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Capitolo 23. Scelte

Sognavamo un mondo senza regole
In bilico su un tetto come tegole
Io non lo so che farò senza te
So che ora pensi "non fai più per me"

***

Dicono che quando tocchi il fondo non puoi che risalire. Ma come fai ad essere sicuro di aver toccato il fondo? Come fai ad essere sicuro che non ci sia altro? Forse la sensazione di sentirmi come soffocare, non appena chiudo gli occhi, sta cercando di suggerirmi che io il fondo non l'ho ancora toccato. Non sto ancora risalendo.

In questo momento niente dovrebbe turbarmi. Il sole è caldo, il mare è cristallino e il mio ragazzo sta uscendo dall'acqua, bellissimo nel suo costume da bagno con le palme sopra. Gli sorrido, osservandolo da dietro le lenti scure degli occhiali da sole. Una volta che mi è vicino si abbassa, lasciandomi un bacio umido sulla fronte.

«L'acqua è fantastica, perché non sei voluto venire?» mi chiede, mettendosi sulla sdraio vicino alla mia. Girando la testa e tirandomi su gli occhiali, lo guardo e allungo un braccio, così da riuscire ad accarezzargli i capelli.

«Sto leggendo», dico.

«Ma siamo in vacanza!» sbuffa lui.

«E voglio che tu sappia che sono molto contento di essere in vacanza...insieme a te», gli faccio sapere. «Ti ricordi quando mi hai regalato la chitarra? Andavo ancora al liceo e non avevo i soldi per prendermela». Lando annuisce, sorridendomi. «Io ti dissi che era un regalo troppo costoso e tu mi rispondesti che quando sarei diventato ricco e famoso ti avrei ricambiato il favore, portandoti alle Maldive...ed eccoci qui, alle Maldive. Cioè, non sono così ricco e così famoso, ma non avrei mai pensato di poterlo fare davvero».

«Io ne ero certo», afferma Lando. «Anch'io sono felice di essere qui insieme a te...dopo tutto quello che è successo», aggiunge con un sussurro, un po' intimorito.

Sono passati quasi due mesi da quando mio padre ha cercato di farci fuori. Cerco sempre di pensare il meno possibile a lui e al suo processo, che si terrà in primavera. Dall'udienza preliminare è venuto fuori che si beccherà trent'anni, adesso è in carcere e saperlo dietro alle sbarre mi fa sentire in qualche modo al sicuro. A mia madre invece ci penso sempre, dopo quello che è successo è ancora più fragile e si è chiusa in sé. Per il momento la cosa migliore è che stia in un posto dove possono prendersi cura di lei. Mi odio ogni giorno per non poterle stare vicino, ma ora la mia vita è a Los Angeles. Una vita che non ho scelto, ma alla quale non voglio rinunciare, anche se è costernata di impegni, interviste e appuntamenti.

Mi dico che mi è stata data una sola possibilità e non posso mollare. Per nessun motivo. Alla fine però a Lando gliel'ho detto che non me la passo così bene lì, omettendo alcune cose. Come immaginavo si è preoccupato un sacco e ha insistito per venire con me, cercando di incastrare i suoi impegni lavorativi. Tra circa un mesetto inizierà la nuova stagione di Formula Uno e quindi dovrà andarsene. Mi spaventa un po' rimanere da solo. Non so nemmeno quando ho iniziato a temere la solitudine. Forse da quando stare da solo mi porta a pensare troppo, a scavare dentro di me sempre più a fondo. E poi ancora e ancora.

Settimana prossima ci sarà il lancio del mio primo album. Ho esplicitamente detto a Sarah che non potevo affrontarlo se prima non mi prendevo qualche giorno di riposo. Lei ha storto il naso, ma alla fine mi ha dato il via libero, quindi eccoci alle Maldive!

«Che cosa stai leggendo?» chiede Lando, rompendo il silenzio tra di noi.

«La ragazza del treno».

«E ti piace?»

«Uhm...è un po' angosciante», ammetto sospirando.

«Allora dovresti chiudere il libro, metterlo via e venire qui da me», mi propone ed io rido, scuotendo la testa. «Dai, vieni qui, ti abbraccio un po'». Beh, questo suona molto bene e credo proprio di aver bisogno di un abbraccio in questo momento. Lascio cadere il libro sulla mia sdraio, spostandomi su quella di Lando, che mi fa un po' di spazio e mi prende tra le braccia. Appoggio la schiena contro il suo petto, ancora umido, rabbrividendo e spingendolo così a stringermi un po' più forte.

