Capitolo 3. Te lo prometto
I'm obsessed, I'm embarrassed
I don't trust no one around us
I'm a mess for your love, it ain't new
***
La cosa che mi piace di più di Jamie è il modo in cui si preoccupa per me. Ma credo sia anche la cosa che mi piace di meno. Non fraintendetemi, lo trovo carino perché nessuno all'infuori di Jamie si è mai preoccupato per me, però alcune volte esagera.
«No, non se ne parla, non parto!» mi dice categorico, incrociando le braccia al petto e guardandomi con un'occhiata seria. Io sbuffo, appoggiandomi allo schienale del divano. Questa discussione sta andando avanti da venti minuti buoni e né io né lui sembriamo intenzionati a mollare. Vediamo chi è più cocciuto!
«E perché?»
«Smettila di chiedermi il perché», mi incalza. «Settimana scorsa hai quasi fatto a pugni con uno e lo stesso giorno sei svenuto al supermercato perché non avevi mangiato niente a pranzo! Come se non bastasse il giorno dopo hai pensato bene di non andare a scuola, anche se sapevi di essere in punizione, e tua madre è venuta da me a chiedermi se sapessi dove fossi. E indovina? Non lo sapevo! Da quando ci nascondiamo le cose io e te, Chase?»
«Non ti nascondo niente. E non credo di doverti sempre dare conto di ogni cosa che faccio».
«Io invece credo che tu mi stia nascondendo qualcosa». Rimango in silenzio, abbassando lo sguardo e Jamie ride nervosamente, spingendomi a guardarlo. «Ma che combini? Ultimamente ti vedo distratto e mi sembra tuo padre prenda la tua distrazione come pretesto per sfogarsi».
«Jay, te l'ho già detto! Solitamente a scuola mangio, quel giorno stavo avendo una giornata difficile, dovevo ripassare per la verifica e me ne sono dimenticato. E per quanto riguarda la mia assenza a scuola, scusami se te lo dico ma credo tu sia l'ultima persona a poter parlare! Mi hai sempre detto che facevi sega a scuola e più di una volta mi hai proposto di farlo, per passare la giornata con te!» gli ricordo, beccandomi un'occhiataccia che mi fa venire i brividi.
«Ehi, vieni a sederti qui vicino a me», gli dico sbattendo la mano contro il divano. Un po' controvoglia Jamie decide di accontentami, lasciandosi cadere vicino a me.
Mi sposto leggermente, accoccolandomi contro il suo petto. Lui mi passa un braccio attorno alla spalla, accarezzandomi con il dorso della mano. Rimaniamo così, in silenzio, e vorrei questo momento potesse durare per sempre, ma dura solo un secondo.
«Non stai facendo niente di illegale, vero? Tipo vendere droga», mi chiede, facendomi scuotere la testa con insistenza.
«Jamie, seriamente, chi cazzo farebbe vendere della droga a me?»
«Beh, io lo farei! Sei la persona più improbabile da cui comprare droga». Sollevo la testa, lasciandogli uno sguardo veloce e lui ride, per poi ritornare subito serio. «Se dovesse esserci qualcosa che non va, qualsiasi cos-»
«Sì, d'accordo, qualsiasi!» ripeto io, interrompendolo.
«Okay...parto. Ti lascio le chiavi di casa mia, così se ti va di stare un po' tranquillo, magari per studiare o altro, puoi venire qui. Ma non portare ragazzi!»
«Ma quali ragazzi? Scemo!» gli dico rimettendomi composto e dandogli un pugno contro la spalla. Mi rendo conto di essere diventato tutto rosso, ma provo ad ignorarlo, sperando che lo faccia anche Jamie.
Sì, ovviamente c'è qualcosa che gli sto nascondendo, perché dopo la giornata passata insieme al mare, io e Lando ci siamo sentiti ancora e continuiamo a farlo. Mi distrae, è vero anche questo, ma lo fa in maniera piacevole: nel senso che parlare con lui mi porta fuori da me, dalla mia vita monotona e piena di preoccupazioni. Parlare con lui mi ha pure fatto ritornare la voglia di suonare e di scrivere canzoni, però per il momento rimangono solo parole su fogli sparsi che nascondo sotto al materasso.
Forse nemmeno le so dire le cose giuste a Jamie, ecco perché ho deciso di non dire niente.
***
Voglio davvero ritornare a suonare e per farlo mi serve una chitarra. Ecco spiegato perché mi ritrovo, durante la pausa pranzo, ad analizzare qualche sito di annunci di lavoro: devo trovare qualcosa al più presto e mettere via un po' di soldi. Purtroppo non sembra ci sia niente che vada bene per me e che mi permetta di conciliare il lavoro con la scuola.
«Ehi, ciao!» mi sento salutare improvvisamente, quindi alzo la testa e guardo con sorpresa la persona che mi sta davanti. Evie Morgan mi si siede vicino, sorridendomi per tutto il tempo.
«Ciao», la saluto a mia volta mentre chiudo la pagina degli annunci e metto il telefono in tasca.
«Stai cercando un lavoro?» chiede, ed io annuisco, incurvandomi nelle spalle. «Lo sai che i miei hanno un bar in centro, vero? Stiamo cercando un cameriere, se ti può interes-»
«Sì, mi interessa eccome!» esclamo. Lei mi sorride, mentre il sole illumina la sua esile ma slanciata figura, mettendo in risalto alcuni ciuffi biondi che sono scappati dalla coda a cavallo fatta di fretta.
«Beh, allora vieni domani pomeriggio. Ti facciamo fare la prova», dice.
«D'accordo, mi sembra fantastico. Non ho molta esperienza ma imparo in fretta», le faccio sapere e lei annuisce. «Ti serve qualcosa?» le chiedo subito dopo, rendendomi conto che si è avvicinata a me probabilmente per chiedermi qualcosa.
«Volevo solo ringraziarti per quello che hai fatto per Andy, la settimana scorsa», dice. «Non tutti lo avrebbero fatto e ti fa onore Chase, davvero».
«Evie, ma figurati!»
«Andy non fa altro che parlare di te ultimamente», mi informa ed io rido nervosamente. «Ti andrebbe di uscire con noi sabato sera? Possiamo andare a mangiare qualcosa insieme e poi al bowling». Credo questa sia la prima volta che qualcuno mi invita ad uscire in quattro anni di scuola. Guardo Evie alzando un sopracciglio, decisamente sorpreso. «Se ti va ovviamente!» aggiunge.
«Sì, mi va».
***
La prova al Coco Momo, il bar della famiglia di Evie, è andata alla grande e adesso ho un lavoro. La mamma di Evie, sapendo che sono un compagno di scuola della figlia è stata molto flessibile con gli orari, dandomi i turni al pomeriggio e alla sera. Non so davvero come ringraziare Evie, anche se a lei sembra di non aver fatto un granché.
Sono quasi le sei del pomeriggio, lei stacca tra un'ora ed io ho deciso di tenerle compagnia, visto che non ci sono molte persone. Seduto su uno degli sgabelli posti davanti al bancone, rimango ad ascoltarla mentre mi racconta di aver beccato a limonare due suoi compagni di classe nel bagno delle ragazze. La mia attenzione però viene improvvisamente attirata da un messaggio.
Lando: Ciao, sei libero?
Chase: Sì! Sono al Coco Momo, tra poco ritorno a casa.
Lando: Posso passare a prenderti, che ne dici?
Sorrido leggendo l'ultimo messaggio, poi dico a Lando che va bene e rimetto via il telefono. Quando rialzo lo sguardo mi rendo conto che Evie mi sta guardando curiosa.
«Quindi ogni tanto sorridi anche tu?» mi chiede, facendomi alzare gli occhi al cielo.
«Ogni tanto», confermo. «E quindi, i limonatori seriali?» domando, cambiando discorso. Ad Evie ritorna in mente quello che mi stava dicendo prima e riprende a raccontare, interrompendosi non appena sentiamo il rombo di un motore. Girandomi, vedo attraverso la vetrata del bar la macchina di Lando dall'altra parte della strada.
«Devo andare», le faccio sapere alzandomi e mettendomi lo zaino in spalla.
«Sei sicuro che ti serva questo lavoro?» mi chiede lei, settica.
«Più di quanto credi!» dico indietreggiando e raggiungendo l'uscita. «Ci vediamo domani a scuola». Lei mi saluta con la mano e sono più che sicuro che rimane a guardarmi per tutto il tempo. Attraverso velocemente la strada, evitando in malo modo di essere investito da una macchina e beccandomi pure una clacsonata.
«Ciao», mi saluta Lando appena mi fermo di fronte a lui.
«Ciao», dico a mia volta, lasciandomi sfuggire un sorriso. Lando si stacca dalla portiera, così da poterla aprire.
«Dai, sali», mi incoraggia, facendomi segno di entrare. Appena salgo sprofondo nel sedile della sua McLaren dal colore discutibile e poco sobrio, aspettando che anche lui prenda posto. Mette in moto velocemente e parte a tutto gas, prendendomi completamente alla sprovvista. Mi aggrappo alla portiera, con il cuore in gola e gli occhi spalancati. Riprendo a respirare normalmente solo quando si ferma ad un semaforo rosso, ed è lo stesso istante in cui lui si gira verso di me, guardandomi.
«Tutto bene?» chiede.
«Sì», sussurro. «E tu?»
«Sì», risponde. «Avevo voglia di vederti». Le sue parole mi fanno spalancare gli occhi, prendendomi totalmente alla provvista.
«A-anche io», balbetto, inghiottendo a vuoto. «Un sacco», aggiungo sottovoce, così piano che forse nemmeno mi ha sentito. Mentre parlo il semaforo diventa verde, quindi Lando riparte ma questa volta guida con più prudenza, probabilmente perché si è reso conto del mio colorito cadaverico.
«Domani parto per Baku e settimana prossima mi fermerò qualche giorno a Madrid, da Carlos», mi informa. Annuisco, decidendo però di rimanere in silenzio.
«Hai fame?»
«Oh andiamo Lando, così mi sembri Jamie!» mi lamento sbuffando.
«No dai, io sono più carino di Jamie», dice guardandomi con la coda dell'occhio ed io mi lascio sfuggire un altro sorriso, che però cerco di nascondere abbassando la testa. «Comunque era solo per sapere se ti andava una fetta di torta».
«Mi va sempre una fetta di torta!»
«D'accordo, allora ti porto in un posto dove fanno la migliore cheesecake ai brutti di bosco di tutta Londra». Sulle prime penso che Lando stia esagerando, invece in questo momento, dopo essermi divorato metà della mia porzione, posso affermare che è decisamente la migliore cheesecake che abbia mai mangiato!
«Ho trovato un lavoro», gli faccio sapere. Lando si ferma, appoggiando la forchetta al piattino e i gomiti sul tavolo. «Al Coco Momo», preciso, mangiando un altro pezzetto di torta. «E sabato andrò con alcuni miei compagni di scuola al bowling».
«Sono contento che tu stia uscendo fuori dalla tua corazza», dice Lando sorridendomi.
«Ho scritto delle canzoni ultimamente. Ed è solo grazie a te se mi è tornata la voglia di suonare», ammetto mordendomi il labbro. Divento improvvisamente rosso, sento le orecchie in fiamme e la gola secca. Merda, glielo detto davvero?!
«A me?»
«S-sì», bisbiglio. «Prima di quel giorno al mare nemmeno mi ricordavo quanto fosse bello suonare e quanto mi potesse aiutare. Voglio prendermi una chitarra nuova e comporre musica».
«Non vedo l'ora di sentire qualcosa di tuo!» mi dice mentre io raccolgo le ultime briciole dal piatto. Alzando la testa vedo Lando osservarmi attentamente; i suoi occhi azzurri scivolano lentamente su ogni parte di me e si soffermano sulla mia mano destra, appoggiata contro il tavolo; allunga il braccio verso il mio, prendendomela nella sua.
