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2.2 Fuoco e ghiaccio pt. 2

Una serata pessima. Una serata di lacrime. I grifondoro avevano appena vinto una partita, e Ronald si era affermato come portiere: era stato bravissimo.
Una serata di gelosia, di solitudine ma anche di amicizia... Un anno terribile.

«Avis» Hermione pronunciò l'incantesimo, e dalla sua bacchetta uscirono una decina di uccellini gialli. Erano piccoli, cinguettavano e le volavano intorno.

Lei, però, non distolse lo sguardo da Malfoy, che era ancora a terra.
Il giovane si tolse le braccia dal viso, e guardò meravigliato e spaventato prima gli uccelli, poi lei. Si stava sicuramente chiedendo il perché di ciò che vedeva. Come mai non l'aveva attaccato? Nemmeno lei aveva una risposta.
La grifondoro si allontanò leggermente da lui.

«Perché non l'hai fatto? Infondo sono anni che lo aspetti, ammettilo» sputò il ragazzo verso la strega.

«Non sono come te» rispose semplicemente lei.
«Te lo chiedo di nuovo» disse poi, la bacchetta ancora puntata verso di lui.
«Perché sei tornato?»

«Non vedo perché dovrei dare spiegazioni a te» disse, con voce leggermente incerta.

«Ancora? Davvero non mi vuoi rispondere?»

«Credi che qualche uccellino mi farà spaventare?»

Hermione fece un sorriso finto. Nel frattempo, i suddetti volatili le svolazzavano intorno, cinguettando e tenendosi alla larga da Malfoy.

«Non mi sottovalutare, Malferret.»

Draco la guardò con sguardo duro.
«Non ho paura di te.»

«Non é la tua paura che cerco. I tuoi ti hanno lasciato?»

Malfoy rise.
«Cosa te ne importa?» il tono sprezzante, ma curioso.

Hermione sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
Strinse di più la presa sulla bacchetta.
«Oppugno

Un paio degli uccellini si staccarono dal gruppo con un verso acuto e, veloci come boccini d'oro, si scagliarono contro il ragazzo. Lui trasalì, ed ebbe il tempo di vedere solo un ammasso di piume gialle, prima che esso si scagliasse al suolo, ad un paio di centimetri dal suo volto, vicino alla spalla sinistra. Degli uccelli rimase solo qualche piuma, che scomparve per magia.

«Ma sei totalmente pazza, Mezzosangue?!» urlò dopo lui.

«Dove é la tua famiglia?» Hermione scandì bene le parole, ricevendo solo un'occhiata truce e un silenzio prolungato.
«Ascolta Malfoy, devo sapere perché sei qui. So che probabilmente sei troppo stupido per capirlo, ma non posso fare semplicemente come se non ti avessi mai visto, due notti fa. Devo decidere se dirlo a qualcuno o meno, anche se tu mi stai rendendo la scelta molto facile, ti avverto.»

«Non l'hai detto a nessuno?» chiese lui, incredulo. Come risposta ricevette solo uno sbuffo affermativo.
«Perché?»

Hermione rimase interdetta. Già... Perché? Non voleva far preoccupare i suoi amici, ecco perché... Vero?
Non voleva pensarci ora, quindi non rispose.

«Sai, non mi sembra corretto...»

«Tu, che parli di correttezza?» inarcò un sopracciglio la grifondoro, ricevendo per risposta un'occhiataccia.

«Non mi sembra corretto, dicevo... Tu che pretendi risposte ma non ne dai a me.»
Hermione lo guardò con aria di sfida.

«Non sapevo a chi dirlo, ecco.» disse poi.

«Come? Potter non era un perfetto candidato? Oppure il tuo fidanzatino... Weasley.» ghignò.
Hermione restò a guardarlo e basta, senza rispondere alle sue provocazioni, anche se la lingua le pizzicava. Ron non é il mio "fidanzatino", avrebbe voluto dire, ma rimase zitta, d'altronde era così, ma detto da lui e in quel modo la faceva sembrare una cosa imbarazzante. Si fissarono ancora, ed ogni volta era uguale e diverso. La ragazza ebbe ancora quella sensazione, come se le scendesse dell'acqua ghiacciata giù per la schiena.

«Non vedo i miei genitori da mesi.» sussurrò infine lui. Gli occhi che non lasciavano quelli di lei, in cui si poteva leggere la tristezza quanto la sfida.

«Com'é possibile?»

«Che diamine di domanda é?»

«Una semplice.» rispose lei. La sua curiosità di grifondoro era a mille, superava addirittura l'astio, mentre Malfoy restava ancora in silenzio.

-

Draco la guardò a lungo. Riusciva a vederla smaniare per delle risposte. Poteva sentire il suo cervelletto da so-tutto-io lavorare per trovare delle spiegazioni logiche, ma la verità era che di logico, nella sua storia, non c'era nulla.
Era vero, sapeva essere convincente. Quello stupido orgoglio e quel coraggio... Lei ne era un concentrato.
All'improvviso, gli venne un'idea. Un'idea folle, irrazionale e assolutamente priva di utilità. Avrebbe dovuto togliersela di torno, in qualche modo... No?

«Domani.»

«Come?» chiese lei, confusa.

«Torna domani.» spiegò allora lui.

«No, Malfoy. Non sono stupida.» replicò la Mezzosangue. Ma riusciva a vedere l'incertezza nel linguaggio del suo corpo.

«Torna domani.» ripeté, più forte. Si alzò, prese la bacchetta da terra e la guardò, facendo una piccola smorfia quando il dolore alla schiena si rifece vivo, da in piedi.

«Perché?» chiese lei, tenendo bene d'occhio i suoi movimenti. Draco vide i suoi occhi posarsi sulla mano sua, dove c'era la bacchetta, e le sue dita stringere meglio la sua. Dopo che l'ebbe scrutato ancora qualche millesimo di secondo, come a controllare che non facesse movimenti bruschi, la Mezzosangue riportò gli occhi nei suoi, ed il fuoco tornò.

«Perché é una storia lunga da raccontare, e faresti meglio ad andare a dormire ora come ora.» rispose.

«Tu?»

«Io?» Draco non capiva cosa intendesse.

«Dove dormi?» esplicitò.

«Preoccupata?» sorrise il serpeverde.

Hermione sbarrò gli occhi e rispose in fretta.
«Assolutamente no!»

«Come pensavo...» ghignò.

«Be', Mezzosangue... A domani.» si girò.

«Aspetta!» disse la Granger. Draco si girò.

«Cosa?»

«Vieni. Altrimenti dovrò dire ciò che so, e a determinate persone non serviranno a molto le risposte che cerco io.» Draco pressò le labbra. Davvero voleva essere minacciosa?

«Ma certo. Ti do la mia parola.»

«Ah, ecco, allora sono a posto.» la sua voce grondava sarcasmo, e al serpeverde non piacque.

«Mantengo le promesse, Mezzosangue.» disse lui. Il tono era notevolmente più duro. Cosa voleva insinuare?

Detto questo, fece un paio di passi per andarsene, quando venne richiamato ancora dalla Granger.

«Aspetta!» ripeté.

«Per Salazar, che cosa?» voltò la testa, di nuovo verso di lei. Che cosa voleva ancora?

«Non mi hai detto quando.»

«Tu non ti preoccupare.» e con questo, se ne andò, lasciando la Granger con mille dubbi e qualche uccellino cinguettante.

...

La luce filtrava dalla finestra, illuminando i letti di Camille Poreil ed Hermione Granger. La polvere svolazzava in circolo, resa evidente dai raggi deboli del sole che, di prima mattina, sembravano timidi nell'entrare nella stanza rossa ed oro.
Camille era una ragazza bionda, aveva gli occhi azzurri e un carattere particolare. Dormiva beatamente nel suo letto, le spalle rivolte alla strega con cui condivideva la camera... Quest'ultima si rigirava nel letto, avvolta dalle coperte.
Nei sogni di Hermione c'erano occhi di ghiaccio, domande irrisolte e tanto buio.
Ad un certo punto, la ragazza si girò, ritrovandosi un raggio di sole sul volto.
Lentamente, aprì gli occhi, e si portò le mani al volto, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. Ora era distesa supina, e guardava insistentemente un punto indistinto sopra di lei. Cercò di mettere insieme le idee. Quella sera avrebbe ottenuto delle risposte, avrebbe ottenuto la verità.

Questo, ovviamente, se Malfoy avesse mantenuto la sua promessa... Represse il pensiero che fece immediatamente capolino nella sua testa. Sei solo una stupida, a fidarti di lui.
No. C'era qualcosa che le diceva che il serpeverde sarebbe stato lì, quel giorno. Magari non le avrebbe dato le spiegazioni che necessitava, ma sarebbe stato lì.

Osservò Camille, che dormiva indisturbata. Era una ragazza bellissima, l'esatto contrario di lei.
Capelli biondissimi e lisci, come lei avrebbe sempre voluto averli, occhi chiari come lei non avrebbe mai potuto possederne. L'aveva conosciuta quell'anno, e si era sorpresa di non averla mai vista prima... Ma Camille era una ragazza solitaria, per questo non si era fatta notare, fino al giorno in cui aveva deciso di far parte della squadra di Grifondoro. Giocava come Cacciatrice, ed era anche brava.
Peccato che però non fosse di molte parole: quando la incontrava, a stento si scambiavano battute di rito, giornaliere.

Guardò l'orologio da polso che i suoi genitori le avevano regalato anni prima. Era un modello semplice, babbano. Segnava le 11:00 di mattina.
Per fortuna era domenica: niente lezioni, quel giorno...
Si alzò, e decise di andare a fare colazione in Sala Grande, prima di iniziare la giornata. Dopo, avrebbe fatto una passeggiata.

Attenta a non fare rumore, si vestì e scese in sala comune, dove trovò Ron che parlottava con Harry.

«Buongiorno, ragazzi.»

«Hermione! 'Giorno.» la salutò Harry.

«Ti sei svegliata tardi, oggi.» constatò invece Ron «Sei andata da Madama Chips, vero?»

«Sì, Ron... Ma credo fosse solo un problema futile.» mentì Hermione.
Già... pensò, un problema futile.

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