XVI
Aaris
Sfogliò le prime pagine velocemente, c'era una lunga spiegazione su che cos'erano le sensazioni che sentiva. Bene o male aveva già compreso molte cose, erano presenti tecnicismi su come associare a determinati comportamenti del corpo alcune specifiche emozioni. Ne erano presenti alcune di cui non aveva mai sentito parlare come l'amore, e altre che le persone avevano sempre creduto di sentire, ma che in realtà non erano che una lontana eco della realtà.
Più avanti nel volume invece, iniziava una dettagliata spiegazione su un materiale chiamato esagonite, se non ricordava male era lo stesso nome pronunciato da Wayll. Lesse, tentando di comprenderne il funzionamento, ma era qualcosa di estremamente complesso e di cui riusciva a capire meno della metà. Non aveva mai desiderato fare la Studiosa dell'Innovazione, ma in quel momento le avrebbe fatto comodo sicuramente. Sentiva che le mancavano le basi per conoscere quei termini tanto strani e sconosciuti.
A un certo punto si arrese e passò oltre giungendo a una parte che avrebbe potuto comprendere con molta più facilità, sperò solo che fosse utile; era intitolata: La mia storia.
Se veramente l'autore aveva vissuto il momento in cui erano state messe quelle maschere, forse Aaris avrebbe potuto pensare a una soluzione partendo da come erano state create.
L'epoca in cui sono nato è molto diversa da quella che è diventata la nuova normalità. Un tempo credevo che fosse la realtà peggiore in cui una persona avrebbe potuto vivere e ho fatto di tutto per cambiarla.
Ho combattuto con tutti i mezzi che avevo a disposizione per porre fine al dominio della Strega, ho seguito quella che adesso viene chiamata arcontessa Nauìya, ma che all'epoca non era nulla di più che una semplice ragazza.
Questo libro probabilmente non verrà mai letto da nessuno, forse verrà bruciato come è accaduto con tutti gli scritti che dicevano qualcosa di contrario rispetto alla volontà degli arconti, o meglio di Lei, Nauìya, ma voglio scrivere lo stesso la mia storia. Devo scriverla.
Ricordare è molto doloroso per me, mi fa tornare alla mente ogni errore che ho commesso, ma è necessario che io faccia qualcosa.
Sono sempre stato un debole, un codardo, uno stolto. Lei si è presa gioco di me fin dall'inizio, mi sono fatto usare, è tutta colpa mia se ho perso l'amore della mia vita.
Forse è per lei che scrivo tutto questo, lei non meritava quello che Nauìya le ha fatto, e io non riesco a perdonarmi per non essere riuscito a salvarla. Quindi questo libro è per lei, anche se mi rendo conto che non può fare nulla per salvarla ormai.
Ma iniziamo con ordine, racconterò tutto per come l'ho vissuto, come l'ho scoperto e, soprattutto, come ha fatto il mondo a trasformarsi in questa maniera.
Come molti bambini di Aretem, ho perso i miei genitori quando ero troppo piccolo per ricordarlo, sono cresciuto in uno dei numerosi orfanotrofi dove passavo la maggior parte del mio tempo a leggere libri di ogni genere, dalla saggistica alle storie di fantasia, ma gli argomenti che davvero mi affascinavano erano la chimica e la meccanica.
Iniziai a tentare di ricreare alcuni esperimenti descritti nei libri che
Aaris voltò la pagina, ma nel farlo vide un foglietto cadere e scivolarle tra i piedi.
Si chinò per raccoglierlo, era un pezzo di carta strappata velocemente e male, sopra c'erano poche parole scritte frettolosamente, non le fu comunque troppo difficile decifrarle: Quinto Anello, Viale Terzo, VGF, 13.
Era... un indirizzo?
Si alzò di scatto dal letto, chiudendo il libro e mettendolo in borsa, avrebbe finito di leggerlo più avanti. Uscì di casa senza neanche dare una spiegazione ai genitori e, infilatasi nella motrice, accese il motore e iniziò a dirigersi verso la periferia.
Non sapeva che cosa avrebbe trovato, ma doveva andare a ogni costo a quell'indirizzo.
Raggiunse il quinto anello, quello più lontano dal centro della città, proseguì cercando il terzo viale e poi, una volta individuato, si mise a guardare il lato con la vista sulla Grande Foresta.
Si fermò solo quando lesse il numero civico 13 sopra a una porta in legno verniciata in verde pastello. Nella periferia tutte le case erano colorate con tinte luminose rappresentative per le vacanze, eppure quella villetta non sembrava avere niente di allegro.
Era l'ultima del viale e si immergeva quasi dentro alla Grande Foresta; si isolava dalle vicine con un recinto di alberi alti che la circondavano su tre lati. Le finestre erano tutte sprangate e le tapparelle abbassate. Il giardino sembrava incolto anche se ovviamente appariva impeccabile a causa del rivestimento che celava il suo reale aspetto.
Sembrava a tutti gli effetti una normalissima casa delle vacanze, appartenente a qualche famiglia che al momento si trovava in città e dunque disabitata. Però c'era qualcosa di inquietante che Aaris non sapeva come spiegarsi.
Scese dalla motrice e si avvicinò lentamente all'ingresso.
Salì i tre gradini che la separavano dalla porta ed ebbe la sensazione che i suoi piedi fossero i primi dopo anni a posarsi su quella pietra liscia. Era strano, ad Aretem non c'era nulla di abbandonato ma, probabilmente, dentro a quella casa vi era qualcosa di segreto, qualcosa che era stato nascosto per molto tempo, proprio come il libro che aveva trovato in biblioteca. Qualcosa che doveva assolutamente scoprire.
Per scrupolo suonò il campanello. Sentì riecheggiare all'interno il solito Din Don, ma non udì altri suoni in risposta. Provò quindi ad aprire, ma la porta era sigillata.
Osservò con attenzione la serratura in cerca di un punto debole da sfruttare per aprire. Sembrava tutto perfettamente resistente.
Improvvisamente sentì un suono quasi impercettibile, era lo sfregare del dischetto che copriva lo spioncino, ne era quasi certa. C'era qualcuno dentro.
Bussò.
«C'è qualcuno?» chiamò. «Mi è stato indicato questo indirizzo per una cosa di cui ho bisogno, potreste aprire?» domandò, mettendosi a punta di piedi per farsi sentire meglio da chiunque si trovasse oltre la porta.
Silenzio.
«Ho sentito lo spioncino, so che c'è qualcuno!» disse alla fine.
«Non so chi ti abbia dato il mio indirizzo, ma sei nel posto sbagliato ragazzina!» rispose una voce roca dall'interno. Non aveva mai sentito una voce del genere, sembrava... vecchia.
Spalancò gli occhi, facendo un passo indietro. Poteva mai essere?
Frugò nella sua borsa e tirò fuori con mani tremanti il libro che aveva preso in biblioteca.
Aprì il retro della copertina e mostrò l'immagine dell'autore allo spioncino.
«È... è lei questo?» domandò, sperando che l'uomo all'interno riuscisse a vedere.
Silenzio.
«Mi scusi, è ancora lì?» indagò.
«Dove l'hai trovato?» eruppe brusca la voce.
«In biblioteca...»
«Impossibile» tagliò corto lui.
«Mi scusi, ho bisogno di sapere come fare a togliere l'esagonite!» insistette lei.
Silenzio. Di nuovo.
«Per favore!»
«Come sai dell'esagonite?»
«Ho letto il suo libro» rispose. «La prego, mi faccia entrare!»
«Come faccio a sapere che non sei una di loro?» domandò. Non sapeva chi intendesse per loro, ma ripensò ad Aurel e agli uomini del parco.
«No, io... mi sono tolta la maschera, cioè, l'esagonite» disse.
«Sì, lo vedo che non ce l'hai, ma neanche loro ce l'hanno».
«La prego, mi faccia entrare!» insistette lei. «Non crede che loro utilizzerebbero degli altri mezzi per entrare? Da quello che ho potuto vedere sono bravi a nascondere le loro tracce dopo che qualcosa va storto».
Silenzio.
Aaris sbuffò.
«Li hai conosciuti?» domandò.
«Hanno tentato di uccidermi» rispose lei.
Silenzio.
«Posso?» chiese ancora lei, spazientita.
Silenzio.
Sentì delle chiavi girare, il meccanismo della porta si stava sbloccando. Poi la porta si aprì.
Era lui.
Vederlo dal vero era ancora più scioccante che nella fotografia, la pelle si ripiegava a formare righe d'ombra e di luce che gli attraversavano non solo il volto, ma anche le mani. La schiena era leggermente ingobbita e sembrava faticare a camminare.
«Oh già... devi non avere mai visto un vecchio come me...» sorrise lui, rispondendo evidentemente al suo sguardo incantato. Era pena quella con cui la stava squadrando?
«Quanti anni hai ragazzina?» domandò, richiudendo la porta dietro di lei.
La casa era estremamente buia, non c'erano lampadine accese, solo qualche candela qua e là.
«Venticinque» rispose lei.
«Allora ne avrai circa venti» constatò lui.
«Cosa intende?»
La guardò con amarezza.
«Stai scoprendo tutto adesso, non è vero?» lei lo fissò interrogativa.
«La cosa della vita lunga è tutta una baggianata, si è semmai abbreviata! Quelli che tutti credono essere stati trecento anni, sono in realtà appena cinquanta, Nauìya ha tolto il calendario per questo, sfrutta la scarsità della memoria a lungo termine per aumentare in maniera esponenziale gli anni che passano, per i bambini la differenza di età è quasi nulla perché altrimenti si noterebbe con la crescita, ma una volta raggiunto l'aspetto definitivo e adulto gli anni iniziano a moltiplicarsi, raggiungendo il centinaio già solo a quarant'anni» spiegò.
Aaris era scioccata, non riusciva a capacitarsi di una cosa del genere, quanto ancora non conosceva del suo mondo?
«E perché?»
«Tutti credono che Nauìya abbia eliminato ogni malattia, ma in realtà non è così, sono solo sepolte dentro al rivestimento di esagonite e corrodono l'organismo che è privo degli anticorpi necessari per difendersi, per questo ha preferito far credere che la maggior parte dei decessi sia attorno ai centocinquant'anni, piuttosto che alla reale età che avrebbe altrimenti rischiato di allarmare la popolazione».
«Ma molti vivono anche trecento anni!» ribatté lei.
«Sono quelli che hanno vissuto anche senza esagonite, e che hanno avuto la possibilità di crearsi gli anticorpi necessari, ma le nuove generazioni sono più indifese».
Aaris si sentì percorrere dai brividi, dunque era come aveva pensato, lei era come l'albero, tutti erano come l'albero.
Si sedette su una delle poltrone del soggiorno, aveva bisogno di tempo per assimilare ogni cosa.
Lui la guardò dispiaciuto.
«Come ti chiami?» le chiese. Il tono burbero che aveva all'inizio era completamente sparito, sostituito da dispiacere e pena.
«Aaris» rispose.
«Piacere, io sono Louid».
Oggi abbiamo un capitoletto un po' breve con un finale a cliffanger che probabilmente avevate già immaginato tutti😅
Non vi aspettavate però che Louid fosse ancora vivo, vero? O almeno, lo avrete già intuito a inizio capitolo, ma prima lo davate già tutti per morto😏💀
Bene, oltre a questo oggi è stato svelato un altro piccolo mistero: la vita trecentenaria è tutta una farsa, nessun arconte nè cittadino ha vissuto tanto. In effetti sembrava un po' strano che Nauìya riuscisse a togliere tutte le malattie in questa maniera...🤔🤔
Bene, spero vi sia piaciuto, nel prossimo capitolo di Aaris vi attendono altre spiegazioni e scoperte scioccanti (o almeno spero, non so, magari avete già intuito tutto).
Ci vediamo lunedì con Nauìya!
NediFo
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