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The best rock band


Passò circa una settimana.


Con il lavoro andava tutto per il meglio, e lo stesso succedeva all'Università.

Io e Veronica ci conoscevamo da poco, ma il nostro rapporto era diventato molto forte, e a volte ci consideravano addirittura sorelle.

John, nonostante fosse entrato da poco nella band, provava ogni giorno le canzoni del gruppo al suo basso, e di conseguenza le ascoltavo anche io.

Devo ammettere che il repertorio di questi Queen non era niente male.

Nelle loro canzoni era ben notabile l'influenza che i ragazzi avevano acquisito da gruppi ben noti in quegli anni.

Erano brani freschi, alcuni molto hard rock. Me ne accorgevo dal modo in cui mio fratello le suonava.

Gli rivelai che ero molto interessata a questo gruppo e non mi sarebbe piaciuto incontrare gli altri membri; perciò una domenica decise di portarmi alle loro prove.

—Non vedo l'ora di poterti sentire suonare. Ma dov'è che dobbiamo andare?—gli chiesi mentre uscimmo di casa.

—All'Imperial. Sono contento che tu voglia vedermi esibire perché sto morendo dalla voglia di farti sentire quanti ci sappia fare.

Ci mettemmo in macchina e caricammo il suo basso nel bagagliaio, dopodiché ci avviammo, entrambi eccitati, verso il college.

Quel giorno c'era abbastanza traffico per le strade, perciò impiegammo qualche minuto in più del solito ad arrivare, e questo non aiutò a calmarci.

—Sai, ho detto agli altri che sei una brava batterista.—disse ad un certo punto mio fratello

Ansimai, un po' preoccupata.

L'ambizione faceva parte di me, ma non amavo mettermi a confronto con persone sicuramente più brave. Suonavo la batteria per pura passione e a livelli a mio parere molto dilettantistici. Il batterista della band che avrei incontrato tra non molto avrebbe fatto assoli che non sarei stata mai capace di riprodurre.

—Perché l'hai detto? Lo sai che io suono la batteria solo a livello amatoriale. Tu e Veronica mi state sopravvalutando un po' troppo!

—Beh, se lo dice anche la tua amica vuol dire che male non sei, tesoro.

—Ti supplico, non tirar fuori questo argomento davanti gli altri!—congiunsi le mani, cosa che lo fece un po' ridacchiare.

—Okay, non preoccuparti.

Dopo un po' arrivammo finalmente al college.

—Dove provate?—gli chiesi, mentre scendemmo dall'auto.

—Nella sala Jazz. In quella dove ho fatto il provino. Quella sala è richiesta da tanti, quindi non è stato facile affittarla per l'intera mattina. —mi spiegò—È allo stesso piano di dove mi trovo io, vieni.

Cominciò a condurmi nell'edificio, e successivamente al piano in cui si trovava sia la sua aula che la saletta dove si sarebbero svolte le prove.

Non appena le scale terminarono, lungo il corridoio vidi una figura abbastanza conosciuta.

No, dannazione! Perché c'era anche lui?

Pregai tutti i santi affinché non gli andassimo incontro, ma tutte le mie speranze furono abbattute quando John fece un segno con la mano, per poi dire:—Ehi, Rog!

Il biondo si girò di scatto nella nostra direzione.

Notai che quel solito sorrisetto odioso gli era spuntato nuovamente sul viso.

—John, sei arrivato finalmente!—salutò mio fratello, mi guardò .

Stava per dirmi qualcosa, ma non poté aggiungere altro, poiché mio fratello intervenne.—Roger, ti presento mia sorella Rosalie. Rose, lui è Roger Taylor, il batterista.

Avanzai malavoglia verso il ragazzo che conoscevo già abbastanza.

—Rosalie Deacon, qual buon vento! Quindi tu sei la sorella di John. Beh, infondo avete lo stesso cognome, avrei dovuto immaginarlo.—me lo trovai esattamente di fronte, con la sua chioma bionda e gli occhi azzurri cielo che scrutavano i miei abbastanza intensamente.

Fu allora che tutte le promesse che mi ero fatta in precedenza furono dimenticate in chissà quale parte della mia testa, e risposi sdegnata:—Zitto, Taylor! Non cominciare, non ho voglia di sentire tutte le stronzate che hai da dirmi.

Lasciai a bocca aperta sia Roger, mio obiettivo, ma anche John.

—Rose, calmati. Ma vi conoscete già?—chiese John, ancora abbastanza sotto choc per il modo in cui mi ero rivolta al biondino.

Roger aveva già cominciato a prendere aria per dire qualcosa, ma io lo precedetti.—Sì, purtroppo. È il mio compagno di corso.—risposi, continuando a guardare adirata Roger.

—Perché dici "purtroppo"? Non è bello che tuo fratello sappia che in realtà siamo grandi amici?

—Amici, hai detto?—John mi mise una mano sulla spalla, notando che la mia rabbia non aveva per niente voglia di placarsi.

—Basta, Rose. Piuttosto perché non entriamo?

Io e Roger smettemmo di guardarci, e quest'ultimo annuì a mio fratello, prima che tutto insieme entrassimo nella stanza alla nostra destra.

Era abbastanza grande, come le altre aule, nera e con un soffitto molto alto, nonostante fossimo solo al secondo piano. Aveva inoltre un piccolo palco di legno.

La prima cosa che mi attirò fu un set di batteria, sicuramente di Roger.

Poi notammo che più avanti, superate tutte le sedie riservate ad eventuali spettatori, c'era un ragazzo dalla folta chioma riccioluta.

Solo quando si girò verso di noi riconobbi che era il ragazzo del primo giorno che misi piede in questo college.—Brian, sono arrivato!—intervenì mio fratello.

Perbacco, che coincidenza!

Nella band di mio fratello facevano parte molte persone con cui avevo fatto conoscenza precedentemente.

—Questa è mia sorella Rosalie. Rosalie, lui è il chitarrista, Brian May.

Brian corse nella nostra direzione e mi sorrise.—Rosalie? Tu sei la ragazza che ho incontrato qualche settimana fa, prima delle riprese delle lezioni? Che bello rincontrarti!—mi abbracciò affettuosamente: non si accontentò di una stretta di mano.

—Anche io sono felice di rivederti! Quanto tempo è passato, eh? Siamo ancora amici, vero?—ridacchiò.

—Quindi voi due siete fratelli? Perbacco, che fortuna! Sono proprio contento.

—Ti trovo bene, Brian. Tu sei quindi l'autore di...— dissi la prima canzone che John mi aveva detto che aveva scritto il chitarrista, così mi venne in mente:—The night comes down?

—Sì, esatto, ma non solo di quella. Mi fa piacere che tuo fratello ti abbia fatto ascoltare un po' del nostro repertorio.

—Che colgo l'occasione per dire che è fantastico.

John si intromise.—Se vi conoscete già tutti, perché non me lo dite, così non perdo tempo con le presentazioni! Bri, dov'è Freddie?

—Dovrebbe arrivare a momenti. Aveva detto che doveva fare una...—proprio in quel momento, ci girammo tutti e quattro a seguito del rumore della porta che si aprì.—cosa—terminò di dire il chitarrista.

Da lì entrò un ragazzo della statura mia e di John dai capelli neri intensi.—Ciao a tutti, scusate il ritardo. Chi è questa bella fanciulla?—venne nella nostra direzione e precisamente di fronte a me.

—Lei è Rose, mia sorella.—disse John.

Il ragazzo mi porse la mano e io la strinsi.

—Io sono Freddie—si presentò lui,—Sono il cantante della band più bella d'Inghilterra, ma fra un po' lo diventeremo anche di tutto il mondo.

Perbacco, che modestia!

Ridacchiai sotto voce, dopodiché lui continuò:—Sono contento di fare la tua conoscenza. John mi ha parlato molto di te. Anche Roger.

Sentii il biondo scoppiare a ridere, mentre il mio sguardo s'incupiva sempre più.—Direi che sono abbastanza famosa in circolazione.—replicai.

Brian doveva aver notato che non rimasi contenta dell'ultima cosa che mi disse Freddie, così intervenne.—Ora che abbiamo finito le presentazioni, possiamo cominciare a provare?

Il cantante mi lasciò la mano e tutti cominciarono a salire sul palco dello stanzone, mentre io mi andai a sedere su una delle tante poltroncine disposte nella sala.

Roger, ovviamente, si sistemò alla batteria, Freddie prese un'asta – o meglio, una mezz'asta visto che era esattamente la metà di una normale – da terra, Brian si sistemò con un modello di chitarra rossastra che non avevo mai visto prima, alla sinistra del cantante, mentre John prese il posto alla destra di Freddie.

Brian decise di cominciare a provare proprio "The night comes down".

Inutile dire che con la chitarra, la batteria, e la voce oltre al basso era decisamente qualcos'altro.

Passarono poi con altre tre canzoni: "Doing all Right" e "My Fairy King", dove Freddie prese anche posto ad un piccolo pianoforte sul palco, e a "Great King Rat", una composizione a mio parere molto violenta e hard rock.

Mi avevano completamente stupito! Cose del genere le avevo viste fare solamente a gruppi come Led Zeppelin e Black Sabbath.

Tutti erano eccezionali e devo dire che anche John completava magnificamente le armonie melodiche.

Brian era chitarrista magnifico. Con le sue mani che si muovevano velocemente su quella stramba chitarra, infatti, dava alla band un suono forte e perfetto.

Anche Freddie era un eccellente musicista. Cantava magnificamente, con una voce assolutamente unica e in più, oltre ad avere modi straordinariamente carismatici, era un ottimo pianista.

E sì, anche Roger non se la cavava per nulla male con la batteria.

Aveva infatti uno stile simile al mio e le mie conoscenze sullo strumento mi permisero di capire subito che anche a lui non mancava il talento.

Più volte mi buttò occhiate, ma io ero talmente colpita dalla band che non ci feci caso, o meglio, non me ne presi cura.

Suonarono anche alcune cover di Elvis, cosa che non mi fece affatto dispiacere. Un esempio? La straordinaria "Jailhouse Rock".

Dopo questa, Brian urlò un "finito" e gli altri acconsentirono.

Mentre scendevano dal palco, mi complimentai con tutti loro.—Siete stati fantastici! Davvero, mi siete piaciuti tantissimo! Avevo capito che eravate una band eccellente, ma ora ne ho proprio la certezza!

—Quanti complimenti!—esclamò Brian.

—Accettali, tesoro!—aggiunse Freddie. Rimasi un po' sbalordita da come aveva chiamato Brian.

—Non farci caso.—spuntò anche Roger.—Chiama "tesoro" chiunque gli capiti di fronte.—mi disse.

—Amore, tu sta' zitto.—gli rispose il moro, e io scoppiai a ridere.—Oh, ma perché ti scandalizzi tanto, dolcezza? Sono soprannomi fantastici.

—Anche lei?—si aggregò anche John, divertito.—Ho capito che io e lei siamo fratelli fantastici, ma un soprannome più normale no, eh?

—Perché? Vi si addice benissimo.—rispose il cantante.

—In effetti non ha tutti i torti.—aggiunse il biondo, che mi si avvicinò accanto.— Io vado a fumare.—e si allontanò da me, dirigendosi fuori la porta della sala.

—Ti accompagno!

—Freddie, perché non te ne vai a fanculo? Non hai mai fumato in vita tua.

—Beh, ho bisogno di muovermi, amore. Tutto qui.

Ed entrambi si allontanarono.

Gli altri due, vale a dire John e Brian, si misero da parte e borbottavano con dei fogli in mano.

Io ne approfittai per salire sul palco.

Mi avvicinai alla batteria e cominciai ad ammirarne i componenti.

Al contrario della mia, c'erano pochi tom piccoli, ma molti bassi.

Toccai i piatti, che erano più leggeri e piccoli dei miei, con le punte delle dita.

Poco dopo, sfortunatamente, il biondo mi raggiunse.—Non sai quanto mi ci è voluto per ampliarla così tanto.

Non era andato a fumare?

—John mi ha detto che sai suonarla.—proseguì.

—Me la cavo.—risposi.

Intanto, ci avevano raggiunto anche John e Brian.

—Perché non mi suoni qualcosa?—disse Roger.

A quella proposta diventai rossa d'imbarazzo.—Oggi no, mi sono bruciata ieri mentre cucinavo e mi fanno ancora male le mani.—mentii. Sicuramente mi avrebbe preso in giro, sia se avessi suonato bene, sia il contrario.

—Beh, fa come vuoi. Ma almeno hai imparato a percuotere il rullante e la grancassa allo stesso tempo?—ridacchiò.

Mi sfilai la borsa a tracolla, la lanciai letteralmente a John e strappai dalle mani di Roger le bacchette.

—Non sai con chi ti sei messo a che fare.—disse John, sorridendo sornione.

—Io non ho detto niente.—rispose Roger.

—Zitti!—conclusi io.

Mi sedei sullo sgabello, ancora un po' decisa su cosa fare.

Decisi alla fine di fare la stessa cosa che provai con Veronica.

Cominciai con un ritmo sui due quarti, dopo di che fu un continuo crescendo e più aumentavo la velocità delle percussioni, più battevo diversi componenti del set.

Ci voleva molta concentrazione per riuscire a muovere tutti gli arti contemporaneamente, ma ero talmente decisa e pronta a sputare in faccia a Roger tutta la mia bravura che dopo neanche un minuto non controllavo più niente.

Cercai di non incontrare lo sguardo di nessuno. Picchiavo e basta.

Misi in mostra poi sempre uno stile sulla marcetta, come quello che mostrai a Veronica.

Poi aggiunsi anche tutti i tom, battendoli velocemente.

Fu un po' difficile muovermi su una batteria che non era mia, ma stavo andando esattamente dove volevo andare a parare.

Paradiddle straveloce al piede destro e alla mano sinistra , piede destro che andava a tempo sul charleston e mano destra che faceva avanti e indietro sul tom e sul... no, il ride non c'era, dovevo accontentarmi dei piatti.

Per finire, percossi più volte, con mezzo secondo tra una battuta e l'altra, il tom basso. Completai i "fuochi d'artificio" percuotendolo due volte e con un piatto crash.

Mi alzai di scatto dallo sgabellino, lanciai uno sguardo d'intesa al batterista, che mi guardava con gli occhi spalancati, un po' per la sorpresa, un po' per l'invidia, e presi la borsetta da John che, insieme a Brian, se la ridevano alle spalle di Roger.

Intravidi un distributore d'acqua accanto la sesta fila delle poltroncine e scesi dal palco per raggiungerlo.

Mi trovai i tre a fianco, mentre bevevo.

—Sei stata incredibile!—disse Brian.

—Grazie.—mi avvicinai poi al biondo.—Non hai più niente da dire?—quella volta assunsi io un tono malizioso.

—Ha già detto tutto Brian. Complimenti, Rose.—rimanemmo a guardarci finchè non arrivò Freddie a completare il quartetto.

—Che mi sono perso? Roger, ti ho sentito dal bagno e non ti ho mai visto fare così tante cose alla batteria. Hai fatto proprio un bell'assolo, bravo!—John e Brian risero e io guardavo ancora più sorniona Roger, che aveva messo su un po' di broncio.—Cosa c'è da ridere?—continuò il cantante, che si beccò brutte occhiatacce dal biondo.

—Ora cosa facciamo?—chiese John, asciugandosi delle lacrime dagli occhi.

—Sono solo le dieci e mezza.—disse Brian, guardando l'orologio.—Merda, io devo andare in biblioteca!—si mise una mano sulla fronte.

—Ah, dimenticavo. Brian è il sapientone della situazione, oltre che ad essere fissato per quella cavolo di astrofisica. Può capitarti di sentirlo borbottare "gli asteroidi sono magnifici" o "un giorno andrò sulla luna" nel sonno.—scherzò Freddie, che non mi fece trattenere una risatina.

—Grazie, Einstein. Devo fare una ricerca importante e nella biblioteca del college non c'è nulla. Devo per forza andare alla Royal Borough di Kensington.

Mi venne allora una grande idea.—Che ne dici se andiamo insieme?


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