IX
Nauìya
Alzò a fatica la serranda. Il meccanismo non aveva mai funzionato a meraviglia, ma con il tempo doveva essersi rotto completamente. Louid e Zen erano dietro di lei. Loro non conoscevano quel negozio, pensavano fosse uno tra i tanti abbandonati, ma lei sì, e anche molto bene.
Ovviamente le vetrine erano state sfondate da anni, non ebbero dunque problemi a entrare pur non avendo le chiavi.
«È libero?» chiese Zen, mentre Nauìya scrutava l'interno buio a causa della mancanza di corrente.
«Sì, entrate» rispose, mettendo piede dopo più di quindici anni lì dentro.
Ricordava gli occhi ridenti di sua madre che accoglievano i clienti che andavano lì a comprare le prelibatezze che preparava con i pochi resti di cibo che le venivano portati. Il denaro non esisteva ad Aretem da diverso tempo ormai, per questo il negozio andava avanti con i baratti. Le persone portavano quel poco che avevano e la madre metteva gli ingredienti assieme elaborandoli in squisitezze che spettavano a tutti coloro che avevano portato qualcosa che aveva contribuito a crearle.
Nauìya ricordava che si divertiva a giocare lì vicino a lei, correndo per tutto il negozio e accettando, talvolta, i doni che le facevano i clienti soddisfatti dalle ricette della madre.
Anche all'epoca regnavano la povertà e la sofferenza dovute al controllo della Strega, ma i suoi genitori erano riusciti in qualche modo a tenere ogni male lontano da quel negozio che era diventata la loro casa. Anche se non per molto.
«È grande qui!» osservò Louid, guardandosi attorno.
«Più di quanto credi» rispose. Oltre al locale che avevano dedicato alla vendita, c'era infatti quella che era stata la loro casa, uno scantinato molto spazioso cui si poteva accedere da una botola mimetizzata quasi perfettamente al pavimento. Nauìya era certa che nessuno avesse scoperto il passaggio, probabilmente era ancora tutto come lo aveva lasciato.
«Cosa intendi? Sei già stata qui?» indagò Louid. Probabilmente si stava domandando come mai avessero passato tante notti al freddo e senza un riparo quando lei conosceva un luogo del genere dove avrebbero potuto restare.
Nauìya annuì e aprì la botola sul pavimento.
Scese le scalette a chiocciola lentamente. Erano molto più strette di quanto ricordasse ma, dopotutto, era una bambina l'ultima volta che era scesa da lì.
«Nauìya, che posto è questo?» insistette il ragazzo, forse iniziando a intuire che cosa quel luogo significasse per lei. Malgrado conoscesse Louid da tutta la vita, non gli aveva mai raccontato con esattezza quello che era successo, non si sentiva ancora pronta. Forse un giorno, quando tutto fosse finito, gliene avrebbe parlato, ma quel momento non era ancora giunto.
Concluse le scale, si fermò a osservare quello che era stato il soggiorno. Era esattamente identico a come lo aveva lasciato. I mobili sgualciti che i genitori dovevano essere riusciti a rubare da qualche parte erano ancora lì, a terra c'era la bambola di stracci che le aveva regalato una vecchia, la cliente più affezionata di sua madre.
La raccolse e osservò il vestitino divenuto marrone a causa del sangue che aveva addosso l'ultima volta che l'aveva tenuta in mano.
Era consapevole della presenza di Louid e Zen, ma non voleva spiegargli dove si trovavano, non poteva.
Buttò la bambola a terra e fece un giro delle diverse camere.
C'erano dei dettagli che aveva scordato ma, camminando lì fra i ricordi, le tornavano alla mente alcuni momenti felici che aveva dimenticato da tempo. Si fermò sulla porta della sua cameretta. Ricordava bene quanto aveva pianto quella notte prima di decidere di chiudere per sempre il suo cuore alle emozioni.
«Nauìya, stai bene?» le domandò Louid, preoccupato, alle sue spalle. Lì c'era anche Zen, che teneva tra le mani la sua vecchia bambola. Doveva averla raccolta da terra quando lei l'aveva lanciata bruscamente.
«Sì, ovvio. Chiunque vivesse qui se ne è andato da tempo, possiamo bruciare ciò che non ci serve e farne il nostro nuovo rifugio» comunicò, impassibile.
