Chapter 7
I miei pensieri viaggiarono dappertutto mentre Rhoda scattò in avanti, spingendo con una mano la mia schiena, posando il pettine nuovamente in bagno.
"Deve muoversi, in questo momento!" Disse in fretta.
Cercai di darmi una calmata nello stesso instante in cui impugnai la maniglia della porta, cercando di scacciare la vecchia signora che si rivelò essere abbastanza forte. Le mie unghie resistettero per un paio di secondi stringendo la maniglia prima di essere trascinata verso il lavandino.
"Non ho intenzione di allestirmi per lui!" Urlai mentre provai a correre dietro di lei, ma lei si affrettò a sbattere la porta per bloccarmi l'uscita.
"Dobbiamo risolvere il vostro alito e i capelli. Non ci vorrà molto." Stava ansimando, era senza fiato mentre correva avanti e indietro per tutta la stanza di medie dimensioni. Alla fine afferrò un prodotto per i capelli.
"Non ho intenzione di parlare con lui." Dissi ostinatamente, incrociando le braccia e stringendo le labbra in segno di sfida.
Si fermò di colpo, girandosi verso di me. Le sue mani riposavano sui fianchi, un cipiglio era inciso sul suo viso, facendomi zittire all'istante.
"Sono convinta che sia abbastanza intelligente da capire la situazione a portata di mano, giovane signora. Quest'uomo con cui sta per avere un colloquio tiene la vostra vista nel palmo della sua mano, potrebbe anche fare del suo meglio per lasciare almeno una buona impressione. Si tratta della vostra vita." Divagò cercando di farmi ragionare in un certo senso.
Forse aveva ragione, dovevo fare del mio meglio per uscire da quel posto. Anche se era la vicina del nostro paese, avevo l'impressione che stesse dalla mia parte riguardo a quello che ci voleva per tenermi in vita. Voleva vedermi camminare fuori da questo posto tutta intera.
Abbassai la testa, annuendo.
"Sapevo che avrebbe capito." Pizzicò la mia guancia, tutta la rabbia se ne andò proprio come era venuta. Senza dire una parola, mi voltai verso il lavandino per darle il pieno accesso ai miei capelli.
Mi passò uno spazzolino da denti rosa e un dentifricio, spazzolai i denti per sbarazzarmi del mio alito mattutino. Sputai la schiuma nel lavandino, e poi, le diedi un grande e esagerato sorriso a trentadue denti.
"Ecco la mia ragazza!" Ridacchiò, prendendomi la mia mano. "Ora venite, lui sarà qui a momenti."
Come un burattino, venni tirata indietro nella grande camera da letto, ancora in abito da sera del quale Rhoda voleva sbarazzarsi.
"Vi cambieremo più tardi, adesso devo andare via. Buona fortuna, amore." Mi baciò sulla guancia prima di correre fuori dalla stanza.
Mi lasciò con il cuore in gola e il puro nervosismo causato da qualcuno che non avevo voglia di vedere, soprattutto con una camicia di notte rosa.
Mi sdraia nel letto nel tentativo di alleviare la mia testa dolorante, doleva ancora dal duro colpo.
Le mie emozioni rimbalzarono avanti e indietro tra accecante rabbia che voleva uscire anche contro la mia volontà, volendo scatenarsi nel momento esatto in cui avrebbe fatto irruzione nella stanza, alla calma che mi avrebbe invece tirata fuori da qui senza fare storie. Sapevo quanto potere aveva visto che ero in questo posto. E in effetti, era definitamente tagliato per questa mansione. Verificava la sua autostima attraverso l'impegno, non avrebbe lasciato che il suo cuore intralciasse le sue azioni.
Io d'altra parte, ero più una buona a nulla quando si trattava di questo genere di cose. Non potevo nemmeno immaginarmi premere il grilletto per porre fine alla vita di una persona, anche in pericolo imminente.
"Finalmente sei sveglia." Una voce rauca proveniente da un angolo della stanza, mi spaventò riscuotendomi.
La mia testa scattò all'insù dopo aver sentito la sua voce, il mio sguardo atterrò sul corridoio, avvolto nelle tenebre.
E poi il buio si mosse - lento e mutevole, fino a quando una figura emerse. Per un momento pensai che fosse un essere oscuro, piuttosto che un umano.
Rimasi senza fiato alla sua vista nella mia forma femminile, e mi persi nel suo aspetto. Il suo corpo era accentuato da una maglietta nera che mostrava il suo collo e dei jeans scuri. Indossava una giacca di pelle, gli occhi di un colore vibrante. Il suo fisico era evidente anche attraverso i vestiti. Urlai mentalmente con me stessa per l'indecenza, ma era innegabilmente molto attraente. Mi sentivo completamente esposta sotto il suo sguardo nella mia camicia da notte, la quale non era nemmeno mia.
E qui ritornai a pensare come una ragazzina..
Ingoia fittamente quando si voltò per chiudere la porta, lasciandoci completamente soli. Mentalmente mi rannicchiai, sperando che non si facesse strane idee. Non ero mai stata lasciata con un uomo che non conoscevo da sola in una stanza, c'era sempre una sorta di guardia che si assicurasse che nulla di inadeguato mi succedesse. Potevo sempre chiamare un assistenza.
Ma ora, era lui a condurre il gioco.
Abbasso la testa e i suoi occhi incontrarono i miei, ma non osai scendere dal letto. Rimasi ancora immobile.
"Ora, è stato uno bello spettacolo quello che hai tirato fuori questo pomeriggio. Mi hai sorpreso, lo ammetto." Si aggirò per la stanza, ma mantenne il suo sguardo puntato su di me. Qualcosa nel suo tono fermo mi disse che non era divertito da tutto quel calvario, nonostante le sue parole.
Non dissi niente.
Guardò nel vuoto per un breve momento, il filo dei suoi pensieri lo consumava.
"Devo dire che sono abbastanza confuso." Abbassò la testa, riconoscevo che era disturbato da qualcosa da me sconosciuto, ma in qualche modo ci passai sopra.
"Per cosa?" Dissi, parlando per la prima volta.
I suoi occhi si indurirono quando incontrò ancora una volta il mio sguardo, anche se riuscì a mantenere il suo viso calmo e bonario. Falso.
"Stavo davvero pensando di lasciarti andare, sai." La sua voce uscì fuori leggermente divertita, il suo petto si gonfiò leggermente. Ricordai il momento dove stava seduto con il suo cipiglio sul volto, mentre mi irritavo ogni volta per le sue idiozie. Era stato estremamente immaturo e scortese con noi tre, non aveva avuto nessuna ragione per esserlo, gli avevamo fornito soltanto risposte cortesi e trattative adeguate. Era come se non avesse mai imparato ad essere cortese, come se manipolasse la sua nazione.
Non c'era modo che le sue parole potessero essere veritiere.
"Perché non l'hai fatto allora?" Me ne uscii, restringendo gli occhi su di lui. I suoi occhi duri mi guardavano con un'emozione che non riuscivo a decifrare. Harry Styles, a differenza di chiunque altro, non era un libro aperto per me. E ciò era una rivelazione.
"Perché non l'ho fatto?" Perché a quanto pare, a tuo padre non gli importa del tuo benessere, dando l'ordine di aprire il fuoco mentre eri qui, a discutere." La sua voce si abbassò ad un tratto, perdendo ogni senso di divertimento.
Rimasi scioccata, balzai in piedi, non rendendomi conto dell'errore che avevo appena fatto.
"Stai mentendo." Dissi.
Il mio respiro si fermò in gola quando mi si avvicinò, il suo viso era come pietra fredda.
Iniziai a indietreggiare finché la mia schiena colpì il muro accanto al letto. Harry Styles non si mosse per toccarmi o farmi del male, se ne stava direttamente di fronte a me.
Odiavo il modo in cui mi stava dominando.
"Ti ho lasciata riposare, le mie migliori cameriere ti hanno assistito, esco allo scoperto e ti dico tutta la verità ed è così che vengo ripagato?" Sibilò tra i denti.
I miei occhi guizzarono al suo viso, la nostra altezza differente era prominente, soprattutto data la mancanza dei miei stivali neri.
"Mio padre non vorrebbe mai farmi ammazzare!" La mia voce era poco familiare alle mie orecchie. Era stridula e alta. Voleva soltanto farmi irritare. In ogni caso non mi sarei fatta abbindolare dalla sua manipolazione. Ero più intelligente di così.
"Sai cosa, non me ne frega un cazzo. Credi quello che vuoi." Mi ritrassi al suo linguaggio, senza preoccuparmi di nascondere il disgusto nella mia voce.
"Il re non dovrebbe usare un linguaggio volgare." Sbottai i miei pensieri ad alta voce.
Piagnucolai quando scattò, balzando in avanti per afferrare i miei polsi. La sua grande mano mi teneva stretta e mi ricordai di come le sue mani erano così grandi in confronto alle mie più piccole. Il suo alito caldo sventolò sul mio viso, facendomi rabbrividire l'anima.
"Odio farti male piccola, ma c'è stato un malinteso. Sei un ostaggio ora, nel mio palazzo." Il suo tono si abbellì di poco, i suoi occhi smeraldo si scurirono mentre mi trafiggeva con il suo sguardo duro. "Ti ho già detto cosa penso dei traditori, hai infranto una delle mie regole più sacre, la regola di fedeltà. Hai giocato con le mie regole. E quando chiedo a qualcuno di fare qualcosa, eseguono quello che dico o le teste vengono tagliate."
Mi sentii nauseata alle sue parole. Stava per...uccidermi?
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Ho voglia di tradurre un'altra (e forse ultima) storia, gneww.
Qualche consiglio su quale potrebbe essere? Per ora non ho trovato quasi niente che mi abbia VERAMENTE colpito.
Le altre storie oramai sono sospese perché le autrici non vanno avanti e perciò è impossibile continuare, mentre Red Snow ancora pochi capitoli e sarà completa, finalmente.
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