you aren't alone in this world (mcfassy)
Avviso: si tratta di una one shot gay, nessuno dei due è un attore famoso ed è ambientata lontano da dove vivono. Inoltre sarà accentuata la parte tedesca di Michael e il suo nome sarà pronunciato "Mikael" proprio come in Germania. So che James in realtà ha 37 anni ma mi piace cambiargli l'età per farlo più piccolo rispetto a Fassbender.
* * * * *
Ero arrivato in quel posto da meno di un'ora e già mi pentivo di aver lasciato la mia tanto adorata Londra, dove abitavo da quando ne avevo memoria. Certo, in quella città faceva freddo e pioveva sempre ma qui si gelava.
Avevo preso la decisione di trasferirmi in un paesino della Baviera mesi prima, l'Inghilterra era troppo caotica ed io necessitavo di tranquillità per scrivere il mio romanzo. La Germania mi era sembrata la meta più adatta anche se non parlavo molto bene il tedesco, inoltre non sopportavo il freddo e la neve. Mi sentivo come un pesce fuor d'acqua in quel paese di poco più che mille persone dove tutti si conoscevano e dove sarei stato etichettato come "l'inglese" - o peggio, come "lo straniero" - ma dovevo tener duro perché il tempo per scrivere il mio libro stava per terminare ed io non avevo ancora buttavo giù nessuna parola.
Prima di dirigermi nella mia nuova temporanea casa, decisi di andare a bere qualcosa di caldo in un bar per togliermi di dosso il freddo che era riuscito a penetrarmi fino alle ossa.
Non era difficile orientarsi qui, c'erano davvero poche case e la piazza era al centro di tutto. Di sicuro, lì ci sarebbe stato anche un locale.
Arrivai poco dopo davanti ad un bar accogliente che si chiamava "Edelweiss", era di legno con le persiane bianche e davanti alle finestre c'erano dei vasi con dei fiori colorati.
Non appena entrai, mi sentii subito a disagio: sembrava che tutta la popolazione di quel paese si fosse riunita lì ma nessuno sembrava aver fatto caso a me. Meglio così.
Mi diressi verso il bancone e salutai la giovane barista.
«Guten Abend.» Sussurrai con il mio tedesco elementare. Mi vergognai non appena tutti si girarono verso di me, avevano capito dal mio accento inglese che non ero di quel posto.
La ragazza davanti a me sorrise rassicurandomi, era davvero molto bella. Aveva dei lunghi capelli biondi come il grano e degli occhi azzurri talmente chiari che sembravano quasi trasparenti. Ma purtroppo non era il mio genere.
«Ciao! Tu non devi essere di qui. Posso fare qualcosa per te?» Mi domandò cordiale. Aveva una voce dolce e mi sembrava davvero gentile.
«Ehm... Potresti farmi una cioccolata calda, per favore?» Gli chiesi con timidezza.
Annuì e poi iniziò a trafficare dietro al bancone.
Mi guardai in giro spaesato.
C'erano un sacco di signori anziani che bevevano birra e giocavano a carte mentre nella parte più lontana del locale c'era un gruppo numeroso di ragazzi riuniti attorno ad un grande tavolo che stavano festeggiando qualcosa.
Tutto sommato, era un posto accogliente e le luci gialle sul soffitto gli davano un'aria quasi magica.
Fuori, il sole era già tramontato da un pezzo nonostante fossero solo le nove.
La barista bionda tornò da me poco dopo con una tazza fumante tra le mani e me la appoggiò di fronte.
Rimasi a lungo a fissare deluso il liquido che sembrava più latte e Nesquik che una vera e propria cioccolata. Mi avevano avvertito ma ero sicuro che prima o poi mi sarei abituato a quella variante tedesca della mia bevanda preferita. Inoltre, potevo sempre farmi mandare delle confezioni di preparato al cioccolato da mia mamma.
«Mi chiamo Annika. Tu invece, straniero?» Dal suo tono di voce capii che nel soprannome che mi aveva affibbiato non c'era cattiveria ma lo stava facendo solo per scherzare.
Le sorrisi e poi dissi lentamente: «Sono James.»
«E come mai un bel ragazzo come te si è trasferito nel posto più freddo e triste di tutta la Germania?» Incalzò, doveva essere una persona molto curiosa.
Non mi feci problemi a raccontargli del perché fossi lì, infondo mi sembrava simpatica e dovevo farmi qualche amicizia sennò sarei morto di noia.
Era rimasta rapita dal mio lavoro ed ascoltava con attenzione ogni singola parola che le stavo dicendo.
«Wow! E così tu sei uno scrittore? Ma è fantastico! Sappi che sarò la prima a comprare il tuo libro, io adoro leggere.» Esclamò entusiasta, sistemandosi i capelli raccolti in due lunghe tracce dietro alle spalle. «Toglimi una curiosità, sarà scritto in inglese, vero?»
Annuii ma lei continuò: «Nessun problema! È come se fosse la mia seconda lingua.»
Sorrisi, saremmo diventati ottimi amici e non mi avrebbe fatto male parlare con qualcuno che mi capiva davvero.
Continuammo a chiacchierare per un'altra mezz'ora fino a quando non sentii una folata di vento che mi investì il corpo. Qualcuno doveva essere entrato nel bar. Mi girai curioso perché vidi Annika sgranare gli occhi e sussurrare qualche parola poco carina.
Il mio cuore smise di battere per un secondo di fronte a tanta bellezza. Il ragazzo salutò la compagnia di signori che giocavano a carte, tutti lo conoscevano perché gli sorridevano e gli porgevano frasi di circostanza, e poi si diresse al bancone. Si mise lontano da me, non mi aveva sicuramente notato.
«Chi è?» Sussurrai piano ad Annika che gli lanciava occhiate di fuoco.
Si girò di scatto, era rimasta quasi imbambolata a fissarlo, e solo ora si ricordò della mia presenza.
«Lui è Michael Fassbender, qui lo conoscono tutti.» Rispose, c'era qualcosa nella sua voce che mi fece capire che non le andava molto a genio.
«Annika!» La chiamò Michael, con una voce che avrebbe fatto ammutolire chiunque da quanto era virile ma al tempo stesso setosa, e lei si allontanò per vedere cosa volesse.
Mi concessi qualche attimo per fissarlo. Era molto bello. I suoi capelli quasi rossicci gli illuminavano il viso e gli occhi verdi spiccavano in quell'insieme di forme perfette e proporzionate.
Lo sentivo parlare animatamente con la mia nuova amica, che dopo avergli dato una birra tornò da me.
«Quanto lo odio!» Sbuffò rivolta a nessuno in particolare e poi si passò una mano tra i capelli.
«Non voglio intromettermi, ma come mai lo odi?» Le domandai e la osservai svuotare la lavastoviglie piena di tazze e bicchieri.
«Non preoccuparti, infondo fino a due minuti fa ti ho riempito di domande sulla tua vita. Adesso è giusto che anche tu sappia qualcosa su di me.» Rispose ridacchiando. Aspettai che avesse finito di mettere via tutto il carico e poi mi sedetti meglio sullo sgabello di legno, pronto ad ascoltarla.
Avevo sempre avuto questa dote dell'ascoltare le persone. Mi piaceva sentire i discorsi che facevano senza intromettermi o dire niente.
«Vedi, James, è una storia lunga ma cercherò di farla breve.» Si passò ancora una mano tra i capelli, capii che lo faceva quando era nervosa. «Io e Michael stavamo insieme qualche anno fa.» Si fermò di nuovo e lanciò un'occhiata al diretto interessato, stessa cosa che feci io.
Non ci stava guardando, era troppo impegnato a fissare il suo boccale di birra.
Annika era proprio bella e non mi sembrò strano il fatto che avesse avuto una relazione con quel ragazzo.
Ritornò a puntare i suoi occhi cristallini su di me e continuò con la sua storia: «Ci siamo lasciati dopo sei mesi di convivenza... E sai perché?» Domandò retorica ma io scossi comunque la testa borbottando un "no."
«Mi aveva mentito per tutto il tempo che eravamo rimasti insieme.»
Provai ad immaginarmi qualcosa: magari aveva un passato losco alle spalle oppure non le aveva detto che aveva dei figli o cose del genere. Mi stupii quando la sentii dire: «A Michael piacciono da sempre i ragazzi! Stava con me solo perché aveva paura di fare coming out per via delle chiacchiere di paese.»
«Ma come ha fatto a stare per così tanto tempo con una ragazza se è gay? Io non ci riuscirei...» Ero convinto di aver sussurrato l'ultima parte della frase ma la sua espressione mi fece capire il contrario.
«Non lo so, James.» Rispose sincera senza commentare nulla a riguardo alla mia omosessualità. «Me lo sono chiesta parecchie volte anch'io.»
Guardai Michael e con stupore mi accorsi che mi stava scrutando con un sorrisino a dipingergli le labbra sottili ma invitanti.