Per molto tempo aveva temuto di entrare lì dentro, in quel museo di ricordi di una vita passata e ingenua finita in tragedia, ma ormai non le faceva più alcun effetto. Era una persona pratica, non poteva non sfruttare una tale risorsa.
«Nauìya, tu lo sai di chi era quel sangue sul pavimento di là?» chiese Zen, preoccupata.
«No, ma chiunque fosse non credo che abbia più bisogno di questo posto» rispose, cercando di deglutire il groppo che le si era formato in gola.
I due la fissarono ancora per qualche istante, ma il suo volto rimase di ghiaccio, impenetrabile.
«Voi mettete a posto qui, io esco a vedere se trovo qualcosa da mangiare». Non voleva vedere quel luogo fino a che non avesse avuto un aspetto nuovo. «Louid, scegli pure una stanza e usala come laboratorio, credo che avremo molto bisogno delle tue invenzioni» continuò. Si diresse poi verso l'uscita senza aggiungere altro.
Una volta fuori prese un respiro profondo. L'aria sapeva di pioggia a causa del diluvio della notte precedente, e regnava un'atmosfera cupa e grigia. Il sole sarebbe sorto di lì a poco, ma iniziava già a schiarire il cielo plumbeo.
Si guardò attorno. Per strada non c'era quasi nessuno, eccezion fatta per qualche ladruncolo che rovistava in giro alla ricerca di qualcosa da prendere.
Si incamminò, senza una meta precisa. Voleva cercare di capire se c'erano dei sopravvissuti alla tragedia avvenuta nei sotterranei. Si rese presto conto che l'atmosfera era ben diversa dal solito. I soldati a pattugliare le strade erano molti di più di quanto non fossero mai stati, e le persone, che piano piano aumentavano per le strade, erano costrette a uscire di casa da gruppi più o meno consistenti di loro che gli puntavano i fucili contro se solo tentavano di opporre resistenza.
Stavano conducendo tutti da qualche parte.
Seguì la calca e ben presto sentì i passi di uno dei fanatici della Strega che la scortavano.
Che cosa stava accadendo? Dove li stavano portando?
Raggiunsero la grande piazza dove normalmente venivano bruciati i morti trovati per le strade.
Non l'aveva mai vista tanto gremita di gente, erano tutti raccolti nei pressi dei roghi disposti a cerchio attorno a un podio montato per l'occasione dove erano presenti quattro cataste di legna pronta ad ardere, su cui erano legate delle persone. Riconobbe Faàriel, il capo chino e il corpo completamente abbandonato alle corde che lo cingevano. Nel rogo accanto al suo c'era Orm, con un occhio gonfio a causa di qualche colpo che doveva aver subìto e, a giudicare dalla sua postura fiera ma pendente su un lato, dovevano avergli pure sparato.
Era ancora vivo ma, da quanto poteva constatare, non ancora per molto; avevano intenzione di fare un'esecuzione davanti a tutti eliminando i membri più importanti della ribellione contro la Strega.
Non aveva idea di chi fossero gli altri due ragazzi, ma dovevano appartenere alla resistenza anche loro.
Lei era magra e minuta, teneva il capo chino e piangeva, la frangia bionda le copriva il volto di cui non riusciva a scorgere i lineamenti. Lui aveva i capelli dello stesso colore della ragazza, ma la frangia che gli arrivava fino agli occhi non ne nascondeva lo sguardo furioso che faceva infiammare gli occhi castani.
Non sapeva che cosa dovessero aver fatto per meritare di salire su quel palco, ma non aveva importanza, doveva trovare il modo di liberarli; si pentì di non aver fatto venire con sé Louid e Zen, avrebbero potuto aiutarla a salvare i condannati, da sola non ci sarebbe mai riuscita.
Improvvisamente sul palco salì Lei. Era come la ricordava. Anzi, se possibile, appariva ancora più debole e più spaventosa al tempo stesso. Un cappuccio nero e largo le copriva in parte i capelli ingrigiti e, combinato al suo volto spaventoso, la faceva assomigliare a una personificazione della Morte.
Mosse qualche passo malfermo in avanti e abbassò il cappuccio, scrutando tutta la folla ancora minacciata dai fucili dei soldati.
Il suo sguardo era completamente diverso da come lo aveva visto la prima volta: la pelle attorno ai suoi occhi era arrossata in maniera spaventosa e nelle sue pupille perfettamente visibili a causa delle palpebre spalancate che sembravano incapaci di battere, si vedeva pura follia. Nauìya si chiese se quella donna avesse mai avuto un aspetto umano.
Le mani magre e scavate dal tempo si levarono in alto per zittire la folla.
Tutti ammutolirono e osservarono quella creatura immonda. Le vesti nere ondeggiavano al vento e rendevano il suo aspetto ancora più intimidatorio. Appariva invincibile e potente, spaventosa nonostante tutto nel suo aspetto suggerisse che fosse una vecchia gracile e priva di forze.
Malgrado la sua età, malgrado le sue debolezze, era lì davanti a buona parte di Aretem e si ergeva in tutta la sua spaventosa magnificenza.
Per la prima volta, Nauìya provò autentica ammirazione per quella donna; era forte, nonostante il mondo intero fosse contro di lei, nonostante ogni giorno della sua vita sembrasse devastarla dall'interno togliendole ogni briciola di umanità. Peccato solo che era Lei la causa di tutte le sofferenze del suo mondo, e per questo doveva morire.
«Ho fatto di tutto per Aretem!» esordì con voce gracchiante, gli occhi bagnati dalle lacrime.
A differenza di tutte le persone che Nauìya avesse mai conosciuto, la Strega non sembrava indebolita dalle sue emozioni, le indossava come fossero la sua corazza, la sua forza.
Quella disperazione e quella rabbia che emanava la mettevano in soggezione, non le faceva pena come invece era accaduto per la Sirena.
«Di tutto!» ripeté la donna, con una furia terrificante.
«E voi lo avete ucciso!» gridò, gli zigomi scavati dalle lacrime. Nauìya sapeva a chi si stava riferendo: il Generale, il suo braccio destro, l'uomo grazie al quale aveva portato tutta quella distruzione.
«Avete sempre tentato di sabotare ogni mio tentativo di donarvi la vita! Avete scelto la sofferenza! Avete scelto la morte». Il tono flebile, ma udibile da chiunque in tutta la piazza.
«E la morte avrete» continuò. «Forse solo con la distruzione si potrà ricostruire qualcosa di nuovo, qualcosa di migliore. Sono stata troppo magnanima finora». Si spostò di lato per mostrare i roghi dietro di lei.
«Ecco a voi quel che resta della cosiddetta resistenza!» gridò nuovamente.
Questa volta, un mormorio si levò dalla folla. In pochi probabilmente sapevano quello che era accaduto quella notte. Anche se quelle persone non combattevano, ammiravano comunque coloro che lo facevano per loro e talvolta li aiutavano nella speranza di un futuro migliore. Sarebbe stato un terribile colpo, che avrebbe spento la speranza lasciando spazio alla disperazione.
Nauìya, però, aveva bisogno che la loro speranza non svanisse; era l'ultima possibilità che le rimaneva.
«Faàriel, il grande capo della resistenza; il suo secondo in comando e due traditori!» esclamò ancora la donna.
«Che la loro morte sia da monito per tutti voi, non osate sfidarmi più, o tutto quello che rimarrà sarà solo cenere».
Nauìya la osservò fare un cenno a uno dei soldati che, con la torcia accesa, iniziò ad accendere uno ad uno i roghi dei condannati.
Doveva fare qualcosa, ma era troppo lontana, disarmata, e sola.
Si guardò attorno. No. Non era sola. Lei non era mai sola.
«C'è ancora speranza! L'Ayìsse è vero! L'ho visto con i miei occhi, ucciderà la Strega!» vociò.
Prima che il soldato più vicino a lei potesse fare qualunque cosa, un'altra voce, poco distante da lei, gridò a sua volta:
«È vero! È stato l'Ayìsse a uccidere il Generale!»
Nauìya vide diverse persone scambiarsi degli sguardi speranzosi e iniziare a ripetere e lodare l'Ayìsse. In poco tempo tutta la piazza fu in fermento; i soldati tentarono di quietare i cittadini, ma questi non ne vollero sapere. Partirono alcuni spari e la folla infuriò come mai prima di allora.
Nauìya riuscì a disarmare l'uomo che l'aveva scortata alla piazza e, lentamente, tentò di raggiungere il palco.
La Strega era sparita, doveva essersi ritirata al primo cenno di pericolo come aveva fatto anche l'ultima volta che l'aveva vista. Le fiamme, intanto, iniziavano ad alimentarsi.
La ragazza che prima piangeva sembrava essersi ripresa ed era in qualche modo riuscita a sfilare i piedi dalle corde, per poi rigirarsi in una maniera che a lei sembrava impossibile nel tentativo di slegare anche la parte che le cingeva il busto.
Il ragazzo che, dalla somiglianza, doveva essere il fratello, si dimenava senza tuttavia riuscire a fare alcunché.
Nauìya raggiunse il palco e corse direttamente verso Orm che per precauzione era stato legato più di tutti, forse per la sua grossa stazza e la paura che potesse spezzare le corde con la sua forza incredibile.
«È un piacere rivederti» le disse mentre era intenta a tagliare le corde che lo immobilizzavano.
«Pensavo fossi morto» gli rispose lei.
«Anche io».
La ragazzina snodata intanto era riuscita a liberarsi ed era corsa ad aiutare il fratello.
Nauìya, seppur con fatica, finì di tagliare le resistenti corde che legavano la montagna. Fece un passo indietro, mentre Orm si buttava a terra il più lontano possibile dalle fiamme il cui calore iniziava a essere insostenibile. Consapevole che non ci fosse più molto tempo, andò da Faàriel e iniziò a tagliare con foga anche le sue corde.
«No, è inutile, non posso camminare, ormai non posso più fare molto. È la tua ora». Lei lo guardò esterrefatta, non aveva immaginato che quel vecchio potesse dire una cosa del genere. Doveva salvarlo. Per quanto la sua prima impressione nei suoi confronti non fosse stata delle migliori, non meritava di morire così; aveva lottato per tutta la vita e aveva minato il potere della Strega più di chiunque altro. Sapeva però, che anche se fosse riuscita a liberarlo, avrebbe dovuto portarlo in salvo, e avrebbe solo rischiato di farli morire tutti.
«Il primo capo della resistenza mi disse che un giorno avrei dovuto cedere il posto all'Ayìsse in persona. Sono onorato di averti conosciuta, mostra a tutti chi sei proprio come hai fatto con me. Salva il mondo, poni fine a tutte queste sofferenze». Nauìya lo guardò riconoscente. Aveva intenzione di fare esattamente quello che le stava chiedendo: avrebbe salvato il mondo, ponendo fine a tutte le sofferenze, iniziando con le sue.
Sollevò la pistola nella direzione del vecchio e, dopo che lui ebbe annuito, prese un respiro e sparò. Non avrebbe più sofferto.
Si voltò per osservare la situazione. Orm e i due ragazzi stavano combattendo contro dei soldati che erano saliti sul palco per attaccarli, difendendo anche lei. Di sotto, la folla era nel subbuglio più assoluto, le persone si accalcavano sui soldati in preda a una furia cieca alimentata dalla speranza che il solo nome dell'Ayìsse aveva acceso nei loro cuori. La situazione era comunque tragica, dovevano fuggire, i soldati erano troppi.
Si unì ai combattimenti e ben presto scesero tutti dal palco. La folla si stava diradando e, appena Nauìya trovò un varco, guidò i tre condannati verso una via secondaria che si allontanava pian piano dalla piazza. Sperò che in molti fossero riusciti a salvarsi proprio come loro.
Quando furono certi di non essere più seguiti si fermarono, tutti e quattro con il fiatone.
«Grazie... ti dobbiamo la vita» le disse il ragazzo, sollevando lo sguardo riconoscente verso di lei.
«Sì, grazie!» gli fece eco la sorella.
«Io sono Daren, e lei è Jeynn» si presentò lui.
«Hanno lavorato in incognito per la resistenza per molto tempo, erano infiltrati tra i soldati della Strega» spiegò Orm. Nauìya annuì.
«È grave?» gli chiese, indicando con un cenno la ferita che rendeva incerto ogni suo movimento.
«No, non hanno sparato per uccidere, sapevano chi sono. È sopravvissuto qualcun altro?»
«Una decina di persone che si trovavano con me nella sala, Louid, e una ragazza che forse conosci, si chiama Zen» rispose. «Non so se ci siano altri sopravvissuti, ma con quelli che si trovavano alla sala abbiamo perso i contatti, non sappiamo dove siano».
«Jeyil?» domandò il gigante con sguardo che le sembrò speranzoso. Nauìya era a conoscenza della grande amicizia che li legava, i due erano praticamente cresciuti insieme e si spalleggiavano a vicenda in ogni missione.
Abbassò lo sguardo.
«Non ce l'ha fatta, si è sacrificato per salvarmi la vita».
Un velo di tristezza attraversò il volto dell'uomo, per poi essere ricacciato via dalla sua solita calma pacata.
«Venite, tra poco le strade saranno ricolme di soldati e voi siete probabilmente i più ricercati di tutta Aretem», disse, iniziando a incamminarsi.
-
Quando entrarono, trovarono Zen accomodata sul divano mentre affilava, con uno dei suoi pugnali, diversi oggetti metallici trovati in giro trasformandoli in piccole lamette. Appena li vide si alzò e, voltatasi verso la montagna, spalancò gli occhi, incredula.
«Comandante Orm!» esclamò con riverenza. Lui le aveva salvato la vita, ricordò, doveva sentirsi in debito.
Sentendoli arrivare, Louid venne subito ad accoglierli e, dopo che gli ebbero raccontato tutto, si accomodarono a tavola.
Lui e Zen avevano fatto un buon lavoro, doveva ammetterlo. Il locale che un tempo era il negozio era stato svuotato e pulito e Nauìya riconobbe che potesse essere un buon punto dove allenarsi. Dall'ingresso, invece, era sparita ogni traccia di sangue, i mobili erano stati spostati lasciando il grande tavolo al centro. La sua vecchia camera era diventata il laboratorio dell'amico che aveva tolto il letto e lo aveva sostituito con tutti i tipi di appoggi che era riuscito a trovare, dalla scrivania ai comodini ammaccati e marciti a causa dell'umidità.
In qualche modo in quella camera regnava già un disordine perfetto, come se Louid avesse sempre vissuto lì e, in un certo senso, sembrava proprio così, era perfettamente rilassato e a suo agio lì dentro, molto di più di quanto fosse stato al rifugio della resistenza.
«Avete qualche piano?» domandò Orm guardandola, consapevole che lei aveva sempre in mente qualcosa.
«Ci stiamo lavorando» rispose, lanciando un'occhiata eloquente a Louid. La sua nuova invenzione era la chiave di tutto, ne era certa.
«Ehm... prima di venire catturati, io e Jeynn stavamo indagando su un cecchino. È da tempo che i soldati temono questo killer misterioso dalla mira infallibile. Pensavamo che se fossimo riusciti a farlo entrare nella resistenza sarebbe potuto essere un'ottima risorsa» intervenne Daren.
Nauìya ci pensò su. Poteva servirgli un cecchino, per di più se c'era qualcun altro che combatteva le fila della Strega era meglio che lo trovassero. Combattendo come un fronte unito sarebbero stati più forti.
«Proprio prima di venire catturati, abbiamo scoperto più o meno l'area della città in cui ha colpito di più» continuò il biondo.
«D'accordo. Louid, tu continua a lavorare su quel progetto mentre noi non ci siamo, ne avremo bisogno al più presto» ordinò.
Osservò i suoi compagni.Non erano in molti ma potevano farcela, perché erano dei sopravvissuti e nullaavrebbe mai fermato la sua determinazione.
Ed eccoci qui, Nauìya sta cercando di riorganizzare le sue forze riunendo attorno a se un piccolo gruppo di combattenti sopravvissuti alla strage che ha praticamente distrutto la resistenza.
Dopo tanto tempo è finalmente tornata nella casa della sua infanzia dove si cela un tragico passato.
Ha ritrovato Orm e due nuovi membri per il loro piccolo gruppo e presto cercheranno questo misterioso cecchino.
Non c'è molto altro da dire, in fondo è stato un capitolo abbastanza tranquillo 🙄 (Povero Faàriel😢)
Le illustrazioni dei due fratellini non sono venute benissimo quindi è probabile che in futuro le cambierò, però per ora ho solo queste.
Ecco qui Daren, i capelli in realtà sono un po' più chiari e gli occhi leggermente più scuri, ma vabbe' è andata così😅
Jeynn, non so perchè, è venuta tipo cieca, ma vi posso assicurare che ci vede benissimo😂 del resto lei va abbastanza bene, non è troppo diversa da come la immagino.
Bene, è tutto credo, ci vediamo al prossimo capitolo con Aaris!
NediFo
PS. Buon inizio scuola a tutti gli scolari!📚
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