Capitolo 8. Ad ogni cicatrice un bacio
Please have mercy on me
Take it easy on my heart
Even though you don't mean to hurt me
You keep tearing me apart
***
Lando è tornato ieri dalla Russia ma domani deve già ripartire per Barcellona. Quando Evie mi chiede di fare cambio di turno perché deve studiare per una verifica che ha domani, non potendole dire il vero motivo per cui non posso assolutamente accettare, mi ritrovo a finire di lavorare verso le dieci. Prima di iniziare il turno avviso Lando di non poter cenare con lui, ma lui mi dice di non preoccuparmi perché può aspettare e mi propone di prendere qualcosa d'asporto. A fine turno, proprio mentre sto per scrivergli che ho finito, lo trovo fuori dal bar in cui lavoro.
Mi avvicino alla sua macchina e busso contro il vetro, attirando così la sua attenzione. Alza lo sguardo dal telefono e mi sorride, sbloccando subito dopo la portiera. Dentro l'aria è tiepida, in sottofondo c'è una canzone di Dua Lipa e Lando non mi è mai sembrato così bello come in questo momento. È un momento perfetto, ma poi lui si sporge verso di me intenzionato a baciarmi ma io mi sposto all'ultimo, girando la testa e guardando allarmato oltre il parabrezza. Lando si allontana mentre io prendendo un sospiro di sollievo quando capisco che non c'è nessuno nelle vicinanze.
«Com'era la Russia?» chiedo mentre mette in moto e parte.
«Fredda», risponde. «Per fortuna questo fine settimana siamo a Barcellona. Tu stai bene? Ti vedo...strano», nota, guardandomi con la coda dell'occhio.
«Sì, bene», sussurro ma sono davvero poco convincente. Anche lui se ne rende conto e porta la mano verso il mio collo, appoggiandomela tra l'attaccatura dei capelli e le spalle.
«Hai la mano freddissima!» mi lamento, cercando di spostarmi, senza però riuscirci perché la sua stretta si fa un po' più salda e nonostante abbia le dita congelate, le sue carezze diventano piacevoli.
«La verifica è andata bene?»
«Oh sì, quasi dimenticato!» esclamo facendolo sussultare. Mi piego e prendo un foglio dallo zaino, mostrandoglielo. «Ho preso sei. S e i», dico e lui butta un'occhiata veloce alla verifica, tornando poi a guardare davanti a sé.
«Sei stato bravo».
«No, in realtà no», sussurro. «Mi spiace aver finito così tardi di lavorare. Tu parti domani e-».
«Parto domani pomeriggio, sul tardi», precisa. «Perché non ti fermi a dormire da me stanotte?»
«Domani ho scuola», dico con una smorfia.
«Ti ci accompagno io a scuola domani mattina. Ti prometto che arriverai in orario».
«Non posso Lando, devo tornare a casa-», sussurro, sottraendomi finalmente dalla sua presa. O forse è Lando che lascia cadere la mano. All'improvviso l'abitacolo della macchina si satura di un silenzio che potrebbe anche schiacciarmi per quanto è denso e pesante. Lando non parla finché non arriviamo davanti al ritornate thailandese take away, poco lontano da casa sua. L'insegna a neon punta verso la macchina e la illumina, permettendomi così di poter vedere la sua espressione seria. Mi ritrovo a non sapere che cosa dire o fare. Per fortuna, o per sfortuna, ci pensa lui.
«Okay, mi dici qual è il problema?» mi chiede. «A Bristol andava tutto alla grande, o almeno...credo. Poi siamo ritornati a Londra e tu hai cominciato a comportarti in maniera strana».
«No- non è vero».
«Prima che partissi per la Russia ci siamo visti una volta sola ed è stata una passeggiata abbastanza...imbarazzante. Come se...come se non avessimo condiviso lo stesso letto», dice sospirando. «Non ci siamo più baciati da quando siamo tornati da Bristol. Anche prima...ho provato a baciarti e tu ti sei spostato», aggiunge subito dopo. «Puoi dirmelo se...se hai capito che non ti piaccio davvero o se mag-»
«No, non è questo», lo interrompo io, mordendomi il labbro. «Credimi, non vorrei fare altro che baciarti per tutto il tempo, come ho fatto per tutta la notte a Bristol, ma non sono pronto».
«Pronto per cosa? Per una storia?» chiede lui. «Dio Chase, non voglio metterti assolutamente fret-»
«No Lando, io non sono pronto per fare coming-out», gli dico, prendendo un respiro di sollievo. «Non ti ho più baciato da quando siamo tornati a Londra perché avevo paura che qualcuno ci vedesse. O peggio ancora, che qualcuno ci facesse qualche foto. Insomma...sei abbastanza famoso», gli spiego e mi sento più leggero adesso, ma al tempo stesso mi si attorciglia lo stomaco. L'espressione di Lando cambia all'istante e la sua mano cerca la mia, intrecciando le nostre dita.
«Prendo qualcosa al volo e andiamo da me, così ne parliamo con calma. Poi ti porto a casa, va bene?» mi propone ed io mi limito ad annuire, ritrovandomi poco dopo seduto sul suo divano, di fronte a lui, intento a giocherellare con il mio riso. Alla fine decido di appoggiare quello che resta della mia cena sul tavolo.
«Non ti piace il riso ai gamberi?» mi chiede.
«Lando, io non sono quello che credi», sbotto di colpo, evitando di rispondere alla sua domanda, che so essere solo una domanda di circostanza. Anche lui appoggia il contenitore che ha in mano sul tavolino e si fa più vicino a me, accarezzandomi il braccio con il dorso delle mano. Credo sia arrivato il momento di diglielo: devo fargli sapere quanto cazzo è incasinata la mia vita. «Siamo terribilmente diversi e me ne sono reso conto quella mattina a casa dei tuoi. Me ne sono reso conto quando tua madre mi ha passato il succo e mi ha sorriso, facendomi notare che il succhiotto che mi avevi fatto sul collo si vedeva», dico con una risata nervosa. «Io non ho dei genitori che mi amano come tua madre ama te, che mi sostengono e credono in me. A casa va piuttosto male: mia madre prende un sacco di ansiolitici ma non la biasimo, insomma meglio dormire tutto il giorno che avere a che fare con mio padre. Lui...lui è un tipo piuttosto violento, sia con me che con mia mad...no Lando, aspetta», lo intimo appena vedo che cambia espressione e si irrigidisce. «Non dire niente. Ascoltami», sussurro prendendogli il viso tra le mani e guardandolo fisso negli occhi.
«Okay», bisbiglia.
«Quando ero piccolo non era cattivo con me, anzi! Eravamo felici, quando papà tornava dal lavoro dava sempre un bacio alla mamma e poi veniva da me e mi chiedeva come fosse andata la giornata. Poi però ha cominciato ad avere problemi sul lavoro e a bere un sacco. Io nello stesso periodo ho capito che mi piacevano i ragazzi. Quando andavo al centro commerciale con mia madre rimanevo come incantato davanti al cartellone del profumo di Hugo Boss e lo sapevo che non fosse normale ma come avrei potuto ammetterlo? Lui voleva che giocassi a calcio, ma a me piaceva suonare la chitarra e mi ha sempre detto che è da froci. Una volta mi ha costretto ad andare allo stadio con lui perché il Chalsea era arrivato in finale e-Dio, è stato orribile. Mi ha presentato ai sui amici come "la mia principessa Chasey" e hanno riso tutti di me. Per tutta la partita non ha fatto altro che bere e alla fine era ubriaco marcio. L'ho dovuto portare di peso a casa e il mattino dopo, quando ha sentito alla radio che il Chalsea aveva perso si è incazzato e ha dato di matto».
