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Sbavatura




Quando Draco Malfoy mise piede al Ministero, si diresse come d'abitudine al terzo livello.

Dovette poi scendere di un'ulteriore piano quando venne fermato da un paio di maghi, che gli ricordarono che il suo solito ufficio era inagibile e che doveva raggiungere quello di una certa ex Grifondoro al quarto livello.

Hermione Granger stava parlando con un uomo di mezza età, probabilmente il suo responsabile, il quale continuava a ciondolare sui piedi, come se non riuscisse a stare fermo.

Mentre le passava accanto, Draco non poté fare a meno di notare che quel giorno la ragazza non si era legata i capelli, che le ricadevano sulle spalle e le incorniciavano il volto, dai lineamenti induriti da un'espressione seria

Il completo color verde che indossava gli ricordava il colore della trapunta del suo letto ad Hogwarts e... era rossetto quello che aveva all'angolo della bocca?

Draco sentì chiaramente un nodo allo stomaco, mentre pensava che Ronald Weasley fosse un uomo fortunato.

Draco entrò nello studio dell'ex Grifondoro, dove il suo capo, il signor Dibert, seduto alla sua scrivania, sembrava sul punto di implodere.

«Buongiorno», lo salutò Malfoy, nascondendo le mani che gli tremavano per il nervosismo dietro alla schiena.

L'ufficio era stato allargato con la magia per permettere alle tre scrivanie che lo occupavano di non stare troppo ammassate l'una sull'altra.

Senza pensarci Draco occupò quella di fronte al suo capo, che era perpendicolare a quella della Granger.

«Buongiorno», disse l'ometto, senza distogliere lo sguardo dal foglio che stava leggendo: «È appena arrivata una comunicazione, io e un paio dei ragazzi dobbiamo andare a Oxford per sistemare un caso 3».

"Uso di magia involontaria da parte di un minorenne, a cui hanno assistito dei babbani", pensò Malfoy, annuendo.

«Secondo i miei calcoli non dovrei impiegarci più di due orette, mentre sarò via dovrà occuparsi lei di qualsiasi emergenza dovesse sopraggiungere», aggiunse il signor Dibert, scrivendo frettolosamente qualcosa su un foglio.

«Certo, signore», disse Draco, iniziando a leggere con finta attenzione alcune delle lettere e pratiche che aveva sulla sua scrivania.

Le dita continuavano a tremargli appena.

Quando il capo del Quartier Generale degli Obliviatori abbandonò l'ufficio, Draco smise di fingere e prese un profondo respiro per calmarsi.

Possibile che la vista di qualcosa di tanto banale come il rimasuglio di un po' di rossetto all'angolo della bocca di Hermione Granger potesse fargli avere una reazione simile?

Chissà come doveva esserselo tolto...

L'immagine della bocca della ragazza premuta con foga contro quella di Ronald Weasley gli provocò un conato di vomito e un brivido di ribrezzo.

In quel momento Hermione entrò nell'ufficio e i loro sguardi s'incrociarono.

Draco usò l'Occlumazia per nascondere il suo turbamento e sfoggiò il suo tipico sorriso arrogante: «Buongiorno, Granger».

Hermione distolse lo sguardo, tenendo mento e naso ben alti, mentre raggiungeva la sua scrivania e ci si sedeva: «Buongiorno», disse, nascondendo il volto dietro una pergamena.

Draco rimase in silenzio per qualche secondo, chiedendosi come intavolare una conversazione e scoprire ciò che realmente lo interessava: come era scomparso il resto del rossetto dalle labbra della ragazza.

Era consapevole che la sua curiosità conteneva una punta di masochismo, ma non aveva intenzione di lasciarsi intimorire da nulla, tantomeno dai modi freddi e calcolati di Hermione.

«Non ti facevo il tipo da sveltina prima del lavoro», mentì Draco, attirando istantaneamente l'attenzione della ragazza su di sé.

Hermione sembrava sconvolta e imbarazzata: «Come, scusa?»

«Vuoi dirmi che non hai fatto sesso con Weasley prima di venire in ufficio?», chiese Malfoy, osservando con interesse il modo in cui le guance della ragazza avevano assunto un color rosa acceso.

«No», disse Hermione, con un'espressione che il ragazzo non riuscì a decifrare: «E comunque non penso che siano affari tuoi!»

Draco Malfoy rimase per qualche secondo a corto di parole, mentre posava lo sguardo sul segno rosso all'angolo della bocca della ragazza.

«E allora perché hai una sbavatura di rossetto, Granger?», un pensiero improvviso, una punta di insensata speranza, lo spinse a porre un'altra domanda: «Volevi forse farti bella per me?»

Hermione si portò subito una mano a coprirsi la bocca, mentre gli occhi le si spalancarono.

Draco rimase folgorato da quello sguardo e dalla consapevolezza che sì, Hermione Granger si era fatta bella per lui quella mattina.

L'ex Grifondoro uscì dall'ufficio con passo di marcia prima che lui potesse bloccarla in qualche modo.

Draco sentiva il cuore nel suo petto battere con forza, mentre si alzava in piedi, indeciso se seguirla o aspettare che la ragazza tornasse.

Non sapeva cosa pensare in quel momento.

Era possibile che avesse interpretato in modo errato la reazione della Granger? Possibile che si fosse sbagliato?

Non voleva alimentare troppo le proprie speranze, per paura di realizzare poi troppo tardi di essersi illuso inutilmente.

Il fatto che lui provasse ancora qualcosa per lei, il fatto che per tutti quegli anni si fosse aggrappato ai ricordi della loro relazione segreta, non voleva dire che anche lei l'avesse fatto.

Quando Hermione tornò, pochi secondi dopo, aveva le labbra pulite da ogni sbavatura e le guance rosse per quello che Draco pensò essere imbarazzo.

«Granger», iniziò lui, pronto a chiederle spiegazioni, ma l'ex Grifondoro lo interruppe, alzando una mano per zittirlo: «Malfoy, dovrei lavorare, non parlare con te», disse con tono aspro, raggiungendo in pochi passi la sua scrivania.

«Parleremo dopo l'orario di lavoro», aggiunse, lanciando una veloce occhiata al ragazzo, prima di dedicare la propria attenzione alle pergamene che aveva sulla scrivania.

Draco si scoprì in un primo momento infastidito dalle maniere sbrigative della ragazza, ma non si oppose, rendendosi conto che Hermione aveva ragione.

Si sedette alla sua scrivania e riprese a leggere i documenti che aveva di fronte, cercando di non lasciarsi distrarre dalla presenza della sua ex amante a pochi passi di distanza.

Il lavoro di Draco era piuttosto semplice, doveva principalmente compilare rapporti, leggere lettere e portare all'attenzione del signor Dibert ciò che riteneva importante. Erano rare le volte che veniva mandato sul campo ad Obliviare qualche babbano, malgrado avesse dimostrato più volte la propria bravura nel rimuovere ricordi indesiderati, senza creare danni permanenti al cervello.

Solitamente era molto attento e preciso nel suo lavoro, ma era dal giorno prima che faticava a svolgere il proprio lavoro come avrebbe dovuto ed era consapevole che era tutta colpa sua.

Avrebbe potuto incolpare Hermione, ma sarebbe stato sbagliato.

La colpa della sua distrazione era solo sua, dettata dai sentimenti contrastanti che la ragazza, a pochi passi da lui, gli causava.

La Granger si alzò e uscì dall'ufficio un paio di volte, ogni volta rientrava con un sorriso soddisfatto e numerose pergamene strette al petto. Draco immaginò che stesse svolgendo al meglio il suo lavoro, diversamente da lui.

Quando giunse la pausa pranzo non poté essere più felice, stava prendendo in considerazione di chiedere alla Granger di andare insieme da qualche parte, ma desistette quando la vide afferrare la sua borsa e scomparire oltre la porta dell'ufficio; molto probabilmente diretta verso la piccola sala mensa del piano.

Fu in quel momento che Astoria Greengrass mise piede nell'ufficio, guardandosi intorno con aria nervosa e circospetta.

«Draco! Non mi avevi detto che eri stato trasferito al quarto livello! Ho dovuto litigare con un signore al terzo livello per trovarti!», disse la ragazza, guardando il proprio fidanzato con disappunto.

«Devo essermi dimenticato», fece spallucce Draco: «A cosa devo il piacere della tua visita?»

«Sono la tua futura sposa, tesoro», disse lei, avvicinandosi alla sua scrivania: «Sono qua per pranzare con te».

A Draco l'idea non entusiasmava particolarmente, ma pensò che quella poteva essere la giusta occasione per iniziare ad accennare alla propria fidanzata che non si sentiva pronto per il matrimonio e che stava seriamente mettendo in discussione la loro relazione, ormai da qualche mese.

