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ALISYA

«Devo ammettere, però, che hanno fatto un ottimo lavoro». Contemplo la breccia sulla parete, come se fosse l’oracolo.
«Stai scherzando? Ti rendi conto di quello che hai fatto?». Emma urla come uno struzzo impazzito.
«Ti prego, abbassa il tono, quando ti arrabbi la tua voce diventa insopportabile». Dal suo sguardo percepisco quanto mi voglia uccidere.
«E adesso? Come faccio?» La bionda si porta le mani al volto, incredula.
«Scusami cara, vai nella reggia di mio padre no? D’altronde, tra due giorni ti sposi con lui». Lascio volutamente la frase in sospeso, con quel minimo d'ironia e acidità.

Emma lascia ricadere le braccia lungo i fianchi, gli occhi lucidi e quell’espressione tirata di chi vorrebbe piangere ma non può permetterselo.
Ovvio che non possa permetterselo; non davanti a me.
«Ti rendi conto di quanto ti sia costata la tua “vendetta” Emma?» Scruto la sua reazione, ma inspiegabilmente questa donna non si piega.
«Cosa ne sai tu, di quello che abbiamo passato?» Il suo sguardo mi trafigge.
Leggo, nei suoi occhi, un odio incontrollato verso me e mio padre. Per quanto cerchi di capirne il motivo, non lo comprendo, e non credo che si tratti solo di Gloria. Cosa mi sfugge?
«Dimmi Emma, cosa rappresenta per te questo appartamento? Perché mi hai parlato di un legame affettivo? Gloria non è mai stata qui, voi non avete mai vissuto qui. Cosa mi nascondi?» Ripenso a quell’appartamento con giardino, acquistato da mio padre nella periferia di Milano. Ricordo quella volta che, nascosto dall’altra parte della strada, vidi quella figura esile di bambina: avrà avuto dieci anni o qualcosa di più. Per qualche istante l’ho odiata, perché tutte le volte che seguivo mio padre, lo vedevo relazionarsi con quell’amore che non ha mai saputo donarmi. E mentre mia madre lo aspettava a casa, disperandosi, lui si divertiva accompagnandosi con chi più lo aggradava.

Quella volta era il turno di Gloria, e della mia vendetta. Il magnate, impassibile al dolore che stava provocando alla sua famiglia, l'avrebbe dovuta pagare.
Quell’uomo che non riuscivo neanche più a chiamare padre, doveva scontare tutto, e con lui quelle due figure che avevano preso il nostro posto.
«Ti ho odiata sai? E ora capisco quella strana sensazione di astio da quando ti ho vista qui, ma non potevo ricordare chi fossi» la guardo con rancore «Tu mi hai tolto la speranza di essere amato da mio padre». Perché quell’amore che avrebbe dovuto dare a me lo riversava su di lei? Sono stato sempre invisibile. Ero solo una sorta di erede da istruire, nulla più.

«Tu e Tyler siete uguali. E non mi interessa se dovrò vendere me stessa per umiliarvi. Giuro che me la pagherete!» Mi guarda con disprezzo, e mi chiedo se sarà mai possibile un dialogo tra noi. Fondamentalmente non c’è neanche ora, ognuno preso dalla strada dei propri ricordi. Nessuna risposta ai nostri dubbi che, probabilmente, continueremo a portarci dietro, senza ottenere risposte, almeno finché uno dei due non cederà.
Guardo dall’altra parte della breccia del muro, verso un angolo della camera da letto di Emma, confinante con il salotto di casa mia. Una cornice cattura la mia attenzione. Osservo quell’immagine rappresentante Gloria, più giovane di quanto ricordassi, accompagnata a un uomo, forse il suo defunto marito, e a due bambine identiche. Una foto scattata di fronte a questo edificio.
«Era mio padre…» Emma mi guarda più dolcemente adesso, forse assorta in nostalgici pensieri «Ma immagino che a te non interessi questo. Vuoi sapere chi è quella bambina identica a me, vero?»

Non rispondo per rispetto dei suoi sentimenti, ma è ovvio che io sia più interessato a quella figura femminile di cui non ho memoria.
«Lei è Alisya, mia sorella. O meglio, era la mia gemella. Non lo potevate sapere, ma avete anche lei sulla coscienza».
Non ne posso più di queste minacce, di queste assurde vendette.
«Emma, basta! Mi arrendo. Dimmi che è tutto uno scherzo perché io non sono in grado di reggere queste situazioni da telenovela! Stiamo degenerando!» Alzo il tono della voce, facendola sussultare.
«Inutile che ti alteri, dovevi pensarci prima…»
«A cosa? Stai scherzando? Ti rendi conto che sei completamente fuori di testa?» L’afferro per un polso, costringendola a guardarmi e ad avvicinarsi al mio corpo. Mai scelta più insensata.

Quei suoi occhi verdi inchiodati alle mie iridi mi ipnotizzano. La vicinanza del suo corpo, il suo respiro, il suo odore, mi fanno tremare. Non so da quanto tempo siamo qui, immobili, senza parlare. Lascio la presa, certo che tutto quello che provo in questo momento sia sbagliato. Mi sento perso, proprio io, un cacciatore. Si, proprio io sono diventato la sua preda. Questo insano desiderio genera inquietudine. E non lo capisco, non mi capacito del perché non riesca più a pensare a nulla di concreto di fronte a lei. Ed è sbagliato perché è lei, Emma, e perché è il sangue di Gloria, nonché la donna di mio padre. E non capisco più perché la mia mano si è mossa sul suo volto rigato di lacrime. Vorrei leggerle i pensieri, capire cosa stia provando, se la mia stessa profonda tristezza e paura.
«Sei una sciocca Emma, ti stai rovinando la vita invece di riprenderla in mano…» Le sussurro delle parole che non mi sono neanche reso conto di aver elaborato.
Non mi risponde, accetta solo, impassibile, che la mia mano scenda sul suo collo, proseguendo verso il suo seno. Le mie dita accarezzano la perfezione di un corpo che vorrei sentire totalmente mio.
Dopo molti anni, mi sento come quel ragazzetto diciottenne in ansia per le sue prestazioni, terrorizzato da un rifiuto.
La mia testa mi dice di scappare da questa tela che mi sta imprigionando,  mentre il mio corpo non desidera altro che assaporare questa donna, in ogni centimetro di pelle.
E mentre le sue labbra si uniscono alle mie, affondo una mano tra quei capelli che vorrei stringere fino a farle male.


CIAO A TUTTI!  FINALMENTE RIPRENDO A SCRIVERE QUESTO RACCONTO! PERDONATE LA MIA ASSENZA MA ERO IMPEGNATA NELL'EDITING DI ALTRI DUE ROMANZI!

PENSATE O SPERATE CHE ADAM RIMANGA INCASTRATO NELLA RETE DI EMMA?
CHE DIRE… CONTINUATE A SEGUIRMI PERCHE' CI SARANNO GROSSE NOVITA'!

UN ABBRACCIO.

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