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A little solace


—Perché devo sparecchiare solo io mentre tu te ne stai qui a fare un bel nulla?—si lamentò John.
—Perché io ho cucinato, lo sai benissimo. Muoviti e tornatene a sistemare!
—Che odiosa, che sei— ribatté lui, tornando nella stanza da pranzo.
Era un tranquillo sabato pomeriggio. Io e John avevamo appena finito di mangiare, e io, stanca di aver terminato la mia ennesima battaglia con i fornelli, me ne andai in salotto, cominciando a trafficare con la radio per cercare una stazione di musica rock.
Dopo alcuni minuti, qualcuno bussò alla porta, e chiesi a John di andare ad aprire.
—Ma perché oggi tutto io!—brontolò, mentre lo sentivo andare alla porta.—Roger! Anche oggi prove?
Mi misi una mano sulla fronte. Perché sempre lui?
—Sì, Deacy. Il concerto è tra una settimana precisa e Brian sta dando di matto.—sentii dire dal biondo, mentre si stava dirigendo nel salotto.
—Ehilà, squilibrata! Vuoi cadermi addosso anche oggi?
Cercai di ignorarlo - diventando rossa nel ricordare quell'episodio - continuando a trafficare con la manovella della radio.
—No, ma se vuoi ti tiro la radio nello stomaco e vediamo se continui a fare il buffone— risposi io, cercando di nascondere il viso arrossato.
Finalmente trovai una delle mie stazioni preferite poggiai finalmente la schiena sul divano, sfinita.
Ma mi pentii subito di aver voluto accendere quell'apparecchio, quando tutti noi sentimmo una voce annunciare:— Il celebre chitarrista Jimi Hendrix è stato trovato deceduto stamani nel suo appartamento a Kensington di Londra.
Rimasi immobile, con gli occhi sgranati.
Improvvisamente percepii mille brividi lungo la schiena, mentre il mio cuore si lacerava in mille pezzi.
Mi coprii la bocca con il palmo di una mano. Come era potuto accadere?
Mi girai verso gli altri due. John aveva una faccia alquanto allarmata. Ma la mia attenzione cadde su Roger, che era impallidito come se stesse per svenire.
Guardò a terra per una manciata di secondi, poi si girò verso il corridoio e corse verso la porta.
Quello che successe dopo fu sorprendente: d'istinto mi misi ad inseguirlo, prendendo una giacca dall'attaccapanni e, senza che John avesse avuto il tempo di fermarmi, uscii dalla porta di casa.
Fortunatamente lo scorsi a qualche metro più lontano, e decisi di corrergli incontro, urlando il suo nome a squarciagola.
Non appena si girò, rimasi stupefatta di quanto fosse sbiancato in faccia.
—Roger, datti una calmata!—dissi affannata, non appena lo raggiunsi.
—No, Rose. Non posso! Ti rendi conto di quello che è appena successo?—sbraitò, con due occhi lucidi, avrei giurato.
—Lo so. È stato uno choc anche per me ma cosa vuoi fare, ora? Non ti servirà a nulla correre come un pazzo. Dove, poi?
—Non lo so,  ma non voglio crederci! Tutto ciò non ha senso. Stamattina se n'è andato il mio idolo e principale fonte di ispirazione, come faccio a rimanere calmo? Spiegamelo, Rose!
Senza accorgermene, lo avvolsi tra le mie braccia. Probabilmente lo abbracciai perché ero pienamente consapevole di come si sentisse, poiché anche io ero in preda allo choc e al dolore, ma non potevo non ammettere di quanto fosse stato strano quel gesto istintivo.
Posso dire con fierezza che il mio carattere è sempre stato molto altruista, eppure non sapevo che questa mia generosità nei confronti degli altri si sarebbe mostrata anche con Roger.
Il modo in cui aveva reagito lui, uscendo di casa come un matto e cominciando a camminare senza una meta precisa mi aveva fatto molta pena, facendomi capire perfettamente che in quel momento era necessario mettere da parte l'orgoglio e qualunque tipo di seccatura che provavo quando lui era in mia presenza.
Non so quanti secondi passarono dopo che l'ebbi stretto a me, sta di fatto che poco dopo ricambiò l'abbraccio e posò la testa sulla mia spalla.