«Mi sembra un'ottima idea», disse quindi Draco, alzandosi e afferrato il proprio cappotto, fece il giro della scrivania per raggiungere la propria ragazza e porgerle il braccio.

Astoria si appoggiò a lui con un sorriso e insieme uscirono dal Ministero, prendendo la metropolvere per raggiungere un piccolo raffinato ristorante in Diagon Alley.

Presero posto nell'unico tavolo libero in sala e ordinarono, come d'abitudine, alcuni piatti dal nome fantasioso che, Draco ne era certo, non l'avrebbero soddisfatto.

«Allora, come va il lavoro oggi?», chiese Astoria, congiungendo le mani sotto al mento, gli occhi puntati in quelli di Draco.

Sembrava nervosa.

«Niente di che, tutto nella norma», disse lui, osservando le spalle rigide della ragazza di fronte a sé, convincendosi che sì, Astoria era nervosa: «A te come sta andando la giornata?»

La giovane Greengrass fece una smorfia e distolse lo sguardo: «Bene», disse con tono asciutto.

Rimasero in silenzio per qualche secondo; Astoria persa a studiare la trama della tovaglia, mentre Draco era intento ad osservare la propria fidanzata.

Negli ultimi mesi il loro rapporto sembrava essere ancora più difficili di un tempo.

Draco non aveva mai nutrito particolari sentimenti nei confronti della ragazza, mentre lei aveva sempre fatto il possibile per tenere unita quella loro relazione.

Quando avevano iniziato a frequentarsi a Draco era apparso subito chiaro come il sole che Astoria avesse una cotta per lui; ai tempi era abbastanza palese e semplice da notare nel modo in cui la ragazza sembrava imbarazzarsi ogni volta che lui la guardava e dai sorrisi dolci che dedicava solo a lui.

Allo stesso modo in cui era stato facile per lui individuare quei sentimenti all'inizio, gli era stato altrettanto facile rendersi conto della loro scomparsa.

Era certo che qualsiasi cosa avesse provato la sua fidanzata per lui, non esisteva più da tempo ed era per quello che Draco non riusciva a spiegarsi, perché Astoria Greengrass continuasse a voler tenere in vita la loro disastrosa relazione.

«Stai bene?», chiese Malfoy, osservando le guance della ragazza arrossire leggermente.

«Certo!», disse lei, sorridendo.

Peccato che Draco la conoscesse abbastanza bene da rendersi conto quando mentiva: «Non è vero. Cosa ti turba?»

Astoria avrebbe voluto essere sincera, lo scopo dell'intero pranzo era proprio quello di essere sincera e dire al suo fidanzato quello che pensava, quello che voleva, ma ancora una volta ebbe paura e fece quello che le riusciva meglio, quello che faceva ormai da anni: mentì.

«Stavo pensando che ancora non abbiamo fissato una data per il matrimonio e sai quanto sono impazienti i miei genitori! L'altro giorno mamma mi ha tormentato per ore con questa questione, chiedendomi quando sarei venuta a parlartene e mio papà anche è preoccupato... Sai vorrebbero tanto diventare nonni. Immagino che anche i tuoi siano impazienti! A proposito, come sta tuo padre?»

Astoria sentì il macigno sulle sue spalle farsi ancora più pesante e soffocante, ma strinse i denti e finse di essere quella che tutti pensavano fosse: una stupida ragazzina abbagliata dall'idea di elevarsi a Signora Malfoy.

Draco s'irrigidì leggermente, abbassando lo sguardo: «Bene», disse aspramente, cercando di non pensare al fatto che era impossibile che suo padre stesse bene; non quando erano quasi cinque anni che si trovava dietro le sbarre di una cella ad Azkaban.

«Immagina quanto lo renderesti felice», disse Astoria, fin troppo consapevole di star facendo leva sulle debolezze del ragazzo che gli stava di fronte, pur di allontanare i riflettori su di sé e i propri problemi: «Non è quello che i padri vogliono per i propri figli? Che si sposino e siano felici per il resto della loro vita?»

Draco scoppiò a ridere, attirando su di sé gli sguardi di molti degli astanti: «Ash, chi ti ha raccontato che i matrimoni rendono felici le persone?»

Astoria odiava quel soprannome, pronunciato da quelle labbra, ma ciò che odiava maggiormente era quel tono condiscendente, quel modo sottile di prenderla in giro.

La ragazza assottigliò lo sguardo e si rese conto che non poteva sopportare oltre la presenza del suo fidanzato.

Si alzò, provocando con la sedia un rumore fastidio che spinse le persone intorno a loro ad osservarla con un misto di sorpresa e curiosità: «Mi è passata la fame», disse semplicemente, lanciando un'ultima occhiata a Draco che la studiava con un sorriso arrogante sulle labbra: «Buona giornata».

Quando Astoria uscì dal locale prese la via principale, diretta verso un piccolo negozietto di profumi e prodotti di bellezza che frequentava, secondo sua sorella Daphne, un po' troppo negli ultimi tempi.

Appena vi mise piede, si sentì avvolgere dal profumo di fiori di campo e le sue spalle tese sembrarono rilassarsi all'istante.

«Posso a... Astoria, ciao», disse Delilah, la proprietaria del negozio, sorpresa.

La giovane donna si trovava su una scala e stava sistemando con veloci incantesimi l'ordine dei barattoli in vetro, che contenevano fiori essiccati, sullo scaffale.

«Ciao», disse Astoria, osservando Delilah, che quel giorno indossava una lunga veste gialla che metteva in risalto la sua carnagione scura e il nero corvino dei suoi capelli ricci.

«A cosa devo questo piacere?», disse Delilah, scendendo dalla scala, goffamente, rischiando di cadere un paio di volte, a causa dell'orlo del vestito che continuava a incastrarlesi sotto i piedi.

«Ero nei paraggi», disse Astoria, avvicinandosi alla giovane donna.

«È da un po' che non ti fai vedere», disse la proprietaria del locale, con una punta di accusa nel tono di voce, mentre con un incantesimo spostava la scala in un angolo buio del negozio.

Quel piccolo locale era quasi claustrofobico da quando era lungo e stretto. Ogni parete era ricoperta di scaffali, sui quali c'erano ogni sorta di prodotto; dai profumi alle saponette, dagli shampoo alle creme, dalle candele profumate ai prodotti per la pelle. Dal soffitto pendevano ghirlande di fiori essiccati e il pavimento era stato incantato in modo tale da sembrare in ogni stagione un prato verde maniacalmente curato.

Il negozio era passato a Delilah quando sua madre, in quanto nata babbana, era stata uccisa durante i tempi bui che avevano preceduto la Seconda Guerra Magica. Ai tempi Delilah aveva a mala pena diciannove anni ed era sopravvissuta ai sequestri nascondendosi in quell'appartamento per mesi.

Quando il Mondo Magico era tornato ad una parvenza di normalità, Delilah aveva riaperto il negozio a cui sua madre teneva molto, così da celebrarne la memoria.

«Mi dispiace per l'ultima volta», disse Astoria, con gli occhi bassi, incapace di sostenere lo sguardo serio della giovane donna che aveva di fronte.

«Ti sei comportata da stronza», disse Delilah, senza peli sulla lingua, facendo un veloce incantesimo per pulire una ragnatela che aveva appena individuato tra le ghirlande di fiori essiccati che pendevano dal soffitto.

«Vero», disse Astoria, sorridendo timidamente: «Mi sono lasciata prendere dal panico», ammise.

L'orlo della veste lunga e gialla di Delilah entrò nel campo visivo di Astoria, che spostò lo sguardo dal prato stregato ai suoi piedi, per posare i suoi occhi in quelli scuri della proprietaria del negozio.

«Vieni, parliamone di là», disse Delilah, che con un veloce gesto della mano chiuse la porta a chiave, lasciando per i clienti un messaggio che diceva "Torno subito".

Astoria seguì Delilah sul retro, dove c'erano il suo appartamento stretto ed essenziale e, al piano superiore, il suo studio, talmente profumato da causare la nausea, in cui venivano creati i prodotti che vendeva.

«Hai già mangiato?»

«No», ammise Astoria, ricordando il modo imbarazzante e infantile in cui si era allontanata dal ristorante in cui stava per pranzare con il suo fidanzato, poco prima.

La cucina di Delilah era molto piccola e accogliente, le pareti erano dipinte di un azzurro pastello e i mobili in legno chiaro presentavano tracce di vecchia pittura rossa.

Astoria si tolse il cappotto e lo appoggiò su una delle tre sedie che circondavano il tavolo della cucina. Rimase in piedi, ad osservare i movimenti di Delilah che apriva cassetti e ante, racimolando ingredienti per cucinare.

«Da cosa, nello specifico, ti sei "lasciata prendere dal panico"?», chiese la proprietaria del negozio, guardando brevemente alle sue spalle per incrociare gli occhi di Astoria.

«Lo sai perfettamente», disse l'ex Serpeverde, avvicinandosi con passi incerti alla figura di Delilah, che stava preparando quella che sembrava una pastella.

Ad Astoria bastarono tre passi per raggiungere la ragazza, che smise di cucinare e si voltò verso di lei.

Le due ragazze rimasero a studiarsi per qualche secondo, poi Astoria allungò una mano e accarezzò la pelle dell'avambraccio della giovane donna, scendendo fino a quando le sue dita non s'intrecciarono con quelle affusolate di Delilah.

«È per quello che ti ho detto, quindi?»

«Sì», ammise Astoria, appoggiando la fronte contro la tempia della ragazza, inebriandosi del profumo di vaniglia e lamponi della sua pelle.

«Se ti terrorizza quello che ti ho detto perché sei qui, allora?», chiese Delilah, nel tono di voce sembrava esserci una punta di malcelato dolore.

Astoria si scostò abbastanza per poter guardare la ragazza negli occhi e sorrise appena: «Sono qui perché anche io ti amo».

Delilah rimase senza parole per qualche secondo, sorpresa, poi sorrise, sporgendosi per premere le proprie labbra carnose contro quelle di Astoria.

«Ti vanno dei pancake?»

L'ex Serpeverde sorrise, lasciando un ultimo bacio sulla guancia della ragazza: «Altroché».

Astoria cercò di godersi il momento, ignorando tutto il resto, ma non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente in colpa e provare una profonda vergogna.

Ancora una volta non era riuscita a dire la verità al proprio fidanzato, ossia che voleva annullare il matrimonio perché innamorata di un'altra donna.

Era certa che a Draco non interessasse molto di lei; con gli anni avevano instaurato una specie di amicizia, ma nulla di più. Per questo Astoria pensava che molto probabilmente anche lui sarebbe stato felice di sciogliere il loro fidanzamento, se solo gliene avesse dato occasione.

Erano mesi che cercava di essere il più odiosa possibile, nella speranza di essere lasciata, ma Draco sembrava non notarlo nemmeno, perso com'era nel suo mondo.

Avrebbe dovuto prendere una posizione, avrebbe dovuto andare da lui e dirgli una volta per tutte che era finita; peccato che avesse paura e non solo dei suoi genitori e di quello che ne sarebbe conseguito, ma del giudizio della gente.

Essere una strega innamorata di un'altra strega non era propriamente la norma e questo Astoria lo sapevo fin troppo bene.

Lei conosceva il modo superficiale in cui le persone "comuni" giudicavano altre persone solo perché non conformi a quello che veniva giudicato "normale". Lei conosceva fin troppo bene quel pensiero perché era quello con cui era stata cresciuta e la vergogna che provava derivava proprio da quello: dall'essere ciò che le era stato insegnato fin da piccola a giudicare sbagliato.

Eppure non c'era niente che potesse fare per cambiare le cose.

Lei era diversa. Lei era sbagliata.

Astoria sospirò, scacciando quei pensieri che le lasciavano un retrogusto amaro in bocca, e si lasciò contagiare dall'allegria di Delilah e dal suo sorriso radioso, sentendosi, malgrado tutto, la donna più fortunata del Mondo Magico.


***

Buongiorno popolo di Wattpad!

Scusate se non ho pubblicato questo capitolo prima, in realtà non credevo neanche che sarei riuscita ad aggiornare la storia entro oggi, quindi ritenetevi fortunati!

Come potete notare sto continuando a fare i capitoli lunghi e, diversamente da "Gioco di Sguardi" ho iniziato ad occuparmi non sono di Draco ed Hermione, ma a dare spazio anche a personaggi secondari, così da darvi una panoramica più completa di quella che è la vicenda.

Scommetto che non vi aspettavate che Astoria avesse un'amante. Ho ragione?

Dato che Giugno è il mese del Pride ho voluto inserire un personaggio bisessuale all'interno della storia. Astoria è un personaggio più complicato di quello che credevate fino ad ora e, senza ovviamente togliere troppo spazio a Draco ed Hermione che sono i veri protagonisti, mi piacerebbe inserire alcune riflessioni su come sia essere una strega bisessuale per Astoria (ispirandomi un po' a quella che può essere l'esperienza per una babbana nella società in cui viviamo noi e ad alcune riflessioni che fa Hannah Gadsby in "Nanette", che potete trovare su Netflix).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Un bacio,

LazySoul_EFP

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