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Play the Game of Love

La mattina dopo, per tutto l'arco della mattinata, cercai di evitare Roger, sia durante le lezioni che avevamo in comune sia per i corridoi, mentre Veronica mi chiedeva ripetutamente se stessi bene o se ci fosse qualcosa che mi turbasse, e io le rispondevo prontamente che avevo solo un lieve mal di testa; ella sembrava sempre non volermi credere.
Non volevo ancora che qualcuno sapesse di quel bacio, forse insignificante - di certo non per me - nonostante confidarmi con qualcuno mi avrebbe servito per togliermi quel macigno che in quel giorno mi stavo portando ovunque andassi.
Alla fine della giornata, salutai la mia amica, riferendole che avevo bisogno di tornare a casa a riposare, poi uscii come un razzo dal college.
Mentre varcavo l'uscita, cominciai a riflettere su quanto avessi voluto parlare con Ver, la quale meglio di chiunque altro mi avrebbe dato ottimi consigli per affrontare il mio problema, così chiamato Roger.
Tuttavia era troppo tardi per raggiungerla, ma subito pensai alla biblioteca: quel luogo così silenzioso sicuramente avrebbe placato il fuoco che sentivo sempre più crescere dentro di me.
Raggiunsi in fretta e furia l'edificio, e una volta lì cominciai ad avventurarmi tra gli scaffali.
All'improvviso incontrai Liam e decisi di salutarlo agitando la mano, poi lui mi venne vicino, sussurrandomi di aspettarlo accanto al banco dei registri.
Così feci, e in men che non si dica lui mi raggiunse, perciò decidemmo di recarci nella solita pasticceria.
—Come va? Non bene, immagino, dato il tuo strano silenzio.
—In effetti non mi sento al settimo cielo — dissi sospirando.
—Problemi da universitaria in piena crisi a causa dell'eccessivo studio?
Ridacchiai. —No, non c'entra.
—E allora c'entra il cuore.
Mi venne da sorridere per come avesse capito così rapidamente il problema che mi affliggeva.
—Ho indovinato? — continuò.
Io annuii, poi cominciai a giocherellare con un ciuffo dei capelli che mi usciva dalla coda di cavallo.
—Posso parlarne con te? — chiesi, timorosa.
—Certo. Puoi dirmi tutto quello che vuoi.
—Okay, ehm... Credo di essermi innamorata... No, non credo, è così e basta. Solo che non sono sicura che lui provi i miei stessi sentimenti e non ho alcuna intenzione di soffrire. Purtroppo mi è andata comunque male, perché lo sto già facendo, in questo preciso istante— farfugliai.
—Beh, penso che a tutti gli innamorati tocchi il dolore e il sacrificio, ma sai cosa ti dico? Fregatene. Secondo me è meglio soffrire pentendosi di qualcuno o qualcosa, non rimpiangendosi. Insomma, sei giovane come me, hai una vita davanti, è il momento migliore per cogliere l'attimo. Carpe diem, diceva Orazio.
Ero rimasta davvero colpita da tutto ciò che aveva detto, e inoltre aveva perfettamente ragione. Dovevo finirla di fare la codarda, e affrontare Roger, per capire se quel bacio era stato importante per lui quanto per me.
—Grazie, Liam. Mi hai aiutato molto.
—Non c'è di che. Dopo torni in biblioteca con me?
—Non lo so. Sono ancora un po' giù. Credo che me ne tornerò a casa a pensare e ad anticiparmi con lo studio. Se vuoi, però, vengo e ti faccio compagnia.
—No no no, non c'è bisogno. Almeno finiamo questo fantastico croissant, ti pare?
Gli sorrisi e annuii.—Anche lui ha contribuito a confortarmi un po'— dissi, indicando il dolce.
—Prima ti ho preso La metamorfosi, puoi anche lasciar stare le due torri di Tolkien.—frugò dalla sua solita borsa e cacciò fuori un piccolo libro rosso, mettendolo sul tavolino.
—Non vedo l'ora di leggere Amore e Psiche!
Dopo esserci separati, decisi di tornarmene con calma a casa.
Verso la strada di ritorno, pensai che potevo anche smettere di pensare che per Roger fossi una delle sue comuni conquiste.
Eravamo amici da ormai un paio di mesi, e la sera prima aveva detto che lui si era innamorato per davvero.
