when he smokes his cigarette (mcfassy)
Avviso: è una one shot gay, un po' smut ed un po' fluff.
* * * * *
"La smetti di fissarmi, ragazzino? Sei irritante." Sbuffò Michael soffiando sul viso di James una nuvola densa e biancastra di fumo.
Poi, come se niente fosse, prese un altro tiro della sua Black Devil.
Il ragazzino dagli occhi blu lo fissò incredulo ma al tempo stesso estasiato dalla vista di Michael che fumava la sua sigaretta dell'intervallo.
James aveva appena compiuto i sedici anni e frequentava il secondo anno di superiori, nella stessa scuola del ragazzo più grande di lui. Ed ogni giorno, durante la pausa delle undici, lo osservava.
Tra i due non c'era un vero e proprio rapporto di amicizia né tantomeno si raccontavano i fatti propri, restavano semplicemente in silenzio per quei dieci minuti dove Michael fumava ed ogni tanto sbuffava mentre James stava in silenzio a contemplare la lunga figura del ragazzo dagli occhi azzurri come lapislazzuli.
Michael era burbero, solitario e non tollerava la presenza di altre persone intorno a lui. Anche se ogni volta diceva al ragazzino di andarsene e di lasciarlo in pace, gli piaceva la presenza di James.
Ogni volta che gli occhi spaesati e limpidi del sedicenne lo guardavano, sentiva il cuore battergli più forte e la mente farsi più leggera. Si era innamorato perdutamente di lui sin dal primo istante in cui l'aveva visto - poco più di un anno prima - e sapeva che neanche lui era del tutto indifferente al ragazzino. Michael era davvero bello, la maggior parte della popolazione femminile della scuola si era presa una cotta per lui ma il suo carattere introverso era stato un buon deterrente per far sì che nessuna gli si avvicinasse. Le ragazze si limitavano a fissarlo da lontano, con la bavetta alla bocca, ritenendolo una meta irraggiungibile.
La campanella di fine intervallo distrasse i due ragazzi dai loro pensieri.
Michael buttò la sigaretta in terra e la calpestò con la suola dei suoi Dr. Martens neri e si affrettò a rientrare nell'edificio scolastico, lasciando James solo nel cortile. Decise di saltare gran parte dell'ultima ora di lezione rimanendo in bagno a fumarsi una canna.
Si chiuse nell'abitacolo in fondo alla stanza, il più lontano dalla porta e dotato di una finestra con le sbarre. La aprì, così l'odore del fumo si sarebbe sentito di meno, abbassò il coperchio del water e si mise seduto sopra di esso.
Rollò la cartina, infilandoci del tabacco e un po' di marijuana. Passò la punta della lingua sulla lunghezza della sigaretta e la chiuse.
Se la mise in bocca e poi, con l'accendino che acciuffò dalla tasca della felpa nera, la accese. Iniziò ad aspirare famelico il fumo, chiuse gli occhi e lasciò andare la testa contro le piastrelle fredde e sbeccate del bagno. Solo in quegli istanti si sentiva davvero libero, non aveva pensieri per la testa e tutto gli sembrava un po' più bello.
*
"James, puoi prestare attenzione a quello che sto dicendo! Continui a distrarti!" La voce della prof fece sobbalzare il ragazzino, che spaventato, si mise a sedere dritto sulla sedia.
Mormorò qualche parola di scusa e tentò di ascoltare la noiosissima lezione di storia. Era sempre distratto in quel periodo, la sua mente galoppava via senza che lui riuscisse a fermare il flusso di pensieri che inevitabilmente correvano a Michael. Senza nemmeno accorgersene, iniziò a scarabocchiare il nome del ragazzo sul quaderno.
Sbarrò gli occhi quando vide quel susseguirsi di lettere sul foglio candido ed arrossì violentemente. Lo fissavano con fare minaccioso, proprio come le pupille di Michael. Con qualche colpo di gomma, cancellò le lettere e poi chiese alla prof il permesso per andare in bagno. La donna annuì, senza smettere di spiegare.
