A day at the library
Sperai di non aver esagerato con quella proposta, probabilmente a Brian non interessava affatto avermi tra i piedi mentre era alle prese con lo studio.
—Ma sì, perché no? Anche tu ricerche?—chiese il chitarrista.
—No, avevo solo voglia di entrare un po' in biblioteca.
—Non è mai entrata in una biblioteca.—mi diede una gomitata John.
Non capivo perché mi canzonava tanto con il fatto che fino ad allora non ero mai stata amante della lettura, mentre in quel momento ero pronta a scoprire quanto più possibile sugli autori più celebri.
Rivolsi un'occhiataccia a mio fratello, intento a sghignazzare in compagnia di Roger.
—Per me non ci sono problemi.—continuò poi Brian.—ci dobbiamo sbrigare, però.
—Ragazzi, che ne dite se dopo pranziamo tutti insieme?—fece poi Freddie.—Volevo anche mostrare al novello bassista e alla fanciulla il negozio.
Agrottai le sopracciglia.—Il negozio?
—Rose, Freddie e Roger hanno un negozio di vestiti usati a Kensington Market.—mi spiegò mio fratello.
—Cos'è, state cercando la clientela?—scherzai.
Capii che Freddie rimase un tantino offeso.—Mio caro usignolo dalla voce magnifica, stavo scherzando! —, spiegai, sempre ridendo, —Sarebbe un onore visitare la vostra boutique, giusto John?—quest'ultimo, notando la smorfia sul volto di Freddie, sorrise.
—Certo. Ci vengo di sicuro alla bancarella del cantante e del batterista più famosi al mondo. Vendete usato, avete detto?—per rispetto, cercai di trattenermi dal ridere.
—Avete finito di prenderci per il culo?—aggiunse Roger.
—Ribadisco, non c'è bisogno che ve la prendiate. A noi Deacon piace scherzare—aggiunsi, guardando complice John.
—Facciamo così—intervenne Brian,—Io e Rose vi incontriamo vicino Kensington Market alla mezza e poi andiamo a vedere questo benedetto negozio, dopodiché...—Brian non poté continuare, che venne interrotto dal cantante.
—Quanto sei programmativo, tesoro! Decidiamo dopo cosa fare, ti va?
Il chitarrista sbuffò.
—D'accordo, ci vediamo dopo. Andiamo, Rose.—scocciato, mi tirò la manica della giacca di jeans che indossavo e ci congedammo dal resto della band.
Magari non avrebbe dovuto prendersela così tanto, ma in quel poco tempo che avevo passato con gli altri, notai che il resto della band amava prenderlo in giro, anche se puramente in modo scherzoso.
—Andiamo a piedi?—gli chiesi una volta fuori il college.
Brian ridacchiò.—Siccome non ho nemmeno una misera sterlina per pagare il bus, ci tocca, cara mia.
—Sai, devo ancora abituarmi a Londra, sono venuta da poco.—gli risposi.
—Scusa, non intendevo usare un linguaggio poco educato.
—Mi prendi in giro? Non mi hai offeso affatto, altri si rivolgono a me con toni decisamente poco eleganti, ad esempio John.
—Beh, credo tu abbia visto che io sono consuetamente preso in giro dagli altri perché sono sempre con la testa sui libri.
—Lasciali perdere, capisco che per te è importante ciò che studi quanto la musica. A proposito, sai che sei veramente un grande chitarrista?—lui arrossì leggermente.
—Grazie! Sai, di solito non ricevo complimenti da tante ragazze. Non capiscono molto di tecnica.
—Nemmeno da tua madre ti fa i complimenti?
—Diciamo che avrebbe preferito se avessi tirato fuori la chitarra più raramente di quanto la suoni di solito.
—Perché?
—Non accettano molto questa mia voglia di diventare un musicista, avrebbero voluto che io intraprendessi una carriera diversa. Io credo però che siamo ormai ad una svolta. Prima di tuo fratello abbiamo cambiato innumerevoli volte il bassista, ma siamo sicuri al cento per cento che John sia la persona giusta. Stiamo ottenendo sempre più popolarità, molte volte ci chiedono, insieme ad altre band come noi, di suonare nei locali. Una volta ci è capitato di suonare persino in un teatro in spalla ad un gruppo molto importante. Non posso abbandonare tutte queste cose, non proprio ora.
—Non preoccuparti per i tuoi genitori. Sei così eccellente e si vede che tieni tanto allo studio, al contrario di Roger e Freddie che non li vedo molto propensi a studiare. Ho una domanda da farti: che chitarra è, la tua? Credo di non averla mai vista.