«Vorrei rimanere così per sempre», sussurro contro il suo braccio, lasciandogli un bacio contro la pelle. Chiudo gli occhi, sentendoli mentre si fanno sempre più pesanti.

«Possiamo rimanere così quanto ti pare amore», mi risponde tra i capelli, dandomi un bacio sulla testa. Purtroppo non dura per sempre, ma giusto il tempo di un pisolino. Dormo per venti minuti, tranquillamente, senza sognare niente.

Ma quando arriva la notte e andiamo a dormire, dopo essere andati a cena fuori e aver fatto l'amore, non appena chiudo gli occhi piombo in un incubo.

Sono dietro le quinte e sto per salire sul palco, sento urlare il mio nome dai fan e sono carico, pronto per suonare e cantare. Una volta che salgo tutto diventa silenzioso, le luci si spengono e un enorme faro mi viene puntato addosso. A fatica riesco ad intravedere la figura di qualcuno avvicinarsi; è mio padre. Mi dice sempre le stesse parole. "Non sei migliore di me". Beffardo, mi allunga una pistola e mi istiga a sparargli. Ed io lo faccio.

Con il respiro corto e sudato marcio, mi sollevo dal cuscino, mettendomi a sedere. Lando, vicino a me, sta dormendo e cerco di fare piano, così da non svegliarlo. Mi alzo dal letto, camminando in punta di piedi verso il bagno. Faccio scorrere l'acqua nel lavandino, finché non diventa gelida e me la getto in faccia. Le mani continuano a tremarmi, il cuore mi batte forte nel petto e mi sembra di non sapere più come si respira.

Cerco velocemente qualcosa in una delle tasche del mio beauty, tirando fuori un flaconcino arancione pieno di pillole.

Sapete quanto ci mette una benzodiazepina a fare effetto se presa per via orale? All'incirca 23 minuti. Ma se la sniffi, nel giro di un paio di minuti ti sale.
Come faccio a saperlo? Beh, quando hai un attacco di panico le provi tutte e finisci per fare cose che non pensavi di poter fare, cose in cui non ti riconosci. Come tritare una pastiglia di Lexotan e finire per sniffarla nel bagno di un albergo, mente il tuo ragazzo sta dormendo, all'oscuro di tutto.

Sì, a Lando ho detto che le cose a Los Angeles non vanno sempre bene, che ho troppi impegni e a volte mi sento come se non avessi abbastanza energie per fare tutto. Però non gli ho detto che alterno momenti in cui prendo ansiolitici per stare calmo, a momenti in cui mi faccio di MDMA per trovare le energie necessarie a fare tutto. Mi dico che non deve per forza saperlo, è solo un periodo del cazzo e passerà. Alla fine passa tutto.

Una pastiglia però non mi basta, e allora ne prendo un'altra e poi un'altra ancora. Non ne ho mai preso più di una, ma mai mi sono sentito come ora: come se potessi morire da un momento all'altro, soffocando.

Il panico scompare. Adesso il mio respiro è regolare, mi sento a tratti leggero mentre mi sdraio sul pavimento, tenendo lo sguardo fisso sul soffitto, che si riempie di stelline fluorescenti. Alzo un braccio, come se potesse bastare per toccarle. Non riuscendoci mi metto a ridere ed è proprio così che mi trova Lando.

«Chase...» mi chiama, guardandomi aggrottando la fronte. La sua espressione è davvero buffa e mi metto a ridere ancora di più, tenendomi la pancia con le braccia. «Chase, che stai facendo lì a terra? Dai alzati», dice, allungando il braccio verso di me.

«Oppure potresti sdraiarti anche tu», propongo. «Vieni a vedere le stelline insieme a me».

«Che- Chase, che stelline?»

«Le stelline che ci sono sul soffitto. Non so quante sono, adesso le conto». Lando continua a guardarmi confuso, spostando poi lo sguardo sul lavandino. Si allunga prendendo il barattolino di Lexotan e leggendo l'etichetta.

«Che cosa hai preso?» chiede con un sussurro. «Chase, da quando prendi questa roba?! Te l'ha prescritta qualcuno?» cerca di informarsi lui, buttandosi in ginocchio a terra e cercando di tirarmi su. Mi prende tra le braccia, siamo ad un palmo di distanza e le stelline le riesco a vedere anche in fondo ai suoi occhi blu.

«Chase, ehi, cerca di collegare il cervello alla bocca. Quante ne hai prese?» mi chiede, schioccando le dita, così da attirare la mia attenzione. Io alzo due dita.

«No, no aspetta. Tre ne ho prese tre!»

«E da quanto tempo prendi questa roba?»

«Da un po'».

«Perché?»

«Perché?» ripeto io, ridendo. «Perché sto di merda. Non riesco a dormire, continuo a fare incubi e mi vengono gli attacchi di panico», ammetto in un momento di lucidità.

«Avresti dovuto dirmelo!» mi rimprovera. «Amore, perché non me l'hai detto? Io...io credevo che non ci fossero segreti tra di noi», sussurra, guardandomi con gli occhi lucidi e mille sensi di colpa.

«Allora se devo essere proprio sincero non prendo solo il Lexotan», lo informo. «Prendo anche lo Xanax quando voglio dormire per tutta la notte, però non mi piace molto, mi fa venire il mal di testa. E...anche l'MDMA, per quando ho troppi impegni, mi dà la carica».

«Stai scherzando?» chiede incredulo, sbiancando. «Chase, io- io ti vedevo un po' strano qualche volta, un po' troppo su di giri, anche mente facevano sesso, ma non credevo che tu- Dio, Chase, l'Ecstasy?! Ed è tutto? Tutto, tutto? O c'è altro che devo sapere?»

«No, non credo», dico alzando le spalle. «Però se mi viene in mente qualcosa te lo dico, d'accordo?» aggiungo subito dopo, sbattendo le palpebre e finendo per abbassarle, cadendo in un sonno profondo.

Così profondo che non mi accorgo nemmeno quando Lando mi porta a letto.

Il mattino dopo, quando mi sveglio, lui è seduto sulla poltrona che c'è nell'angolo. Ha lo sguardo perso nel nulla, sembra pensieroso.

«Ehi», dico, attirando la sua attenzione. «Ma che fai lì?» chiedo confuso. Lando sospira, puntando gli occhi su di me, ma non riesco a riconoscerlo. Ha un'espressione strana, che non ho mai visto prima.

«Ho prenotato un volo last minute», dice. «Torniamo a casa. A Londra», mi informa, facendomi scuotere ripetute volte la testa.

«Ma che dici, no!» urlo, alzandomi dal letto. «Io non posso tornare a Londra, tra una settimana esce il mio album, ho mille interviste, mille servizi fotografici!»

«Ma almeno ti ricordi cos'è successo stanotte?» chiede Lando, alzandosi a sua volta e venendomi incontro. Rimaniamo uno di fronte all'altro, però a distanza. Scuoto la testa, immaginando le cose peggiori. «Ti ho trovato steso sul pavimento in bagno, mentre ridevi da solo e indicavi stelline fluorescenti sul soffitto. Eri fatto cazzo!» Sentendo le sue parole, spalanco gli occhi, inghiottendo a vuoto. Questa è decisamente la peggiore delle cose. In assoluto!

«Ehi Lando, amore, possiamo parlarne?» gli chiedo, prendendogli il braccio. «Non so cosa ti ho detto questa notte, ma ti assicuro che non sono un tossico o cose del genere. Non lo sono! Però, in certi momenti da solo proprio non riesco a farcela».

«Da solo? E io chi cazzo sono, Chase? Non hai fatto altro che mentirmi! Ed io, da stronzo, mi sarei pure preso una pallottola per te!»

«Lando...»

«Chase, io ti amo tantissimo, non puoi nemmeno immaginare quanto ti amo, perché nemmeno io lo riesco ad immaginare. Ti amo e farei qualsiasi cosa per te, però con un tossico non ci voglio stare. Hai diciannove anni e puoi fare quello che ti pare, ma lo sai che se decidi di tornare a Los Angeles, invece di venire con me e Londra, dove potresti farti aiutare a disintossicarti, finirà di merda. E la chiudiamo qui questa cosa tra me e te». Scuoto la testa, sentendomi pizzicare gli occhi. Faccio per avvicinarmi a lui, per potergli passare le braccia attorno al collo, ma mi ferma prendendomi per i polsi.

«Lando, io non posso», sussurro. «Devo tornare a Los Angeles. Devo farlo! Però tu non mi puoi lasciare così, io che cazzo faccio senza di te?»

«La vita è fatta di scelte», mi dice. «Non è sempre semplice, alcune volte facciamo scelte del cazzo e ci accorgiamo solo dopo di averle fatte. Alcune volte invece capiamo quale sia l'unica scelta giusta. Quindi, tu che cosa vuoi fare?» chiede, ma io rimango in silenzio. «Ho bisogno di andarmene da qui...credo che andrò in aeroporto. E se ti vedrò arrivare a prendere quell'aereo insieme a me, saprò che hai fatto la scelta giusta».

Le sue parole mi rimbombano nella testa, mentre lui prende la sua valigia e si avvicina alla porta. Sta per andarsene, ma prima si gira verso di me, mi guarda e decide di raggiungermi. Mi prende il viso tra le mani in un gesto veloce, così com'è veloce il nostro bacio.

«Ci vediamo dopo», mi sussurra.

***

Un mese dopo

«Ha solo diciannove anni, ha aperto i concerti di Harry Styles qui in America ed è uscito nemmeno un mese fa il suo primo album, scalando le classifiche. Lo sapete bene di chi sto parlando! Sì, proprio di lui, di Chase Jones!» mi annuncia la presentatrice, mentre il pubblico nello studio comincia ad applaudire. Mi affretto ad uscire, salutando con un cenno di mano e andandomi a sedere sul divanetto riservato agli ospiti.

«Chase, è un piacere averti qui con noi».

«Il piacere è tutto mio Myriam», le faccio sapere con un sorriso.

«Cavolo Chase, hai battuto un sacco di record, sei primo in classifica da quando è uscito Mille graffi, il tuo disco. Già prima di Natale, con il singolo Jet Black Heart, avevi avuto ottimi risultati, quindi...non è proprio così inaspettato questo successo che stai avendo, vero?»

«Lo è eccome!» ammetto. «E sono infinitamente grato ai miei fan, non sarei qui senza di loro. Hanno creduto in me, anche quando io non riuscivo a credere in me stesso».

«Il fandom è molto importante», conferma la presentatrice. «Ma dicci di più sull'album, come mai hai scelto questo nome?»

«Questo album è completamente scritto da me, alcune delle canzoni le ho scritte quando avevo sedici, diciassette anni e tutte, a modo loro, raccontano un momento della mia vita, che non è sempre stata semplice. Ma ogni difficoltà mi ha aiutato a crescere e capire chi voglio essere».

«E qual è la tua canzone preferita?» Mi mordicchio il labbro, pensando alla risposta giusta da dare e consapevole che dovrei spiegare poi perché. Quindi me la tengo per me la verità, mi tengo per me i ricordi di una mattina d'estate, mi tengo stretto e custodisco gelosamente tutto l'amore che ho dato e ho ricevuto, tutto l'amore che ho perso.

«Non so, mi piacciono tutte», dico. «E la tua qual è?» chiedo poi, prendendola in contropiede e fingendo di ascoltarla, mente la mia mente vaga altrove. Perché vorrei essere altrove.

Dopo l'intervista, appena torno in camerino, mi premuro subito di togliermi le scarpe e buttarmi sul divano, prendendo il cellulare e controllando le notifiche. Come sempre sono tantissime, ma le ignoro, andando sulla chat dell'unica persona che vorrei mi scrivesse. La nostra ultima conversazione però risale a più di un mese fa.

Lando: Quindi hai fatto la tua scelta. Buona fortuna Chase.

Chiudo la chat, bloccando il telefono e sospirando. Mi scoppia la testa e l'unica cosa che vorrei fare è tornare a casa, riempire la vasca da bagno e restare ammollo per ore, mentre mi scollo delle vodka alla fragola. Ma non posso. Sarah mi raggiunge, dicendomi che i fan mi stanno aspettando per gli autografi.

Affronto il resto del pomeriggio solo grazie ad una striscia di cocaina, due pastiglie di Lexotan e una birra calda che mi fa venire la nausea.

A fine giornata, quando credo di potermi rilassare un po', e rientro a casa con una bottiglia di vino e del cibo cinese, c'è qualcuno ad aspettarmi davanti alla porta.

«Ehi, rockstar! Sorpresa».

Jamie?

***

Angolo autrice: Buongiorno lettori! Non voglio rubarvi molto tempo. Come prima cosa grazie per il supporto che mi date, sono felice che la storia di Chase e Lando vi piaccia. Devo proprio dirvelo...siamo quasi in dirittura d'arrivo. Mancano due capitoli + l'epilogo. Ho pensato molto, credevo di voler allungare un po', ma credo che in questi ultimi capitoli ci sarà spazio per tutto. Mi dedicherò quindi a questi capitoli, facendoli uscire al più presto, così da chiudere la storia e concentrarmi sul nuovo progetto su Lando, Domino, che per il momento rimarrà in sospeso fino alla fine di Mille graffi.

A presto. Un bacio,

Ale.

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