James corse fuori dalla classe. Raggiunse in pochi secondi la porta dei servizi igienici, visto che era quella di fronte alla sua aula, e quasi si scontrò contro qualcuno.
"Ragazzino, sta' attento!" Borbottò una voce a lui famigliare, quella voce.
La stessa che sentiva nel cuore della notte sussurrargli all'orecchio cose talmente sconce da farlo svegliare tutto sudato e tremante. Se ci pensava gli venivano i brividi.
James alzò la testa ed i suoi occhi si incastonarono con degli zaffiri freddi come il ghiaccio.
"M-Michael." Balbettò imbarazzato. Si diede mentalmente dello stupido. Perché si comportava così quando all'intervallo era stato impassibile come al solito? L'unica spiegazione del suo imbarazzo era che non si aspettava di certo di vederlo così, all'improvviso.
"Cosa ci fai qui?" Gli chiese, riuscendo a darsi un po' di contegno e di fermezza nella voce.
"Ho saltato la lezione." Rispose l'altro con una leggera alzata di spalle. Solo in quel momento James si accorse di quanto fossero sgranate le pupille di Michael e di come l'azzurro della sue iridi risultasse terribilmente arrossato. Aveva fumato una delle sue sigarette speciali.
"Ah, okay." Rispose il più piccolo e poi lo scansò per entrare in bagno.
Michael lo seguì.
Per qualche minuto rimasero in silenzio poi il più grande, grattandosi il retro del collo, disse: "Ehm... oggi pomeriggio ti andrebbe di venire a casa mia? Possiamo giocare con la Play."
Si appoggiò al lavandino in attesa di una risposta di James.
"Certo." Passarono circa cinque interminabili secondi prima che le sue labbra si decidessero a muoversi.
Michael gli disse l'orario in cui sarebbe potuto andare da lui e dove abitava, poi, senza salutarlo, uscì dal bagno. Il ragazzino si affrettò a tornare in classe prima che la prof mandasse qualcuno a cercarlo.
Era sicuro che il resto della giornata sarebbe passato troppo lentamente.
*
James prese un lungo e profondo respiro prima di citofonare a casa di Michael.
Pigiò con un dito tremante il pulsante vicino al cognome del ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Aspettò qualche minuto e poi udì il rumore della serratura che veniva aperta.
Micheal fece capolinea da dietro la porta, c'era un lieve sorriso a dipingergli le labbra fini e rosee.
"Ciao, ragazzino. Entra pure." Si scansò dalla porta e lo fece entrare. Il ragazzo indossava una felpa nera da cui spuntava una maglietta bianca e dei jeans neri. Ed i suoi immancabili stivaletti neri. Era bellissimo come al solito. James rimase in piedi nell'ingresso della casa, aspettando che Michael gli dicesse cosa fare o dove andare.
"Vieni di là, in salotto." Gli disse, il suo tono era più dolce rispetto al solito.
I due ragazzi si misero seduti sul divano, Michael trafficò per qualche minuto con i cavi del videogioco, collegandoli poi allo schermo del televisore.
"Tieni!" Lanciò a James un telecomando della Play e, con il suo in mano, si rimise seduto comodamente sul divano.
"I tuoi non ci sono?" Domandò imbarazzato il ragazzino dagli occhi blu mentre osservava vitreo lo schermo al plasma del televisore e la scritta che lampeggiava mettendo in bella vista la scritta FIFA16.
"No, sono via per lavoro."
Iniziarono a giocare, Michael scelse come squadra il Bayern Monaco mentre James il Chelsea.
*
James non si era reso conto di cosa fosse successo ma, dopo due ore di videogioco, Michael spense la console e si mise a fissare il ragazzino.
James si sentiva strano, aveva le farfalle che gli volavano impazzite nello stomaco e non riusciva a reggere lo sguardo glaciale del più grande.
"Ragazzino." Lo chiamò con voce flebile. Si sentì il frusciare di vestiti, segno che Michael si fosse spostato. "Oggi pomeriggio non ti ho invitato qui per giocare con la PlayStation. Volevo parlarti." La sua voce era calma, però James la avvertì come una minaccia.
"D-di cosa?" Si limitò a balbettare, cercando con i suoi occhi quelli di Michael.
"Mi piaci." Andò dritto al punto, lui era così: non gli piaceva spendere mille parole quando con due poteva riassumere l'infinità di emozioni che quel ragazzino dagli occhi blu gli faceva provare.
Amore, felicità, completezza; ma anche rabbia, tormento e - soprattutto - inadeguatezza.
James si sentì morire dentro. Erano esattamente 389 giorni che aspettava di sentirsi dire quelle due parole, da quando l'aveva visto per la prima volta poco più che un anno prima.
"Mi prendi in giro." Riuscì solo a dire. Si alzò come una furia dal divano, era pronto ad uscire da quella casa: l'aria iniziava a farsi davvero pesante e gli mancava il respiro.
Si era così tanto illuso che tra lui e Michael ci potesse essere qualcosa che non riusciva a credere alle proprie orecchie. Doveva essere assolutamente uno scherzo quello, uno stupido scherzo dettato dalla sua mente. Si pizzicò il braccio, sicuro di star sognando tutto ciò.
Ahi! Il dolore era reale.
"James, non sto scherzando." Disse Michael fissandolo negli occhi che gli sembravano così sinceri.
Il cuore del ragazzino si strinse, era la prima volta che lo chiamava con il suo nome.
"Mi piaci davvero." Ripeté con voce ferma. "Capisco se tu non mi vorrai più parlare, d'altronde sono solo un frocio di merda che si vuole approfittare di un ragazzino più piccolo di lui." C'era un sarcasmo velato nella voce di Michael.
James cercò di ricacciare indietro le lacrime, non voleva piangere davanti a lui.
"389 giorni." Sussurrò flebile, dopodiché un singhiozzo uscì dalle sue labbra carnose.
Il ragazzo dai capelli rossicci lo fissò stranito.
James si affrettò a continuare: "Sono passati 389 giorni dalla prima volta che ci siamo incontrati. E da allora, ogni giorno penso a te. Dimmi solo che non mi farai soffrire."
Michael ci mise qualche secondo per metabolizzare le parole del più piccolo.
Poi si avvicinò languido al ragazzino, come un leone si avvicina alla sua preda.
Gli prese il viso latteo e glabro fra le mani e poi appoggiò le labbra a quelle carnose e succose come ciliegie mature di James.
Aveva paura di romperlo, se solo avesse stretto troppo la presa su di lui. Il suo piccolo ed innocente James, che con i suoi occhioni blu e la sua ingenuità gli aveva rubato il cuore di ghiaccio.
Premette le labbra contro le sue e per un attimo - che ad entrambi sembrò infinito - rimasero immobili, come se temessero la reazione dell'altro.
Michael, con l'esperienza dei suoi diciannove anni, approfondì il loro contatto e, timido, iniziò a muovere le labbra su quelle di James.
Erano dolci, morbide e sapevano di caramelle al miele, le preferite del ragazzino.
Il più grande mugugnò, non appena le dita sottili di James si fecero strada tra i suoi capelli corti e fini.
Finirono entrambi sul divano, il ragazzino dagli occhi blu si faceva guidare dal più grande, che sopra di lui, lo baciava voracemente cercando di assaporare quell'istante fino in fondo.
James sussultò non appena l'erezione di Michael si scontrò con la sua, celata dai jeans aderenti che si era messo per l'occasione.
"Ops." Mormorò il diciannovenne.
Il ragazzino arrossì, non pensava di certo di fargli quell'effetto.
