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Prologo - Legati dalla Morte

Palude, giurisdizione di Pokke...

Aprì lentamente gli occhi. C'era un odore molto forte e acre che impregnava l'aria di quella grotta.
Sentiva freddo ovunque, tranne sul ventre, qualcosa lo teneva al caldo.
Guardò in basso. Si rese conto di essere prono sul suo stesso sangue. Ne perdeva molto, ma finché non si accorse della ferita al fianco, non sentì dolore.
Attorno a lui, le carcasse di tre Aptonoth e quella di un Gypceros stavano per essere il pasto di un mucchio di mosche e altri insetti.
Si girò verso sinistra, incontrando lo sguardo vitreo e spento di una ragazza. Una cacciatrice come lui. La sua bocca era spalancata e un lungo taglio le aveva reciso la carotide.
Trattenne un conato di vomito e cercò di alzarsi, invano. Sentiva troppo dolore per riuscire a fare un movimento simile.
Non capiva dov'era, e soprattutto perché era lì, ferito e con così tanti cadaveri attorno.
Continuò a guardarsi in giro finché non intravide altri due corpi umani.
Tentò di avvicinarsi a loro, strisciando, aiutandosi solo con il braccio sinistro. L'altro lo teneva impegnato premendo sulla ferita.
Raggiunse il più vicino. Non lo riconobbe. Il suo viso era una maschera di sangue.
Con fatica spostò il morto per farsi strada verso l'altro.
Stremato si gettò sul corpo di quest'ultimo. Era prono e aveva il viso rivolto verso il pavimento della grotta.
Con un grande sforzo girò il cadavere, scoprendo una faccia ben nota.
I suoi occhi divennero lucidi, iniziò a singhiozzare.
Tese la mano destra, sporca di sangue, verso il viso dell'uomo e lo accarezzò delicatamente.

"Papà" disse con voce fievole.

Gli guardò il collo e scorse una catenina argentata. La tirò a sé, rivelando il simbolo di un Teostra rosso in campo bianco, attaccato all'estremità di una collana.
La strappò e la strinse forte nella sua mano sinistra.

In quel momento, sentì dei rumori. Dei passi.
Si gettò immediatamente con il viso sul petto del padre e cercò di rimanere il più immobile possibile. Iniziò a chiedersi il perché di quel gesto così improvviso. Poteva chiedere aiuto a chiunque sarebbe entrato in quella grotta in quel momento. Ma fu come se un presagio, o l'istinto, gli impedì di muoversi.

Sentì tre passi ben distinti. Due erano pesanti, con il tipico rumore di un'armatura metallica. L'altro era molto più leggero.
Questi si avvicinarono, uno di loro prese parola, una ragazza.

"E di questi cosa ne facciamo ora?" chiese.

"Prendete le loro tessere della Gilda, potrebbero servirci" rispose un uomo. Non riconobbe la sua voce, ma non avrà avuto più di trent'anni.

Una mano pesante raggiunse la sua bisaccia, rovistò e rimosse qualcosa. La stessa mano fece poi la medesima cosa nella bisaccia di suo padre.
Riuscì a scorgere qualcosa da quella posizione. La ragazza, camminava a piedi scalzi e indossava un'armatura che non riuscì a riconoscere e che non copriva granché. I suoi capelli erano corti e bianchi.
Stava leggendo i dati raccolti sulla sua tessera. Alzò d'improvviso gli occhi e li puntò verso di lui. Si accorse che ancora vivo.
In un momento si sentì tirare verso l'alto da una forza sovraumana e venne lanciato di lato. Atterrò sul fianco ferito e cacciò un urlo di dolore.

Si mise seduto con fatica e iniziò a strisciare con le mani portandosi il più distante possibile.
Davanti a sé troneggiava una figura imponente in armatura di Tigrex. Portava nella sua fondina un gigantesco spadone e respirava rumorosamente.
Vide la ragazza riporre le quattro tessere nella sua bisaccia. Riconobbe l'armatura, era di Barioth.
Appena concluso il gesto, con uno ancora più veloce estrasse una balestra e la puntò verso la sua direzione.

"No, ferma" disse la voce di prima.

Il terzo cacciatore, comparve da dietro l'altro uomo. Indossava un'armatura inquietante che non aveva mai visto prima.
Un'armatura nera, sembrava quasi un lungo cappotto in pelle di drago. L'elmo era composto da una maschera con una punta ricurva verso il basso e un cappello simile a un fedora. Due grandi occhi rossi cremisi risaltavano nell'inquietante figura.
A una prima occhiata non sembrava avere armi con sé, ma concentrandosi, riuscì a inquadrare due piccole balestre a una mano attaccate alla cintura e tante fiale di colori diversi accanto a loro.

"Siamo qui per recuperare l'autore di questo macello" continuò "non per ucciderne altri".

"Sissignore..." rispose poco convinto il tizio più grosso.

"Muovetevi verso l'Area 7" disse.

I due non proferirono parola, si guardarono e poi si diressero verso la zona indicata dal capo, dopo aver lanciato l'ultima occhiata verso il ferito.

Il cacciatore rimase ancora qualche secondo a guardarlo.
Poi, si girò, si diresse verso il cadavere del Gypceros. Con un colpo secco staccò la cresta luminosa del mostro e la strinse nella mano destra.

Si avvicinò nuovamente al ferito. Si inginocchiò al suo fianco. Prese una fialetta con all'interno un fluido color magenta. La aprì e la poggiò sulle labbra del malcapitato.

"Bevi, ti farà resistere fino all'arrivo dei prossimi soccorsi" disse con una voce quasi rassicurante.

Comunque impaurito, il cacciatore ingerì il liquido e l'ultima immagine che vide fu l'inquietante figura portare l'indice sinistro di fronte alla maschera e dire "shhh".

Poi il buio.




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