Faccio una pausa inumidendomi le labbra, poi mi sposto leggermente il colletto della maglietta e gli indico una cicatrice sotto la clavicola. «Questa me l'ha fatta quando avevo quindici anni, me lo ricordo quel giorno. Non mi avevano preso nella squadra di calcio e quando sono ritornato a casa e glielo detto è andato su tutte le furie e...e lui ha spento il mozzicone della sigaretta su di me», sussurro con voce tremante. Gli indico anche la cicatrice che ho sopra il sopracciglio destro, che fortunatamente non si nota molto, eppure quando mi guardo allo specchio è la prima cosa che noto. «Questa è di qualche mese fa. Mi ha spaccato una bottiglia in faccia e mi sono pure beccato tre punti». Infine decido di alzare la maglietta all'altezza delle costole. «Questa me l'ha fatta la settimana scorsa, quando sono ritornato a casa da Bristol».
«Chase...» mi richiama piano Lando, sfiorandomi con la punta delle dita la ferita ancora violacea. Ansimo involontariamente e lui mi guarda, chiedendomi scusa.
«Se lo sapessero tutti, se ad esempio una vicina gli dicesse che mi ha visto baciare un ragazzo o se lo incontrassimo mentre passeggiamo mano nella mano, io credo che lui...che-», sospiro, non riuscendo nemmeno a finire la frase. Lando mi tira verso di sé, facendomi affondare il viso nel suo petto e abbracciandomi forte.
«Avresti dovuto dirmelo», mi sussurra. «Avrei potuto fare qualc-».
«Lando», lo interrompo io, alzando lo sguardo su di lui. «Ehi, non devi fare niente». Lui si alza dal divino, camminando fino alla finestra e rimanendo lì, appoggiato allo stipite.
«No Chase», mi dice con voce ferma, voltandosi verso di me. «Io non posso far finta di niente. Non posso partire e avere la costante paura che quando ritorno potrei trovarti all'ospedale. O peggio ancora!» esclama con una smorfia. Mi alzo a mia volta dal divano, avvicinandomi a lui e abbracciandolo da dietro: gli passo le braccia attorno e mi abbasso leggermente, appoggiando il mento contro la sua spalla. Lando sospira, chiudendo gli occhi e nel mentre appoggia una mano sulle mie, accarezzandomi piano le nocche.
«Se tutto questo è troppo per te, io lo capisco», sussurro. «Sono un tale casino...chi mai potrebbe volermi». Lando si rigira nel mio abbraccio, mettendomi le braccia attorno al collo e sollevandosi leggermente sulle punte dei piedi, così da riuscire ad appoggiare la fronte alla mia.
«Io ti voglio», mi fa sapere appoggiando le labbra contro la mia guancia e strusciandole sempre più in basso, fino ad arrivare alla clavicola. Mi sposta la maglietta e mi lascia un bacio sulla cicatrice. Poi le sue labbra risalgono, si fermano un secondo soltanto contro l'angolo della mia bocca e poi vanno a lasciare un altro bacio sulla cicatrice sopra al sopracciglio. I miei occhi seguono velocemente ogni suo movimento e le mie mani, contro ogni mio permesso, si posano contro il suo collo, fermandolo di colpo. Ci guardiamo negli occhi, ci capiamo al volo e le nostre labbra si attirano come magneti di segno opposto. Gli piego leggermente la testa, seguendolo nei movimenti, anche se i miei sono più timidi. Le sue mani risalgono dai miei fianchi, sotto maglietta, fino a raggiungere la mia schiena. Un brivido mi attraversa perché ha le mani fredde e non riesco a fare a meno di lasciarmi sfuggire un gemito. Il bacio continua comunque, e nel mentre lui mi spinge all'indietro, facendomi così aderire contro il muro.
«Se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa, ti prego dimmelo», mi sussurra contro le labbra.
«Lando...» lo interrompo. «Sta' zitto».
«Qualsiasi cosa, okay?», ripete, mordendomi il labbro e tirandolo. Appoggio la testa contro il muro, guardandolo mentre se ne sta davanti a me, con le guance arrossate e le labbra piene.
«Sei bello da morire», sussurro, sporgendomi in avanti e dandogli un altro bacio velocemente. Lui alza un sopracciglio, facendomi capire che non basterà adularlo per persuaderlo a cambiare argomento. «Okay, qualsiasi cosa», dico con un mezzo sorriso e involontariamente il mio sguardo cade sull'ora; è quasi mezzanotte e per quanto mi piacerebbe restare, devo tornare a casa. Lando lo capisce al volo e annuisce tristamente, appoggiando la fronte contro la mia spalla.
«Vorrei tornare a quella mattina a Bristol. Sembrava tutto semplice sotto quelle coperte», sussurra ed io non posso che essere d'accordo con lui. Quella mattina mi sono svegliato tra le sue braccia e quando mi sono lamentato della luce che entrava dalla finestra, lui ha tirato le coperte e siamo finiti sotto. Le sue labbra mi hanno lasciato baci ovunque sul collo e appena mi sono girato le nostre bocche sono finite l'una sull'altra. Ci siamo baciati al lungo, nella semioscurità, al sicuro sotto quelle coperte, come se fosse un rifugio antiatomico.
Ci diamo un ultimo bacio prima di uscire fuori da casa sua. Scendiamo le scale mano nella mano, lasciandoci andare non appena arriviamo davanti al portone. E il viaggio in macchina è silenzioso; attraversiamo la città deserta mentre comincia a piovere. Le gocce battono rumorosamente contro il parabrezza e in un attimo inizia a diluviare.
«Oh merda, ma perché piove sempre quando non ho l'ombrello?» mi lamento, incrociando le braccia al petto.
«Dietro dovrei avere la giacca a vento col cappuccio», mi fa sapere Lando.
«Mi vuoi dare la tua giacca?»
«Sì?» risponde lui, con tono interrogativo, guardandomi confuso. Io invece mi lascio sfuggire un sorriso, abbassando la testa per cercare di non farmi vedere perché mi sento ridicolo in questo momento. Nemmeno una ragazzina reagirebbe così! «Che c'è?»
«Ni- niente è solo che...è carino da parte tua darmi la tua giacca», sussurro.
«Visto che non ti posso lasciare sotto casa, credo sia il minimo darti la mia giacca. Non voglio che tu prenda freddo».
«Anche questo è carino», dico mentre lui ferma la macchina in una via traversa a quella in cui abito. Si gira, così da riuscire a prendere qualcosa dai sedili posteriori e mi porge quindi la giacca in questione, che è la giacca della scuderia con sopra scritto il suo nome.
«Ma è la tua giacca», noto prendendola tra le mani.
«Sì Chase, è la mia giacca. Me la ridarai quando torno da Barcellona», risponde lui mentre io slaccio la cintura e me la infilo sopra la felpa che indosso. Mi guarda, sporgendosi poi verso di me e chiudendomi la zip. «Stai attento, okay?»
«Devo solo attraversare la strada e poi taglio giù di lì», dico indicandogli un punto oltre il finestrino bagnato, «e sono arrivato a casa».
«Lo sai cosa intendevo», mi sussurra ad un palmo dalla labbra.
«Sì, lo so», sussurro a mia volta appoggiando le labbra sulle sue, senza però muoverle. Rimaniamo così per un secondo soltanto, poi lui si sposta ed io apro la portiera, uscendo. Prima di andarmene mi abbasso e guardo nella sua direzione, salutandolo.
«Scrivimi appena arrivi in casa», mi dice lui e le sue parole, mentre sono al caldo nella sua giacca a vento, mi proteggono come quella mattina riusciva a proteggerci la coperta sotto cui ci siamo baciati fino a non sentirci più le labbra.
***
Angolo autrice: Buonsalve lettori! Vi avevo promesso un capitolo a settimana, ma in realtà mi sono resa conto che sto facendo un sacco fatica a scrivere questa parte della storia, perché è delicata e mi ritrovo a scrivere e cancellare, riscrivere, leggere e rileggere un sacco di volte prima di essere pienamente soddisfatta. Amo scrivere di Chase e Lando e spero che la storia vi stia piacendo tanto quanto piace a me scriverla.
Vi ringrazio per il sostegno. Un abbraccio, a presto,
-Ale.
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