"Non voglio farti pressioni e se non sei pronto, posso capire. Ma ti desidero davvero tanto." Gli sussurrò all'orecchio e poi gli mordicchiò il lobo.
"Lo voglio fare anch'io." Era sicuro, nonostante i suoi sedici anni e se quello fosse il suo primo bacio, sentiva che Michael era quello giusto con cui condividere la sua prima volta.
Il ragazzo lo sollevò di peso e lo portò nella sua camera da letto.
James, sicuramente, non si aspettava che fosse così normale... Le pareti erano ricoperte di poster e c'erano vestiti sparsi un po' ovunque, sembrava la camera di un qualsiasi ragazzo di quell'età, non la stanza del gelido Michael.
Lo posò sul letto e poi prese qualcosa dal cassetto del comodino, James riconobbe subito la bustina argentata e la bottiglietta di lubrificante. Li appoggiò sopra al comò e tornò a baciare il ragazzino.
Gli marchiò il collo, voleva far capire a tutti che fosse suo, e poi gli sfilò la maglietta blu come i suoi occhi. Gli baciò il petto ed il ventre marmorei, aveva degli addominali poco accentuati e non c'era peluria a coprire quella pelle bianca come il latte.
Gli slacciò la cintura con cura, riusciva a sentirlo fremere ed ansimare sotto al suo tocco gelido. Gi tolse i pantaloni ed i boxer in un colpo solo.
Lo contemplò completamente nudo sotto di lui, era così bello. Una bellezza pura e lui aveva paura di macchiarlo con i suoi peccati.
Michael si tuffò poi a capofitto sulle labbra di James, che lo chiamavano vogliose di attenzioni.
"Sei davvero sicuro?" Mormorò prudente, staccandosi un attimo da lui per riprendere fiato.
"Sì." Rispose il ragazzino.
Michael si tolse la felpa nera e la gettò in terra, che venne subito raggiunta anche dagli altri indumenti.
Prese la bustina argentata dal comodino e la aprì con i denti. Si infilò il preservativo sul membro turgido, ansioso di poter entrare nel corpo caldo di James.
"Prima ti preparò con le dita." Infilò un dito dentro al più piccolo che subito sussultò. "Tranquillo, rilassati. All'iniziò farà un po' male ma poi vedrai che ti piacerà." Gli disse con dolcezza nella voce.
Gli sembrava così fragile, in quel momento.
Aggiunse presto un altro dito, facendoli andare in sincronia dentro e fuori dalla carne di James.
Era così stretto.
Quando sentì i muscoli del giovane rilassarsi, decise che era pronto.
Gli prese i fianchi e con una spinta leggera fu dentro di lui. Rimasero immobili per qualche istante, Michael voleva far abituare James alla sua presenza.
Poi iniziò a spingere in lui, non troppo veloce né troppo lento.
Le loro fronti si sfioravano.
Il più piccolo aveva gli occhi sbarrati dal piacere e le labbra socchiuse. Michael si chinò e lo baciò dolcemente, per compensare le spinte.
Non passò molto prima che James raggiungesse l'apice, il diciannovenne lo seguì a ruota ed uscì da lui.
Si tolse il preservativo e lo buttò nel cestino vicino al letto.
Prese James tra le braccia e si accoccolarono sotto alle coperte.
"È stato fantastico, piccolo."
Gli sussurrò contro le labbra e lo baciò ancora, non si sarebbe mai stancato di quelle ciliegie succose.
Il ragazzino annuì, aveva gli occhi lucidi ed il respiro corto ma era felice.
Rimasero per più di un'ora sotto alle morbide coperte.
A Michael venne voglia di una sigaretta. Acciuffò il pacchetto che teneva sopra al comodino e, con l'accendino che si trovava lì sopra, ne accese una.
James lo fissò fumare, proprio come faceva ogni intervallo a scuola.
E non c'era cosa più bella che Michael che fumava la sua Black Devil nera.
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