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3.0 Domani.

Spazio autrice:
Quel momento in cui tu hai scritto già metà capitolo senza averlo riletto (e quindi non ricordandolo perfettamente), e Wattpad ti dice "la parte della storia é stata cancellata sul server".
Quel momento in cui tu resti per dieci secondi buoni a fissare lo schermo dicendoti che no, non é possibile. Non é possibile che tutte quelle parole, tutte quelle frasi su cui hai meditato per renderle consone, tutti quei pensieri che avevi faticato mentalmente per far dire ai protagonisti, siano andati buttati. Non é possibile.
Quel momento in cui, dopo lo shock iniziale, ti rendi conto che in effetti é proprio così, che devi ricominciare da capo.
Quel momento in cui vorresti avere una bacchetta per schiantare Wattpad oppure una giratempo per impedire che tutto ciò accadesse.
Quel momento in cui capisci che devi riniziare, e allora metti insieme le idee, per vedere se effettivamente ricordi qualcosa di quello che avevi scritto, e ammetti a te stessa che nella parte dedicata alla memoria del tuo cervello, si é formato un buco nero... Quel momento in cui "fanculo la galera, io oggi uccido qualcuno". Quel momento in cui vorresti piangere, urlare o mandare tutto a farsi benedire.

Ecco, quel momento mi é appena successo, e non é stato piacevole. So che non sono la prima a cui capita, so che a volte può succedere, ma in questo momento sono incazzata nera. Allo stesso tempo, però, ho voglia di piangere. So che a voi non frega niente, e che probabilmente salterete il mio spazio autrice, ma volevo solo avvisarvi che questo capitolo non sarà il massimo, perché era molto meglio la versione che adesso si trova nei meandri più bui ed oscuri del server del nostro amatissimo Wattpad. Dio!!!
Vabbé, buona lettura. Scommetto che se la mia storia fosse cartacea vedreste le pagine di questo capitolo rovinate dall'acqua e no, dentro casa mia non sta piovendo.

***

Domani. Torna domani.
Come gli era venuto in mente? Certo, doveva levaresela dai piedi, ma ora sarebbe stato peggio.
La Mezzosangue di sicuro non avrebbe demorso, anche se lui non si fosse presentato. Sarebbe stata capace di cercarlo per tutta la Foresta Proibita, oppure di tornare tutti i santi giorni in quella dannata radura. E lui sapeva che avrebbe voluto ritornarci, più prima che poi.
Durante quelle ore, gli era balenata in mente un'idea folle, malsana, stupida e da vigliacco. Non avrebbe avuto il coraggio di metterla in pratica, e non sapeva nemmeno perché desiderasse così ardentemente farlo.
Domani. Una promessa. Lui manteneva la parola data... O almeno si era imposto di farlo. E poi... Non era solo quello. Aveva un debito con la Granger. Un debito enorme.

Quasi gli salì la bile in gola, quando ripensò all'episodio avvenuto quasi un anno prima. Se chiudeva gli occhi, riusciva quasi a sentire ancora il bruciore del fuoco sulla pelle, l'odore di bruciato e di magia oscura... la mancanza di ossigeno. Riusciva quasi a riprovare la paura che aveva avuto quel giorno, nella Stanza delle Necessità.
Goyle era stato un emerito imbecille, ad appiccare un fuoco che non poteva controllare. Li aveva messi tutti in pericolo. Ricordò il terrore e la morsa al petto, quando Tiger era precipitato giù, tra le fiamme, che ardevano feroci e l'avevano inghiottito.
Non gli era mai stato chissà quanto simpatico, non lo aveva mai reputato nemmeno intelligente, ma ad onore di Vincent Tiger si poteva dire che lo aveva seguito ovunque, senza nemmeno fargli domande... Addirittura, al sesto anno, aveva accettato sulla fiducia, insieme a Goyle, di essere tramutato in una ragazzina, per fare la guardia quando gli serviva, davanti alla stessa Stanza dove poi era morto. Era stato un amico fedele, e Draco rimpiangeva il suo destino... Ma erano morte tante persone, nella guerra. Tiger era solo uno dei tanti, l'importante era che lui fosse vivo e vegeto, questo gli aveva detto il padre. Ecco, forse sul "vegeto" non ci avrebbe scommesso, ma faceva lo stesso.

Quel giorno, la Mezzosangue gli aveva salvato la vita. Certo, insieme a Potter e Weasley, ma comunque non lo aveva lasciato morire... Quel debito era enorme, e ancora se ne stupiva.
Perché Merlino non lo avevano lasciato lì? Lui l'avrebbe fatto, senza esitazione.
Ripensò alla Granger. Il suo carattereraccio, la sua sfrontataggine, il suo dannato orgoglio. Pensò a tutto di lei, dalla gentilezza che era capace di mostrare alla sua saccenza, dalla sua divisa rossa e oro ai suoi capelli disordinati. Dal suo odioso coraggio grifondoro alla sua perenne ed incrollabile lealtà.
Lui l'avrebbe fatto, senza esitazione, prima. Ora, qualcosa era cambiato, e non poteva più negarlo.

«Engorgio» disse, e la fiamma della candela crebbe a dismisura, bruciando lo stoppino. Della cera sciolta scivolò verso il tavolo di legno.

Era almeno un'ora che perdeva tempo ad ingrandire e rimpicciolire oggetti a caso, cercando di occupare il tempo. Era seduto su una sedia, davanti al tavolo, con una candela accesa che si stava consumando in fretta. Passò la mano sulla fiamma, ritirandola subito, avvertendo troppo calore.

«Reducio» disse, e la fiamma ritornò di dimensioni normali.

Gli tornò in mente due notti prima. Ora capiva perché era rimasto così sconvolto nel vedere la Mezzosangue in quella radura. Quella notte, per la prima volta, aveva visto quanto in realtà fossero simili. Nella Granger aveva riconosciuto la stessa crepa che c'era in lui. Un qualcosa di distrutto, di perso. Gli aveva ricordato uno dei periodi più brutti della sua vita, aveva visto la stessa fragilità, la stessa disperazione che aveva provato lui, quasi due anni prima. Aveva visto quanto entrambi fossero rotti.
Quella era una crepa delle peggiori. Si creava alla base della tua anima, là dove la persona nasce così come é, pura. Era una spaccatura nell'angolo più profondo della tua mente, ti cambiava ed era quasi impossibile da riparare.
Ma no. Sicuramente si era immaginato tutto. Sicuramente stava solo cercando di vedere fragilità anche dove non c'era, per potersi permettere di accettare la propria, di debolezza. Merlino. Da quando si faceva tutti quei ragionamenti solo per decidere cosa doveva pensare? Quasi rise, ma poi gli venne in mente che una volta c'era stata...
Respinse il pensiero. Quella era stata solo innocente, fanciullesca ingenuità.

Aveva preso una decisione, quel giorno. Forse una decisione molto stupida, e sicuramente molto non alla lui. Il fatto era che, anche se inconsciamente, sapeva di aver bisogno di parlare con qualcuno... Solo che era pericoloso. Ma, d'altronde, non é che avesse molto da perdere e poi... Aveva imparato come fare degli incantesimi di memoria, giusto nel caso servisse.

-

Guardò ancora il letto di Camille, prima di infilarsi il mantello. Lo aveva preso ad Harry, lui non lo usava da tempo, ormai. Si guardò sparire nello specchio, e fece un respiro: ancora le faceva soggezione mettere il mantello dell'invisibilità.
Doveva ammetterlo, era nervosa. Quella notte, o avrebbe ottenuto delle risposte, oppure sarebbe stato un fiasco totale... E tutti sapevano che lei odiava i fallimenti.
La sua mente, in quel momento, era divisa in tre parti.
La prima, quella più grande, le diceva che era un fallimento già in partenza... Davvero credeva si sarebbe presentato?
La seconda, anch'essa notevolmente estesa, voleva che Malfoy si presentasse perché non poteva mai e poi mai ammettere di essere stata tanto stupida da fidarsi di una serpe così ciecamente. Quella parte era abbastanza orgogliosa.
La terza ed ultima parte, quella più piccola, sperava davvero che lui si presentasse. Perché in cuor suo voleva non essersi sbagliata, ma non per lei... Per Malfoy. Perché voleva credere a ciò che pensava di aver letto nei suoi occhi.

Oltrepassò la sala comune, il quadro della Signora Grassa e l'ingresso principale del castello. I quadri dormivano, e gli unici ad essere svegli borbottavano frasi sconnesse tra di loro.
Quando arrivò alla casa di Hagrid, la trovò del tutto spenta, e quasi si preoccupò... Ma poi udì il mezzogigante russare, e si tranquillizzò.
Avanzava silenziosa, nella notte avrebbe potuto anche non esserci. Quando arrivò nella radura, trattenne il respiro, intravedendo solo una figura nera, di spalle. Quando poi si accorse che era proprio Malfoy, per poco non le cadde la mascella. Era lì. Aveva mantenuto la promessa.
Una gioia inattesa si fece spazio in lei. Non sapeva perché ma era felice. Finalmente avrebbe ottenuto delle risposte. Frenò il suo entusiasmo: era meglio non cantare vittoria troppo presto... Non aveva ancora nulla in mano. Si avvicinò lentamente al ragazzo. Ora era seduto sui talloni, e guardava un punto non definito a terra, la bacchetta in mano.

Hermione non aveva calcolato una cosa: la neve c'era ancora a terra e, anche se era invisibile, le sue impronte non si risparviavano... Vide Malfoy sgranare gli occhi, guardando il punto dove c'erano i suoi piedi. Poi, li socchiuse, con sospetto... Il suo sguardo salì lungo il corpo di Hermione, e lei si sentì come scorrere dell'acqua ghiacciata lungo la schiena, quando i loro occhi si incrociarono. Com'era possibile? Lei era invisibile, in quel momento.
In quello che parve meno di un secondo, il ragazzo fu in piedi, la bacchetta puntata contro di lei.

«Granger?» chiese.

Lei si tolse il mantello, rivelando la sua figura coperta dalla divisa di Hogwarts. La sua bacchetta era sguainata, ma solo per un'eventuale difesa.

«Sei venuto.» disse lei, in risposta. Nella sua voce si poteva leggere lo stupore, nonostante la durezza.

«Che cosa credevi? Che ti avrei permesso di sbandierare tutto al vento?» disse lui «Ti ho addirittura aspettato.»

«Bene.» sputò Hermione, con gli occhi socchiusi in segno di sfida.

«Bene.» ripeté Malfoy, con la sua stessa postura.

Passò qualche secondo.

«Be'? Te lo devo chiedere di nuovo?» sbottò la riccia.

«Che cosa?» chiese ingenuamente lui, anche se, Hermione ne era sicura, sapeva a cosa si riferisse.

«Cosa ci fai qui! Perché sei tornato?»

«Ah... É vero. Ti ho detto che ti avrei risposto?»

«Malfoy...»

«Mezzosangue...»

«Per favore! Per Godric, mi sono fidata di te!» a quelle parole, il serpeverde sgranò gli occhi.

«No, Mezzosangue. Tu ti sei fidata della tua curiosità, della tua sete di risposte, ma non di me.» disse, e per Hermione fu come una secchiata di acqua gelida.

«Be', sono qui e non dalla McGranitt, non ho detto nulla a nessuno, nemmeno ad Harry e Ron... Perché credi sia così?» ribatté lei.

Malfoy smise di puntare la sua bacchetta contro di lei, e si passò le dita tra i capelli. Si girò, le mani in testa, la schiena tesa.

«Merlino, Mezzosangue, già mi stai facendo pentire di essere qui... Ma come diamine fai?»

Hermione si allontanò, sedendosi a terra, appoggiando la schiena contro un'albero.

Sospirò «Il problema non sono io, Malferret, ma tu.» disse.

Lui si girò in fretta, e la squadrò.

«Se ti faccio una domanda, rispondimi sinceramente.» disse poi.

Hermione non capiva quella richiesta, ma annuì semplicemente. "Io sono sempre onesta" avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
Malfoy si avvicinò, e si sedette anche lui a terra, ad un paio di metri da lei. Hermione girò la testa verso sinistra, ed incontrò i suoi occhi. Alla fievole luce della luna, le sue iridi sembravano di un azzurro-grigio quasi trasparente. Quello era il colore del cielo, appena aveva piovuto.
In quel momento, si guardarono per la prima volta. Hermione osservò la sua postura, il modo in cui sembrava mordersi l'interno del labbro. Guardò le sue sopracciglia lievemente aggrottate, il modo in cui lui stesso là guardava a sua volta. Cercava il suo sguardo, e quando lo trovava era insistente, sembrava cercare di scoprire qualcosa. Quella notte Hermione non vide più il ragazzino purosangue e serpeverde che non perdeva occasione per insultarla. Non vide più il ragazzo sprezzante che aveva imparato ad ignorare. Non sapeva chi vedeva, e questo la spaventò non poco.

«Perché non hai detto a nessuno di avermi visto?» chiese lui infine.

Hermione deglutì. Già, perché l'aveva fatto?
«Io... Te l'ho già detto...» annaspò con le parole.
«Non sapevo se farlo, e volevo darti il beneficio del dubbio... Volevo che almeno provassi a spiegarti. Ma questa parte si é rivelata più difficile del previsto.» rispose, inarcando leggermente un sopracciglio.

Malfoy annuì, più volte e lentamente, distogliendo lo sguardo. Restò qualche secondo a fissare la neve, poi rigirò di scatto la testa verso la ragazza, che non aveva smesso di guardarlo in attesa.

«Mezzosangue... Ti racconto una storia. Ti va?» se ne uscì improvvisamente.

«Ma... Tu dovevi...» cominciò Hermione. Tu dovevi darmi delle risposte. Non capiva.

«Per Salazar, fammici arrivare, Granger.» esclamò lui, interrompendola.

La ragazza socchiuse gli occhi. Odiava chi la interrompeva mentre stava parlando. Incrociò le braccia e si appoggiò meglio al tronco, guardandolo come a dire "Be', allora sentiamo".

«Prometti che prima di andare a spifferare tutto, mi ascolterai. Fino alla fine.»

«Okay.» disse solo, ed aspettò che lui cominciasse.

-

Draco prese un bel respiro. E ora da dove cominciava? Cercò di riordinare i pensieri, di fare il punto della situazione. Se era lì, quella notte, c'era un motivo preciso. Era lì per mettere in pratica quell'idea stupida che gli era venuta... Ultimamente, si rese conto, era molto più impulsivo del solito.

«Okay... Okay.» borbottò. Si passò una mano tra i capelli e si appoggiò alla roccia con la schiena, le braccia distese sulle ginocchia piegate.

«Questa storia inizia il 2 maggio del 1998.» cominciò, e vide, con la coda dell'occhio, la Granger sgranare gli occhi e trattenere il fiato. Aveva capito... D'altronde, nessun mago avrebbe scordato la data della Battaglia di Hogwarts, lei in particolare.
«Quando i Mangiamorte videro che il famoso Harry Potter era ancora vivo, fuggirono in massa. Io, mio padre, e mia madre, eravamo tra questi. Decidemmo di voltare le spalle a tutto ciò che ci aveva portato solo guai e sofferenza, decidemmo di scappare. Sapevamo, o meglio i miei genitori sapevano, che se Potter era ancora vivo, dopo che loro stessi l'avevano visto decedere, tutto era possibile... Il Signore Oscuro avrebbe perso, e allora non ci sarebbe stato nulla che avesse impedito al Ministero di sbatterci ad Azkaban... E mio padre sapeva quanto fosse terribile quel luogo. Per prima cosa, andammo a Malfoy Manor, prendemmo tutto ciò che riuscimmo e che ci potesse servire per darci alla fuga. Tutto ciò che abbiamo lasciato, ora, é nelle mani del Ministero, ne sono sicuro. Quanto prima possibile, scappammo via. Avevamo una destinazione ben precisa.
Mio padre quasi non parlava, era mia madre a prendere la maggior parte delle decisioni. Quando siamo scappati, lei non mi aveva dato nemmeno il tempo di chiederle dove eravamo diretti, sapeva cosa fare.
I primi giorni sono stati i più duri... Quel giorno stesso, ci smaterializzammo in un paesino a sud della Scozia. Era prevalentemente babbano, fummo costretti a chiedere aiuto persino a loro...» si fermò, e guardò la Mezzosangue. Lei lo osservava con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati. Aveva lasciato ricadere le braccia lungo i fianchi, abbandonando quella posizione fiera ed altezzosa, le sue guance erano colorite e gli occhi lucidi. Doveva avere freddo...

«Che cosa c'é?!» chiese brusco. Quell'espressione lo metteva a disagio. Lei si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo.

«Nulla, é che... Io...» lo guardò negli occhi, e Draco si sentì come scendere oro fuso giù per la schiena. «Davvero mi stai raccontando queste cose?»

Draco si irrigidì.
«Non ti montare la testa, Mezzosangue.» il suo tono duro «Sei tu che me lo hai chiesto.»

Lei abbassò di nuovo gli occhi, e a lui ricordò quando, all'inizio, la chiamava Sanguesporco e lei invece di ribattere, abbassava la testa. Era successo solo poche volte, e questa stranamente non gli diede la stessa soddisfazione che gli dava in passato.

«Posso continuare? Già ci vorrà più di una notte, ma in questo modo non finirò più.»

La Granger annuì, poi, socchiuse gli occhi, concentrandosi sulla prima parte delle sue parole.

«"Più di una notte"? Che intendi dire, Malfoy?» chiese con sospetto.

«Be', Granger, questa storia é interessante certo, ma soprattutto lunga. Sarai costretta a concedermi altro del tuo tempo, se vuoi davvero delle risposte.»

«Non hai una versione breve del racconto?» chiese, incontentabile. Davvero non sapeva il perché delle sue proteste.

«Continui a pretendere? No. Se vuoi sapere perché sono tornato, lo farai a modo mio, e non parlerai a nessuno di questa storia, se non prima di aver ascoltato tutto ciò che ho da dirti. Chiaro?»

La Granger si morse un labbro... Poteva sentire il suo cervello valutare i pro e i contro della sua "proposta".

«Cristallino.» sbuffò alla fine.

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