Pausa pranzo
Hermione Granger si svegliò con un forte mal di testa e gli occhi ancora gonfi per il pianto della sera prima.
Grattastinchi l'aveva svegliata un paio di volte nell'arco della nottata, fino a quando lei non aveva deciso di trasferirsi in camera da letto, così mettere tra sé e il gatto una porta chiusa.
Così facendo aveva reso molto felice Grattastinchi, il cui scopo era proprio quello di portare la padrona all'esasperazione, così da potersi acciambellare lui sul divano e dormire beatamente per qualche oretta.
In un primo momento, appena Hermione aprì gli occhi, pensò che la sua voglia di alzarsi e prepararsi per andare al lavoro, quel giorno, erano talmente basse da tendere allo zero. Quando si ricordò che era venerdì e che dopo quella giornata ci sarebbe stato il weekend, decise di fare uno sforzo e non mandare un gufo per darsi malata.
Indossò una semplice gonna nera da ufficio, che le arrivava a coprire il ginocchio, e una camicia color tabacco, senza preoccuparsi di nascondere con la magia o con qualche prodotto babbano le profonde occhiaie sotto ai suoi occhi. Legò i capelli in una coda alta e fece colazione con la lentezza di chi ha dormito poco e male.
Non era la prima volta che Hermione lasciava Ronald; negli anni in cui erano stati insieme era successo qualche volta, così come era successo qualche volta che fosse Ronald a lasciare Hermione.
Quella della sera prima però, per quando sbrigativa e meno violenta del solito, era la separazione definitiva, o almeno così la percepiva Hermione.
Dire addio a Ronald e agli anni che aveva dedicato a costruire con lui una relazione stabile, la faceva sentire sola e insicura.
Mentre beveva il suo tè con limone, provò ad aprire "Il Maestro e Margherita", così da distrarsi con la lettura, ma finì col chiudere il romanzo dopo poco, rendendosi conto di non essere nella giusta predisposizione d'animo per leggere.
Era talmente assorta dai propri pensieri e dal rimpianto, che Grattastinchi fu costretto a strusciarsi più volte contro le sue gambe, così da ricordarle di essere affamato e di necessitare cibo.
Hermione prese la metropolvere soprappensiero, cosa che, lei lo sapeva bene, non si dovrebbe mai fare, a meno che non si volesse finire perduti in chissà quale luogo lontano. Per sua fortuna raggiunse l'atrio del Ministero sana e salva e scese al quarto piano con Penelope Cross che, forse per la prima volta in vita sua, era puntuale al lavoro.
«Non sai quanto ti invidio l'ufficio! Per non parlare dell'interessante compagnia di quel gran pezzo di mago di Malfoy», disse la sua ex vicina di scrivania, con un sorriso malizioso e gli occhi sognanti: «Hai già arredato l'ufficio? Io non vedo l'ora di averne uno tutto per me, lo riempirei di foto delle mie amiche».
Fu in quel momento che ad Hermione tornarono in mente le parole pungenti di Pansy Parkinson, proprio relative al suo ufficio spoglio, e lo sconforto e la tristezza che aveva provato fino a quel momento vennero sostituiti da una calma risoluzione.
Si era pianta abbastanza addosso, o almeno stava cercando di convincersene, probabilmente la tristezza per la rottura con Ron sarebbe tornata, ma aveva la forte necessità di concentrarsi su qualcosa di diverso, così da incanalare tutti quei sentimenti negativi in qualcosa di positivo.
Prese la decisione di passare la sua pausa pranzo a cercare, nei pochi negozi che facevano orario continuato a Diagon Alley, qualcosa per abbellire il suo ufficio e renderlo più suo, più personale.
Non aveva ben chiaro cosa volesse effettivamente comprare, ma aveva intenzione di iniziare a guardarsi intorno.
«Penelope, conosci dei negozi d'arredamento a Diagon Alley?», le chiese, rendendosi conto di essere davvero ignorante sull'argomento.
