gli occhi e sceglierne una a caso, perchè destra e sinistra sono contrari tanto quanto è opposto ciò che troveremo seguendo ciascuna delle due. Possiamo scegliere quella a destra, la più logica, seguendo i nostri ideali di sempre; oppure possiamo provare a sinistra, dove ci porterebbero il cuore e l'istinto. Potremmo sradicarci, trovare cose meravigliose, ma per farlo bisogna prima essere disposti a ripartire. A cancellare attimi, giorni, anni della nostra bellissima vita. Se non hai una ragione per andare a sinistra, saresti uno stupido a farlo.

Ed Hermione? Lei ce l'aveva una ragione?
Da un lato vedeva già il camino caldo, l'allegria e la sicurezza della Tana; sentiva le braccia di Molly stritolarla e i baci emozionati che Ginny le avrebbe scoccato sulle guance. Dall'altro, invece, non c'era nulla. Niente di niente. Solo buio, ed una grande sensazione di angoscia e terrore.

In mezzo al nulla, c'era Draco. Scortato ad Azkaban da due Auror, dato crudelmente in pasto ai dissennatori ed abbandonato ad un destino indelebile. Marchiato.

Il peso delle conseguenze le gravava sulle spalle al solo pensiero, provava miliardi di emozioni in pochi attimi. Prese decisioni diverse, fece congetture e pensò ai piani più improbabili.

In questi casi si chiudono gli occhi, si apre il cuore e si contano i passi immaginari che questo fa. Perchè, anche se siamo troppo superficiali per accorgercene, il cuore cammina. Testardamente e sfortunatamente in una direzione che non siamo noi a scegliere, a volte non fa altro che girare in tondo alla ricerca di un altro cuore che passeggia in giro da quelle parti.

E la strada a sinistra sembrò ad Hermione quella più folle e complicata, probabilmente fu proprio per questo che la scelse.

Strinse forte la bacchetta, si staccò leggermente da Ron e chiuse gli occhi, cercando invano di tranquillizzarsi.

Sei forte.
Lo sei sempre stata.
Puoi farcela, Hermione.

Era ferita e dolorante, ma non era la prima volta. Era stata anche peggio in altre occasioni, aveva combattuto e vinto, sempre. Ed ogni volta che l'avevano distrutta, lei aveva saputo ricostruirsi. D'accapo, con una forza colossale e sorprendente.

Si divincolò dalle braccia di Ron, incespicò nella sua caviglia rotta ed estrasse la bacchetta.

E corse, il più velocemente che poté. Raggiunse gli Auror e ne afferrò uno per il mantello, poco prima che i due stessero per smaterializzarsi con Draco ad Azkaban.

Azkaban, la prigione dei maghi ad altissima sicurezza.
Azkaban, il posto più spaventoso e terribile di tutti.
Azkaban, dove avrebbero portato Draco.

E lei, il perché non lo sapeva ancora, lo avrebbe salvato.

-Signorina Granger?- chiese uno degli Auror, voltandosi di scatto nel vederla dietro di loro.

-Ha bisogno di cure.- rispose lei, la voce era dura e tagliente; con un gesto del capo indicò Draco, curvo e mezzo svenuto fra le braccia dei due Auror.

-Hermione?- Ron spuntò dietro di lei, le sopracciglia aggrottate.

Harry se ne stava in disparte, guardando la scena come se fosse uno spettatore esterno. Zabini sembrava scomparso.

-Anche tu, Hermione..- le fece notare Lorey, un Auror che aveva conosciuto durante la battaglia.

-Anderson, Smith, andate.- sibilò Ron, preoccupato e piuttosto pallido.

La grifondoro strinse i pugni, incassò la testa nelle spalle e puntò la bacchetta contro i due Auror.

Era una scelta la sua, forse la più sbagliata di tutte.

Era sempre stata una donna forte, Hermione, dal carattere temprato e il coraggio di agire, oltre che dalla mente brillante. Ma quella volta fu impulsiva.

-Stupeficium!- gridò; e Lorey, colto alla sprovvista, venne scaraventato lontano.

-Signorina Granger, non mi costringa a-

Ma, prima che l'altro Auror terminasse la frase, Hermione l'aveva già disarmato ed ora gli stava puntando contro la bacchetta.

Draco, senza nessuno che lo sorreggesse, si afflosciò a terra. Ron si avvicinò ad Hermione con le mani alzate (la bacchetta era ancora nel mantello) ed Harry sgranò gli occhi, sorpreso.

