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PIANO A

«Fammi il solito Carl!». Il mio barman preferito, pagato profumatamente per svolgere il suo doppio lavoro, mi porge il mio solito cocktail, il chocolate monkey. No, non ridete, è solo il nome ad essere ridicolo e capisco perfettamente che stona con la mia immagine.

«Sei particolarmente ironico capo stasera! Cosa sta succedendo? L'Adam che conosco è sempre un lugubre soggetto in caccia di paradiso!».

In cosa consiste il doppio lavoro di Carl, vi starete chiedendo, quindi ve lo spiego brevemente.

Sei anni fa questo gorilla dal cuore d'oro ha perso tutto per una stupida scommessa, mettendo seriamente in pericolo la sua famiglia, braccata da strozzini. Non è da me la reazione che ho avuto e non mi capacito ancora delle mie azioni; ho alzato il telefono e chiamato "paparino", quando mi sono ritrovato a calpestare in un vicolo il suo "quasi cadavere".

L'ho soccorso e quel suo sguardo agonizzante mi ha ricordato il mio, pochi anni prima, quando volevo davvero farla finita. Intorno a noi il nulla, il menefreghismo dei passanti e i commenti di quelli che si fermavano per trovare qualcosa di cui parlare con il vicino. L'ennesima esperienza che mi ha ricordato da cosa stavo scappando: dall'umanità.

Riluttante, ho chiesto aiuto a mio padre per staccarmi un assegno e comprare quel locale in compravendita nel centro di Milano, adocchiato già da tempo. Alla fine di tutta la mia assurda esperienza non ho ancora capito se sia stato io a salvare il buon Carl o se lui abbia salvato me.

Gli ho offerto una nuova vita e un nuovo lavoro, anzi, un doppio lavoro, ossia quello di badare a mia sorella Camilla, avuta da una recedente relazione di mio padre con una donna brasiliana tornata nel suo continente.

Il nome di questo locale, ora che il fantasma di Gloria si è fatto vivo, deve essere cambiato al più presto.

«Carl, credo che dovremmo cambiare gestione sai?», mi rivolgo con tristezza al mio ormai amico.

«E perché mai?».

«Perché Gloria "è tornata" ed io non voglio tornare l'Adam che ero!», rispondo secco.

Carl mi guarda con disappunto, togliendomi dalle mani il mio drink.

«Io invece lo rivorrei quell'Adam! Fai come ti pare, basta che non ti sconvolgi troppo la vita!». Mi volta le spalle e scompare dietro la tenda della cucina.

Guardo le persone intorno a me, una ad una. Non è vero, sono troppe per fare ciò! Questo locale, negli ultimi anni, è divenuto fulcro della movida milanese, della gente ricca che si crede per bene, di quelli che vogliono evadere dai loro problemi ed apparenze e divertirsi un po'. Uomini e donne sposati, figli con le tasche piene zeppe di quattrini, ragazze mezze nude della media borghesia pronte a lanciarsi in storie con chi può regalarle diamanti e finti sogni. Ed eccomi, in mezzo a tutta questa gentaglia ipocrita, più ipocrita di loro, più meschino ed incattivito che mai. Emma, cosa ne sai tu? Vuoi davvero portarmi via tutto? Prego accomodati, tanto tra i due chi avrà qualcosa da perdere sarai soltanto tu!

Scorro velocemente i volti e i corpi delle ragazze al centro della pista da ballo; nessuna aggrada le mie voglie.

Osservo con attenzione ogni donna seduta nei divanetti intorno a quel marasma di gente. Nulla. Cosa mi sta accadendo? Non sono mai stato così selettivo come stasera.

Vengo distolto da una voce femminile accanto a me «Mr Cattari, quale onore averla tra di noi questa sera!»

Focalizzo tutta la mia attenzione su quella bocca rossa, immaginando il rossetto sbavato sulla mia camicia. Odio le donne con il rossetto, mi costringono a portare ogni mattina una camicia in tintoria.