«Ce n'è uno molto carino che ha aperto da poco, ora mi sfugge il nome, ma si trova vicino a Madama McClan», disse Penelope, grattandosi pensosa dietro l'orecchio: «Se mi viene in mente altro ti faccio sapere», aggiunse, fermandosi con Hermione di fronte all'ufficio di quest'ultima: «Hai deciso di cambiare qualche mobile a casa?»
«No, stavo pensando più che altro al fatto che non ho ancora avuto modo di arredare il mio ufficio», ammise Hermione, facendo spallucce: «Grazie comunque, ora sarà meglio che mi metta al lavoro».
L'ex Grifondoro stava per accomiatarsi, quando Penelope la afferrò per il braccio e si sporse per sussurrarle all'orecchio: «Hermione, secondo te Malfoy fa sul serio con la sua fidanzata o pensi che potrei provare a sedurlo?»
Con qualche minuto di ritardo Hermione registrò le parole che Penelope aveva detto in ascensore, relative a Malfoy e al fatto che fosse un "gran pezzo di mago".
Una punta di insensata gelosia le fece, per qualche secondo, provare il forte impulso di allontanarsi da Penelope con uno strattone. Quando riprese il controllo delle sue emozioni fece spallucce e scosse la testa: «Non ne ho idea, ma dato che sono fidanzati ufficialmente dubito che tu possa sedurlo facilmente».
Penelope annuì, lasciando la presa sul braccio di Hermione: «Le sfide non mi spaventano», disse, facendole l'occhiolino, prima di dirigersi verso la sua scrivania.
Mentre metteva piede in ufficio, incrociando lo sguardo del signor Dibert, che la salutò con un cortese: «Buongiorno», Hermione avrebbe voluto avere la possibilità di cancellare gli ultimi minuti, così da dare a Penelope una risposta diversa; era palese che le parole, che avrebbero dovuto farla desistere dal correre dietro a Malfoy, non sembravano aver sortito l'effetto desiderato.
«Buongiorno, signore», disse Hermione, prima di sedersi alla sua scrivania, dove ad attenderla c'erano già alcune pratiche da sistemare.
«Signorina, so che lei appartiene ad un altro dipartimento, ma sarebbe così cortese da riferire al signor Malfoy, quando tornerà dalla missione nell'Essex, che sono stato convocato per una consulenza a Parigi? Sarò di ritorno lunedì o martedì in giornata», disse il signor Dibert, sorridendo affabile, mentre raccoglieva con gesti nervosi alcuni fogli in una ventiquattrore.
Hermione segnò, sulla pergamena più vicina, le informazioni che le erano appena state riferite e annuì: «Certo, signore, nessun problema».
Pochi secondi dopo il signor Dibert uscì dall'ufficio con un veloce saluto, lasciando Hermione sola.
Sbrigare le pratiche e leggere la documentazione che le era stata portata dal signor Quintt, poco dopo il suo arrivo in ufficio, non riuscirono a tenerle completamente la mente occupata, come aveva sperato.
Era incredibile come il ricordo della rottura con Ronald continuasse ad assillarla ogni pochi minuti. Quel tormento le ricordava il fastidio che provava, quando veniva punta da una zanzara; stessa sensazione di prurito, stessa voglia di grattare via l'irritazione, fino a far sanguinare la pelle.
Poi pensò a Penelope e alla loro recente conversazione e il prurito peggiorava, diventando un bruciore che le serrava la gola.
Non aveva alcun diritto di essere gelosa di Draco Malfoy.
Non era la sua fidanzata e per lui non era mai stata altro che una ragazza disposta a tenergli compagnia nei momenti di solitudine.
Per quanto le piacesse pensare a Malfoy come al suo ex ragazzo, Hermione sapeva che tra di loro non c'era mai stato un vero e proprio rapporto, anche se in certi momenti si era illusa che ci sarebbe potuto essere molto di più tra di loro, se solo avessero fatto il passo avanti necessario.
A Hermione non piacevano i rimpianti; per questo cercava di non pensare troppo al passato.
Sfortunatamente, non sempre era in grado di controllare i propri pensieri e impedire alla malinconia di farle ripensare a quando lei e Draco erano solo dei ragazzini, a cui piaceva rotolarsi nudi tra le coperte nella Stanza delle Necessità.
Hermione si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo.
Aveva mentito a Ron per anni, senza mai trovare il coraggio di raccontargli di quei mesi del sesto anno, passati a rincorrere e a farsi rincorrere da Malfoy. Non era nemmeno riuscita a dirgli la verità riguardo alla sua prima volta; aveva preferito mentire a Ronald e fargli credere di non aver mai fatto sesso prima di mettersi con lui, piuttosto che dirgli la verità.
Eppure Hermione ricordava fin troppo bene la sua prima volta, nella Stanza delle Necessità, con Draco Malfoy. Ricordava la reticenza di Malfoy nell'indossare il preservativo, ricordava le attenzioni di lui, il modo in cui si era preoccupato di farle raggiungere l'orgasmo, quando avrebbe potuto fregarsene e limitarsi a raggiungere il proprio piacere.
Hermione sospirò e si portò le mani a coprirle il volto arrossato.
Il prurito e bruciore, che aveva provato fino a poco prima, erano stati sostituiti da una fastidiosa sensazione a metà strada tra il dolore e il piacere. Hermione strinse le gambe, sentendo la fitta di doloroso piacere aumentare.
Non poteva eccitarsi con vecchi ricordi di Draco nel bel mezzo di una mattinata lavorativa, non era professionale, non era da lei.
Fissò senza vedere le pratiche sulla scrivania di fronte a sé, poi osservò la porta del suo ufficio: era chiusa.
Senza pensarci Hermione lanciò un incantesimo non verbale per girare la chiave nella serratura, così da chiudersi dentro al proprio ufficio, poi un incantesimo per insonorizzare la stanza.
Si sollevò la gonna lentamente, le mani le tremavano appena, mentre cercava di chiedersi se valesse davvero la pena essere beccata a masturbarsi nel proprio ufficio.
Draco Malfoy sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento e beccarla con le mani nel sacco (o meglio, nelle mutande).
Hermione non si sorprese più di tanto quando il pensiero di essere scoperta da Malfoy non la fece desistere, ma aumentò ulteriormente la sua eccitazione.
Era più di una settimana che non si masturbava, sapeva che ci avrebbe messo poco a raggiungere l'orgasmo, soprattutto se continuava a pensare a Draco Malfoy e a quanto le sarebbe piaciuto essere scopata da lui, proprio sulla sua scrivania.
«Merlino», sussurrò Hermione, cercando di prendere un profondo respiro e calmarsi.
Inserì una mano nelle proprie mutande, gli occhi fissi alla porta chiusa, ma tutto quello che vedeva la sua mente era il volto e il corpo nudo di Draco Malfoy.
Sospirò, quando iniziò a toccarsi e si rese conto di essere più eccitata di quanto avesse pesato fino a qualche secondo prima.
Chiuse gli occhi per qualche istante, lasciandosi sfuggire un gemito, mentre s'immaginava la bocca di Malfoy farle quello che si sta facendo da sola.
Quando riaprì gli occhi vide una figura oltre la porta del proprio ufficio e con gesti veloci si sistemò mutande e gonna, pulendosi le dita umide con un veloce incantesimo, mentre accavallava le gambe sotto alla scrivania, ignorando il pungente piacere che sentiva in mezzo alle gambe.
Cancellò l'incantesimo di insonorizzazione e tornò alle proprie pratiche.
Pochi secondi dopo la porta del suo ufficio si aprì e Draco Malfoy entrò, indossava un mantello lungo e scuro e aveva un'espressione tesa in volto.
«Buongiorno, Granger», disse, posando la ventiquattrore sulla sua scrivania.
«'Giorno», riuscì ad articolare Hermione, cercando di tenere a bada la frustrazione che provava in quel momento.
Per qualche minuto, mentre Malfoy si sedeva ed Hermione cercava di non pensare a quanto avrebbe voluto passare le dita tra i capelli fini e biondi del suo momentaneo compagno d'ufficio, ci fu il silenzio.
Fu Hermione a spezzarlo: «Il signor Dibert mi ha detto di comunicarti, che è stato contattato per una consulenza a Parigi e che tornerà lunedì o martedì».