«Mi guarderai correre domenica?» chiede. La mia mano trema, quindi lui la stringe un po' più forte e quando lo fa è il mio cuore che inizia a tremare. Sento alcuni brividi percorrermi la schiena, risalendo fino all'attaccatura dei capelli.
«Avrò occhi solo per la macchina color papaya numero 4», dico. Lando mi lascia andare la mano, spostandola velocemente verso la mia guancia. Appoggia l'indice sotto il mio mento, mentre con il pollice mi accarezza la pelle, ormai di un colorito molto simile a quello di un pomodoro maturo.
«Sei tutto pieno di briciole», dice ridendo ed io cerco di prendere il tovagliolo per pulirmi, però me lo impedisce. «Lascia, faccio io».
«Era davvero buona la cheesecake», ammetto mentre lui mi passa le dita sul mento e poi risalire più su, fino a sfiorarmi con la punta delle dita le labbra. Inghiottisco a vuoto, mentre l'insano pensiero di volergli leccare le dita mi passa per la testa velocemente ma abbastanza al lungo da farmi sentire uno stupido.
«Te l'avevo detto: la migliore cheesecake di Londra», mi ricorda. Ma la verità è che insieme a Lando sarebbe la migliore cheesecake di Londra anche una cheesecake preconfezionata.
***
Lando ha insistito per accompagnarmi fino sotto casa: in questo momento è appoggiato alla sua macchina, mentre io gli sono di fronte, ed essendo sul marciapiede risulto ancora più alto di lui.
«Starai attento domenica in gara, vero?», chiedo.
«Ti preoccupi per me?»
«Beh sì, insomma guidi una macchina che va a 400 km/h!»
«Questo è carino», dice ed io abbasso lo sguardo, sospirando. Un secondo dopo mi ritrovo tra le braccia di Lando, mi passa un braccio attorno al collo e si aggrappa a me, stringendomi forte. «Starò attento, te lo prometto», mi sussurra contro il collo. «E tu starai attento?»
«Sì, starò attento», sussurro a mia volta. «Te lo prometto».
Ma ve l'ho già detto: io le promesse non le so mantenere. Non lo faccio di proposito, sarà che sono troppo distratto, altrimenti avrei pensato che fermarci davanti al portone di casa fosse troppo rischioso. Una volta rientrato, pur cercando di fare il più piano possibile, mio padre mi chiama, dicendomi di raggiungerlo in sala. Lo trovo seduto sulla poltrona ma appena mi vede si alza.
«Fai la puttana adesso?» chiede.
«Cosa?»
«Ti ho visto scendere da quel macchinone», chiarisce, facendomi irrigidisce. «Quindi, l'unica spiegazione è che fai la puttana, altrimenti che ci fa uno con quella macchina con uno come te?» Mi lascio sfuggire una risata amara, scuotendo la testa e questo lo innervosisce.
«Non sono affari tuoi», taglio corto io e faccio per andarmene, ma vengo placato all'istante. Mi prende il polso, facendomi voltare e dandomi una sberla in piena faccia.
«Tutto ciò che ti riguarda è affar mio, finché vivrai sotto questo tetto», ringhia mentre io mi dimeno, cercando di liberarmi. Allora lui mi spinge verso il muro, violentemente. «Se vuoi farlo, fallo! Non mi aspetto niente di meglio da te», sibilla ad un palmo dal mio orecchio.
«Sei solo un frocetto del cazzo», dice.
«Sì papà, hai proprio ragione: sono "un frocetto del cazzo", ma almeno non sono un pezzo di merda che maltratta la moglie e il figlio. Non puoi nemmeno immaginare quanto io sia felice di essere così diverso da te!» gli urlo contro, cercando si spingerlo via ma senza riuscirci. Appena ho aperto bocca sapevo che avrei infranto la promessa che ho fatto a Lando, perché l'unico a cui devo stare attento è mio padre ed io come uno stronzo lo sto sfidando.
Sarà per la prossima volta Lando, te lo prometto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro