14.2 Intuizione.
Spalancò la porta e la richiuse subito dopo, trovando una Millicent spaesata ferma con il rossetto in mano, davanti allo specchio. La guardò dal riflesso e alzò le sopracciglia perfettamente disegnate, facendo schioccare le labbra tinte di rosso.
«Bene bene...» disse, chiudendo il rossetto e sistemando i vari trucchi «Abbiamo avuto una notte di fuoco, qui?» ammiccò.
Daphne alzò gli occhi al cielo.
«E cosa te lo fa pensare Millicent?» disse senza il minimo interesse, andando verso l'armadio per vestirsi.
La sua compagna di stanza le si avvicinò con l'aria di chi la sa lunga, spostandosi i capelli bruni dalle spalle e mettendosi in posa.
«Sei ancora in camicia da notte, la seta é piena di pieghe e hai l'aria arruffata. Inoltre ti ho sentita uscire, stanotte» spiegò, come se fosse stata un'investigamaga.
«Ma ti prego, Millicent...» replicò lei, aprendo le ante dell'armadio e mettendocisi dietro per togliersi la camicia da notte.
«Non vedo succhiotti, però...» parlò l'altra meditabonda. Daphne si girò con un sussulto e se la ritrovò appiccicata alle spalle che le osservava la pelle del collo.
«Millicent! Sono in mutande!»
«Ahw, quanto sei pudica» sbuffò, indicandola «Hai delle belle tette, ma non sono dell'altra sponda... E penso neanche tu» disse. Daphne era incredula.
«Allora» continuò Millicent come se nulla fosse «Chi è il bello misterioso?»
«Non ho fatto sesso con nessuno, Millicent, piantala» disse Daphne seria, mettendosi le calze e la gonna.
«E poi...» continuò, mettendosi il reggiseno «Trovo strana questa tua ossessione per la mia vita privata e sentimentale» si girò, sistemandosi la camicia «Quindi ti prego di smetterla, ti giuro che non c'é nessuno...» si interruppe al nodo della cravatta, vedendo Millicent immobile, gli occhi spalancati e la bocca aperta.
«Millicent? Tutto bene?»
«Ma certo!» urlò lei, facendole prendere un accidenti.
«Come posse essere stata così stupida!» squittì ancora. Be'... Cominciò a pensare Daphne, ma rinunciò in partenza. Dare della stupida alla Bulstrode era come dare dell'intelligente a un corvonero.
«Di che diamine stai parlando?» le chiese.
Millicent le si avvicinò, il passo felpato, con indosso un'espressione maliziosa. A venti centimetri dalla sua faccia, strillò:
«È Zabini!» Negli occhi aveva il lampo di un'intuizione... Peccato fosse del tutto errata.
«Oh per Salazar» gemette Daphne, sfilandosi definitivamente la cravatta ed andando verso il comodino, tentando di ignorare la pimpante bruna che le andava dietro.
«Ma certo!» ripeté lei «É così succulenta come notizia! Alla fine ce l'hai fatta... E cosa ne è della Barnett? Zabini l'ha lasciata? Tanto meglio... Era una sfigata... E quindi ora state insieme?»
«Dio santo, Millicent!» sbottò Daphne, urlando a tal punto da farla zittire.
«Ascolta» continuò, avvicinandosi. Prese un respiro e si ricompose, tentando di non perdere ancora il controllo.
«Io non sto con Blaise, non ci sono mai stata e mai ci starò, perché siamo solo amici e neanche ci sopportiamo, la maggior parte del tempo. Perciò, piccola impicciona, frena quel tuo cervelletto da pettegola e piantala, non dire niente a nessuno. Mi ci manchi solo tu che metti in giro voci su di me» concluse e, nonostante il tono pacato ma energico con cui l'aveva detto, evidentemente Millicent colse il messaggio al volo. Forse anche troppo.
Si raddrizzò e la guardò dal basso in alto, nonostante i tacchi. Si mise a posto la frangetta e schioccò di nuovo le labbra.
«Bene» disse, voltandole le spalle.
Se ne andò, tutta impettita, e Daphne si stese sul letto godendosi quell'agognata pace.
-
Draco si alzò lentamente. Che giornata di merda, fu il primo pensiero che gli attraversò la mente. Aveva mal di testa e gli occhi pulsavano, aveva avuto brutti sogni per tutta la notte riguardanti la Granger.
Quella piccola bastarda rosso-oro. Ce l'aveva con lei, indicibilmente, ma avrebbe cercato di non pensarci.
Andò verso la sedia accanto alla scrivania, dove erano buttati i vestiti che aveva messo il giorno prima. Si tolse i pantaloni del pigiama e la maglietta, per poi infilarsi i pantaloni dell'uniforme. Si piegò un attimo, tenendo lo schienale della sedia saldo nelle mani.
Stava crollando dal sonno, non riusciva a tenersi in piedi. Avrebbe preso un paio di tazze di caffé, a colazione, sempre che fosse riuscito ad arrivare in Sala Grande. Aprì la finestra, sperando che l'aria gelida di novembre lo svegliasse un po'... Ma questo non fece che ricordargli che stava per arrivare dicembre. Un groppo in gola gli si formò, nodoso e soffocante. Era davvero incredibile che tra tutto ciò che gli stava succedendo e ciò che in più lo aspettava riuscisse a pensare solo alla Granger. Era una cosa assurda, e non riusciva a crederci. Quella era davvero una strega, l'aveva maledetto e la sua ossessione lo stava portando giù, nello strapiombo da cui cercava di difendersi.
Si allontanò dalla finestra, tentando di allontanare i pensieri, qualsiasi essi fossero. Non riuscendo ad aprire completamente gli occhi, si infilò la camicia come meglio riuscì, e sopra di essa il maglione. Prese la bacchetta ed uscì, dopo aver preso la borsa con i libri.
Arrivato in Sala Grande cercò con lo sguardo Daphne ma, non vedendola, si lasciò cadere nel posto accanto a Blaise.
«Buongiorno, raggio di sole» il tono sarcastico dell'amico gli ferì le orecchie, ma aveva qualcosa di automatico, era privo del suo solito spirito. Ad ogni modo, glielo avrebbe fatto notare dopo. Prese il proprio bicchiere e lo riempì fino all'orlo di caffè nero, trangugiandolo insieme a un pezzo di pane. Chiuse gli occhi mentre il liquido caldo gli scendeva in gola e cominciava a risanare la sua mancanza di sonno. Era pronto a sentirsi meglio, ma questo non accadde. Anzi, il suo sguardo si spostò come calamitato verso un altro tavolo, ad osservare i lineamenti apparentemente riposati e gli occhi accesi di una Granger che scherzava con lo Sfregiato. Guardò il suo sorriso, guardò come metteva la mano sopra quella di Weasley e la conversazione della notte prima gli si catapultò in mente di nuovo.
Forse era la stanchezza, forse la confusione o forse un maleficio, fatto stava che non riuscì ad arrabbiarsi. Si sentiva... triste, esausto. Si sentiva svuotato della facoltà di pensiero e, nel momento in cui la Granger si immobilizzò, trattenne il respiro. Se ne stava ferma, sembrava che il sorriso fosse scivolato via dal suo volto esattamente come la sua mano da quella di Lenticchia: senza che l'idiota se ne accorgesse. Guardava il proprio piatto, ed aveva una postura tesa e i capelli che le cadevano in morbide onde davanti al busto... E a quel punto Draco capì, con un tuffo al cuore: si era accorta del suo sguardo. Lo seppe, lo seppe e basta. L'aveva sentito, come lui sentiva il suo quando lo guardava.
La Granger restò ancora qualche millesimo di secondo immobile, poi il suo sguardo si spostò, dritto verso il suo. L'aveva puntato, e sembrava aspettare che facesse qualcosa. Sembrava tastare il terreno, come aspettandosi che tornasse il Malfoy crudele che era sempre stato... Ma a Draco non venne da fare nulla. Restò a guardarla, mentre tutto intorno a lei si faceva ovattato e sfuocato, mentre tutto svaniva a parte lei. Non sentiva il fuoco, questa volta, sentiva un tepore ed una strana quanto malsana tranquillità. Forse il suo cervello aveva finalmente capito che non aveva un motivo per arrabbiarsi con lei, forse aveva davvero realizzato che tutto quel casino doveva solo finire in fretta com'era iniziato. Si dimenticò di dove fosse, si dimenticò di ciò che voleva dire a Blaise... Almeno finché il corpo accanto a lui non si alzò di scatto.
La confusione e il chiacchiericcio gli sfondarono di nuovo le orecchie, dopo che ebbe distolto lo sguardo dalla Granger, ed un piccolo senso di vertigine lo costrinse a sbattere le palpebre un paio di volte.
Guardò Blaise, che teneva le braccia puntate sul tavolo e fissava un punto all'entrata della Sala Grande. Dopo qualche istante si rimise seduto, fissando il proprio piatto facendo un profondo respiro. Draco osservò il punto che fino a poco prima sembrava interessare il suo amico, e vide una ragazza incredibilmente simile a Daphne andare verso il tavolo dei Corvonero. Era diversa, più bassa e più magra, ma la somiglianza aveva evidentemente ingannato Blaise.
«Che cos'ha fatto adesso Daphne?» chiese senza preamboli, e l'altro scattò al nome di quella bionda problematica.
Sbuffò, passandosi una mano sugli occhi.
«Non lo so. Questo é il problema» rispose, ridendo.
«Siamo davvero senza speranza, Draco, litigheremo per sempre. Non appena c'é una parvenza di calma tra noi, uno dei due deve fare qualcosa per romperla... Stanotte é venuta nella nostra camera, non so se Theo te l'ha detto, e mi ha svegliato. Stava piangendo.»
Draco aggrottò le sopracciglia, incredulo.
«Già» sospirò Blaise «...non oso immaginare cosa abbia pensato Theo quando ci ha visto a letto insieme» aggiunse.
«Cazzo, Blaise. Ha dormito con te?» disse Draco.
«Senti, io non c'entro nulla, va bene? So benissimo quello che é successo tra loro, e non farei nulla per ferire Theo... Ma lei é venuta da me. Qualunque cosa le sia successa riguarda me.»
«Hai provato a chiederglielo?» domandò Draco, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'amico.
«No, le ho detto di lasciarmi dormire» disse sarcasticamente Blaise, piuttosto infervorato.
«Calmo, calmo. Le parlerò» disse, alzando le mani.
«No, lascia stare. Probabilmente questo non cambierà nulla» disse Blaise, ma l'ultima frase la sussurrò appena. Draco decise di non chiedere.
«Per caso c'é una partita, oggi?» domandò invece, retoricamente. La Sala pullulava di corvonero e grifondoro in tenuta da Quidditch, che si scambiavano Pluffe e sistemavano le protezioni.
«Esattamente» disse Blaise, di nuovo allegro, almeno in apparenza «quegli sfigati dei Grifondoro cercheranno di battere i Corvonero... Ma non hanno speranze. Vedi laggiù?» indicò un ragazzo alto con i capelli mori, che parlava con un gruppo di ragazze.
«Quello é Hans Fiegel: battitore, Capitano dei Corvonero, Caposcuola e, a quanto dicono, anche bravo a letto» spiegò.
«Ti assomiglia» osservò Draco, ed era vero: Fiegel aveva infatti una muscolatura asciutta e i capelli bruni, leggermente più chiari di quelli di Blaise.
«Quel damerino se lo sogna di assomigliarmi» si vantò Blaise, sicuro di sé come suo solito.
