Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 4 (parte seconda)

Erano da poco passate le nove di sera, quando Dominik le si presentò davanti con in mano un sacchetto; al suo interno, vi era un involucro bianco, tutto accartocciato. Un odore lievemente dolciastro la fece inspirare ancora più profondamente dal naso, i suoi occhi si socchiusero.

«Posso?» chiese Dominik, sollevando il sacchetto – che stringeva ancora fra le dita – ad altezza del suo viso.

«Mi devo fidare? L'ultima volta che hai fatto una cosa del genere, sono stata imbrogliata!» rispose Sophia, passando lo sguardo dalla sua figura, della quale non poté fare a meno di notare l'abbigliamento casual, al recipiente di plastica.

«Vengo in pace, parola di Scout» Dominik che, nel frattempo si era accomodato sul bordo del letto, cominciò a tirare fuori il contenuto dalla busta, adesso appoggiata sulle sue ginocchia. «Spero che ti piaccia» aggiunse, stringendosi nelle spalle.

Era timidezza quella che Sophia scorse per un attimo nel suo sguardo? Lo specializzando, in quel momento, si sentiva un pesce fuor d'acqua. Le carinerie non erano mai state il suo forte, ma il Dottor Reyes era stato chiaro; lei doveva essere l'eccezione che avrebbe confermato la regola.

La ragazza, incuriosita, si sporse leggermente in avanti, impaziente di sapere.

Dominik, per un attimo, si lasciò tentare dall'idea di tenerla ancora sulle spine. Dopotutto, vederla supplicare si sarebbe potuto rivelare perfino più divertente del previsto.

Con ancora addosso l'indecisione che, fino a quel momento, lo aveva conteso fra due estremi, le porse il cupcake al cioccolato che, sapientemente, aveva avvolto in un fazzolettino rosa.

Nel frattempo, Sophia rimase in silenzio, lasciandosi distrarre dai movimenti fluidi del suo corpo; la sicurezza che emanavano cozzava con l'impaccio che – poco prima – aveva lasciato trapelare dal suo tono di voce.

«Dov'è il trucco?» chiese la mora, diffidente; sdrammatizzare non era pane per i suoi denti, ma la ragazza – di fronte a quel gesto – non negò di essere stata sul punto di arrossire. Si era sentita in imbarazzo, quasi a disagio.

Nessuno, prima di allora, le aveva mai fatto una sorpresa. Presa in contropiede, non sapeva come reagire. Era un subbuglio di emozioni; felicità, stupore, riconoscenza.

Insomma, più di quanto avesse appreso a tollerare; l'intensità con cui la investirono, la fece vacillare.

«Nessun trucco, questa volta. C'è una pasticceria sotto casa mia; l'ho visto e mi sei venuta in mente» spiegò Dominik, con espressione contrita. Si sentiva terribilmente in colpa; una mezza verità che, per lui, era infida quanto una bugia.

Sophia, senza ulteriori indugi, prese il cupcake e lo addentò, mugolando di piacere. Era una vera delizia; ogni morso le si sciolse in bocca, svanendo come una piccola nuvola al cacao.

«Allora?» le chiese, impaziente di lavarsi la coscienza con il senso di soddisfazione per averle comprato, almeno, qualcosa che fosse stato di suo gradimento.

«Era squisito» ammise la mora, passandosi il fazzoletto sulle labbra. «Grazie» aggiunse, dopo quella che sembrò un'eternità. La verità era che si vergognava come una ladra; nella sua testa, quella parola aveva avuto tutt'altro sapore.

Abbassò lo sguardo in direzione delle sue dita intrecciate, nella speranza di ricomporsi prima che se ne accorgesse.

Dominik, dal canto suo, aveva bisogno di guardarla negli occhi; aveva un debole per come, distorto e migliore, riuscisse a percepirsi attraverso di essi.

Proprio per questo, le appoggiò l'indice al di sotto del mento, così da costringerla a guardarlo. «Non c'è di che»

Con il suo tono di voce sembrò quasi volerla rimproverare per essersi nascosta.

Sophia lo osservò piegarsi leggermente in avanti. Le finì ad un passo dalle labbra; così vicino che, per un attimo, si chiese se fosse stata lei ad aver trattenuto il respiro o se, invece, fosse stato lui.

La ragazza si irrigidì; con il polpastrello del pollice, Dominik si apprestò a sfregarle un angolo della bocca, un gesto casuale che la fece sussultare. «Eri sporca» sussurrò, senza distogliere lo sguardo.

Sophia era ormai certa di essere diventata paonazza; distratta dall'idea di avere le sue mani addosso, annuì. Uno strano formicolio le fece contorcere le viscere, le dita delle sue mani strinsero il lenzuolo.

Desiderio; desiderio di farsi toccare ancora e di poterlo toccare, desiderio di accorciare le distanze.

La mora si schiarì la voce; aveva bisogno di un diversivo per non rischiare di cadere in tentazione. «A proposito» disse, ruotando il viso per potersi sottrarre al tocco delle sue dita, tocco dal quale era rimasta ammaliata.

