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XII

Aaris

Prese un respiro profondo, doveva fare attenzione a come parlava, a come si muoveva, a come respirava. Senza la maschera a legarle le emozioni era più difficile apparire come tutti gli altri.

Mosse alcuni passi sicuri e impeccabili per poi fermarsi davanti al bancone d'ingresso dove la guardava sorridente una ragazza Servente.

«Salve, tessera?» chiese.

Aaris tirò fuori dalla tasca la carta identificativa. La ragazza lesse e poi, sollevando nuovamente lo sguardo verso di lei, parlò:

«Il settore dei Progettisti delle Forme Urbane è al fondo del corridoio, la seconda porta a destra, hai bisogno di un libro in particolare o vieni per cultura generale?» domandò.

Non era ovviamente la prima volta che andava alla Grande Biblioteca, conosceva alla perfezione ogni scaffale del suo settore, infatti non era lì quello che le serviva.

«Per cultura generale» rispose con un sorriso finto, facendo attenzione al tono della voce. Il cuore le batteva all'impazzata, stava per fare qualcosa di vietato e poteva sentire in ogni fibra del suo corpo la paura di essere scoperta, ma provava anche eccitazione come mai prima di allora, era una sensazione bellissima.

«Leorel ti farà da guida per orientarti tra gli scaffali, buona lettura» disse la ragazza, cliccando un pulsante sul bancone. Dopo poco l'uomo arrivò con passo tranquillo. Lo conosceva bene, era un collega di suo padre, per di più c'era quasi sempre lui ad accompagnarla tutte le volte che era andata a leggere lì.

Le sorrise.

«Aaris! Ma che piacere rivederti! È da un po' che non vieni, come stai?» domandò amichevole. Era un uomo altissimo e magro, i suoi capelli castano scuro spiccavano sempre anche quando si trovava in luoghi affollati visto che svettava come un palo della luce e, come tale, si impegnava costantemente a illuminare il cammino di chiunque, diventando spesso troppo insistente. Aaris aveva imparato da tempo ormai che era difficile scollarselo di dosso, il fatto che le fosse stato assegnato proprio lui quel giorno poteva risultare un bel problema.

«Tutto bene, ho pensato di approfondire un po' gli argomenti trattati dai professori in questi giorni, non voglio che si ripeta l'incidente avvenuto con Verde Urbano» rispose tranquilla con il sorriso dipinto in volto.

Non era facile, ma era determinata in ciò che voleva e se avesse dovuto mentire per il resto della sua vita lo avrebbe fatto.

Ovviamente suo padre aveva avuto la premura di raccontare a tutti i colleghi del modo in cui aveva affrontato la sconfitta della bocciatura, mettendosi a studiare senza tregua eliminando ogni lacuna. Ormai il suo "lodevole" comportamento era conosciuto da tutti i Serventi più vicini a lui e forse anche ad altri.

«Oh, sì capisco, tra l'altro ho saputo che hai conquistato i favori di un piccolo Tecnico!» disse entusiasta l'uomo.

Ovvio, doveva aver detto anche quello.

«Sì, be', per ora non c'è ancora niente di certo» rispose. Non ne poteva più di reggere quella discussione, fingere era davvero faticoso.

«Sceglierà te di certo! Insomma, sei una ragazza fantastica! La migliore studentessa tra i Progettisti delle Forme Urbane, e la regina della tua danza, nessuna ragazza al di fuori di te potrebbe ambire all'onore di diventare moglie di un Tecnico!» Aaris dovette concentrarsi per non farsi sfuggire una smorfia.

Vivevano tutti una vita così inutile e patetica. Era una cosa veramente triste. Come era possibile che il sogno più grande di una persona che si impegnava moltissimo in tutto ciò che faceva, dovesse essere quello di scegliersi un marito conveniente per il suo futuro? Tutti ambivano a trovare la persona più adatta per mantenere la loro posizione, la persona più adatta, non per cui provavano realmente qualcosa. E questo perché nessuno era in grado di provare alcunché, erano tutti freddi e vuoti, erano tutti maschere, il contenuto era celato in un abisso irraggiungibile e lontano, le loro anime erano destinate giorno dopo giorno a consumarsi e a spegnersi, facendoli diventare degli automi privi di qualunque umanità. Potevano vivere per oltre trecento anni, ma quanto realmente rimaneva vivo? Forse dopo un po' non restava che il rivestimento, forse dentro erano completamente neri, marci, e morti come quell'albero. Quanto ci sarebbe voluto perché anche Kollh diventasse così?

E i suoi genitori? Avevano raggiunto da poco i cento anni, c'era ancora qualcosa di vivo dentro di loro?

Il suo respiro divenne irregolare, doveva calmarsi, non sapeva la verità, non ancora. Era andata lì per scoprirla, non doveva farsi strane paure prima di sapere effettivamente ogni cosa.

Finalmente raggiunsero l'area dedicata ai Progettisti delle Forme Urbane. Nessuno poteva conoscere qualcosa sulle specializzazioni che non lo riguardavano, si diceva che avendo delle conoscenze ristrette a un ambito specifico, si potessero raggiungere livelli più elevati di conoscenza contribuendo maggiormente allo sviluppo della società, ma Aaris era convinta che ci fosse un altro motivo.

In questo modo nessuno poteva davvero riuscire a fare qualcosa da solo, lei si era trovata in difficoltà quando aveva dovuto cercare di capire come funzionava il tessuto, probabilmente uno Studioso dell'Innovazione non avrebbe avuto problemi in quello, se lei avesse avuto anche solo qualche nozione in merito, probabilmente sarebbe riuscita a capire molto di più.

Forse era sempre per quello che la popolazione era divisa in quartieri e non si poteva parlare con coloro che appartenevano a un'altra specializzazione, per limitare la diffusione delle conoscenze, per evitare che si avesse una reale percezione d'insieme, per conoscere per tutta la vita un'unica realtà e accettarla così per come era.

Non favoriva lo sviluppo, semmai lo bloccava. Unendo le conoscenze, vedendo punti di vista diversi, ci si poteva fare una propria idea della realtà, ma facendo sempre la stessa cosa tutti i giorni, parlando sempre con le stesse persone, si sarebbe rimasti per sempre bloccati in una bolla di falsità, una perenne immobilità.

Era quello che era accaduto con le danze, una volta codificate erano rimaste immutate per generazioni, ma Kollh aveva dimostrato che potevano essere migliorate, e lo aveva fatto imparando a conoscere altre danze differenti dalla sua, aveva ampliato il suo modo di vedere la realtà, e in particolar modo i movimenti delle persone.

Che cosa si sarebbe potuto fare se si fosse ampliato in quella maniera il modo in cui si percepiva il mondo, se si fosse ampliato il modo di pensare?

Era quello ciò di cui aveva bisogno, doveva vedere gli altri settori della Biblioteca, solo in quel modo avrebbe trovato il modo di eliminare per sempre quelle maschere e risvegliare il mondo da quell'eterno sonno di morte.

«Di quali libri hai bisogno?»

«Mi servirebbe qualcosa di Fisica delle Strutture, e anche di Rappresentazione del Costruito» disse. Doveva prendere più libri che poteva, sperava solo che il suo piano funzionasse.

«Perfetto, allora di qua!» esclamò lui soddisfatto.

Come aveva immaginato, l'uomo non le si staccò di dosso per tutto il tempo, continuava a starle con il fiato sul collo seguendo ogni sua mossa. Non le aveva mai dato troppo fastidio, certe volte si era persino proposto di leggerle lui il libro per farle riposare gli occhi, ma non avendo più la maschera si rendeva conto di quanto fosse opprimente quel comportamento: non era libera di fare nulla, non poteva neanche mettersi a leggere da sola, per non parlare del fatto che in questo modo c'era sempre qualcuno che conosceva esattamente quello che leggeva, quello che faceva, come si muoveva e come si comportava. Se avesse fatto qualcosa di strano si sarebbe immischiato ancora di più chiamando i suoi colleghi come voleva fare suo padre dopo che aveva fallito l'esame.

Per sua fortuna, essendo suo padre appunto uno di loro, sapeva esattamente come ragionavano e come si sarebbero comportati in determinate situazioni, per quello aveva preso tanti libri.

«Eh... ci sono davvero troppi volumi interessanti, ma purtroppo non potrò portarli tutti a casa...» disse, con sguardo vagamente dispiaciuto.

«E perché mai?» domandò lui preoccupato, già vedeva accendersi in lui l'istinto di aiutare dei Serventi.

«Be' vedi, non vado direttamente a casa, vado da Kollh a danzare, o meglio, vado a prenderlo per poi andare ad allenarci assieme in palestra, c'è posto solo per due e se metto i libri non posso più accompagnarlo...» rispose, «È solo... che questi libri sono tutti così utili, mi dispiacerebbe lasciarne qualcuno...»

«Non ti preoccupare! Li porto io i libri a casa tua! Non dovrai rinunciare né all'uscita né ad alcun volume!» propose, esattamente come aveva previsto.

«Grazie! Sarebbe fantastico! Oh! Mi sono ricordata adesso che mi piacerebbe anche rileggere il libro sul processo costruttivo di Oneill Eoyunir! Solo che è dall'altra parte del settore e io sono già in ritardo!»

«Tranquilla, lo prendo io, vai pure a danzare, io porterò tutto a casa tua e già che ci sono saluto pure tuo padre!»

Aaris sorrise riconoscente, era contenta che anche quello fosse andato come previsto.

«Grazie Leorel, non so cosa avrei fatto senza il tuo aiuto!»

Dopodiché si diresse a passo svelto verso l'uscita del settore. Era raro che la lasciasse uscire da sola senza accompagnarla fino alla porta, ma con la scusa del ritardo era riuscita a ovviare anche a quel problema. Aveva inoltre nascosto la sua motrice un po' più lontana dalla Biblioteca in modo che, uscendo, Leorel non la vedesse ancora lì posteggiata e pensasse che fosse già partita.

La parte difficile però doveva ancora arrivare. Nessuno si muoveva da solo per la libreria, non doveva dunque farsi vedere.

Si guardò attorno, le porte non erano contrassegnate in alcuna maniera, non poteva quindi sapere a quali specializzazioni corrispondessero. Voleva trovare il settore degli Studiosi dell'innovazione, ma come poteva riuscirci?

Decise di togliersi dal corridoio prima che qualcuno passasse e la vedesse, oltrepassò la prima porta che riuscì a trovare, sgattaiolando dentro il più silenziosamente possibile nel caso in cui ci fosse qualcuno all'interno.

Il grande locale sembrava vuoto. Come quello dei Progettisti delle Forme Urbane era pieno di scaffali, il modo in cui erano disposti sembrava il medesimo tanto che le venne il dubbio di essere rientrata nel suo settore come se in qualche modo lei potesse accedere solo a quello qualunque porta avesse aperto.

Leggendo i titoli dei libri tuttavia, si rese conto di trovarsi effettivamente in un altro settore.

Il primo che lesse fu: Dalla fine della Tirannia alla grande Restaurazione. Non c'era dubbio, era nel settore dei Ricercatori del Passato.

Non era ciò che le serviva, però era un settore che l'aveva sempre affascinata moltissimo, era curiosa di sapere di più sul passato di Aretem. Decise di dare un'occhiata veloce ai titoli, giusto per curiosità.

Si fermò davanti a un tomo intitolato: L'Epoca Oscura, doveva approfondire ciò che c'era stato prima che Nauìya e gli altri arconti sconfiggessero la tiranna portando la pace e la bellezza ad Aretem. Ma lei sapeva che tutta la loro realtà era solo una falsa facciata, non c'erano né pace né bellezza, solo prigionia.

Forse prima, nell'Epoca Oscura, non era ancora così, forse era stata proprio Nauìya a portare il mondo in quello stato di muta sottomissione.

Fece per prendere il libro, quando sentì la porta del settore aprirsi. Corse a nascondersi nello stretto spazio che divideva due scaffali che davano su corridoi opposti e trattenne il fiato terrorizzata. Non poteva farsi scoprire.

Il cuore le batteva fortissimo in petto, tanto che le venne il dubbio che qualcun altro potesse sentirlo.

Udì dei passi e intravide, scrutando tra i libri, due uomini: uno era un Servente ovviamente, l'altro doveva essere un Ricercatore del Passato.

Restarono lì per un tempo che alla ragazza parve infinito, era in una posizione scomodissima e iniziava a sentirsi dolere ovunque, ma non poteva muoversi o avrebbe rischiato di fare rumore venendo inevitabilmente scoperta.

I due uomini se ne andarono dopo aver scelto tre libri e lei finalmente si rilassò.

Si mosse di appena un millimetro e sentì sotto di sé cigolare il parquet in legno scuro. Se lo avesse fatto un minuto prima sarebbe stata scoperta di certo.

Tentò di sfilarsi lentamente, ma le sue gambe erano tutte intorpidite e perse l'equilibrio poggiando il piede destro sull'asse che prima aveva cigolato, questa volta si spezzò direttamente sotto il suo peso improvviso.

Aaris riuscì a uscire e poi guardò il danno da fuori, l'asse era irrimediabilmente spezzato, chiunque fosse andato a fare le pulizie lì si sarebbe reso conto che c'era qualcosa che non andava.

Allungò il braccio nel tentativo di riassestare le parti in maniera che non si vedesse a un primo sguardo che i due pezzi erano rotti. Nel farlo, però, una delle due estremità sprofondò verso il basso, doveva esserci un buco lì dentro.

Infilò la mano all'interno per recuperarlo ma toccò una superficie diversa da quella che si era aspettata. Era liscia e polverosa, indagando ancora sul suo spessore riuscì distintamente a sentire la familiare consistenza delle pagine chiuse di un libro.

Che cosa ci faceva un libro dentro al pavimento?

A fatica riuscì a tirarlo fuori e a trascinarlo oltre gli scaffali per studiarlo meglio.

Non era molto grande, né spesso, ma già al tatto si sentiva che era antico, forse il più antico dell'intera biblioteca.

Appena la luce lo illuminò tuttavia, Aaris lo lasciò terrorizzata; c'erano delle macchie di una sostanza scura che non poteva essere altro se non sangue, non ne aveva mai visto tanto tutto assieme, quando si feriva ne uscivano poche gocce e poi guariva dopo non molto, quello invece era molto di più di quello che poteva scaturirsi da un taglio, anche se, dovette constatare, sembrava secco ormai da tempo.

Lesse il titolo in parte coperto ma ancora leggibile: Sotto la superficie, la storia di chi c'era.

Non si capiva a quale epoca si riferisse, alzò lo sguardo sui due scaffali tra cui si trovava: il sei, lettere da BA a BF e il sette, lettere da BF a BH. Non sembrava centrare con nessuno dei due, chi lo aveva messo, e perché?

Per quale motivo poi era macchiato di sangue?

Si fece coraggio e lo raccolse da terra. Lo girò, la descrizione non era molto lunga:

Per molto tempo hanno cercato di estinguere la mia voce, hanno tentato di nascondere la verità, ma la verità è dentro di me e non posso dimenticare, non posso perché io c'ero, ero lì quando tutto è successo, ero lì quando tutto ha avuto inizio, ero lì quando tutto è finito. Questa è la mia storia, ma è la storia di tutti noi, perché tutto quello che si ricorda del mondo è in realtà solo una grande menzogna.

Le si era accapponata la pelle, che lo scrittore sapesse quello che era successo? Il perché di quelle maschere che toglievano ogni emozione?

Aprì il retro della copertina per vedere chi fosse e rimase scioccata: l'uomo rappresentato nella fotografia aveva i capelli e la barba completamente bianchi, lo sguardo era sofferente e persino attraverso la foto appariva più profondo di quello di qualunque cittadino di Aretem; il volto era attraversato da profondi solchi simili a quelli che lei aveva trovato sotto ai propri occhi, ma molto più accentuati e marcati, sul naso teneva poggiato uno strano oggetto formato da due tondini di vetro legati tra loro da sottili filamenti metallici. Aveva sentito dire che prima che gli arconti portassero la bellezza ad Aretem, le persone subivano un degrado fisico chiamato vecchiaia, ma non aveva mai visto realmente che cosa significasse.

Rimase scioccata da quegli occhi, trasmettevano una sofferenza che le pareva inimmaginabile.

Tentò di leggere il nome dell'uomo, ma questo era indecifrabile. Sfogliò velocemente il libro, era veramente rovinato, molte parti erano cancellate dal tempo, altre coperte dal sangue, alcune pagine erano strappate in parte o mancavano completamente.

Doveva prenderlo e scoprire che cosa vi si celasse all'interno.

Riassestò l'asse spezzato e corse verso l'uscita.