«Comunque... Nella partita della scorsa settimana mi ha lanciato contro tre Bolidi, il bastardo» disse «ne ho schivati due.»
«E il terzo?» domandò Draco, divertito e lieto di avere una distrazione.
Blaise fece una smorfia.
«Devi vedere il livido che ho sulle costole» rispose «mi ha fatto perdere la Pluffa, e abbiamo perso anche la partita. Ma Bryan mi ha promesso che alla prossima gliela fa pagare» disse, facendo un cenno verso il battitore della squadra Serpeverde. Sorrise divertito.
«La nostra squadra quest'anno fa davvero schifo, Draco» disse poi, tornando a guardarlo «lo Smistamento ci ha decimati. Certo, erano delle persone di merda, ma la maggior parte di quegli studenti almeno sapeva giocare a Quidditch» sospirò, e a Draco venne quasi da ridere: Blaise era l'unico che poteva parlare dello Smistamento dei serpeverde senza risultare un menefreghista o attirarsi il rancore di qualcuno. La sua faccia diceva tutto, nessuno avrebbe potuto prenderlo sul serio.
«Ma che peccato...»
«Draco...» cominciò Blaise, e lui sapeva benissimo dove voleva andare a parare.
Il biondo rise.
«No, Blaise» lo precedette, continuando a ridere.
«Dai! Per favore, torna a giocare!» disse lui comunque, facendogli scuotere la testa.
«Abbiamo già avuto questa conversazione, mi pare. Avevo iniziato a giocare solo per dimostrare d'essere meglio di Potter» sorrise Draco.
«E non lo eri» disse Blaise, facendogli alzare un sopracciglio «ma a parte quello stronzo fortunato non ti batteva nessuno.»
Draco, per tutta risposta, rise ed alzò gli occhi al cielo.
«Su, guardami» Blaise girò il busto verso di lui, e Draco fece lo stesso «non puoi resistere ai miei occhi zaffiro» disse, e così facendo sgranò gli occhi, fissandolo.
«La risposta é ancora no, Blaise» disse Draco, trattenendo le risate.
«Maledizione... Con le ragazze funziona.»
«Ti sembro una ragazza?» chiese Draco... L'amico lo guardò in cagnesco per qualche secondo.
«'Fanculo» sbuffò Blaise alla fine, rimettendosi a mangiare il suo porridge e lasciando Draco ridente e di nuovo solo con i suoi pensieri.
-
Hermione si sentì scuotere una spalla, e si svegliò. La luce del sole le ferì gli occhi non appena li ebbe aperti, ma lo spostarsi di una figura davanti a lei la protesse dai raggi.
Camille sembrava un angelo, in controluce, e i suoi capelli avevano assunto una sfumatura rossastra... O forse era lei ad essere completamente esaurita.
Camille le diede un'altra pacca sulla spalla, e lei si alzò sui gomiti.
«Sono sveglia» bofonchiò, con tono assonnato. Sbadigliò, e quando Camille andò verso l'armadio e il sole tornò a ferirle gli occhi, si mise seduta dando le spalle alla finestra, cercando di mettere bene a fuoco ciò che stava intorno a lei. Non aveva alcuna voglia di stiracchiarsi o iniziare una nuova giornata.
«Bene» disse Camille mentre prendeva la propria borsa. Indossava l'uniforme da Quidditch, ed Hermione si ricordò che aveva una partita... Merlino, Harry e Ron le avrebbero fatto una testa così per tutto il giorno. Al nome del rosso ebbe una fitta al cuore, ma si era ripromessa di non pensare più a Malfoy, quindi respinse tutto, sentimenti compresi.
Le lezioni erano sospese dalla seconda ora in poi, per la partita. Forse sarebbe riuscita a dormire un paio d'ore...
«Sono le otto e mezza. Io vado al campo» disse Camille uscendo. Hermione sgranò gli occhi. Aveva già perso la prima ora di lezione, Babbanologia, con i tassorosso. Ora aveva Difesa Contro Le Arti Oscure con alcuni serpeverde. Fantastico.
Si alzò di malavoglia, trascinandosi verso la scrivania, e le sembrò lo sforzo più grande che avesse fatto in vita sua. Prese la borsa e frugò con la mano nelle varie tasche... Trovata. Tirò fuori la boccetta e cominciò a prendere le cinque gocce di pozione contro il sonno. Arrivata a dieci gocce, ben il doppio del dosaggio, mise giù il misurino. Stava già meglio: il dolore alla testa si era attenuato, e gli occhi cominciavano a non fare più male. Cominciò a sentire di nuovo i piedi, al posto del fastidioso formicolio, e il peso che avvertiva dal proprio corpo sembrò svanire; si sentiva leggera, con i polmoni pieni d'aria. Morgana, adorava la magia. Questi erano i suoi unici pensieri, almeno finché non diede un'occhiata al flacone. L'aveva letteralmente quasi svuotato, ed era la terza volta in quel mese. Oh, per Godric. Era nei guai. Doveva assolutamente scoprire che tipo di pozione fosse, Madama Chips non l'avrebbe continuata ad aiutare. E, mentre lei la preparava, sarebbero seguiti tre giorni di agonia, senza di essa.
Si strofinò gli occhi, ora privi di qualsiasi dolore. Quella sostanza la rimetteva al mondo, ed era l'unica cosa a tenerla in piedi. Andò a passo carico verso il suo comodino dove, la sera prima dopo cena, aveva piegato i vestiti da mettere.
Si vestì velocemente ed uscì, aveva venti minuti prima dell'inizio della seconda lezione, e li avrebbe passati in Biblioteca.
I libri di Pozioni erano infiniti, ma da qualche parte avrebbe pur dovuto cominciare. Andò nel reparto di Erbologia: aveva visto un volume sui rimedi naturali per dare energia: avrebbe iniziato da lì.
Dopo aver preso il libro dalla Biblioteca si recò verso la Sala Grande. Incontrò Harry e Ron, che andavano anche loro: avevano indosso le divise da partita, e il rosso sembrava molto concentrato. Hermione ebbe una fitta allo stomaco al solo pensare tutte le bugie che stava raccontando loro ma, come faceva ormai da mesi, ingoiò il senso di colpa e sorrise.
Baciò sulla guancia il suo fidanzato, fece lo stesso col suo migliore amico e chiese loro come si sentissero riguardo la partita.
«Questa sarà difficile» rispose Harry «Corvonero è forte quest'anno.»
«Ci distruggeranno» bofonchiò Ronald, ed Hermione gli mise un braccio intorno alla vita per cercare di infondergli coraggio.
«Avanti Ron, non dire così» gli disse.
«Vuoi un po' di coraggio liquido?» scherzò Harry, facendo ridacchiare entrambi stupidamente.
Si sedettero e scherzarono, nel tentativo di far sorridere il rosso. Tutto procedeva abbastanza bene: non aveva pensato a Malfoy per più di un minuto e mezzo. Ma ad un certo punto, improvvisamente, Hermione si sentì i suoi occhi addosso. Si immobilizzò e gli venne istintivo sfilare la mano da quella del suo ragazzo. Gli ci volle qualche secondo, ma poi la grifondoro alzò gli occhi e li puntò dritto nei suoi, restando turbata.
Malfoy era pallido e totalmente privo di espressione. Sembrava esausto e, mentre tutto sembrava svanire a parte la sua assenza di emozioni, la pozione sembrò quasi non fare più effetto. L'aveva visto arrabbiato, freddo, sorridente addirittura. Ma ora sembrava non sapere cosa fare, e lei si sentì un'idiota per essersi aspettata che facesse qualcosa.
Pensava sarebbe tornato il Malfoy di una volta, pensava di vedere un ghigno o un sorrisetto su quelle dannate labbra.
Ma, si rese conto con orrore, quella non-espressione era mille volte peggio. Quella non-espressione non le bastava.
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