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10. the dope show

Glenn si lasciò i colori sgargianti del casinò alle spalle. Aprì le pesanti porte tagliafuoco, ignorando l'inserviente dell'albergo che le ricordava che l'uscita era da un'altra parte. Aveva lo stomaco in subbuglio, voleva vomitare, e che quella forse un'uscita antincendio non le interessava minimamente.
L'aria bollente che saliva dal cemento le diede un capogiro, e per poco non finì lunga distesa sul marciapiede. Aveva bevuto troppi martini, e tutto il suo corpo si ribellava alla presenza di così tanto alcol e così poca coca. Lance l'aveva tirata tutta da solo, lasciando appena uno sniffo ridicolo per lei. Era arrabbiato, ubriaco, e il vestito gli tirava e prudeva dappertutto. Avrebbe voluto strapparselo di dosso.
Barcollò lungo il perimetro esterno della struttura, con una mano che si aggrappava a qualsiasi cosa trovasse, e l'altra premuta sulla bocca dello stomaco. Tutte quelle luci, e quei rumori, e quell'odore di alcol...

Glenn si accasciò dietro le siepi che facevano da contorno al giardino del Bellagio. Dall'altra parte turisti, giocatori e dive esprimevano un desiderio gettando una moneta nelle fontane. Da questa, Glenn rigettò tutto quello che aveva bevuto, e pregò che Lance vincesse abbastanza soldi per fargli fare una pista. Ma a quel punto, anche una vecchia e misera pasticca sarebbe andata bene. Le sue membra sembravano attirate verso il basso, risucchiate dalla forza di gravità verso il cemento bollente.
Aveva già dimenticato la paura di morire di quella mattina. La voglia di farsi era troppo grande, e la paura di non riuscirci era molto più forte di qualsiasi altra cosa.

Si sfilò i tacchi. La sensazione di poter appoggiare la pianta dei piedi a terra fu magnifica. Le abbandonò lì dove le aveva tolte, e poi meditò di farsene comprare di altre ancora più belle. Appena erano arrivati al Bellagio, Lance l'aveva baciata davanti alla porta d'entrata, e le aveva detto che era davvero la serata buona. Sarebbe andato alla roulette, aveva detto. Avrebbe puntato tutto sul rosso, e poi sui numeri che avrebbe sentito buoni. Sì, era una serata fortunata quella.

L'asfalto rovente bruciava sotto i suoi piedi, come lo sguardo dei borghesi e dei ricconi che circondavano la fontana bruciava sulla sua schiena. Le luci si diffondevano attraverso l'acqua in un nauseante spettacolo dorato.
Chissà come se la passava Nina, ora che era sola. Doveva essere al settimo cielo, lei, suo fratello, e tutte quelle persone che lo avevano guardato storto per tutti quegli anni. Dovevano proprio sentirsi bene, ora che lui non c'era più. Però non sapevano che razza di bella vita si stava facendo. Poteva passeggiare nel giardino del Bellagio proprio come uno di quei borghesucci che lo guardavano male, e nessuno poteva fare nulla per allontanarla. Era proprio una donna come tante. Una donna dell'alta società che aveva alzato un po' il gomito e che aspettava che il suo uomo tornasse vincente, perché la dea bendata era dalla loro parte.

Lance spostò una pila di dieci fish sul ventisette. Non gliene rimanevano più. Allora di certo era perché aveva fatto male i calcoli, o perché la Fortuna aveva deciso deliberatamente di prenderlo in giro fino a quel momento, solo per poi ricompensarlo sul finale.
Il croupier ritirò le scommesse con la sua solita freddezza calcolata. Lavorava come una macchina, insensibile a tutti i soldi che venivano buttati sul quel tavolo. Ad ogni nuovo giro ripeteva la frase di rito, con un sorriso ammaliante che sarebbe stato bene su una bella donna, pensava Lance. Zero a zero, signori, ripartiamo? Chi offre di più?
Lance gli sorrideva di rimando. Avrebbe dovuto lasciare crescere i capelli, e scambiare l'austera uniforme dei valletti con quella succinta delle bariste. Oppure provare uno di quei vestiti che sua moglie gli aveva lasciato quando era scappata. Sarebbe stato un ottimo trofeo da portare in giro, se non avesse conosciuto Glenn.
Il croupier diede una spinta alla ruota della roulette e Lance sudava. La tensione e la paura di perdere tutto lo mandava su di giri quanto una buona pista. Avrebbe voluto lì Glenn a succhiarglielo. Allora sarebbe stato perfetto. Che se ne andasse al diavolo Olga e le sue pretese. Glenn non voleva nulla da lui, e la ricompensa per questo era riempirla proprio di tutte quelle cose che non aveva mai chiesto. Gli piacevano le sue mani, anche se la destra era piena di calli per le troppe seghe, aveva il viso pulito di una ragazzina anche quando la mattina tardava a farsi la barba, ed era magro come un filo, proprio come si addiceva alle donne di un certo spessore. Olga era diventata una grassa troia senza un minimo di controllo. Tutte quelle pretese che aveva l'avevano fatta ingrassare anche se non toccava cibo.

La ruota iniziò a rallentare, così come la piccola sfera bianca che doveva cadere esattamente sul ventisette.
Glenn era bella, era giovane, remissiva, ubbidiente. Si meritava tutti i vestiti, le cene, le serate e la coca che voleva. Era la donna perfetta per lui.
La tensione calò di colpo.
-Zero a zero, signori. Se siete rimasti senza potete chiedere in cassa nuove fish. Ripartiamo? Chi offre di più?-
Dovunque fosse diretto, dovunque dovesse andare dopo quel proiettile, allora Glenn doveva venire con lui.

-Si sente bene, signora?-
Glenn si resse alle possenti braccia dell'uomo che l'aveva afferrata. Doveva essere un buttafuori, o una guardia. Sorrise e poi cercò di rimettersi dritta. La vista barcollava quanto le sue gambe, e la debolezza iniziava a pesarle dietro le ginocchia.
Non sapeva dove stava andando, dove fosse Lance, che giorno o che ora fosse. Tutte quelle informazioni si erano perse in una nuvola alcolica. Voleva solo andare avanti a camminare, sentire le crepe del marciapiede sotto i piedi, l'aria calda sulla schiena nuda, e il suo profumo che iniziava a disperdersi tra i mille che si sentivano sulla strip. Voleva atteggiarsi a protagonista ancora per un po'.
-Certo. Mai stata meglio- 

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Spazio autore
Ragazzoni, che bello riprendere a scrivere con una certa serietà. Devo dire che non sto attraversando un periodo dei migliori, e a volte mi viene difficile scrivere, però le avventure dei miei debosciati sono sempre un ottimo diversivo.
Che dire, la situazione di questi due è critica. Lance è matto un cavallo, ma anche Glenn non è da meno, e ormai mancano tre/quattro capitoli alla fine, dato che questa storia è nata con l'idea di un racconto lungo, o un romanzo breve. Ho fatto un po' di ricerche sulla ludopatia e sull'industria del gioco d'azzardo e devo dire che tutte quelle ore di documentari e articoli di dubbio gusto stanno dando i loro frutti. Sono circa soddisfatto dei risultati. 
In più, anche se questi due sono fuori come degli orsi, io non riesco a non volergli bene. A entrambi. 
Ah, fun fact. Il prestavolto di Jonah Hill per Lance era ovvio, dato il mio amore infinito per The Wolf Of Wall Street, poi ho scoperto che a quanto pare è un omm'e'mmerda, un superbad boyfriend e tante altre cose. Mi sento una persona orribile perché io sono innamorato di quell'attore da quando l'ho visto la prima volta. E niente. Abbiamo tutti i nostri guilty pleasure. I miei sono i romanzi trash dei primi anni 2000 (quelli sui vampiri, per intenderci), i manga sportivi, il Cerbero Podcast e Jonah Hill. Ditemi i vostri così faccio meno schifo. 
Concludo la lunghissima parentesi e vi faccio tanti baci stellari.

-Francis Folly

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