Il corridoio era fortunatamente ancora vuoto, camminò a passo spedito e si nascose dietro un angolo in attesa che la ragazza all'ingresso si distraesse, non era la stessa di prima, aveva scelto appositamente l'orario in cui c'era il cambio di turno in modo che Leorel uscendo non dovesse chiedere se l'avevano vista uscire.

Vide la ragazza andare a recuperare dei documenti nel suo ufficio e approfittò dell'occasione per correre fuori.

Una volta sedutasi nella sua motrice prese un sospiro di sollievo. Non riusciva a credere a quello che aveva fatto, e ancora meno riusciva a capacitarsi del grande tesoro che aveva scoperto.

Decise di fare una strada più lunga nel caso in cui Leorel si fosse trattenuto più del previsto a casa sua, poi, una volta arrivata davanti al suo giardino, non vedendo la sua motrice, si fermò. Prese il libro e lo nascose sotto la maglietta malgrado le facesse ribrezzo l'idea che quel sangue secco toccasse la sua pelle. La paura che qualcuno la scoprisse era decisamente più grande.

Entrata in casa tuttavia, la situazione non era come si era aspettata.

I genitori, sorridenti e felici, stavano offrendo della cioccolata calda a un ragazzo biondo che, anche se di schiena, riconobbe subito: Wayll.

«Oh, cara, guarda chi è venuto a trovarti!» esclamò la madre con entusiasmo.

Il ragazzo si voltò e quando i loro sguardi si incontrarono, Aaris sentì il cuore batterle più forte, era la prima volta che lo vedeva da quando si era tolta la maschera, in un certo senso i suoi occhi sembravano anche più belli della prima volta in cui vi si era immersa.

Anche lui indugiò più del solito, doveva aver notato la differenza nei suoi privi del velo della maschera.

«Wayll» fu l'unica cosa che riuscì a dire con un debole controllo sul tono della sua voce.

Era strano che le facesse quell'effetto, non aveva pensato che anche in sua presenza la maschera avesse avuto, seppur solo in parte, quell'influenza tanto potente su di lei da non farle provare quella curiosa sensazione.

Il ragazzo si voltò verso i genitori di lei e gli chiese con tono impeccabile se poteva congedarsi e andare a parlare di sopra con Aaris.

«Ma certo caro!» rispose la madre entusiasta. Aaris non sapeva che cosa pensare, sentiva come se improvvisamente tutto quello che era accaduto in quella giornata lunghissima non contasse più nulla.

Appena si chiusero la porta alle spalle, lui le prese il volto con una mano e lo girò a destra e a sinistra osservandolo con attenzione.

«Che cosa hai fatto?!» le domandò, non riuscì a capire se il suo tono fosse curioso, stupito o furioso, o forse era tutte e tre le cose assieme.

Lei lo osservò anche, vederlo ora che era consapevole delle maschere era diverso, non riusciva a distogliere lo sguardo da lui proprio come quella mattina non riusciva smettere di guardare il proprio riflesso, c'era qualcosa di affascinante in quella purezza priva di barriere.

«Adesso i miei occhi sono belli come i tuoi» disse, poteva essere stupido, ma era stata la prima cosa che le era venuta in mente.

In risposta i suoi occhi brillarono e lui sorrise dolcemente. Poi sembrò riscuotersi e si allontanò voltandosi e distogliendo lo sguardo.

«Ma come ci riesci?» le chiese.

«A fare cosa?» domandò lei di rimando.

«Tutto, le tue pupille sono piene di meraviglia, il tuo sguardo sembra così puro e innocente, sei la persona più vera che io abbia mai conosciuto, quando in realtà i tuoi occhi dovrebbero essere spenti come quelli di tutti gli altri» rispose.

«I tuoi non sono spenti». Si sentiva una stupida, lui sapeva molto, ne era certa, lei invece ignorava praticamente tutto, probabilmente le cose che diceva gli apparivano insensate e prive di logica, eppure lei aveva davvero bisogno di sapere.

«I miei non lo sono mai stati, tu invece sei riuscita a risvegliarti e ora guardi il mondo con una curiosità e un'innocenza che non ho mai visto prima d'ora» disse lui.

Significava che c'erano altre persone libere dal controllo delle maschere, forse tutti i Tecnici, ma perché solo loro potevano essere liberi e tutti gli altri invece no?

«Perché? Perché è così? Perché non possono provare tutti le emozioni?» domandò.

Lui abbassò lo sguardo incupendosi.

«È così e basta, il mondo è fatto così» rispose, «ma tu come hai fatto a svegliarti completamente? Fino a ieri reagivi solo in preda a forti emozioni!»

Lei sorrise.

«Mi sono tolta quel rivestimento!» spiegò.

Lui aggrottò le sopracciglia.

«E come avresti fatto? Nessuno può riuscirci!»

«Sono state le emozioni».

Lui scosse la testa, il suo sguardo pieno di ammirazione e disappunto al tempo stesso.

«Non mi hai ascoltato, ti avevo detto di fare di tutto per non farti scoprire, e quegli occhi si notano eccome!» Disse lui cercando di sgridarla, ma il suo sembrava più un complimento che altro. Quindi, come aveva immaginato, lui aveva sperato che riuscisse a liberarsi.

Improvvisamente il libro che aveva nascosto sotto la maglietta scivolò giù cadendo sul pavimento ai piedi del ragazzo.

«Che cos'è questo?» domandò abbassandosi a raccoglierlo.

Se lo rigirò tra le mani e poi ripeté, il tono completamente mutato: «Che cos'è?!»

Aaris aprì la bocca per rispondere, ma lui la interruppe adirato.

«Ti rendi conto che questo potrebbe ucciderti?! Ti ho chiesto di apprezzare il dono che ti è stato fatto non immischiandoti in faccende più grandi di te, e tu ti metti a investigare su questo?! Ti rendi conto di quanto sto rischiando proteggendoti?!» le gridò contro.

Lei lo osservò un attimo perplessa, non era ancora abituata a quelle reazioni causate dalle emozioni.

«Voglio sapere! Ne ho bisogno!» gli rispose.

«No, non puoi, la verità ti ucciderà, restane alla larga!»

«No. Io devo sapere, e se non sarai tu a spiegarmi allora lo scoprirò da sola!» Gli gridò di rimando lei, strappando il libro dalla sua presa e stringendolo forte a sé.

Lui scosse la testa e uscì sbattendo la porta.

Aaris fece un passo avanti per richiamarlo, e chiedergli di tornare in dietro ma poi si fermò.

Lui non l'avrebbe aiutata e al momento era troppo arrabbiato per capire le sue ragioni. Era sola e avrebbe dovuto cavarsela senza il suo aiuto.

Wayll diceva che la voleva proteggere, ma non era quello che voleva lei, voleva che la aiutasse a capire quella situazione che le stava sconvolgendo l'esistenza, aveva bisogno di lui, del suo sostegno, della sua presenza.

In quel momento più che mai.

Ma lui non c'era.

Cadde in ginocchio a terra e, per la seconda volta quel giorno, si abbandonò alle lacrime della sua disperazione.

🤔🤔🤔

Malgrado tutti sembrino sempre remarle contro, Aaris ha iniziato a indagare e ha scoperto un misterioso libro che probabilmente le rivelerà la verità.

Wayll, come anche Kollh ha fatto in precedenza, ha cercato di avvertirla, ma Aaris non è intenzionata ad ascoltare nessuno se non la sua necessità di sapere, chissà dove la porteranno le sue ricerche🤔🤔

In questo capitolo è comparso un nuovo personaggio, un collega del padre di Aaris: Leorel. Sebbene non sia un personaggio importante, anzi credo che forse non ricomparirà più in futuro, ho deciso comunque di inserire l'immagine perchè è venuta troppo bene🤣🤣

Lo so, lo so, è davvero inquietante quel sorriso, però vabbè, cosa ci volete fare, la realtà di Aaris è questa!

Concludo con una piccola indagine che non è molto inerente, ma giusto per curiosità: con chi shippate Aaris, con Kollh o con Wayll? Ovviamente considerando il punto a cui siamo arrivati; più avanti potrebbero esserci degli avvenimenti che vi faranno cambiare idea, o anche no, dipende (tipo fantAsilena è rimasta della stessa idea dall'inizio alla fine nonostante tutto, quindi non si può mai sapere).

Bene, buon fine settimana, ci vediamo lunedì con Nauìya e alcuni nuovi pov!

NediFo

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