Liam mi era stato davvero d'aiuto con le sue parole.
Se non ci fosse stato lui, avrei finito col deprimermi sempre più.
Improvvisamente qualcuno mi strattonò il polso, trascinandomi fino ad un vicolo cieco.
Quando fui finalmente in grado di vedere con chi avrei dovuto utilizzare qualche tecnica di autodifesa, rimasi sconcertata.
—Roger?! Che ci fai qui? Non... Non dovevate essere alle prove?
—Ho detto agli altri che avevo un impegno. Non ero proprio in vena di suonare, non riuscivo a pensare che a te, e non potevo far passare altro tempo.
—Altro temp...?
Non riuscii a finire la domanda, che lui mi baciò con foga, con una forza tale da riuscire a spingermi contro il muro.
Questa volta non avevo alcuna intenzione di allontanarmi da lui: mi era mancata quella sensazione che provavo quando le sue labbra erano sulle mie, mi sembrava di toccare il cielo con un dito.
Quella volta sentivo il mio cuore pulsare ancora di più della volta precedente, ed ero letteralmente incredula per come Roger riuscisse a farmi percepire tutte quelle emozioni.
La mia mano cercò ancora una volta i suoi capelli, e nel frattempo lui mi accarezzava una guancia, facendomi percepire mille brividi.
Quando rimasi completamente senza fiato, fui costretta ad allontanare le mie labbra dalle sue.
Rimase confuso da quel gesto, ma non appena mi vide affannata lasciò stare le mie povere labbra, baciandomi dolcemente sul viso.
Ancora una volta mi spuntò un sorriso sulla faccia, dato sia da tutti quei baci, sia dalla sicurezza che quel "ti amo" che mi aveva sussurrato la sera prima era significato qualcosa per lui.
All'improvviso sentii una goccia minacciosa cadermi sui capelli; dopo una manciata Londra era già stata sommersa di pesanti gocce.
Prima che potessimo inzupparci, presi la mano di Roger e lo condussi verso casa mia.
Una volta dentro, sospirai, dandomi un'occhiata per assicurarmi che non mi fossi bagnata molto, dopodiché lo guardai. Mi sorrideva, e io facevo altrettanto, poi lo invitai a venire in salotto.
Mentre lo vidi raggiungermi, sprofondai sul divano, tenendomi la tempia: tutte le preoccupazioni di prima erano ritornate, come se quella stessa pioggia me le avesse messe addosso insieme all'acqua piovana.
Lui si sedette accanto a me, osservando con i suoi occhioni azzurri, che personalmente trovavo stupendi.
Capii che non potevamo continuare a rimanere in silenzio, guardandoci, così mi decisi a parlare.
—Ho paura — mormorai, prendendogli la mano.
Lui aggrottò le sopracciglia. —Di cosa?
—Di star sbagliando tutto. Non capisco cosa mi stia succedendo, Roger. Ho il terrore di fare passi sbagliati, con te.
Fece intrecciare le nostre dita, poi disse:—Ricordi quel maledetto diciotto settembre?
Il giorno della data di morte di Jimi Hendrix, data purtroppo indimenticabile. Annuii.
—Ricordi cosa hai fatto? — proseguì.
Mi venne in mente solo quanto ero rimasta distrutta a causa della notizia.
Cominciai a guardare il vuoto alla ricerca di altri ricordi di quel giorno, ma improvvisamente Roger mi abbracciò, poi sorride di nuovo.
—Sciocca, davvero non ricordi? Mi hai tirato su il morale, e sono più che sicuro che quel giorno nessuno ci sarebbe riuscito. E da allora non hai fatto altro che rendermi felice ogni giorno, persino quelli più complicati. Insomma, nessuno è mai riuscito a farmi tornare il buonumore dopo un esame.
Scoppiammo a ridere.
—Incredibile, Taylor. Non riesci a stare serio nemmeno un secondo! — esclamai.
—Lo so. Quello che volevo dire è che tengo davvero tanto a te, capisci?
Gli rivolsi un piccolo sorriso, poi lo strinsi a me.
—Roger. Ti prego, non dirmi che io sono come tutte le altre—dissi, con la voce ridotta ad un filo e stanca di tutte quelle incertezze.
—No, non lo sei, Rose. Ti amo veramente, a differenza di tutte le altre — mi rispose lui.
Gli presi il volto e feci incontrare di nuovo le nostre labbra; sembrava che non volessi staccarmi neanche per un secondo da lui.
Quando finalmente ci lasciammo, tornammo a guardarci, finché io non cominciai a sbuffare.
—Intendi fissarmi tutta la giornata, Roger?
—Non so, può essere,— ridacchiò, —Non c'è da fare chissà cosa, qui. Fuori sta diluviando, non possiamo andare da nessuna parte.
—Lo so che sta piovendo, genio. È che fare un bel niente non rientra tra i miei hobby preferiti. Potremmo, non so... Ascoltare un po' di radio?
Mi sorrise.—Okay. L'accendo io, però.
Si alzò dal divano e accese l'apparecchio, poi ritornò da me.
La radio stava trasmettendo un classico pezzo Rock N Roll.
—Chuck Berry!—esclamò Roger.
—Sì! Memphis, Tennessee,— conclusi io, —Un gran pezzo, secondo me.
Mi sentivo terribilmente esausta, nonostante la giornata non fosse affatto finita, perciò poggiai la testa sulla spalla di Roger e socchiusi gli occhi.
Rimanemmo ad ascoltare la radio per un po', ma all'improvviso sentimmo la porta di casa aprirsi e John arrivare in salotto. —Hey, Rosalie, sono tornat... Roger?! Che ci fai qui?
Di scatto, mi ricomposi, guardando stralunata il batterista.
—Ah, ecco la cosa urgente che dovevi fare, Rog!— continuò mio fratello, —Inutile dirti che è stato un caos suonare senza la batteria. Ho dovuto sostituirti io per alcune cose!
Roger si alzò. —Lo so. Scusam... Come, tu suoni la batteria?
—No — rispondemmo all'unisono io e mio fratello.
—Sa fare qualche cosa che gli ho insegnato io. John, sta ancora piovendo?—chiesi poi a quest'ultimo.
—Sta cominciare a spiovere.
—Bene, sarà meglio che me ne vada, allora — ci avvisò Roger
—Ti accompagno alla porta — dissi, per poi attraversare il corridoio insieme al biondo.
Improvvisamente mi venne in mente Billie Holiday, così tornai in salotto, presi "Lady in Satin" di Billie Holiday e raggiunsi Roger alla porta.
—Mi avevi chiesto di prestartene uno — gli spiegai, dandogli il disco.
—Grazie! Vedrò di procurarti qualcosa di Elvis.
Alzai il pollice in segno di conferma.—Perfetto, non vedo l'ora.
Roger mi prese il volto e mi baciò con dolcezza.
—Ci vediamo domani, piccola — sussurrò, prima di andarsene.
Una volta che tutto fu finito, rimasi a guardare il pavimento con un sorriso da ebete, finché John non mi raggiunse.
Sgattaiolai in camera mia, prima che potesse notare quanto fossi rossa in viso; sfortunatamente, lui mi seguì, ma io mi sedetti sul letto, cercando di rimanere indifferente.
John si avvicinò a me. —Guarda che è inutile che lo nascondiate. Ormai lo stanno dicendo tutti.
Lo guardai confusa.—Stanno dicendo tutti cosa?
—Che lui è pazzo di te, e tu sei completamente cotta a puntino di lui. E secondo me prima vi siete anche baciati.
Mi alzai dal letto, impaurita.—No, io e Roger siamo solo buoni amici — affermai.
—Si può sapere allora perché prima, quando sono arrivato, lui ti stava accarezzando i capelli?
Aprii la bocca per dire qualcosa, sfortunatamente non uscì fuori nulla. L'unica cosa che feci fu  divenire color peperone e battermi una mano sulla fronte
Lui mise a ridere.—Mio Dio, vi siete baciati? State insieme? Beh, auguri e figli maschi!
Odiavo quando venivo presa in giro, specie da lui.
—Non preoccuparti. Ne riparliamo quando ti vedrò pomiciare con Veronica.
Tornò improvvisamente serio.
—Cosa c'è? Devi dirmi qualcosa, John? — gli chiesi, divenendo apprensiva in una manciata di secondi.
Poco dopo mi spiegò che la mia amica era una presenza fissa nella sua mente, e che purtroppo egli era davvero interessata a lei, ma non sapeva come muoversi.
Io gli sorrisi e lo abbracciai, sussurrandogli:—È giunto il momento di aiutarti, fratellino.

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