Spostai l'attenzione su Annika che mi domandò: «So che è una cosa imbarazzante da chiedere, ma secondo te com'è Michael? No! Non rispondere, scusa se sono così invadente.» Borbottò le ultime parole chiaramente imbarazzata tanto che le sue guance si erano tinte di un leggero strato di rosso.
Ridacchiai e le risposi lo stesso, non era invadente ma solo curiosa.
«Secondo me, è davvero un gran bel ragazzo.» Ammisi sincero con un sorriso.
«Chi è davvero un bel ragazzo?» Esclamò una voce alle mie spalle, facendomi sussultare.
Annika magicamente trovò qualcosa da fare e si congedò salutandomi con un "Ciao James, spero di rivederti presto" e lanciando un'occhiata a Michael che intanto si era seduto sullo sgabello vicino al mio.
Mi fissò per qualche secondo e poi tornò a bere la birra che si era portato dietro.
Il suo pomo d'Adamo catturò la mia attenzione e rimasi incantato dal movimento che faceva su e giù mentre deglutiva.
«Allora, come ti chiami?» Mi chiese non appena non fu rimasta neanche una goccia di liquido ambrato nel suo bicchiere.
«James, tu?» Balbettai spostando lo sguardo sulle mie mani.
«Michael.» Rispose anche se aveva capito che sapevo come si chiamasse. «Cosa ci fai in questo posto dimenticato da Dio?»
Non sapevo se dirgli la verità o no. Magari se gli avessi detto che ero uno scrittore mi avrebbe giudicato dicendo che solo le femminucce scrivono romanzi rosa e robe del genere, ma infondo non avevo niente da perdere: ero nuovo di quel posto e una volta tornato a casa, avrei dimenticato tutto di qui.
«Sono uno scrittore venuto qui per trovare tranquillità ed iniziare il mio nuovo libro. Tu cosa fai per vivere?» Lo guardai in attesa di una sua reazione.
Alzò un sopracciglio, senza scomporsi e rispose: «Sono un poliziotto.»
Non sapevo cosa aggiungere, mi limitai ad annuire. La cioccolata era finita da un po' così non potei distrarmi bevendo qualcosa ed inoltre avevo la gola secca come un deserto.
Michael sembrò leggermi nel pensiero ed ordinò ad un barista - che fino ad allora non avevo notato - di portargli due birre.
«Posso offrirti da bere?» Chiese allungandomi un bicchiere.
«Grazie mille.» Bevvi un lungo sorso e poi tornai a concentrarmi su di lui.
«Non sei tedesco, vero? Hai un accento strano.» Fui contento che fosse lui ad iniziare la conversazione perché io non sapevo cosa dire.
«Sono inglese, abitavo a Londra ma in realtà sono nato in Scozia.» Risposi con sincerità, mi vantano della mia parte scozzese.
«Mia mamma è irlandese.» Esordì trovando qualcosa in comune con me. «Ho vissuto per un po' in Irlanda ma preferisco di gran lunga la Germania.»
«Neanche a me piace l'Irlanda, a dir la verità.»
«È troppo verde.»
«Già.»
Questa volta fu lui a bere un sorso in attesa che gli chiedessi qualcosa.
«È bello qui?» Gli domandai e fissai per qualche secondo i suoi occhi che sembravano due smeraldi incastonati nelle sue orbite.
«Sì, il paesaggio è fantastico e la gente ospitale ma d'inverno è tutto un po' noioso, soprattutto se fai un lavoro come il mio: non succede mai niente.»
«Quanti anni hai?» Gli domandai perché fino ad allora non gli avevo chiesto qualcosa di così personale.
Mi guardò confuso per qualche secondo ma poi rispose: «39... Tu, James?»
Sembrava molto più giovane degli anni che aveva in realtà.
«Ehm...» Balbettai preso alla sprovvista. Mi avrebbe giudicato un ragazzino se gli avessi rivelato la mia età?
Mi incitò con uno sguardo e alla fine risposi sussurrando un "Ne ho quasi 27".
Non sembrò stupito, si limitò solo ad annuire: forse il mio viso glabro gli aveva già fatto intuire che fossi più piccolo di lui.
Guardai distrattamente l'orologio che avevo al polso. Mi sorpresi perché erano già le undici di sera. Avevo passato molto tempo in quel bar senza rendermene conto.
Mi alzai dallo sgabello, lanciando un occhiata di scuse a Michael: «Si è fatto tardi, forse è meglio se vado a casa. Sono molto stanco per il viaggio di oggi.»
Lessi della delusione nei suoi occhi ma non ci diedi molta retta, non pensai che volesse passare altro tempo con me. Di sicuro preferiva uomini della sua stessa età, con dei fisici da far paura e non un ragazzetto con i capelli neri tirati su con il gel e gli occhi azzurri e costantemente spaventati.
«Posso accompagnarti, se vuoi...» Disse con un po' di esitazione nella voce.
Annuii e cercai con lo sguardo Annika, non volevo che si facesse strane idee nel vedermi andare via con il suo ex fidanzato. E poi volevo anche salutarla.
Ma di lei non c'era nessuna traccia, supposi che il suo turno al bar fosse finito visto che da quando se n'era andata via avevo visto solo il ragazzo che aveva servito la birra a me e a Michael dietro al bancone.
Feci andare avanti lui ed io lo seguii in silenzio. Salutò un paio di persone, adesso mi era chiaro il fatto che conoscesse tutti: lavorava nella polizia in un paese dove c'erano più mucche che uomini.
Una volta fuori dal piccolo bar di legno, mi chiese dove abitassi ed io gli risposi un po' incerto leggendo lo strano indirizzo che avevo prontamente appuntato su un pezzo di carta prima di partire da Londra.
«Non è lontano da dove vivo io.» Sorrise facendomi perdere un battito del cuore da quanto fosse bello.
Mi ritrovai ad imitarlo, con il risultato però che io dovevo sicuramente sembrare un ebete mentre lui era da mozzare il fiato.
Camminammo fianco a fianco per le vie del paese in silenzio, si sentiva solo il rumore del vento e l'abbaiare dei cani.
Percepivo il calore della sua pelle attraverso gli strati della giacca.
Per più di una volta mi sfiorò la mano con la sua ma fece finta di niente e continuava a camminare. Io, invece, a quei piccoli contatti inaspettati avvampavo e sentivo le guance tingersi di rosso.
«Eccoci qui, James! Esclamò dopo circa una decina di minuti di strada.
Eravamo arrivata davanti ad una villetta di legno su due piani, con le persiane rosse.
Non era enorme come casa ma da fuori sembrava davvero accogliente e per di più aveva anche un piccolo giardino.
«Vorrei poterti invitare dentro a bere qualcosa ma non sono ancora entrato quindi non c'è niente.» Mormorai imbarazzato grattandomi il retro del collo.
«Dove sono le tue valigie?» Mi domandò guardandosi in giro.
«Penso che sia tutto già dentro. Ho spedito degli scatoloni da Londra qualche giorno fa.»
«Beh, allora buonanotte James.» Sussurrò allontanandosi un po' da me.
«Buonanotte Michael.» Rimanemmo qualche secondo a fissarci e poi disse: «Spero di vederti ancora.»
In un attimo di pura follia, mi sporsi verso di lui fino a sfiorare le sue labbra con le mie. Rimase immobile per qualche secondo ma poi si aggrappò alle mie spalle e mi baciò con passione.
Picchiettò con la lingua il mio labbro come a chiedere l'accesso alla mia bocca, cosa che gli concessi volentieri, e subito le nostre lingue si intrecciarono avide. Non resistetti all'impulso di far passare le dita tra i suoi morbidi capelli rossicci.
Gemetti non appena mi morsicò il labbro ed io ricambiai spingendolo contro il legno freddo della porta di casa mia.
«Penso che entrerò lo stesso anche se non hai niente da bere.» Si staccò da me e si mise a ridere.
Annuii, era bellissimo. Aveva i capelli scompigliati e le labbra rosse.
Lo trascinai all'interno facendo scontrare ancora i nostri corpi ma soprattutto le nostre bocche.
Mi baciava disperato come se la sua vita dipendesse dalle mie labbra ed intanto stava già provvedendo a svestirmi.
Mi tolse con voracità il cappotto e poi passò alla felpa nera.
Cercai di togliergli la giacca di pelle ma lui mi tolse le mani e mi prese i polsi facendomeli portare sopra alla testa. Ero in balia dei suoi tocchi, incastrato tra il suo corpo ed il muro.
Mi spogliò anche della maglietta e dei jeans, poi mi chiese di condurlo in camera da letto.
Quella sera feci l'amore come non l'avevo mai fatto in vita mia e mi resi conto di non essere solo al mondo perché mi innamorai di Michael anche se non avevo programmato di farlo.
In quel paesino dimenticato da Dio, trovai l'amore della mia vita.
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Edelweiss (o Edelweiß) significa "Stella Alpina" mentre Guten Abend "buonasera".
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