-Che stai facendo?- le chiese con calma il rosso, quando la vide avvicinarsi a Malfoy ed afferrarlo per un braccio.

-Granger!- il richiamo di Zabini distrasse il trio, che si voltò verso quest'ultimo che, dalla sella di una scopra proprio sopra di loro, lanciò qualcosa di piccolo e viola ad Hermione. Questa ultima afferrò al volo la sua borsetta di perline, troppo occupata a fissare Ron ed Harry per chiedersi come facesse ad averla Zabini.

-Harry!- Ron questa volta supplicava, rivolto al migliore amico, dietro di lui, come se lo stesse implorando di intervenire.

Ma Hermione fu più veloce, strinse Draco e si smaterializzò: l'ultima cosa che udì furono le urla di Ron, che la chiamavano disperatamente.

***

Arrivarono in un luogo praticamente deserto, al limitare di un fitto bosco. Una pianura senza un limite all'orizzonte, che si stagliava attorno a loro seminascosta dalla nebbia di quella notte di gelo autunnale.

Il respiro irregolare, il cuore a mille e gli occhi chiusi nel disperato tentativo di credersi altrove. Draco dovette appoggiarsi al tronco di un albero per non cadere e, subito dopo, si lasciò scivolare lungo la corteccia.

Hermione gli fu subito davanti.

-Stai bene?!- gli chiese allarmata, anche lei sconvolta e confusa da quello che aveva appena fatto.

Ma lui era già svenuto.

Hermione pregò che le sue ferite non si fossero infettate, anche se sembrava l'unica spiegazione plausibile. Con mani tremanti, prese la borsetta di perline e scoprì che vi era ancora applicato l'Incantesimo Estensivo Irriconoscibile. Con un po' di sollievo, notò che c'erano ancora tutte le cose che erano servite a lei, Harry e Ron durante la guerra. Compresa la tenda.

La montò in fretta, con movimenti tremanti ed imprecisi della bacchetta. Poi lanciò qualche veloce incantesimo di protezione, per quanto inutile che fosse, visto che si erano smaterializzati molto lontano da Londra ed in nessuno dei posti in cui aveva mai portato Harry, Ron o gli altri Weasley.

Sistemò in fretta e furia una branda, all'interno dell'ampia, comoda e ben arredata tenda. Poi ritornò fuori dove, sollevata, trovò Draco esattamente dove lo aveva lasciato.

Con un incantesimo di levitazione lo distese sul letto e gli tolse ciò che restava della camicia logora. Rimase un attimo a contemplare la vista della schiena del giovane. Era indubbiamente tonica e pura, nonostante la sporcizia e le ferite che sembravano deturparla. Hermione si rattristò non poco al pensiero che la sua schiena dovesse essere ridotta allo stesso modo, ma che non sarebbe riuscita a curarsi.

Lentamente portò le mani sulla schiena del ragazzo, carezzando dolcemente la pelle delicata. Poi, come ridestandosi, prese una bacinella ed uno straccio.

-Aguamenti.- sussurrò; e la bacinella si riempì di acqua tiepida.

La grifondoro bagnò lo straccio e prese a passarlo sulla schiena di Draco, per lavarlo ed allo stesso tempo grattare via le croste e disinfettare eventuali ferite maggiori.

Era bello.
P

allido, ferito..


Ma per lei restava bellissimo. In quel momento, lì, mentre lo fissava, si accorse che forse non lo meritava.
Aveva solo sedici anni quando tutto quello era cominciato, e probabilmente non sarebbe mai finito.
Lei stessa aveva avuto una storia difficile, aveva combattuto contro Voldemort fin da quando aveva undici anni, lei, una nata babbana. Ma non sapeva cosa significasse farsi marchiare per proteggere i propri genitori, essere costretti a fare del male, a tradire i propri amici.

Perché, ormai ne era sicura, lui era stato costretto.

Era un bastardo, un insopportabile opportunista vigliacco, ma non un assassino. Non un mangiamorte. E l'aveva dimostrato quel giorno stesso, facendo di tutto ed essendo disposto a sacrificare la sua stessa vita pur di proteggere la madre.

Quando ebbe finito il suo lavoro, Hermione coprì il serpeverde fino al mento, sistemandogli una pezza fredda sulla fronte.

Poi, finalmente, andò in un'altra stanza ed ebbe il tempo di pensare a lei.

Come prima cosa prese un Ossofast per la caviglia rotta , poi si lavò e cambiò (con i vestiti che aveva nella sua borsetta a perline). Ora che ci rifletteva a mente lucida, era impossibile che Zabini avesse la sua borsa. Neanche Harry e Ron sapevano che non l'aveva svuotata, che la teneva sempre con sé dalla fine della guerra, per paura che succedesse ancora qualcosa.
Ginny era l'unica a saperlo, ma non capiva come questa potesse collegarsi a Zabini.

In tutto ciò, si fecero le sette del mattino e, ahimè, si fece giorno. Hermione controllava Malfoy ogni dieci minuti, per poi occuparsi di faccende utili: come ad esempio rafforzare gli incantesimi di protezione, vedere cosa c'era nella sua borsetta ed elaborare piani.

Francamente non sapeva neanche come ci fosse arrivata lì.
Cosa diavolo l'aveva spinta a fare una cosa del genere?!
Ora lei e Malfoy avevano alle calcagna rispettivamente David, Auror e dissennatori.
E vi assicuro che in una classifica di cosa è peggio queste tre entità occuperebbero unanimemente il primo posto.

Fu solo verso le dieci del mattino che Hermione crollò esausta su una sedia al capezzale di Malfoy, erano giorni che non dormiva e si era stancata davvero moltossimo.

Ironia della sorte, fu proprio pochi minuti più tardi che si svegliò Malfoy. Le ultime cose che ricordava riguardavano le torture subite da David con sua madre presente, circa due giorni prima. Il bacio con la Granger, la fuga, la morte di Narcissa e tutto il resto per lui erano sullo stretto confine tra incubo e realtà.

Sobbalzò quando si accorse di non avere la camicia e di essere disteso su un vero letto, le ferite bruciavano molto meno ed il dolore alla testa sembrava essersi attenuato.

Si guardò intorno spaesato, constatando di trovarsi in una tenda stregata. Poi, senza crederci veramente, vide la Granger addormentata.

Due lacrime le stavano scendendo lungo gli occhi ed aveva le sopracciglia aggrottate e le labbra arricciate in una smorfia: stava avendo un incubo.

Beh, lui lo stava deliberatamente vivendo, invece.

Se lei era lì, se lui era lì..
Questo significava che quello non era un incubo e quindi che sua madre..

-Draco!- Hermione si era svegliata a causa di un movimento brusco del serpeverde. Subito gli si avvicinò, gli toccò la fronte e sussurrò appena -Come ti senti?

-Dov'è mia madre?- chiese in risposta Draco, nella voce un'evidente nota di panico.

Lei tacque.

-Granger..- questa volta la voce era spezzata dai singhiozzi, gli occhi si stavano facendo lucidi -Dov'è?

Hermione si morse il labbro inferiore, poi fece con titubanza un piccolo passetto avanti.

-Dov'è mi madre?!- ripeté lui, questa volta urlando e tentando di balzare in piedi, nonostante le forze gli mancassero.

Hermione si alzò e fece qualche passo indietro, come se volesse scappare da lì.

-Rispondimi! Granger, ripond-

-È morta.- lo interruppe, la voce non le tremava ma lacrimoni salati avevano iniziato a colarle lungo le guance.

-No.. non è vero. Stai mentendo!- le urlò contro, alzandosi dal letto e, dopo aver barcollato un po' avvicinandosi pericolosamente a lei -Non è.. lei non è-

-Mi dispiace.- gli mentì.

Perché no, non le dispiaceva.
Lei ne era distrutta.
E non sapeva neanche perché.

-Non era un sogno..- sussurrò il ragazzo.

-Che stai dicendo?

-Mi hai.. tu mi hai salvato la vita..- sembrava un pazzo, il freddo controllo del Malfoy che conosceva Hermione era sparito.

-Perché?- chiese all'improvviso, il tono di un disperato che vive di risposte.

-Cosa perché?

-Perché lo hai fatto?- le chiese, a stento riusciva a controllarsi.

E, forse, da quella risposta sarebbe dipeso tutto.


·Spazio Autrice·
Buonasera e tanti auguri a @txfelton! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, l'ho scritto molto di fretta a causa del carico di verifiche che ho in questo periodo.. ):
Volevo ringraziarvi, come sempre, perché la storia sta ricevendo davvero molte stelline e tantissimi commenti! Sapete quanto mi faccia piacere, non smetterò mai di dirlo.
Un bacio, a venerdì!

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