La ragazza sembra contrariata dalla mancanza della mia risposta, tanto da sbattere il suo bicchiere sul bancone, scavallare le gambe longilinee e scendere dallo sgabello con fare stizzito.

"Interessante..."

«Ehi tu!», mi rivolgo alla misteriosa donna con quelle parole che so per certo provocheranno in lei un finimondo di reazioni.

«Non sono il tuo cane, mi chiamo Amina!». Colpita in pieno.

«Ciao Amina, dimmi, come vorresti che finisse questa serata?», osservo la sua chioma riccia e rossa oscillare a destra e sinistra. Adoro le rosse, sono delle bombe ad orologeria.

«Non "come vorrei", Mr Cattari, ma come sono certa che finirà...». Molto intrigante e spavalda la tipa, mi piace, sa già quello che vuole e devo dire che ha un alto potenziale per riuscirci, "vero amico mio?". Mi rivolgo mentalmente al mio caro amico di avventure nei paesi bassi. Dalla sua contrazione devo dedurre che la risposta è un chiaro "SI!".

«Caaarl! Due bombe per noi, grazie!». Ordino un Negroni, l'aperitivo giusto per la nostra notte di puro divertimento. Allungo un braccio verso di lei, cingendole la vita con la mano, accarezzando un corpo più che perfetto. Il suo look selvaggio mi istiga a cose che non vorrei dover fare davanti a tutti. Non credo di esagerare nell'ammettere che potrebbe essere la migliore tra tutte le femmine incontrate fin'ora.

La migliore eccetto una.

Il mio sguardo si ferma sulla scritta incisa nel bicchiere "Gloria's Evolution". Batto un pugno sul bancone ed ordino a Carl che da domani si dovrà necessariamente cambiare nome. Affondo la mano tra i capelli selvaggi di Amina e con l'altra la costringo a sedersi sul ripiano che ospitava i nostri drink, per assaporare, senza fatica, il gusto delle sue labbra. Me ne frego di tutto e tutti, anche del sottofondo di Carl e dei suoi rimproveri. Sarà mia, adesso, qui, davanti a tutta la Milano per bene.

«Ehi, idiota! A noi non interessa il tuo show!». Mi sento afferrare per un braccio e mi carico per esplodere e dare un pugno in faccia a chi ha interrotto i miei piani.

Ivece no, non posso farlo, perché è "lei", maledetta "lei" che mi perseguita.

«Cosa ci fai qui, Lollybell?», ringhio, scrutandola in ogni minimo particolare.

«Sapevo di trovarti qui! Tuo padre mi ha parlato di questo locale, ma non pensavo di coglierti addirittura con le mani nel...sacco, per non parlare del tuo ehm, pacco!»

«Adam?», la rossa cerca di attirare nuovamente la mia attenzione su di lei.

«Tesoro, ora andiamo via, ti porto da me», le rispondo con un sorriso malizioso.

«Mi dispiace, tu non la porterai da nessuna parte! Sai perché? Perché sei un idiota!», mi urla in faccia Emma, cercando di farsi sentire oltre la musica alta.

«Taci, sciattona!». La vedo diventare paonazza, per poi placarsi nuovamente.

«Adam ti rendi conto di quello che hai fatto?»

Ma di cosa sta parlando questa pazza? No, che non me ne rendo conto!

«Mi hai distrutto casa!». I suoi occhi ora sembrano lucidi.

Guardo Carl e lui mi sorride soddisfatto.

Mi passo una mano tra i capelli precedentemente scompigliati dalla rossa e mi do dell'idiota mille volte nella testa. Il piano A, mi sono scordato di annullarlo. Avevo ordinato a Carl, durante l'assenza di entrambi dalle rispettive abitazioni, di sfondare la parete per unire i due appartamenti.

«Ora pretendo che tu risolva tutto!». Emma sembrerebbe sull'orlo di una crisi di nervi ed io anche.

Rassegnato, consegno un mio biglietto da visita ad Amina e mi sistemo la giacca, consapevole che rischierò la morte per mano della mia ormai carissima "acerrima nemica".


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