Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 1. Tra le tue braccia

Such a lonely heart
Oh, whoa (oh, whoa)
If you can't find another reason to stay
Then I know I'm gonna always have a lonely, lonely, lonely
Lonely heart

***

Non sono io che vado a cercarli i guai, sono loro che mi trovano e mi si insinuano sotto pelle. Dovete credermi se vi dico che non mi meritavo di finire nello studio della preside. Se ho fatto quello che ho fatto ovviamente c'è un perché ma lei non vuole starmi a sentire.

«Due settimane di punizione per entrambi e chiamerò i vostri genitori», ci dice. Mentre quello con cui ho fatto a botte si lamenta per le due settimane di punizione, io tremo all'idea che la preside chiami i miei. 'Fanculo, tutta colpa di questo coglione di James Adams! Lo odio, così come odio tutta la squadra di calcio.

«Fantastico Jones, per colpa tua rischio di non giocare la prossima partita! Il coach si incazzerà a morte e mi lascerà in panchina appena verrà a sapere della punizione», mi dice James mentre usciamo insieme dallo studio della preside. Lo guardo scuotendo la testa e nel mentre le mani mi formicolano particolarmente. Gli vorrei dare quel pugno in faccia che gli sarebbe arrivato se solo non ci avessero diviso poco fa.

«Colpa mia?»

«Beh, se solo tu non avessi avuto la brillante idea di fare l'eroe del cazzo della situazione non sarebbe andata a finire così. E poi, cosa te ne frega di quel frocio di Andy Wilson?» Stringo le mani a pugno, respirando profondamente e cercando così di recuperare un po' di controllo.

«Sai James, è per colpa di persone come te che il mondo va di merda!» gli urlo contro e passandogli vicino gli do una spallata. «Io non sono il tipo di persona che guarda dall'altra parte quando vede qualcuno in difficoltà», aggiungo andandomene. Lo sento mentre mi dice qualcosa ma non ho più voglia di ascoltare le sue stronzate. E poi sono in ritardo per la lezione di storia.

Mentre percorro il corridoio deserto e silenzioso, vengo tirato per la manica nello stanzino del bidello. La porta si chiude velocemente e la serratura scatta.

«Ehi», mi saluta Andy tenendo lo sguardo abbassato sulle sue scarpe da tennis.

«Andy, guarda che sono in ritardo per la lezione di storia...quella di odia e non perde mai l'occasione di farmela pagare. Considerando la situazione di merda in cui mi trovo...beh, direi che devo proprio andare».

«Volevo solo ringraziarti», mi fa sapere. «Nessuno ha mai fatto niente del genere per me. Insomma...avresti potuto semplicemente far finta di niente, in fin dei conti che te ne frega?» Le sue parole mi fanno sospirare. Invidio Andy per il coraggio che ha avuto di fare coming out e vorrei farlo anch'io, lo vorrei davvero, ma al tempo stesso mi dico che non sarei in grado di combattere una guerra anche qui a scuola. A casa le cose vanno piuttosto male: mio padre beve troppo e mia madre non si è mai saputa difendere da lui, ecco perché adesso i suoi migliori amici sono gli psicofarmaci.

Non ho mai detto apertamente ai miei di essere gay ma mio padre non perde mai l'occasione di offendermi, chiamandomi con appellativi come checca o frocio. Molto sicuramente avrebbe preferito un figlio che ama il calcio piuttosto uno che suonare la chitarra, uno più virile e con il chiodo fisso per le ragazze. Mi chiedo se le cose sarebbe state diverse in quel caso...se io non fossi stato semplicemente Chase.

«James e i suoi amici sono dei coglioni e odio il fatto che si comportino da prepotenti. Ho fatto solo ciò che mi sembrava giusto».

«Se hai bisogno di qualsiasi cosa ti prego, non esit-»

«Andy, va tutto bene, non importa», lo assicuro. «Adesso però devo andare», aggiungo avvicinandomi alla porta. Prima di uscire gli appoggio una mano sulla spalla, stringendogliela leggermente con le dita. «Stai bene?» chiedo.

«E tu?» chiede a sua volta. Invece di rispondere apro la porta, andandomene.

Comunque no, non sto bene. Da un po' la notte non riesco a dormire e ad ogni piccolo rumore che sento mi si ferma il cuore. Un po' di settimane fa mio padre è rientrato ubriaco marcio, erano quasi le tre del mattino e fregandosene di ciò, ha svegliato me e mia madre. Appena lei gli ha detto di fare piano perché stavo dormente e l'indomani sarei dovuto andare a scuola, lui è impazzito. Ha cominciato ad urlare ed è venuto in camera mia accendendo la luce e buttandomi letteralmente giù dal letto. Il resto ve lo risparmio, perché è il solito film già visto, fatto di pugni e insulti ingiustificati.

Passo il resto della giornata a pensare a cosa succederà quando rientrerò da scuola. Potrei andare da Jamie invece di tornare subito a casa, però so che ritardare il mio rientro non farà altro che infastidire ancora di più mio padre. Meglio affrontarlo subito!

Durate la pausa pranzo, che come sempre decido di passare da solo, ripasso per la verifica di Fisica ma invano perché la verifica va male; i problemi non li so fare o forse non ho voglia di farli, perché la mia mente è invasa da tutt'altro.

Al suono della campanella, dopo aver consegnato in banco ed essermi beccato un'occhiataccia da parte della professoressa, mi dirigo verso l'aula di Letteratura Inglese.

«Buongiorno a tutti ragazzi!» ci saluta la Taylor man mano che entriamo. «Oggi cominciamo a leggere l'Amleto». Oh fantastico! E così mi ritrovo incastrato per un'altra ora, costretto a leggere ad alta voce, perché a quanto pare tocca a me. E chi lo ha deciso?!

Al termine di quest'ultima ora e quindi dell'intera giornata scolastica, cerco di darmela a gambe ma vengo fermato dalla professoressa, che mi chiede di rimanere per potermi parlare. Questo non promette niente di buono! Ma tutte a me oggi?

«Chase, credo che tu sia consapevole della tua attuale situazione scolastica. Hai quattro materie insufficienti,tra cui la mia e non ne capisco nemmeno il motivo! Se vuoi andare in quinta ti devi impegnare. E se hai bisogno di una mano...basta chiedere. Possiamo chiamare i tuoi e-»

«No, no!» dico alzando le mani in avanti. Lei mi guarda stranita, incrociando le braccia al petto. «Non ho bisogno di aiuto e non voglio far preoccupare i miei, quindi la prego di non dire loro niente. La prego!» La donna rimane dubbiosa, lo capisco dal modo in cui mi guarda, però alla fine accetta di accontentarmi, dicendomi però che nella prossima verifica vuole che io prenda almeno un sei.

«Glielo prometto».

«Le promesse vanno mantenute, Chase».

Questo è vero e sono anche abbastanza sicuro di poterla mantenere questa promessa, ma in realtà è solo la prima delle promesse che infrangerò.

***

Non so se mia madre sia già al corrente di ciò che è successo a scuola, però quando mi arriva un messaggio da parte sua in cui mi dice di passare a prendere delle cose al supermercato prima di rincasare, non posso che prendere un sospiro di sollievo. Non sono pronto ad affrontare mio padre, ma credo che non lo sarò nemmeno dopo aver girovagato più del dovuto per il supermercato.

In questo momento mi sembra importante, davvero molto importante, dover leggere le etichette prima di acquistare le cose. In realtà faccio finta e a quanto pare faccio finta davvero bene!

«Io solitamente prendo questo», mi sento dire improvvisamente, vedendomi passare sotto il naso un braccio. Le dita lunghe di qualcuno indicano uno dei due cartoni del latte che sto tenendo in mano. Con la coda dell'occhio, rimanendo però immobile, mi rendo conto di chi si tratta. Ammetto di essermi immaginato molte volte nelle ultime settimane un nostro ipotetico incontro, però la realtà è molto meglio! Averlo così vicino mi fa battere il cuore forte, forse perché il suo profumo è buono da morire, o forse perché è semplicemente Lando.

«Oh...beh grazie», dico rimettendo a posto l'altra confezione.

«Forse dovremo smetterla di incontrarci al supermercato», nota Lando sorridendomi.

«Sì», sussurro abbassando lo sguardo come in cerca di qualcosa, magari le parole giuste da dire. Ma che stupido, mica le troverò sul pavimento sudicio del supermercato.

«Hai bisogno di un passaggio?» mi chiede spingendomi ad alzare la testa. Socchiudo le labbra, rimanendo però in silenzio per alcuni secondi.

«Abito qui dietro, però grazie». Tiro fuori il telefono dalla tasca, dandogli un'occhiata veloce e rendendomi conto che sono quasi le cinque e mezza. «Devo andare», dico indietreggiando di qualche passo. Lando allunga il braccio verso di me giusto in tempo, perché sto per finire addosso ad una signora. Mi stringe la mano attorno al polso e continua a farlo anche quando ormai la signora è andata via, borbottando qualcosa che non capisco perché in questo momento le orecchie mi fischiano e la testa mi gira un po'. Forse mi gira un po' troppo. O magari è tutto il resto attorno a me a girare? Con questa domanda in testa, le palpebre si fanno man mano più pensanti e poi il buio.

***

Una folata di vento mi colpisce in faccia, all'inizio è quasi piacevole ma poi diventa terribilmente insopportabile. Così tanto insopportabile che mi ritrovo costretto ad aprire gli occhi, rendendomi conto che non si tratta di una folata di vento. Sporto sopra di me con un giornale in mano, intento a farmi aria, Lando mi sorride anche se si vede che è preoccupato. Con la coda dell'occhio noto che ci sono altre persone attorno a me: una cassiera, la signora a cui stavo per finire addosso e una giovane coppia di ragazzi.

«Ehi», mi sussurra Lando sollevandomi i capelli dalla fronte e passandomi, forse inavvertitamente, la mano tra i capelli.

«Che succede?» chiedo con un filo di voce.

«Sei svenuto», mi spiega lui mentre io provo a mettermi a sedere. Appena se ne rende conto mi appoggia una mano dietro alla schiena, aiutandomi. La cassiera mi passa subito una bottiglietta d'acqua ed io la ringrazio con un mezzo sorriso. Sono ancora frastornato, eppure mi rendo conto che Lando ha preso a muovere la mano contro la mia schiena in maniera circolare ed è terribilmente piacevole.

«Chase!» urla qualcuno. Girando la testa vedo correre verso di noi Jamie. Fiancheggia Lando, appoggiandosi sulle ginocchia e sporgendosi, così da potermi abbracciare.

«Jay, ma che ci fai qui?»

«Che domande sono?! Hai un trauma cranico? Dobbiamo andare al pronto soccorso!» dice parlando a raffica. Lando lo guarda inarcando un sopracciglio, poi guarda me e si lascia sfuggire un sorriso.

«Jamie, se avessi saputo che avresti dato di matto non ti avrei chiamato!» Oh, quindi è stato Lando a chiamarlo? Ma certo che è stato lui, che domande sono!

«Non sto dando di matto!» afferma ma il suo tono di voce dice tutto il contrario.

«Jay, Jay. Jay!», lo chiamo finché non attiro la sua attenzione. «Sto bene, davvero! Mi aiuti ad alzarmi da questo pavimento prima che mi prenda qualche malattia strana e incurabile?» Sentendo le mie parole sia lui che Lando si mettono a ridere e il secondo è più veloce, infatti mi prende la mano e mi tira su. Mi gira ancora un po' la testa e perdo l'equilibrio per un secondo, finendo così tra le braccia di Lando.

«Me l'hanno detto in tanti che faccio girare la testa, ma nessuno mi è mai caduto tra le braccia», mi sussurra ad un palmo dal viso.

«Pessima battuta Norris. Pessima!» interviene Jamie ed io lo vorrei uccidere in questo momento, perché Lando si stacca da me e un po' imbarazzato infila le mani in tasca.

Usciamo fuori dal supermercato tutti e tre insieme, Lando si è offerto di prendere anche le mie cose, quindi ha fatto la fila e adesso sta portando anche la mia borsa.

«Hai mangiato oggi?» mi chiede Jamie. Rimango in silenzio, meditando sul fatto di aver mangiato solo metà mela, troppo nervoso per riuscire a pranzare. «Ma fai sul serio?!» sbotta, capendo anche senza che io dica niente.

Lando segue il nostro discorso senza dire una parola, rimanendo due passi indietro. Camminiamo insieme arrivando alla sua macchina, che capisco essere sua perché è la più bella e costosa di tutto il parcheggio.

«Vi accompagno fino a casa, anche se è qui vicino», si offre e Jamie accetta per entrambi. Nonostante sia un viaggio di nemmeno due minuti, perché davvero, abitiamo letteralmente dietro al supermercato, mi sembra durare una vita! Jamie continua a rimproverarmi e per quanto io gli voglia bene, credo stia un po' esagerando. Dallo specchietto retrovisore Lando mi lancia qualche occhiata ed io ricambio, perché è l'unica cosa che posso fare. Lo vorrei ringraziare meglio, ma mi limito a questo.

Una volta che scendo dalla sua macchina sono tante le cose che rimangono in sospeso tra di noi, eppure...

«Dopo ti scrivo per sapere come stai», mi dice sporgendosi oltre il finestrino aperto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro