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4. Costellazioni e leggende




La notte stessa del mio colloquio con madre Antonietta sono fuggita dal monastero attraverso la porticina di legno marcio, poi lungo il viottolo di ghiaia bianca, quindi ho attraversato il bosco di salici piangenti e sono finalmente arrivata nei pressi del mio adorato sicomoro.
Quella notte avevo proprio bisogno di ascoltarlo e di ascoltarmi.
Mentre mi avvicinavo, mi guardavo intorno per sincerarmi di non essere scoperta.
E contemporaneamente pensavo alla mia imminente partenza, alla savana africana, ai primi voti e... a un paio di occhi blu.

Giunta in prossimità del grande albero, ho notato ai suoi piedi qualcosa che non doveva trovarsi lì.
Cauta, mi sono avvicinata. Arrivata sotto le sue fronde, mi sono inginocchiata sulle sue radici ricoperte da un morbido manto erboso e il cuore ha perso un battito: un cesto di vimini chiaro, ricolmo di fichi succulenti, con un grande fiocco rosso a cingere il manico, era lì davanti a me. Uno splendido fiore rosa di ibisco spiccava tra i frutti. E un biglietto posto davanti al cesto recitava:

Per farmi perdonare del bacio rubato... che non posso dimenticare.
Samuel

Occhi blu!
La mia anima ha sorriso alla dolcezza del suo gesto, le mie papille gustative a quella del fico che non ho esitato ad addentare immediatamente... sublime.

Sono trascorse già sei notti e ognuna mi ha regalato un cesto ricolmo di frutti, un fiore di ibisco rosa e un biglietto sempre diverso che mi ha riempito il cuore e fatto sorridere:

Apprezzi i miei fichi e questo mi fa un immenso piacere, quindi eccone altri. Sono tuoi, così eviti di derubarmi.

Ho riempito il cesto all'inverosimile, spero che i miei fichi ti addolciscano... la tua ginocchiata dell'altra notte mi ha lasciato un bel livido e una voce da soprano. Magari la prossima volta ti canto un pezzettino di madame Butterfly.

Altri fichi per sfamare una fanciulla misteriosa che non mi esce dalla testa... soprattutto i suoi occhi color laguna.

Il mio giardiniere vuole abbattere il sicomoro perché non fa più fichi... se sapesse! Questi li ho comprati in un'azienda agricola di fiducia... così ne facciamo crescere un po'e il giardiniere si calma.

Il sicomoro è salvo! Il giardiniere si è rotto un ginocchio scivolando su un fico... ci puoi credere! Ne avrà per due mesi, nel frattempo i frutti ricresceranno. Spero tornerai, ci conto.

Questi i testi dei biglietti che Samuel ha allegato al cesto di fichi. In cuor mio avrei tanto voluto ascoltare questi messaggi direttamente dalla sua voce, ma lui non è mai comparso.
Meglio così in realtà: rivederlo sarebbe stato strano... imbarazzante... emozionante.

Questa è una notte complicata per me: domattina nella cattedrale del paese riceverò i primi voti insieme alle mie sorelle novizie. Sono molto frastornata, non so se è davvero ciò che voglio.
Ma il pensiero di tornare in Africa cancella ogni mia incertezza, tutto diventa marginale: la priorità è ricongiungermi con le mie origini e trovare le risposte alle mie mille domande.

Anche stasera il cesto pieno zeppo di fichi è adagiato ai piedi del sicomoro, come d'abitudine ormai.
Ma registro qualcosa di anomalo: manca il fiore e soprattutto non c'è il biglietto. Molto strano.
Mi siedo con la schiena appoggiata al tronco e comincio a sbocconcellare un fico dopo l'altro.
E intanto penso a occhi blu.
E se gli fosse successo qualcosa?
Impossibile, non avrebbe portato nemmeno il cestino.
Evidentemente si è stancato di perdere troppo tempo con un fantasma dai capelli dorati. Probabile. Non dovrebbe interessarmi, domani divento quasi suora e tra pochi giorni partirò per un altro Continente.
L'ho incontrato solo una volta, non so nulla di lui e lui non conosce nemmeno il mio nome. Per di più gli ho assestato una bella ginocchiata che l'ha fatto piegare in due. Si è dimostrato fin troppo gentile nei miei confronti. Anzi, a pensarci bene è stato lui il primo a importunarmi con quel bacio mozzafiato: impertinente, altro che gentile!
Chiudo gli occhi al ricordo delle sue labbra morbide e fresche sulle mie. Rimango così per alcuni secondi, intrappolata in un sogno romantico e infuocato.
Ma di colpo spalanco gli occhi, assumo la mia solita aria combattiva e dico a voce alta, fissando un frutto nella mia mano:

«Portarmi i fichi è stato il minimo che poteva fare quello spudorato... ha solo rimediato a un bacio rubato!»

«Quindi son riuscito a rimediare... ne sono felice.»

Mi alzo in piedi di scatto e mi giro.
Samuel è in piedi davanti a me con un'aria tra l'imbarazzato e il sorpreso. È bello da far perdere il senno: la maglietta blu aderente evidenzia un fisico scolpito e si intona perfettamente con l'indaco dei suoi occhi. I jeans stretti avvolgono gambe toniche e mostrano che i "gioelli di famiglia" sono ancora lì al loro posto e godono di ottima salute. Oddio, ma cosa sto guardando!
Distolgo gli occhi da lui e fisso un punto alle sue spalle. Ma è come una calamita e, dopo pochi attimi, mi ritrovo a contemplarlo come una monaca in estasi.
Lui se ne accorge e, sorridendo, si avvicina lentamente a me. Allunga la mano nella mia direzione e sussurra:

«Mi sono dimenticato di mettere questo nel cestino» e mi sistema tra i capelli un profumatissimo fiore rosa di ibisco.

Io continuo a fissarlo in completo stato confusionale. Devo essere arrossita vistosamente perché Samuel mi sfiora con un dito una guancia e, fingendo di essersi scottato, esclama:

«Sei bollente, potremmo cucinare i fichi alla piastra sulle tue gote» e mi fa l'occhiolino.

È evidente che stia cercando di sdrammatizzare una situazione altamente imbarazzante per la sottoscritta.
Ma io sono come una statua di gesso: non mi muovo, non parlo, non mostro alcun segno di vita.

«Hey, tutto bene? Sembra tu abbia visto un fantasma. Beh, ti confesso che ero nei paraggi anche durante le nottate precedenti e ti ho osservato senza che tu mi vedessi, da buon fantasma. E ho notato che sotto il sicomoro comparivi sempre quando l'allineamento tra Luna e Venere era al suo culmine, quando la congiunzione tra i due corpi celesti era massima, fenomeno conosciuto come il romantico bacio tra Luna e Venere. E poi andavi via poco prima che Venere, la stella del mattino, svanisse all'orizzonte.»

Istintivamente guardo il cielo e in effetti una falce di luna molto luminosa e un astro sfavillante, Venere, sono vicinissimi in una romantica quanto suggestiva effusione. Ha ragione: Luna e Venere sembra si stiano baciando. E le guance si infiammano di nuovo al pensiero delle labbra di occhi blu sulle mie.
Decido di sedermi ai piedi del sicomoro e cingo con le braccia le ginocchia come per creare una barriera protettiva tra me e le mie sensazioni.
Cercando di rimanere fredda, chiedo con voce distaccata:

«Te ne intendi di pianeti e fenomeni celesti, cosa sei, una specie di scienziato?»

«L'astronomia è la mia passione. Conosco un'infinità di nomi di costellazioni e pianeti, nomi spesso impronunciabili come Betelgeuse o Gliese1215b... ma pensa: non so ancora il tuo.»

Sento il suo sguardo su di me, così mi arrendo.

«Mi chiamano Mira.»

«Ma non è il tuo vero nome, giusto?»

«Esatto, però tutti ormai mi chiamano così.»

«Beh, è un bel nome! Mira la meravigliosa ...»

«Sei un ruffiano, ma sappi che ti ho perdonato per quello che è successo la prima notte che ci siamo incontrati. Quindi non c'è bisogno che tu ricerchi la mia benevolenza. Anzi ti ringrazio, sei stato molto gentile a lasciarmi tutti questi buonissimi fichi e il fiore. Oh, e i biglietti mi hanno strappato un sorriso, cosa assai difficile per me in questo momento.»

«In realtà Mira la meravigliosa è una stella antichissima chiamata così perché ha un comportamento mai riscontrato in nessun' altra stella: compare e scompare dal cielo in maniera ciclica.»

«Scusa... ho frainteso... » balbetto a disagio.

Samuel sorride divertito e si siede accanto a me.
Entrambi fissiamo il cielo immersi nei nostri pensieri. Il suo profumo mi inebria, ma cerco di mantenere le distanze.

«Tu hai una stella preferita?» chiedo per stemperare l'imbarazzo.

«Beh... sì. Tu?»

«Io sono molto legata alla Luna. E mi ha tanto  colpito questa storia del bacio tra il nostro satellite e Venere, davvero suggestiva.»

«Quindi sei molto legata alla Luna, eh? Il professorino pignolo che è in me ti risponderebbe che la Luna non è una stella bensì un satellite. Samuel invece ti direbbe che reputa molto intrigante il fatto che tu sia comparsa durante questo fenomeno celeste perché dimostra ancora una volta come l'universo ci mandi dei segnali, sia collegato ad ognuno di noi in un certo senso. Noi esseri umani, gli animali, le piante, i corpi celesti siamo tutte creature e come tali siamo in connessione, questo è evidente.»

Giro il viso verso di lui: sta guardando il cielo con un'espressione così intensa e serena che mi lascia senza fiato. Poi di colpo si volta verso di me e pianta i suoi straordinari occhi blu nei miei. Rimaniamo agganciati così per alcuni attimi, in silenzio, incapaci di muovere un singolo muscolo e distogliere lo sguardo.

Poi lui sussurra:

«In effetti un po' ci assomigli alla Luna, sai: la tua pelle, i tuoi capelli... »

«Me lo dicono tutti, fin da quando ero piccola.»

«Ma ciò che mi lascia senza fiato sono i tuoi occhi: hanno il colore e la genuinità di una laguna inesplorata.»

«Beh, anche i tuoi non scherzano» e arrossisco vistosamente.

«Nelle mie iridi si fondono l'azzurro degli occhi di mio padre e il viola di quelli di mia madre. Lui ha origini cubane, ma è americano, lei è italiana e un po' bizzarra. Il loro è un amore incredibile, vorrei anch'io un giorno incontrare una persona che mi faccia provare un sentimento così speciale...» e mi fissa intensamente.

Per togliermi dall'imbarazzo, provo a cambiare discorso.

«Non mi hai ancora detto quale sia la tua stella preferita... »

«Tutte le notti, quando inizia lo spettacolo del cielo, lungo quel velo scuro si accendono le stelle e con esse infinite storie in cui si muovono eroi, mostri, fanciulle: tutti impegnati in amori e avventure straordinari. I nostri antenati infatti hanno osservato il cielo stellato e hanno popolato il firmamento di dei ed eroi, unendo i luminosi puntini in modo che bastasse uno sguardo per ricordarsi di loro e delle loro storie incredibili.»

Le sue parole così intense e appassionate mi trasportano sulla volta celeste che stanotte sa di magia. Samuel continua fissando il cielo, e io lo ascolto incantata.

«Ti confesso che ho un debole per una stella che si trova nella costellazione australe del Centauro e che si vede molto bene da paesi come il Sudafrica per esempio.»

Ha detto davvero "Sudafrica"? Che strani giri fa il destino.

«È Alfa Centauri, conosciuta anche come Toliman. È una stella molto luminosa, la terza più brillante del cielo notturno a occhio nudo dopo Sirio e Canopo. Ma Alfa Centauri è in realtà costituito da una coppia di stelle di luminosità simile, una nana gialla, Toliman appunto, e una nana arancione, Hadar, molto vicine fra loro, che a occhio nudo o con un piccolo binocolo sembrano essere un'unica stella. In aggiunta se ne trova una terza, una nana rossa molto più distante e meno luminosa, chiamata Proxima Centauri, la quale compie un'orbita molto ampia attorno alla coppia principale.»

«Wow, ammettilo che sei uno scienziato! Non puoi sapere tutte queste cose solo per diletto!»

«Ma che scienziato! Sono un dottorando il lingua e letteratura inglese all'università. L'astronomia è solo una passione...»

«E insegni qui?»

«Sto facendo esperienza in atenei stranieri, sono qui solo di passaggio purtoppo...la mia famiglia mi manca tantissimo, soprattutto mia sorella Amabel. Sono in partenza per l'università di... Ma basta parlare di me! Ora tocca a te!»

Mi si gela il sangue. Come posso raccontargli di me? Provo a distrarlo.

«Perché prima non mi narri la leggenda che gli antichi hanno associato ad Alfa Centauri

«Come vuoi, Mira. È la storia di un amore grande, nobile tra un uomo ricco e potente e una giovane donna straniera e indigente. Hadar era una giovane e vulnerabile vedova immigrata in una terra lontana per sfuggire alla siccità. Senza entrate economiche e sostentamenti, la ragazza usciva di casa tutte le mattine per raccogliere i cereali lasciati dai lavoratori dei campi. Il re di quel paese aveva infatti stabilito che i mietitori dovessero lasciare alcuni chicchi nei loro campi per permettere agli impoveriti di raccattare cibo e sopravvivere.»

«Che re saggio e buono!»

«Vero! I nostri governanti dovrebbero imparare da lui. Un giorno Hadar si ritrovò a raccogliere cereali nei campi di un ricco proprietario terriero di nome Toliman. L'uomo notò la fanciulla tra gli altri che lavorava duramente per racimolare i chicchi lasciati dai suoi braccianti. Ordinò ai suoi capi squadra di lasciare del grano extra nel campo in modo che lei potesse prenderne di più.»

«Mi ricorda un certo ragazzo che tutte le notti lascia un cestino colmo di fichi per una fanciulla affamata» e gli faccio l'occhiolino.

«Potrebbe essere... » e sfodera un sorriso abbagliante. Io, senza fiato, decido di stendermi accanto a lui per avere una vista più completa della volta celeste, oltre che una vicinanza maggiore con occhi blu. Lui mi guarda un po' imbarazzato, poi ridacchiando, continua la narrazione.

«In effetti ci sono molte similitudini tra la leggenda di Toliman e Hadar e noi due. Te ne accorgerai. Poiché poteva raccogliere in abbondanza nei suoi campi, Hadar ritornò ogni giorno nei campi di Toliman per prendere il grano avanzato. Un po' alla volta la povera ragazza e il ricco proprietario terriero si interessarono l'uno all'altra. Ma a causa delle differenze di stato sociale, nazionalità, lingua e anche per una certa timidezza, nessuno dei due si faceva avanti. A questo punto intervenne la sorella di Toliman, che aveva preso in simpatia Hadar, e le suggerì di sdraiarsi coraggiosamente al fianco dell'amato di notte dopo la fine del raccolto. La fanciulla seguì il consiglio dell'amica e Toliman interpretò il gesto come una proposta di matrimonio.»

Mi tiro su di scatto. Involontariamente ho chiesto a Samuel di sposarmi sdraiandomi accanto a lui di notte? Oddio! Balbetto qualcosa del tipo:

«Volevo guardare meglio il cielo... non so se hai capito cose diverse...proposte indecenti...non era mia intenzione... scusa... vuoi sposarmi? Cioè, non interpretare il mio sdraiarmi come vuoi sposarmi, hai capito? Oddio, mi sto vergognando come una ladra... scusa, mi alzo se ti metto in imbarazzo...scusa...» Samuel scoppia a ridere.

«Ti avevo avvertito delle somiglianze tra la loro e la nostra conoscenza!» e continua a ridere di gusto.

«Puoi rimanere sdraiata accanto a me, non fraintendo, stai tranquilla... sono un ragazzo di scienza, oltre che del ventunesimo secolo» e mi strizza l'occhio.
Devo avere le guance in fiamme. Ma rimango sdraiata accanto a lui e lui avvicina il viso intrecciando il suo ciuffo corvino ai miei boccoli dorati. Ci voltiamo nello stesso istante, perdendoci l'uno negli occhi dell'altra, e Samuel continua il suo racconto in un sussurro, senza distogliere lo sguardo dalle mie iridi.

«Toliman decise di sposare la fanciulla e durante il matrimonio Hadar fece al marito una delle più belle dichiarazioni d'amore:

Dove andrai tu, andrò anch'io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo nome sarà il mio nome. Dove morirai tu, morirò anch'io e lì sarò sepolta.»

Gli occhi mi si velano di lacrime e Samuel, con un sorriso disarmante, asciuga con due dita le gocce salate che rigano le mie gote.

«Dalla loro unione nacque una figlia bellissima: la chiamarono Proxima per manifestare la loro speranza in un futuro prospero e luminoso.»

«È una storia bellissima, mi ha fatto emozionare. Grazie per avermela raccontata. Sei un ragazzo del ventunesimo secolo davvero speciale» e così dicendo gli sfioro una guancia con le labbra in un dolce bacio. Lui rimane un attimo spiazzato, poi mi dice beffardo:

«Ora siamo pari.»

Mi alzo di colpo realizzando la mia spudorata azione.

«No, non lo siamo affatto» balbetto.

«Beh, direi di sì. Mi hai appena baciato!»

«Ma sulla guancia!»

«Era un bacio, comunque.»

Lo guardo con le gote in fiamme e gli occhi sbarrati. Domani prendo i voti e passo la notte a baciare ragazzi del ventunesimo secolo. Sono un'idiota.
Così faccio ciò che mi riesce meglio: scappo.
Corro via lasciando Samuel accanto al mio amato sicomoro, confuso e inerme.














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