Draco portò i suoi occhi chiari in quelli scuri di Hermione e la ragazza sentì la situazione in mezzo alle sue gambe peggiorare.
«Va bene, grazie», disse semplicemente, osservando il volto arrossato della ragazza.
Malfoy non riusciva a capire perché Hermione sembrasse imbarazzata; era forse per quello che si erano detti il giorno prima?
«Merlino», borbottò l'ex Serpeverde, portandosi una mano alla fronte: «Mi sono dimenticato di riportarti "Delitto e castigo"».
«Non ti preoccupare», disse Hermione, scrollando le spalle, mentre sentiva il battito impazzito del suo cuore tornare ad una velocità meno preoccupante e il fastidioso piacere in mezzo alle sue gambe scemare, lentamente.
«Senti», disse Malfoy, spostando la sedia della propria scrivania, così da avere una maggiore visuale della Granger: «Hai da fare questo weekend?»
La guance di Hermione tornarono a farsi incandescenti: «Perché?»
«Potremmo prendere un tè e io potrei restituirti il libro», disse Malfoy, mordendosi l'interno della guancia. Aveva appena usato una scusa a dir poco patetica per spingere la ragazza che amava ancora ad uscire con lui; si sentiva un idiota.
Hermione in un primo momento pensò di fargli notare, che non aveva problemi ad aspettare fino a lunedì per riavere il libro che non vedeva ormai da sei anni, ma le parole le morirono in gola e, prima che potesse rendersene conto, si trovò a fare qualcosa di molto impulsivo: «Certo, volentieri! Hai impegni oggi, per pranzo?»
Malfoy rimase con le labbra socchiuse ad osservare l'ex Grifondoro: «No».
«Ti andrebbe di accompagnarmi a Diagon Alley? Volevo iniziare a cercare qualcosa per l'ufficio. Pansy Parkinson ha ragione: non ha personalità», disse Hermione, le mani che le sudavano leggermente per il nervosismo.
«Conosco un negozio a Diagon Alley, che potrebbe piacerti», disse Draco, pensando al luogo in cui aveva comprato la maggior parte del mobilio e degli elementi decorativi che occupavano il suo appartamento.
«Ottimo».
Hermione e Draco rimasero ad osservarsi per qualche secondo, persi entrambi nei propri pensieri. Se solo avessero avuto l'occasione di leggersi nel pensiero, in quel momento, si sarebbero resi conto che quello che c'era nella loro menti non era poi tanto diverso; entrambi non vedevano l'ora di passare del tempo insieme, convinti di dover approfittare di quella che sembrava una seconda chance.
Draco pensava che non si sarebbe lasciato spaventare, come sei anni prima, dal mondo e da quello che avrebbe pensato vedendolo insieme ad una mezzosangue.
Hermione pensava che gli anni sprecati con Ronald erano stati, appunto, uno spreco, ma che era ancora giovane e che, forse, la decisione di approfondire la conoscenza di Malfoy poteva non essere una cattiva idea.
Tornarono entrambi ai rispettivi lavori e, prima che si potessero rendere conto dello scorrere veloce del tempo, arrivò la pausa pranzo.
Indossarono entrambi i loro mantelli, uscendo insieme dall'ufficio.
In un primo momento l'aria tra di loro rimase tesa e imbarazzata, poi Hermione gli chiese della famiglia e, per quanto non fosse un argomento particolarmente felice, Draco rispose.
«Papà è in una cella ad Azkaban e penso che ci rimarrà ancora per un bel po', mamma sta bene, penso. È difficile parlare con lei».
Hermione si strinse nel cappotto, anche se dentro l'atrio del Ministero non faceva freddo: «Mi dispiace, avrei dovuto fare una domanda meno...»
«Meno cosa? Meno personale?», chiese Malfoy, scrollando le spalle: «Non devi scusarti».
Rimasero in silenzio per il resto del tragitto verso i camini.
«Ci vediamo al Ghirigoro? Da lì ci si mette poco a raggiungere Aeki Arredamenti, potremmo prendere qualcosa da mangiare per strada», disse Draco, accennando un sorriso.
Hermione annuì, prese una manciata di metropolvere ed entrò nel camino più vicino.
Pochi secondi dopo si trovavano entrambi nella famosa libreria di Diagon Alley, il Ghirigoro.
«Ti ricordi il secondo anno?», chiese Hermione, osservando distrattamente le centinaia di volumi che affollavano ogni scaffale: «Ti ricordi Gilderoy Allock?»
«Sì, Granger, ricordo», disse Draco, affiancando la ragazza, trattenendosi dal desiderio di poggiare la mano sulla schiena di lei per indirizzarla verso l'uscita.
Gli occhi scuri di Hermione si fissarono in quelli di Draco: «Ti ricordi? Quell'anno mi hai chiamata per la prima volta "sporca mezzosangue"».
Malfoy annuì, sentendosi a disagio sotto quello sguardo: «Me lo ricordo, mi dispiace», disse: «A mia discolpa posso dire che il tuo commento sul "comprarsi l'ammissione" mi aveva ferito molto, per questo ti ho insultata, volevo ripagarti con la stessa moneta».
Hermione annuì: «Eravamo due ragazzini piuttosto crudeli, non è vero?»
Draco sorrise tristemente: «Vero».
Hermione avvolse la mano in quella di Draco, dirigendosi verso l'uscita del Ghirigoro.
Il primo impulso di Malfoy fu quello di sciogliere quella stretta improvvisa, sentendosi a disagio. Non voleva che qualcuno notasse quel gesto e lo riferisse ad Astoria o sua madre. Per quanto prendere la mano di un'altra persona potesse essere un gesto casto, sapeva quanto era facile per la gente ricamarci sopra una storia dai retroscena scandalosi.
Draco Malfoy resistette a quel primo impulso e strinse maggiormente le dita intorno alla mano di Hermione, facendo attenzione a non farle male. Gli era mancata quella pelle contro la sua, gli era mancato sentirsi così sereno.
«Prendiamo qualcosa dalle bancarelle da mangiare?», chiese Hermione, indicando un paio di stand che vendevano mele caramellate, panini e crêpes d'asporto.
«Certo», disse Draco, seguendola.
Quando la stretta delle loro mani si sciolse, per permettere loro di prendere i panini ordinati, entrambi provarono una dolorosa sensazione di mancanza.
Una volta muniti di cibo per il pranzo, Draco iniziò a fare strada verso la zona di Diagon Alley dove si trovava Aeki Arredamenti.
Rimasero a fissare la vetrina del negozio per qualche minuto, mentre mangiavano e commentavano la bellezza degli oggetti esposti.
«Carino quel lampadario», disse Hermione, indicando un intricato lavoro d'oreficeria, dove i bracci del lampadario erano a forma di rospo con la lingua protesa in una curva che terminava con delle candele accese.
«Sai qual è l'indirizzo di Paciock? Se ha ancora quella fissa per il suo rospo, potremmo inviarglielo come regalo», disse Malfoy, ghignando soddisfatto di quanto appena detto.
Hermione rise, scuotendo appena la testa: «Questo era un commento cattivo».
«Eppure stai ridendo», le fece notare Draco, colpendole il fianco con una leggera gomitata.
«Questo perché continuiamo ad essere due ragazzini crudeli», disse Hermione, facendo spallucce.
Appena finirono i panini, Draco aprì la porta del negozio e si fece da parte per far entrare prima Hermione: «Dopo di te».
«Quanta galanteria», disse Hermione, sorridendo.
All'interno di Aeki Arredamenti, Hermione rimase affascinata da come lo spazio fosse stato incantato, così da contenere molti più oggetti di quanti ci si sarebbe aspettati, guardando la vetrina dalla strada.
Vennero accolti da una commessa fin troppo gentile, che si propose di mostrare loro ogni singola cosa in vendita, ma Draco fu veloce a declinare la sua offerta, dicendole che volevano solo dare un'occhiata in giro.
La commessa si allontanò con un sorriso e un cortese: «Chiamatemi nel caso cambiaste idea», lasciandoli nuovamente soli.
«Cosa stiamo cercando nello specifico, Granger?», chiese a quel punto Draco, osservando con attenzione alcune cornici per foto esposte.
«Non lo so», ammise la ragazza: «Qualsiasi oggetto che mi faccia venire voglia di comprarlo e di esporlo nel mio ufficio».
Draco indicò un poster, su cui erano raffigurati alcuni gatti variopinti in varie posizioni rilassate: «Che ne dici di quello?»
Hermione sorrise: «Mi piacciono i gatti, ma non così tanto».
«Davvero? Il sesto anno mi hai sfidato a duello per riavere il tuo gatto. Ero convinto che i gatti ti piacessero molto...», disse Draco, aggrottando leggermente la fronte.
«Io ti ho sfidato a duello? Sei stato tu a rapire il mio gatto e, invece di restituirmelo, mi hai proposto di combattere per decidere chi dovesse tenerlo», gli ricordò Hermione, distogliendo lo sguardo dall'orologio da parete a forma di girasole che stava osservando, per puntare gli occhi su Malfoy.
Draco sorrise: «Giusto, mi ricordavo male... Sai cosa mi ricordo fin troppo bene di quel duello?»
Hermione arrossì, comprendendo subito dove Malfoy volesse andare a parare, eppure fece finta di niente, e col tono più casuale che riuscì a trovare chiese: «Cosa?»
«Il nostro primo bacio», disse Draco, gli occhi intenti ad osservare la reazione di Hermione alle sue parole: «Te lo ricordi?»
«Come potrei? Mi hai baciata con l'inganno», borbottò Hermione, provando di nuovo lo smarrimento di quella notte e il desiderio misto al ribrezzo; ribrezzo per se stessa e quello che aveva provato per il bacio inaspettato di un Serpeverde.
«Non ne vado fiero, ma sono comunque felice di averlo fatto».
Hermione, spaventata dalla piega che stava prendendo la loro conversazione, afferrò una statuina in legno che raffigurava un Folletto della Cornovaglia: «Penso che prenderò questo», disse, allontanandosi verso la cassa, lasciando Malfoy indietro.
Draco, con la fronte aggrottata, si chiese se Hermione avesse scelto quella specifica statuina per ricordargli dello stupido scherzo che le aveva fatto il sesto anno, quando aveva introdotto illegalmente un Folletto della Cornovaglia nella camera da letto della ragazza.
O forse Hermione aveva una passione segreta per quella peculiare creatura del mondo magico, e lui non lo sapeva?
Draco, titubante, realizzò di aver paura a chiedere; aveva paura di rinvangare troppo il passato e ricordare a Hermione quanto fosse stato crudele in certe occasioni.
«Penso che dovremmo tornare, la pausa pranzo è quasi finita», disse Hermione, stringendo tra le mani il sacchetto di carta, che conteneva la statuina appena comprata.
Draco annuì: «Hai ragione».
Durante il tragitto di ritorno commentarono brevemente il tempo, ma per il resto rimasero nel più assoluto silenzio.
Hermione era convinta che Draco si fosse reso conto, che l'acquisto della statuina era stato un diversivo, dettato dal timore di affrontare argomenti, che non era pronta ad affrontare.
Draco era invece convinto che Hermione, comprando quella statuina, avesse voluto fargli sapere di essere ancora arrabbiata con lui, per quello scherzo di sei anni prima.
Entrambi passarono il viaggio di ritorno al Ministero a chiedersi cosa dire, per allentare la tensione.
Arrivarono in ufficio prima di riuscire ad inventarsi qualcosa, poi quando ripresero a lavorare era ormai troppo tardi per iniziare una conversazione seria e entrambi desistettero, preferendo il silenzio a un possibile litigio.
***
Buongiorno popolo di Wattpad!
Eccoci alla fine del nono capitolo di questa storia.
Vi avevo promesso che Draco ed Hermione avrebbero passato del tempo insieme e così è stato. Inoltre abbiamo all'orizzonte un appuntamento che non vedo l'ora di scrivere 😎
Pian pianino si stanno riavvicinando, lo so che sono molto lenti, ma portate pazienza.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate.
Come sempre vi ricordo che potete seguirmi su Instragram, se vi va, il nome dell'account è lazysoul_efp.
Un bacio,
LazySoul_EFP
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