—L'abbiamo costruita io e mio padre nel '64. Siccome non potevamo permetterci una Fender, decisi che avrei provato a costruire una chitarra da solo. Ho utilizzato materiali trovati in casa, basti pensare che per i segnatasti ho usato dei bottoni di madreperla.—ridemmo entrambi.—Funziona bene, però, ed è questo l'importante. L'ho chiamata Red Special, a volte la soprannomino Old Lady o Fireplace. Nome un po' stupido, ma è perché il manico l'ho ricavato da un vecchio camino.
—Tu sei un tipo veramente unico, lo sai?
—Eh, sì.
—E con chi condividi casa?
—Con due miei amici. Diciamo uno, visto che l'altro non c'è mai. Ma tra un po' credo che mi trasferirò in un piccolo monolocale, questione di pochi mesi, ovviamente se riuscirò a pagare l'affitto.
—Bello. Gli altri, invece?
—Rog e Freddie vivono insieme in un appartamento a Kensington. Come hanno già detto, hanno anche un negozio di abiti usati.
—Sono una coppia molto affiatata, quei due.
—Esatto. Credo che tu piaccia a Roger.
Non mi sorpresi affatto.
—Io non credo che sia amore quello che prova per me, Brian.
—Sono discorsi da ragazzini, questi, ma parla di te in continuazione, soprattutto a Fred. E' vero che è molto donnaiolo, ma di solito se gli interessa qualcuna, la cosa finisce lì, e non ci viene mai a dire niente. Ma con te è diverso, e può essere che tu abbia ragione riguardo il fatto che non sia amore quello che prova per te, ma solo semplice interesse. Solo che... Per quanto lo conosca, sono più che sicuro che non si sia mai comportato così.
Non sapevo cosa dire. Tutte quelle spiegazioni mi avevano spiazzata.
—Io però non voglio averci nulla a che fare—risposi impassibile.
—La decisione spetta a te. Se fossi al tuo posto mi comporterei come te. Non sottovalutarlo, però. Al di là della sua mentalità da perfetta rockstar è un tipo molto simpatico e tranquillo.
—Dovrebbe essere una ragazza per non combinare casini.
—Già. Senti, posso consigliarti un libro? Visto che non credo che tu abbia un'idea di ciò che tu voglia consultare.
Annuii.
—Il giovane Holden di Salinger è un libro fantastico. Te lo avrei dato volentieri io, ma purtroppo l'ho lasciato a casa dei miei a Feltham.
—Okay, Mi hai convinto.
Dopo un po' arrivammo di fronte un grande edificio, ed era lì che si trovava la biblioteca.
Brian mi fece strada all'interno.
Purtroppo John aveva ragione: non ero mai entrata in una biblioteca.
Brian doveva essersi accorto che mi sentivo a disagio. —Vuoi che ti accompagni a cercare quel libro? —mi sussurrò nell'orecchio. Annuii di nuovo.
Dopo aver cercato in qualche scaffale, poco tempo riuscimmo a trovare il romanzo di Salinger.
—Qui dietro ci sono dei tavoli. Prendi posto anche per me.
Mi diressi dove mi aveva detto e occupai due sedie di un tavolo da otto, interamente vuoto.
Mentre scrutavo la copertina, un'ombra alta mi si piazzò dietro la sedia.
Vidi così che un ragazzo dai capelli biondo cenere e corti ammirava il mio libro.
Notò che io avevo cominciato a guardarlo un po' stralunata e imbarazzata, e per questo lui si ricompose subito.
—Ottimo libro.— , sussurrò, —Complimenti per i gusti.
Non sapendo cosa fare, gli sorrisi.
—Beh, buona lettura!— disse, prima di andare.
Lo guardai allontanarsi da me, e pensai che era un tipo abbastanza strano.
Fu molto insolito il modo in cui mi guardava, ma probabilmente era solo perché stimava tanto l'autore del libro che avevo in mano.
Cercai di distrarmi da quel ragazzo un po' lunatico, e cominciai a leggere.
Dopo un po', Brian si sedette accanto a me con un voluminoso libro in mano.
Ammetto che non mi sarebbe piaciuto affatto essere nei suoi panni. Di solito in quel periodo dell'anno non ero mai abituata a studiare su quei mattoni.
Il ragazzo mi mimò un "povero me", prima di aprire faticosamente il librone e iniziare la sua ricerca.
Io invece tornai al mio libro: era una storia molto intrigante di un adolescente.
Rimasi per tutto il tempo immersa nella lettura, finché Brian non mi scrollò la spalla.—Io ho finito, andiamo? Vado a registrarti il libro, se vuoi.—mi sussurrò.
—Più che bene! Fortunatamente sono veloce nel farle. Grazie per avermi accompagnato, comunque—mi rispose, sorridendomi.
—È stato un piacere. Anzi, grazie a te per avermi fatto scoprire quanto sia bella la biblioteca. Dovremmo uscire più spesso, vedo che in fondo non siamo molto diversi.
—Hai ragione. Sei una persona molto interessante, non sarebbe male come idea visitare qualche museo con te.
Iniziammo a imparare dei nostri interessi, e scoprii che avevamo tante cose in comune.
All'imorovviso una Camaro si accostò davanti a noi, richiamando la nostra attenzione col suono del clacson.
John si sporse dal finestrino, ci chiamò e ci fece segno di salire.
Mentre mi avvicinavo all'auto, notai che non era solo: Freddie sedeva dietro di lui, mentre Roger si trovava alla sinistra del guidatore.
Feci il giro del veicolo e aprii la sua portiera, invitandolo non molto educatamente a scendere e a raggiungere il suo amico dietro.
—Che toni! —, esclamò lui, —Non posso proprio sedermi qui?
Feci di no con la testa.—Se vuoi te lo chiedo con gentilezza. Potresti cortesemente andare dietro, Roger? Questo è il mio posto.
—Veramente lui si era seduto davanti per indicarmi la strada di Kensington.—intervenne John, che si era alzato per fare entrare nell'auto anche Brian.
Rimasi muta, mentre mi dovevo subire gli sguardi sbruffoni di Roger.
Il biondo si alzò e mi fece sedere accanto a Freddie, dopodiché risalì.
Guardavo i negozi che si intravedevano fuori dal finestrino, poi mi sentii lo sguardo di Freddie addosso e mi girai nella sua direzione
—John ci ha detto che venite dall'Irlanda.—mi chiese.
—Sì, ma siamo nati in Inghilterra, a Leicester. Tu invece non mi dai tanto l'aria da inglese.
—Infatti sono nato a Zanzibar, in Tanzania. Ho studiato da bambino in un collegio in India, e poi qualche anno fa io e la mia famiglia ci trasferimmo qui a Londra.—, mi spiegò, —Vuoi sapere anche da dove viene il biondo? Potrebbe interessarti, ho come l'impressione che tu abbia una bella cotta per lui.
Al contrario di me, John e Roger ridacchiarono.—Si vede così tanto che mi piace?— risposi ironicamente.
—Altroché, dolcezza. Eppure alcune volte lui è un po' troppo spaccone.
Mi feci scappare una risata, finché Roger non si girò. —Ti interesso tanto, non è così— chiese.
Io, di rimando, gli sorrisi, aggiungendo: —Tanto!
—Comunque vengo dalla Cornovaglia, Truro, anche se sono nato nel Norfolk.
—Grazie. Vedrò di appuntarmelo sulla mia agenda che non esiste.
Egli, divertito, tornò a guardare davanti a sé, e dopo qualche minuto sbuffò.
—Cristo santo, John. Stiamo andando a passo di lumaca! Sbrigati un po'.—protestò.
—Non si può essere più prudenti? Quanto sei antipatico!—lo rimproverò poi Brian.
—Ma voi siete sempre a litigare?—intervenni io.
—E' questo che ci tiene uniti, dolcezza. Se non ci prendessimo a male parole, probabilmente la band non esisterebbe più da un pezzo—replicò il cantante, guardandosi le unghie.
—Non capisco il motivo, ma, contenti voi...
—Finalmente siamo arrivati! Devi accostare lì di fronte—disse poi Roger, indicando a mio fratello un posto libero dove parcheggiare.
Quest'ultimo parcheggiò e tutti scendemmo.
Freddie e Roger ci condussero all'interno del Kensington Market, finché non giungemmo in un piccolo negozio, sicuramente la loro boutique.
Dentro c'erano una gigantesca quantità di dipinti e abiti in stile vittoriano che non avevo mai visto.
—Caspita!—esclamai.—Dove avete trovato tutta questa roba?
—Storia lunga che non sto a spiegare— disse Roger.
—I quadri invece sono miei— aggiunse Freddie.
—Non ho mai visto un negozio così originale!— commentai, iniziando a cercare qualche abito da donna che avrei potuto acquistare.
—Ne approfitto per guardare qualcosa anche io— il chitarrista verso di me e John, questo già impegnato a frugare tra i vestiti, per cercare qualcosa che gli interessasse.
Tuttavia, venne fermato dal biondo:—No, tu sei ancora indietro col pagamento della scorsa volta.
—Avanti, sono vostro amico! Tante storie per una camicia nera che non hai mai messo.
—Cosa cambia?
Dovevo ammettere che tutta quella roba, anche se usata, non era niente male.
Fortunatamente in mezzo a tutti quei vecchi vestiti, si poteva trovare qualcosa di anche più recente; infatti, un abitino blu che arrivava più o meno al ginocchio attirò la mia attenzione.
Aveva una sola spallina ed era ornato di strass color oro.
—Carino, vero? Era di mia sorella.—Freddie mi raggiunse.
—E' davvero stupendo. Perché l'ha buttato via?—dissi, mentre esaminavo meglio l'indumento.
—Oh, non se l' è mai messo. Voleva usarlo come stoffa per fare qualcos'altro, ma alla fine l'ha dato a me. Se ti interessa, il prezzo è di dieci sterline, ma essendo tu bella quanto la posseditrice, posso dartelo a sei.
—Okay.—frugai nella borsa e gli diedi l'importo.—Se ha gusti così ottimi, tua sorella deve essere proprio una bella ragazza.
—In effetti lo è. Grazie per averci scelto, signorina.—gli sorrisi, e andai a vedere cosa combinava John. Intanto, Roger e Brian stavano ancora litigando.
—Non è possibile che per un'insulsa camicia stai facendo tutte queste storie. Sei un idiota!
—Per questa volta ti perdono, May. Ma se entro domani non ho il denaro che mi devi, giuro che ti taglio tutte le corde della tua dannata chitarra.
—Come osi, brutto pezzente!
—La smettete voi due?—intervenne anche Freddie.
—Diamine, vi state zitti?—si aggiunse anche John.
—Cosa diamine c'entri tu, John?—replicò Roger.
—Sto guardando tutta questa roba appartenuta a persone che nemmeno conosco, ma vedo che non vengo ricambiato!
—Insomma vi date una calmata? Sembrate quattro galline strozzanti!—urlai, rendendomi subito dopo conto di aver alzato notevolmente il tono della voce, perché tutto il resto dei presenti si era girato nella mia direzione.—Ho capito che i litigi fanno bene—, continuai, regolando il tono della voce, —ma non credete che sia il caso di smetterla?
—Ha ragione, ragazzi.—ribattè Brian.—Roger, giuro che ti restituisco i soldi. Ora mi lasci in pace?
Il batterista sospirò.—E va bene, ma sappi che non deve risuccedere, siamo intesi?
—Perché dovrebbe risuccedere, testa di legno?
—Tu fai tanto l'angioletto, ma sei un gran pezzo di avaro!
Mi intromisi tra i due, mettendo le mani sul petto di entrambi.—Ma non è servito a niente quello che ho detto prima?
—Ora basta. Mi state spaventando tutti i clienti!— si lamentò Freddie.
—Okay, ma che non se ne parli più!— Roger puntò il dito contro il chitarrista.
—Ancora?— John continuò a lamentarsi.
Visti da un altro occhio, erano veramente idioti e buffi quando litigavano.
Mi scappò un sorriso. Erano una band davvero strana.
—È meglio che mi vada a fare un giro. Non vi sopporto più — proclamò Roger, uscendo dalla botique.
Brian sospirò. —Quel batterista mi fa seriamente imbestialire, alcune volte—, disse, —Vado a farmi un giro anche io, c'è uno store di musica qui vicino, andrò a distrarmi lì dentro.
—Ti seguo. Tanto anche io mi ritrovo senza fare niente.
John si sentì un po' disorientato, e domandò cosa avrebbe fatto visto che io non sarei rimasta con lui.
—Mi farai compagnia qui, tesoro, visto che Roger ha deciso di andare a vedere i sederi delle fanciulle qui intorno —disse Freddie.
—Perfetto. Ci vediamo più tardi — conclusi io, avviandomi insieme a Brian fuori dalla boutique.
—Un momento, Rose! Il vestito!—urlò Freddie, allungandomi una busta di cartone con all'interno l'abito blu.
Tornai indietro e allungai il braccio per prendere ciò che avevo comprato, ma Freddie indietreggiò. —Stasera si va tutti al Kensington Pub, però. Tu verrai, vero?
Gli sorrisi, e annuii, dopodiché tornai da Brian.
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