In quel momento Hendrix rappresentò il nostro unico punto di incontro, tralasciando il fatto che io e lui non avevamo quasi niente in comune, e io sopportavo ben poco il suo modo di essere. Ma lui in quel momento mi aveva dimostrato di avere un cuore.
Mi guardava, in modo tranquillo e rassicurante, e rimanemmo in silenzio lì, lasciando che le nostre orecchie udissero solo lo strombazzare delle auto che passavano lì accanto.
Poi finalmente lui prese fiato.—Grazie.—mormorò con voce sottile.
—Non c'è di che. A volte un abbraccio è tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno.—gli sorrisi e lui ricambiò.
Non avevo mai pensato che potesse essere una persona così gentile quando non si perdeva in scherzi e battutine.
—Se vuoi ti accompagno a casa. Magari mi fai salire e mi offri anche una tazza di tè.
—Ottima idea! Vieni, ti faccio strada.
Coninciammo a camminare a passo svelto per superare la folla di quel giorno.
—Va meglio, ora?—gli chiesi nuovamente.
—Sì, e grazie ancora. È solo che... Ti giuro, non so cosa mi sia preso. Non mi capita mai di fare cose di questo tipo.
—Capita a tutti di avere momenti di infelicità. Ora però cerca di stare più rilassato, siamo intesi?
Lui annuì.
—Okay, però ora mi è sorto un dubbio. Non ricordo se abbiamo il tè a casa. Se non sbaglio ieri Freddie è andato a comprarlo ma ho paura che se lo sia dimenticato—risi per confortarlo un po'.
—Oh, basta anche un bicchiere d'acqua. Se poi c'è il tè è decisamente meglio!
Dopo aver camminato ancora un po', Roger e io arrivammo a Kensington, di fronte ad un palazzo dai mattoni rossi. Roger tirò dalla tasca del suo giubbino un mazzo di chiavi ed aprì la porta principale.
—Terzo piano. Dobbiamo farci qualche scala.
—Non ci farà di certo male— risposi, sempre sorridendogli.
Mentre salivo le scale, mi resi conto di quanto gli stessi parlando in modo gentile, e ammisi nuovamente di averlo sottovalutato.
Con ciò, speravo solamente che questa amicizia non sarebbe durata solo un giorno, prima che egli potesse tornare a rivolgersi a me in modo procace.
Mi trovai davanti ad un semplice ma grande open space, e vi erano un divanetto e un pianoforte verticale - molto probabilmente del coinquilino di Roger - alla mia sinistra, un finestrone di fronte a me, un cucinino alla mia destra e davanti a esso un tavolo simile a quello che avevamo io e John. Accanto all'angolo, infine, cottura sorgeva un corridoio che portava alle rispettive stanze.
Roger mi invitò ad entrare nella casa, e una volta dentro, mi guardai ancora meglio intorno.
—Non male, sai?— mi complimentai.
—Il merito non è certo mio. Freddie ha arredato tutto.
—Non mi sorprende. Anche se è piccola è davvero bella.
Lui intanto si mise a frugare nella credenza della cucina, cacciandovi fuori delle bustine di té.
—Abbiamo il tè! Metto a bollire subito l'acqua!
—Sai farlo o vuoi una mano?— scherzai.
—Credo che almeno mettere l'acqua sul fuoco lo sappia fare. Non sono certo Miss Deacon ma il minimo del minimo lo so.
—Cerca solo di non avvelenarmi. Vorrei morire dopo aver visto i Queen scalare le classifiche.
—Freddie non mi perdonerebbe mai. Detesterebbe che la sua amica non fosse riuscita a vedere un nostro disco in un negozio.
Intanto, mi avvicinai incuriosita alla porta affianco la cucina.
—Lì ci sono la mia stanza, quella di Freddie e il bagno—disse appena mi vide superare la porta.
Ai lati, infatti, c'erano tre porte.
Quella frontale mi condusse probabilmente in quella di Roger, visto che il suo fidato set di batteria occupava quasi metà della camera.
Poi c'era un letto ampio quasi quanto il mio, un armadio e qualche mensola di legno sopra il letto.
Lì intravidi dei vinili.
Non riuscii a trattenermi e mi avvicinai a questi.
Aveva molti dischi, e con mia grande soddisfazione c'erano tutti quelli dei Beatles. Non gli mancavano Elvis e gli Who, ma quello che mi balzò all'occhio fin da subito era l'angolo dedicato ad Hendrix.
Presi "Are you Experienced", un disco che da sempre avevo avuto il desiderio di comprare non appena scoprii il chitarrista, ma che prima d'allora non avevo mai ascoltato.
Me ne ritornai nella stanza principale con il disco in mano, e nel frattempo avevo sbirciato anche quella di Freddie, leggermente più piccola di quella del batterista ma ma molto elegante.
Notai che Roger si era scottato più volte con il bollitore, ma decisi di non prenderlo in giro.
—Ehm, Rog?—lo chiamai.
Lui si girò nella mia direzione, soffiando sul suo indice, quello che probabilmente per sbaglio aveva appoggiato sul bollitore caldo.
—Posso?– chiesi, indicando il disco.
Mi guardò con aria triste, poi sospirò. —Sì, fa' pure.
—Se non te la senti è meglio di no— lo rassicurai.
Per risposta, liberò le mie mani dalla copertina del vinile, prendendola con delicatezza.
—Invece credo che valga la pena.
Si diresse verso il pianoforte, dove sopra c'era stato adagiato un giradischi decisamente di seconda mano; mise il disco sopra il piatto e partì "Foxy Lady".
Mi sedei sul divanetto mentre Roger andò a prendere due tazze fumanti di tè.
Me ne porse una e si mise accanto a me.
Mentre sorseggiavo la bevanda calda, non trattenni il benessere che mi faceva sentire quel brano: —Amo questa canzone!
—Lo so, è veramente bella. Mi fa ricordare il giorno in cui ti ho vista comprare il singolo. Mi fa ancora male il piede, per la cronaca
—Oh, mio caro, non immagini nemmeno quanto sia stato piacevole farlo, lo desideravo dalla prima volta che mi rivolgesti la parola
—Me ne sono accorto.
Ridemmo entrambi, continuando a trangugiare la bevanda.
—Sai che la versione statunitense di questo disco che è diversa da questa?
—Davvero?
Annuì.—C'è Purple Haze. E in questo no.
Rimanemmo ancora in silenzio, mentre finivamo il tè.—Sai che il tuo stile di batteria mi ricorda molto... Il batterista di Jimi, Mitch Mitchell?
Ricordai di aver letto il nome sopra la copertina del mio singolo.
—Mitchell, sì. Lo so, è uno di quelli da cui ho preso ispirazione. E tu, invece? Io credo che hai uno stile più vicino a quello di Ringo Starr, non è così?
—Esatto. È così evidente?
—In un certo senso sì.—mi sorrise.
—Forse è uno stile troppo semplice, ma a me piace.
—Devo ammetterlo, sei molto brava. Non me lo aspettavo da te.
Lo ringraziai. —Tu sei formidabile. Mozzi il fiato a chiunque quando fai un assolo.
Lui sgranò gli occhi. —Rosalie Deacon che si complimenta con me?!
—Mi congratulo con le tue doti di batterista, non con te, scemo!— contestai, coprendomi la bocca con la mano mentre ridevo.
—Io invece penso che ti stessi complimentando con me e basta, cara.
Risposi con un "no", dandogli un buffetto sul viso, poi cominciò a spiegarmi che gli assoli non erano tanto di suo gradimento, preferendo limitarsi a suonare per accompagnamento.
—Sai che qui è veramente bello?— esordii, dopo l'ennesimo momento di silenzio, —Quasi quasi mi trasferisco qui.
—A me piace più casa tua, e inoltre penso che Deacy sia un migliore coinquilino. Non sopporto più Freddie! Si crede padrone di tutto, che puttana!
—Io penso il tuo esatto opposto. E poi Freddie mi sembra così simpatico! Non mi dispiacerebbe rimanere ad ascoltarlo mentre si dà da fare sul piano.
—In realtà Freddie è un tipo molto riservato e tranquillo. Forse solo un po' troppo ossessionato dal suo aspetto.
—Com'è che avete deciso di andare a vivere insieme? Siete molto legati?
—Sì, è così. E ad essere onesti è il classico tipo che si fa compiacere da tutte le madri dei tuoi amici: quando lo ospitavo da mia madre, per non farle stirare i pantaloni, li piegava e li metteva sotto al materasso, dormendoci sopra. Anche lui è un appassionato di Hendrix.
—Me ne sono accorta. Avete un bellissimo box dell'usato, lo sapete?
—Tu invece dove lavori?
—A Earls Court. Insieme a Veronica, come già sai.
—A proposito, io credo che Deaks si sia preso una bella cotta per lei.
—E infatti è così. Penso che si piacciano a vicenda, e poi John l'ha ammesso a me. Ti prego non dirlo a nessuno, però.
Lui ridacchiò.—No, non preoccuparti. Io me ne ero accorto. Ci avrei scommesso la batteria. E anche Veronica la vedo abbastanza cotta a puntino.
—Lei lo deve ancora ammettere a sé stessa. Ma sono sicura che tempo un mese e si troveranno insieme.
—Lo penso anche io.
Altra pausa di silenzio mentre in sottofondo c'era "Can you see me".
—Rose?—ritornò da me, dopo aver posato le tazze nel lavandino.
—Sì?
—Io devo chiederti scusa. Solo ora mi sono reso conto che ho sbagliato completamente con te.
Non risposi, non sapendo cosa dire.—Lo so,— continuò lui, chiaramente imbarazzato, —Sono stato un idiota. Tu non sei davvero una persona per niente male, hai una bellissima personalità.
Capii che da quel giorno non avremmo più litigato come cane e gatto,  e decisi di dimenticare tutto ciò che era accaduto precedentemente.
—Lasciamoci tutto alle spalle, okay? Amici?—gli allungai una mano.
—Amici. E non qualcosa di più, altrimenti mi fraintendi.
Ridacchiai, e ci mettemmo più comodi sul divano, ora che non dovevamo più reggere le tazze del tè.
Dopo un po' sentimmo la porta aprirsi.
Era Freddie, che con il volto spento, ci guardò seduti sul divanetto, mentre "I don't live today" si diffondeva nella casa.
—Ehi, Freddie.—disse Roger.
—Ciao, Fred.—mormorai invece io, timidamente.
—Ciao, Rose,— mi disse, probabilmente anche un po' sorpreso di vedermi lì, —Avete saputo?
Entrambi annuimmo.
—Freddie, io non me la sento di tenere aperto il negozio. Che ne dici se oggi...
—Anche io avevo pensato la stessa cosa. Siamo d'accordo, allora, lo terremo chiuso, tesoro.
Poiché ero certa che Roger non sarebbe rimasto più in casa da solo, decisi di andarmene.
—Ragazzi, io me ne vado. Tra un po' devo andare anche lavorare.
—Sono solo le tre. Davvero non puoi più rimanere?— mi chiese il biondo.
—È meglio se mi avvio. Non ho la macchina e la metropolitana sarà sicuramente incasinata.
Roger annuì, perciò andai verso la porta, ma egli mi raggiunse di nuovo.—Sei sicura di non voler restare ancora un po'?
—No, Rog. Il dovere mi chiama, purtroppo. Era buono il tè, lo sai?
Lo feci sorridere, con mia grande gioia.
—Sono contento. Ci sentiamo presto.
Ci baciammo su entrambe le guancie - cosa mai capitata fino ad allora- poi salutai con la mano Freddie, prima di uscire definitivamente dalla porta.

Finalmente ho aggiornato, non ci credo!
Ho preso in mano il computer per scrivere, e non lo facevo da un'eternità... Cantatemi We Are The Champions!!!
Scherzo, ovviamente. Qualcuno sta abusando fin troppo di quella canzone (riferimenti a Donald Trump del tutto casuali XD), perciò meglio che la lasciamo in pace.
Torniamo a noi, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, penso che il nostro batterista qui si sia enormemente addolcito (forse anche troppo. Lo sapevo, non avrei dovuto fare un'overdose di miele mentre scrivevo), futili dettagli.
Al prossimo aggiornamento, ¡hasta pronto!

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