Fece un respiro profondo – nel vano tentativo di darsi un tono – prima di proseguire. «Ci tenevo a porgerti le mie scuse»

Dominik, confuso, la guardava in silenzio, cercando di capire a che cosa si stesse riferendo. Con la mente, tornò indietro nel tempo, rivivendo quegli attimi condivisi che, per quanto effimeri, erano stati intensi.

«L'altra notte, quando te ne sei andato, ho capito di aver esagerato. Non era mia intenzione trattarti in quel modo» proseguì, passandosi una mano fra i capelli. «Ero scossa, arrabbiata; avevo solo bisogno di prendermela con qualcuno. Eri la persona giusta capitata al momento sbagliato»

«Sophia» Dominik la interruppe, il tono di voce intransigente. «Ci passiamo tutti, prima o poi; sarei ipocrita se ti dicessi che, con i nervi a fior di pelle, io vada d'amore e d'accordo con chiunque decida di rivolgermi la parola»

Ricordava anche fin troppo bene le innumerevoli discussioni che, all'epoca, lo avevano visto protagonista insieme a sua sorella, Anais.

I loro genitori erano morti da poco più di un anno e Dominik – vedendo nella perdizione l'unica soluzione – si era messo in testa di voler stordire, se non annientare, qualsiasi emozione decidesse di presentarsi, una volta sveglio.

Anais, dal canto suo, non sopportava l'idea di perdere anche lui; incaponita, aveva cercato in tutti i modi di dissuaderlo dal commettere altre sciocchezze. Temeva che quella vita sregolata, presto o tardi, se lo sarebbe portato via.

***

Entrambi persero la cognizione del tempo; tra una chiacchiera e l'altra, Sophia e Dominik danzarono per ore, mano nella mano.

Lo specializzando, con sua grande sorpresa, si era ritrovato a parlarle a cuore aperto; l'aveva condotta sul viale dei ricordi, mostrandole parte del bagaglio che la vita lo aveva costretto a riempire.

Le parlò anche dei suoi genitori, riaprendo così una ferita che – nonostante avesse speso mesi a convincersi del contrario – non si era mai rimarginata del tutto.

Avevano parlato anche della nuova ragazza che, seppure con qualche giorno di ritardo, sarebbe diventata – o forse no – la compagna perfetta di avventure, se non di sventure, di Sophia.

All'improvviso, il suono delle campane sancì lo scoccare della mezzanotte, lasciando entrambi a bocca aperta; com'era possibile che fosse già così tardi? Si guardarono, attoniti. «È meglio che vada» disse Dominik.

«Cerca di non sentire troppo la mia mancanza» bofonchiò Sophia, mentre si lasciava scivolare sotto le coperte. «E tu cerca di non sognarmi» 

La mora si rannicchiò su sé stessa, scossa da un brivido di freddo. «Com'è che ti chiami più?» disse, assumendo un'espressione interrogativa. Nel frattempo, non appena appoggiò la testa sul cuscino, la stanchezza non tardò ad arrivare.

«Paganini non ripete» Dominik, nel tentativo di trattenersi dal sorridere, si avvicinò, premendole le labbra sulla fronte. «Buonanotte, Sophia»

La ragazza, dal canto suo, non ebbe neanche il tempo di contraccambiare; davanti ai suoi occhi si aprì uno scenario inaspettato, sicuramente diverso da quello che, per lei, rappresentava un punto di partenza. 

Si ritrovò circondata da un immenso campo di grano; alla sua destra c'era una scuderia, alla sua sinistra un abbeveratoio. Sophia sentì nitrire, accorgendosi solo in quel momento di star tirando le redini di un cavallo bianco; il suo nome era Nuvola.

Le accarezzò delicatamente la criniera, mentre sorrideva spensierata. Aveva otto anni; Nuvola le era stata regalata per il suo compleanno. Era al settimo cielo, così felice che – per un istante – aveva temuto che il suo cuore fosse sul punto di scoppiare.

Dall'altra parte del recinto, Sophia intravide la figura di un uomo, quella di suo padre, che la stava salutando da lontano.

La mora cominciò a urlare più volte il suo nome, incitandolo a raggiungerla; non vedeva l'ora di mostrargli tutti i progressi che aveva fatto.

Stephen si avvicinò con passo deciso, scoppiando a ridere – di tanto in tanto – a causa delle smorfie che sua figlia gli stava rivolgendo.

Sophia amava il loro rapporto, fatto di piccole cose; semplicità era la parola d'ordine, un credo sotto il quale era stata educata fin da piccola.

«Come sta la mia cavallerizza preferita?» le chiese, appoggiando un avambraccio sulla recinzione. «Hai visto papà? Sono più alta di te» ed era vero. Nuvola la faceva sentire come se fosse un gigante; da lassù, il mondo cambiava prospettiva.

«Mannaggia. Adesso, come farò a darti un bacio?»

«Così» aumentando la stretta delle mani intorno alle redini, si chinò leggermente in avanti, facendo in modo che la sua fronte combaciasse con le sue labbra. Lui, senza farselo ripetere due volte, vi depositò un bacio umido; dopodiché, la lasciò andare.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro