Mistero nella valle dei templi Parte 2
Erano le sue orecchie o le era sembrato di cogliere il ruggito di un leone? Possibile? Cosa le stava succedendo? Non era da lei farsi impressionare per così poco. Quando arrivò davanti alle colonne si fermò un attimo, indecisa sul da farsi. L'entrata all'interno era consentita, quindi poteva anche andare dentro a controllare. Fu investita da un refolo di vento, che le scompigliò i lunghi capelli, quel giorno lasciati cadere sulle spalle. Di solito li raccoglieva in una treccia, ma oggi presa dalla fretta, era uscita dandosi una spazzolata veloce senza perdere altro tempo.
A Giovanni piacevano tanto i suoi capelli. Giovanni era il suo ragazzo da un po' di mesi. Anche lui era un archeologo e si erano conosciuti proprio lì, mentre lavoravano alla catalogazione dei reperti. Non che fosse stato un colpo di fulmine, ma poco ci mancava. Giovanni non era bello fisicamente, ma era un tipo e di lui l'affascinavano soprattutto l'intelligenza e l'immensa cultura che aveva. Le parlava sempre di un sacco di cose interessanti e lei ascoltava affascinata i suoi racconti, anche perché viaggiava molto e le raccontava spesso usi e costumi di popoli e territori. Quel giorno non l'aveva potuta accompagnare, era impegnato, ma si sarebbero visti il giorno dopo. Non vedeva l'ora. Era sempre molto dolce con lei, la portava spesso a cena fuori in locali carini e poi dopo andavano sempre a fare due passi lungo la spiaggia, con le onde del mare che facevano da sottofondo. Di solito, la passeggiata durava molto, vedevano la luna spuntare dal monte fino a illuminare il mare, rendendolo vivo di riflessi argentei. L'atmosfera era romantica. A volte parlavano e sembrava che non potessero più stare zitti e che avessero urgenza di sapere al più presto l'una dell'altro, perché avvertivano dentro una voglia di conoscenza che sembrava non avesse fine. Altre volte stavano in silenzio, assaporandolo fino ad annullarsi in esso, fino a sentirsi immersi in quell'atmosfera nella quale nessuno di loro avvertiva più la solitudine, in quanto respiravano la stessa aria, vedevano lo stesso cielo con la luna, ascoltavano e udivano le medesime cose in una simbiosi eterna e perfetta. Quella era la comunanza. Stare zitti insieme, assaporando l'uno la compagnia dell'altro e non c'era bisogno di niente perché tutto si esauriva lì e non era semplice provare qualcosa del genere. Erano una sola anima e un solo corpo anche senza sfiorarsi e toccarsi, non ne avevano bisogno. La musica era dentro di loro e avrebbe suonato in un crescendo di violini, fino a raggiungere l'orgasmo dei sensi. Tutto questo senza toccarsi. Era bellissimo.
In quelle occasioni sentiva una musica dentro di sé, le risuonava nelle orecchie fino a rimbombarle nella testa. Si perdeva in quelle note. Poi lui la guardava e in quegli occhi leggeva una dolcezza infinita, una comunione di cose che la stravolgeva, la inteneriva e la faceva sciogliere come neve al sole. Poi finiva tutto così, lui la baciava lì sotto la luna, sotto le stelle, davanti a quel mare spettacolare e bellissimo che pareva non avesse mai una fine. Il suo bacio era così lungo e appassionato e le richiamava il primo movimento del quartetto d'archi la Caccia di Mozart. Le loro lingue si muovevano allo stesso ritmo di quei violini, viole e violoncelli. Era bellissimo! Certo lei era una sognatrice, la spiaggia era vuota e a volte ne approfittavano anche per spingersi un po' più in là. Le toglieva delicatamente la maglietta, le toglieva il reggiseno, lei veniva scossa da brividi di piacere intensi, poi lui iniziava a baciarla dappertutto e ci metteva un tale amore e impegno, che al pensiero si sentiva accapponare la pelle. Com'era dolce. Le piaceva troppo. Le piaceva tanto. Avrebbe voluto stare lì per sempre con lui, mentre lui continuava a coccolarla, a farla sentire importante.
Si distendevano sulla sabbia, i loro cuori erano impazziti dal desiderio e dalla frenesia e battevano irrequieti all'unisono, come se si trattasse di un cuore solo. La spiaggia era umida, ma diventava rovente al loro contatto fatto di mani che frugavano, perlustravano, stravolgevano, si muovevano impazzite senza più freni inibitori. La possedeva lì sulla sabbia, sotto quel chiarore lunare, la possedeva più volte, cambiando spesso posizione, traendo un godimento reciproco che arrivava fino alle stelle. Quello era il paradiso sulla terra. Poi intrecciavano le mani, si rivestivano in fretta e se ne stavano abbracciati per non so quanto tempo a guardare quegli astri su in alto, a scrutare ben bene fino a vedere una stella cadente. Lei conosceva la posizione di tutte le costellazioni e i nomi delle stelle, era un'appassionata e poi parecchie facevano riferimento proprio alla mitologia, come per esempio Andromeda, Pegaso e Cassiopea. Com'era bello il cielo e si vedeva la Via Lattea, una scia luminescente di stelline che formavano come un braccialetto argentato nel cielo blu. Quei momenti erano impressi in modo indelebile nel suo cuore. Amava Giovanni e anche lui l'amava e si sarebbero sposati presto. Il pensiero era facilmente volato fino a lui, ma adesso doveva tornare con i piedi per terra.
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